On the road again

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Si rimisero in viaggio nel tardo pomeriggio. Silenziosamente Annalisa settò il navigatore su "Praticino di Pratello", piccola località montana dell'appennino tosco-emiliano, sconosciuta ai più e destinata a rimanere tale, dove si trovava il rudere del cugino.

Piero prese senza discutere la direzione indicata, e continuò a guidare in silenzio, perso nei suoi pensieri: sapeva che presto la nonna si sarebbe resa conto di non essere più in gita e lui avrebbe dovuto prendere posizione. Non era una bella prospettiva.

La nonna Caterina sembrava però non accorgersi di nulla: non parlava, non si muoveva, sospirava solo di tanto in tanto, guardando il nulla fuori dal finestrino.

Dopo circa tre ore, all'imbrunire, la macchina imboccò un polveroso sterrato e, dopo un ulteriore lungo tragitto, tutto botte e sobbalzi, i tre arrivarono a destinazione: una vecchia casa di pietra, in parte diroccata, in mezzo al niente.

Nonna Caterina emise un ultimo sospiro e poi sembrò riscuotersi all'improvviso: "Dove siamo?" chiese un pochino allarmata.

Piero guardò sospeso Annalisa. Questa rispose con qualche secondo di ritardo, con allegria forzata: "Qui posto fresco, casa di amico mio, noi fermare qui per la notte, da?"

La nonna sbirciò con più attenzione il rudere e scosse decisa la testa: "No no, io voglio tornare a casa mia, qui non ci entro."

Bene, ci siamo pensò Piero.

Annalisa provò a insistere: "Nonna, noi arriva troppo tardi a Roma se parte adesso. Tu troppo stanca. Ora noi dormire qui, e domani poi riparte. Da?"

"Voglio andare a casa subito." piagnucolò la nonna, ansiosa e ormai insospettita.

Annalisa mise la mano nella borsetta, cercando qualcosa. Piero si irrigidì: erano al dunque, la scena della pistola.

Ma Annalisa estrasse solo un fazzoletto, si soffiò il naso, ingoiò sforzandosi di non piangere e poi cominciò a singhiozzare e gemere senza alcun ritegno. Piero e la nonna la guardavano stupiti, in attesa di una qualche spiegazione. Dopo qualche minuto, ancora singhiozzando, Annalisa si girò verso la nonna e, a testa bassa, cominciò: "Nonna. Ho mentito. Io non mi chiamo. Nadia. Io. Mi chiamoAnnalisa. E non. Vengo da Brlucistan. Io. Sonopugliese."

Nonna Caterina, senza fare una piega, annuì: "Ma certo cara, già lo sapevo. Non è il caso di disperarsi così per tanto poco. Suvvia." e le tese la mano.

Ma Annalisa, agguantata la piccola mano nodosa della vecchia, riprese a piangere ancora più copiosamente e, tra un sospiro e l'altro, le raccontò tutta la storia: il precariato, l'orologio biologico, il rapimento.

La nonna si bevve tutto a bocca aperta e poi si limitò a commentare: "Oh. Accidenti, ragazza mia. Sapevo che c'era qualcosa sotto, ma non ti facevo così babbiona, tesoro."

Piero, che era rimasto congelato per tutta la durata della confessione, finalmente respirò. E poi scoppiò in una risata fragorosa. Nonna Caterina lo imitò, prima piano e poi sempre più violentemente, al punto da doversi tenere la pancia, e asciugare gli occhi.

Annalisa li guardava, umiliata da tanta ilarità, ma anche discretamente sollevata che la cosa fosse finita a tarallucci e vino.

Quando si furono tutti calmati, fu il momento di decidere dove andare a dormire.

"Già che ormai siamo qui..." azzardò Annalisa.

"No no. Io qui non ci dormo. Voglio tornare a casa mia." ribadì testarda la nonna.

Piero sospirò, girò la macchina e ripresero la strada sterrata, poi la statale, poi l'autostrada. All'alba, a Roma, si misero a letto e dormirono tutti come sassi.

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