Uno strano colloquio di lavoro

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Il giorno dopo, alle tre di un pomeriggio bollente, Piero e Annalisa stavano sulla Doblò bianca di Marco, fratello di Piero, in vacanza-lavoro a Londra ignaro dell'efferato delitto di cui, tramite la sua autovettura, si stava rendendo complice.
"Bravo, amò, che hai trovato la macchina."
"Sì, e speriamo che Marco non torni prima del previsto, se no è la volta buona che mi ammazza."
"Ma dài, tranquillo. In qualche giorno ce la caviamo: prendo servizio, trasportiamo la vecchia nel rudere di mio cugino e ci facciamo sganciare il riscatto."
"Sei sicura che il rudere sia adatto?"
"E' perfetto: isolato nell'appennino profondo, il paese più vicino ha tre abitanti ormai incapaci di intendere e di volere. Mio cugino mi ha lasciato le chiavi, se volevamo andarci per prendere un po' di fresco. Lui ha aperto un bar su un'isoletta greca, e non torna di sicuro prima di novembre. Vedi che fortuna, amò? Sembra che il destino ci voglia aiutare in tutti i modi. E' la volta buona."
"La fai troppo facile, Annalì. E comunque mi spieghi perché ti sei conciata in questo modo, scollata, scosciata, bionda e truccata come una passeggiatrice? Devi fare un colloquio per un posto di badante, mica per il marciapiede."
Annalisa sorrise sorniona: "Serve a depistare meglio, amò, a nessuno deve venire il sospetto che la badante criminale è la tua fidanzata. Devo essere una conoscenza, diciamo così, occasionale. E si sa che gli uomini sbarellano facilmente per le bionde scosciate..."
Piero, suo malgrado, si lasciò prendere da un attacco di incontenibile ilarità: in effetti Annalisa con un'improbabile tinta ossigenata stile Platinette e truccata come Moira Orfei era una visione talmente surreale da fargli dimenticare i guai in cui andavano a cacciarsi.


Alle diciotto, puntuali, suonavano il campanello di un portone dignitosissimo di un palazzo molto signorile. Salirono tre piani di scale di marmo e furono introdotti in un appartamento discretamente lussuoso da una cameriera piena di sussiego: "Vado subito a chiamare le signorine, accomodatevi prego."
Piero e Annalisa in versione sex worker si appoggiarono con giustificato imbarazzo sul divano di velluto. "Mi raccomando, se fanno domande fai parlare me e non contraddirmi. Tu presentami solo come Nadia, e dì che sono tanto una brava ragazza. Al resto penso io." sussurrò Annalisa.
Dopo qualche minuto entrarono le nipoti della vecchietta, tutte e due straordinariamente sobrie, signorili e ben vestite. Dopo qualche sorriso tirato e qualche saluto freddino, si sedettero di fronte a loro e cominciarono a squadrare Annalisa senza nascondere affatto la loro costernazione. Probabile che, da quello che Piero aveva anticipato per telefono la sera prima, si aspettassero una specie di signorina Rottermaier, e invece si trovavano di fronte una donnaccia, per giunta di pessimo gusto.
"La signorina si chiama?" chiese schifata la sorella di destra a Piero.
"Nadia" rispose volonteroso Piero.
"Nadia e...?"
Piero guardò confuso Annalisa, che intervenne pronta: "Nadia Kostantinova, vengo da Brlucistan."
La nipote di destra la guardò a bocca aperta, mentre la nipote di sinistra scrutava pervicace e sdegnosa nel vuoto.
"Brlucistan de l'est. Lontano lontano." aggiunse Annalisa accavallando le gambe e indicando vaga con le dita laccate di rosso un qualche spazio, un altrove indefinito.
"Ah. Capisco." fece la nipote di destra, mentre Piero, malgrado l'afa, sudava freddo. "E dove vi siete conosciuti?" aggiunse dopo qualche istante pesantissimo di silenzio. Piero annaspava cercando una risposta plausibile, ma ancora una volta Annalisa fu molto più veloce di lui:
"Ne la strada, lui buon cliente. Io prima battona, da? Ma lui ha portato via da là, ora non più vita brutta, lui salvato me. Io brava ragazza, fuggita da papponi cattivi. Ora io bisogno di lavoro onesto, da? Io brava ragazza, brava con vecchiette, brava badante, non più battona. Piero dì tu?"
"Bravissima ragazza, non più battona" balbettò Piero, rosso come il tappeto persiano sotto i loro piedi.
"Ah. Capisco." ripetè la nipote di destra, sempre più sconvolta, stringendosi nel suo angolo di divano. "Ma i precedenti datori di lavoro, i papponi cattivi intendo, sono stati assicurati alla giustizia? Lei capisce, Piero, non vorrei che mia nonna restasse coinvolta in qualche..."
"Da, da, papponi cattivi ora non più fastidio, tu tranquilla! Nonna tranquilla!" esclamò Annalisa-Nadia incrociando i polsi e alzando soddisfatta le mani nel segno delle manette.
"E quanto prende al mese, la signorina Kostantinova?" chiese improvvisamente la nipote di sinistra, girando finalmente lo sguardo verso Piero.
La risposta fu, di fatto, la parte più convincente del colloquio: si accordarono per uno stipendio da fame e un orario da schiava, senza riposi né ferie. Il giorno dopo Annalisa-Nadia poteva cominciare.
"Se la nonna gradisce, naturalmente" aggiunse la nipote di sinistra, guardando di nuovo nel vuoto.

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