Abbiamo perso! Strano... -Agata Ward

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Dopo cena, tutti i ragazzi del campo si riunirono per cercare (spoiler: invano) una strategia per battere le cacciatrici.

Noi figli di Efesto avevamo piazzato varie trappole nel folto della foresta, ma dubitavo che sarebbe funzionato.

E infatti andò così. Avevamo una figlia di Ares in meno, e questo non era favorevole.

-Ehi.- dissi ansimando, avendo corso per raggiungere la mia migliore amica, che si era piazzata in cima all'accozzaglia di semidei in assetto da guerra.

-Ciao.- rispose lei, guardando il piccolo Di Angelo, che era quasi invisibile nell'armatura di minimo tre taglie più grandi.

Mi guardò, sorridendo e indicando il bambino. Mi lasciai scappare una risatina, ricordando come eravamo noi alla nostra prima caccia alla bandiera.

-Allora, figlia di Atena, abbiamo qualche strategia?- -Mi sembra ovvio. Proteggiamo la bandiera e meniamo colpi a caso se ce le troviamo per strada.-

-Si certo, ovvio.- borbottai tra me e me.

Entrate nel bosco ci separammo.

Lei andò a combattere in prima fila, mentre io rimasi nascosta, piazzando trappole e stando pronta a usare una macchina spargi-gas di mia invenzione.

Mi arrampicai sul ramo più basso di un albero, da dove potevo vedere tutti, ma nessuno poteva vedere me.

O almeno, era quello che credevo.

Infatti, a metà serata, quando avevo visto passare come minimo una ventina di persone ma nessuno si era accorto di me, avevo cominciato ad appisolarmi.

Gravissimo errore, ma era inutile specificarlo no?

Una freccia argentata fischiò accanto al mio orecchio sinistro, e si piantò nell'albero appena dietro.

Il mio marchingegno volò quasi giù dall'albero, ma riuscii ad acchiapparlo al volo e ad attivarlo.

Un fumo denso, verdino e dall'odore che ricordava la candeggina mischiata allo zenzero (non ho idea del perché) si sparse per i dintorni.

La cacciatrice, una ragazza bionda, alta e tarchiata, iniziò a tossire, e cadde per terra, svenuta. Il mio spray aveva funzionato.

Mi avvicinai alla sventurata, per sentire se respirava ancora. Non volevo che Artemide mi trasformasse in chissà quale animale per aver asfissiato una sua protetta.

"Ok, respira." Pensai, tastandole il polso.

Provai a trascinarla in infermeria, ma ci rinunciai quando non riuscii a spostai di mezzo centimetro.

Sbuffando, tirai fuori la mia ultima invenzione.

Non era ancora collaudata, e non volevo rischiare, ma quel gas stava iniziando a far tossire anche me, e io avevo preso l'antidoto (anche quello non collaudato, chiedo umilmente ai figli di Apollo di avere pietà).

Controvoglia tirai fuori dalla tasca una scatolina in metallo, ci armeggiai un po' e (con meno difficoltà di quello che credevo) la misi sotto la schiena della biondina. 

Tre secondi dopo, una barella con le ruote e munita di comodità moderne (e con comodità moderne si intende lenzuola e cuscini) era pronta da trasportare in infermeria. 

Poco lontano, suonò il corno che indicava la fine, e arrivai in tempo per vedere l'oracolo di Delfi, quella nonnetta decrepita fatta di rughe e perline, recitare una profezia a Zoe, luogotenente delle cacciatrici, che a sentire quei versi sbiancò:

Cinque andranno a ovest dalla dea in catene.                                                                                                                                                                                 uno si perderà dove mai pioggia viene.                                                                                   il flagello dell'Olimpo la strada saprà mostrare.                                                                     il campo e le Cacciatrici insieme potranno trionfare.                                                             la maledizione del Titano uno dovrà patire,                                                                           e per mano di un genitore, un altro dovrà perire.

Cercai con lo sguardo gli occhi di Olivia, a poche persone da me. 

Aveva la maglietta leggermente sbrindellata, e si vedeva la cicatrice sottostante.

Sembrava illesa, per sua fortuna, negli occhi aveva una chiara determinazione, e si leggeva un chiaro messaggio: "voglio partire per questa missione".


583 parole e sono le 22:01. Sono fiera di me. Ora penso proprio che scriverò qualcos'altro, perché non ho niente da fare tranne recuperare ore di sonno, cosa che non farò. 



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