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Quella notte Albus Silente e Harry Potter, ormai nell'inoltrato crepuscolo, si trovavano nell'incantevole villaggio di Budleigh Babberton in missione, poiché nel corpo insegnanti di Hogwarts mancava nuovamente un componente, per quel motivo erano lì a convincere un vecchio collega a lasciare la vita ritirata e tornare alla scuola di magia.

C'era ben altro, in realtà, ma Albus Silente non poteva rilevare quel particolare al giovane Harry Potter, quel piccolo particolare che il vecchio amico del preside teneva nascosto come la cosa più preziosa che lui poteva possedere: sua figlia

Si stavano avvicinando a una piccola, linda casa di pietra circondata da un giardino, ma quando ebbero raggiunto il cancello, Silente si fermò di botto, sorridendo alla visione di una figura in penombra che dall'interno della casa stava osservando al di fuori: alla visione dei due maghi indietreggiò e si potè sentire il frastuono sin da fuori.

Silente non indugiò e aprì il cancello risalendo il vialetto a passi rapidi e silenziosi, con Harry alle calcagna, poi spinse la porta molto piano, la bacchetta alzata e pronta.
«Lumos»

La punta della bacchetta si accese, illuminando uno stretto ingresso. Sulla sinistra c'era un'altra porta spalancata. Tenendo alta la bacchetta accesa, Silente entrò nel salotto, seguito da Harry.

Ai loro occhi si presentò una scena di totale devastazione. Una pendola giaceva a pezzi ai loro piedi, il quadrante spaccato. Un pianoforte era rovesciato sul fianco, con la tastiera distesa sul pavimento. Le schegge di un lampadario scintillavano lì vicino. Dei cuscini giacevano sgonfi, con le piume che traboccavano dagli squarci; frammenti di vetro e porcellana ricoprivano ogni cosa come polvere.

Silente alzò ancora la bacchetta, così che la sua luce cadde sulle pareti, dove qualcosa di rosso scuro e glutinoso copriva di schizzi la tappezzeria. Il breve sospiro di Harry indusse Silente a voltarsi.
«Brutto, no?» commentò il mago in tono grave. «Sì, qui è successo qualcosa di terribile».

Avanzò cauto fino al centro della stanza, osservando il disastro ai suoi piedi e senza preavviso, Silente piombò in avanti, affondando la punta della bacchetta nel sedile della poltrona, che strillò: «Ahia!»

«Buonasera, Horace» disse Silente, raddrizzandosi.

Dove un istante prima c'era una poltrona, ora stava accovacciato un uomo che si massaggiava la pancia e sogguardava Silente con occhi acquosi e afflitti.

«Non c'era bisogno di infilzarmi in quel modo» borbottò, rialzandosi con difficoltà. «Mi hai fatto male».

La luce della bacchetta scintillava sugli occhi sporgenti e sui lustrissimi bottoni della giacca di velluto ruggine che indossava sopra un pigiama di seta lilla. La sua testa raggiungeva appena il mento di Silente.

«Da cosa l'hai capito?» grugnì barcollando, senza smettere di strofinarsi la pancia. Sembrava straordinariamente disinvolto, per un uomo che è stato appena scoperto a far finta di essere una poltrona.

«Mio caro Horace» rispose Silente, divertito, «se i Mangiamorte fossero davvero venuti a farti visita, sulla casa sarebbe stato imposto il Marchio Nero».

Il mago si batté una mano grassa e tozza sulla vasta fronte. «Il Marchio Nero» borbottò. «Lo sapevo che c'era qualcosa... va be'. Non ne avrei avuto il tempo, comunque. Avevo appena finito di dare gli ultimi ritocchi alla mia imbottitura quando siete entrati».

«Vuoi che ti dia una mano a rimettere in ordine?» gli chiese con garbo Silente.
«Grazie» rispose l'altro.

Si disposero schiena contro schiena e agitarono le bacchette in un identico ampio movimento.
I mobili tornarono volando al loro posto; i soprammobili si ricomposero a mezz'aria; le piume schizzarono dentro i loro cuscini; i libri strappati si ripararono atterrando sui loro scaffali; le lanterne a olio planarono sui tavolini e si riaccesero. Un'ampia collezione di comici d'argento infrante volarono scintillando attraverso la sala e si posarono, intatte e lustre, su una scrivania; strappi, incrinature e buchi si ripararono ovunque; le pareti si ripulirono.

«Quindi è cosi che passate il vostro tempo, tu ed Amybeth» Silente ricolmò il silenzio che si era creato dopo il ritorno degli oggetti di quella casa al proprio posto. Horace Lumacorno lo guardò sottecchi, poi si girò verso un corridoio e pronunciò il nome della ragazza «Amybeth mia cara è solo un vecchio amico, puoi venire»

Una giovane ragazza, probabilmente della stessa età di Harry entrò nel salone dove gli altri 3 maghi erano in una sorta di semicerchio. Era poco più alta di suo padre, capelli color biondo cenere e gli occhi color ambra, si avvicinò lentamente con la bacchetta alla mano mentre si sistemava la gonna sgualcita. Suo padre le sorrise debolmente e le tese la mano, accarezzandole poi il dorso una volta presa «Com'è andato il tuo travestimento?» chiese, poi si girò verso Silente «Sa trasfigurare se stessa in qualsiasi oggetto, ci puoi credere?»

Amybeth accennò un sorriso e guardò i due maghi estranei «Professor Silente, vecchio amico di tuo padre» disse il preside allungando la mano verso la ragazza «E lui è il mio caro alunno Harry Potter» il ragazzo fece la stessa cosa stringendo anche lui la mano della ragazza

Lumacorno si voltò verso Silente con aria furbetta. «Allora è così che pensavi di convincermi, eh? Be', la risposta è no, Albus».

Oltrepassò Harry, con la faccia voltata dall'altra parte, come se cercasse di resistere a una tentazione. Amybeth inclinò leggermente la testa verso suo padre non capendo il suo comportamento, gli toccò poi la spalla e lui sospirò

«Immagino che possiamo bere qualcosa, almeno» propose Silente. «In ricordo dei vecchi tempi».

Lumacorno esitò.

«D'accordo, allora, ma solo un bicchiere» acconsentì in tono sgarbato. Silente sorrise a Amybeth che indicò ai due maghi due poltrone non dissimili da quella che Lumacorno aveva appena impersonato, accanto al fuoco riacceso e a una lampada a olio che brillava vivace.

«Ecco...» Diede da bere a Silente, spinse il vassoio verso Harry e poi, in un silenzio malmostoso, sprofondò nei cuscini del divano riparato.

«Be', come ve la passate, Horace?» gli chiese Silente.

«Non molto bene» rispose pronto Lumacorno. «È da un paio di mesi che ci spostiamo in continuazione e mettiamo in scena lo stesso teatrino ogni sera, vogliono reclutarmi Albus, non siamo mai più di una settimana nello stesso luogo. Ci spostiamo di casa Babbana in casa Babbana: i proprietari di questa sono in vacanza alle Canarie. È molto gradevole, mi dispiacerà andar via. È abbastanza facile quando sai come fare, basta un semplice Incantesimo Congelatore su quegli assurdi antifurto che usano invece degli Spioscopi e assicurarsi che i vicini non ti notino quando porti dentro il pianoforte».

«Ed è questa la vita che vuoi farle fare?» Silente osservò la ragazza al di sopra dei suoi occhiali a mezzaluna che nel mentre stava giocando con il bordo della propria gonna

Con un misto di irritazione e orgoglio, Lumacorno rispose: «Non metterà piede ad Hogwarts» aggiunse con fermezza, come a riacquistare il controllo, l'uomo guardò poi la cicatrice di Harry e riposizionò lo sguardo su sua figlia «E neanche io e se stai per dirmi che la mia vita sarebbe più serena in quella scuola pestilenziale, puoi risparmiarti il fiato, Albus! Posso anche aver vissuto alla macchia, ma mi sono giunte voci curiose da quando Dolores Umbridge se n'è andata! Se è così che tratti i tuoi insegnanti di questi tempi...»

«La professoressa Umbridge ha avuto un diverbio con la nostra comunità di centauri» lo interruppe Silente. «Credo che tu, Horace, ci avresti pensato due volte prima di marciare nella Foresta e chiamare 'sudici ibridi' un'orda di centauri arrabbiati».

«È così che è andata?» chiese Lumacorno. «Che idiota. Non mi è mai piaciuta».

Harry ridacchiò e sia Silente che Lumacorno si voltarono a guardarlo.
«Scusate» mormorò Harry in fretta. «È solo che... anche a me non è mai piaciuta».

Silente si alzò all'improvviso.

«Se ne va?» domandò subito Amybeth.

«No, mi chiedevo se posso usare il bagno» rispose Silente.
«Oh» disse Lumacorno. «La seconda porta a sinistra nell'ingresso».

Silente attraversò la stanza. Quando la porta si fu chiusa alle sue spalle, calò il silenzio. Dopo qualche istante Lumacorno si alzò, ma parve incerto sul da farsi. Scoccò uno sguardo furtivo a Amybeth che si alzò avvicinandosi al padre intento a guardare le foto sulla sua credenza.

«Assomigli molto a tuo padre» riempì quegli attimi di silenzio Horace, poggiando i suoi occhi sul prescelto ancora seduto sulla poltrona
«Sì, me l'hanno detto» rispose Harry.
«A parte gli occhi. Hai...»
«Gli occhi di mia madre, sì».
«Umpf. Sì, be'. Un professore non dovrebbe avere degli allievi prediletti, naturalmente, ma lei era la mia. Tua madre» aggiunse Lumacorno in risposta allo sguardo interrogativo di Harry. «Lily Evans. Una delle allieve migliori che abbia mai avuto. Vivace, sai. Una ragazza affascinante. Le dicevo sempre che avrebbe dovuto stare nella mia Casa. E ottenevo delle belle rispostacce, anche».
«Qual era la sua Casa?»
«Ero direttore di Serpeverde» disse Lumacorno. «Oh, adesso» continuò in fretta, notando l'espressione di Harry e agitandogli contro un dito tozzo, «non avercela con me per questo! Tu sei Grifondoro come lei, immagino.»

Chiaramente smarrito nei suoi ricordi, ritornò a guardare la sua credenza, molleggiò un po' su e giù, sorridendo compiaciuto, e indicò le numerose cornici splendenti, ciascuna abitata da minuscoli personaggi mobili.

«Ne va fiero, preparati» sussurrò Amybeth coprendosi la bocca lateralmente con il palmo della mano girandosi verso Harry Potter

«Tutti ex studenti, tutte foto firmate. Questo è Barnabas Cuffe, direttore della Gazzetta del Profeta, mi chiede sempre un parere sulle notizie del giorno. E Ambrosius Flume, di Mielandia: un cesto a ogni compleanno, e solo perché sono riuscito a raccomandarlo a Ciceron Harkiss, che gli ha offerto il suo primo lavoro! E là dietro - se allunghi un po' il collo la vedi - quella è Gwenog Jones, che come sai è il Capitano delle Holyhead Harpies... La gente resta sempre basita quando scopre che ci diamo del tu, e ho i biglietti gratis tutte le volte che voglio!»

Poi alzò le spalle. «Comunque.. . il mago prudente tiene la testa bassa in tempi come questi. Silente ha un bel dire, ma lavorare a Hogwarts adesso sarebbe come dichiarare pubblica fedeltà all'Ordine della Fenice! E anche se sono certo che siano assolutamente ammirevoli e coraggiosi e quant'altro, personalmente non apprezzo il tasso di mortalità...»

«Suppongo che il personale sia più al sicuro degli altri finché Silente è il Preside; pare che sia l'unico che Voldemort abbia mai temuto, no?» rispose di rimando Harry.

Silente tornò nella stanza e Lumacorno sobbalzò come se si fosse dimenticato che era in casa.
«Oh, eccoti Albus, stavamo giusto parlando di te e di Hogwarts» disse.

«Beh, abbiamo abusato abbastanza dell'ospitalità di Horace; credo che sia il momento di andarcene». Tutt'altro che riluttante, Harry balzò in piedi. Lumacorno rimase spiazzato. «Ve ne andate?»
«Sì, certo. Credo di saper riconoscere una causa persa quando ne vedo una».

«Persa...?» domandò Amybeth confusa, aveva capito poco e niente di quello che stava succedendo e suo padre odiava parlare di Hogwarts, trovarsi il preside di quella scuola lì le creò ancora più confusione.

Lumacorno era agitato. Si rigirava i pollici, osservando Silente allacciarsi il mantello da viaggio e Harry alzare la cerniera del giubbotto.
«Be', Amybeth, è stato un piacere conoscerti, è un peccato che tu abbia ignorato le mie lettere che ti invitavano a frequentare Hogwarts e mi spiace che tu non voglia il posto, Horace» disse Silente. «Hogwarts sarebbe stata lieta di rivederti.»

«Lettere? Quali lettere?» domandò immediatamente la ragazza.

Amybeth si volse verso suo padre non capendo ciò che quell'uomo le stava dicendo e gli rivolse uno sguardo interrogativo, poi si volse nuovamente verso Silente che le porse una lettera, quest'ultimo guardò poi Lumacorno «So che non vuoi che lei frequenti Hogwarts, per questo motivo ti sto proponendo di ritornare a insegnare pozioni, Horace, lasciale vivere la vita che merita, non è al sicuro qui fuori»

«Albus...» disse con un po' di riluttanza il vecchio insegnante di pozioni.

«È all'altezza di ogni aspettativa e lo so, l'hai istruita tu stesso, si troverà bene ad Hogwarts e se vuoi essere più sicuro, potrà avere la protezione dell'ordine e contribuire se lei farà una cosa per me»

«Ossia?» dissero padre e figlia in coro, Harry si volse verso il preside, neanche lui stava capendo il filo del discorso.

«Ne parleremo una volta che saremo ad Hogwarts» concluse il preside rivolgendo un debole sorriso a quella ragazza, Harry era confuso e incrociò lo sguardo di lei ma quest'ultima si volse verso il padre, poggiandogli una mano sulla spalla, lui sospirò.

«Va bene, va bene, verremo!» dopo attimi di silenzio Lumacorno riempì con la sua voce le mura di quella stanza, l'unica cosa che voleva era il bene di sua figlia e saperla protetta lo convinse, le prese la mano stringendogliela mentre disse quelle parole.

«Tornerai?»
«Sì, sì» rispose Lumacorno spazientito.
«Meraviglioso». Silente era raggiante. «Allora, Horace, Amybeth, ci vediamo il primo settembre».
«Sì, direi proprio di sì» grugnì Lumacorno.
«Ci vediamo a scuola» concluse Harry con un cenno di mano, Amybeth che nel mentre stava guardando la sua lettera alzò la testa e fece un breve cenno con la testa al ragazzo

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