1. IL MONDO CHE VORREI

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"Il mondo è nelle mani di coloro che hanno il coraggio di sognare e di correre il rischio di vivere i propri sogni."

Paulo Coelho

"Il mio nome è Chloe.

Chloe Price.

Per essere precisi, Chloe Victoria Price, anche se questo secondo nome non lo uso mai.

Sono Chloe. Semplicemente Chloe.

Mio padre viene dall'Ohio, mentre mia madre è nata in Lombardia, a Bergamo. Ci siamo trasferiti a Milano quando sono nata, nel 2004."

Chloe cancellò tutto quello che aveva scritto. Troppo banale. Per una prima presentazione doveva essere più convincente. Ci pensò su e appena un minuto dopo la penna a sfera aveva ricominciato a scrivere sul foglio.

"Mi chiamo Chloe.

In greco, il mio nome significa "piantina nascente, germoglio che cresce."

Io non credo di stare crescendo troppo, però. Sono in un'età chiamata adolescenza in cui è tutto sempre messo in discussione, tutto non si sa mai per certo, e ti senti sempre colto da insicurezze e sbagli.

Io mi chiedo cosa ho mai fatto di sbagliato. Forse il mio nome è sbagliato. Perché invece di stare crescendo, mi sembra di regredire sempre di più. Passo dei momenti in cui voglio solo essere più adulta, decidere io in tutto e sentirmi rispettata tra i miei coetanei, mentre ci sono altri istanti in cui vorrei solo tornare a quando avevo tre anni e giocavo ancora fra i vestiti e le bambole.

Invece di un germoglio che sta crescendo, forse sarebbe meglio se morisse.

Mi chiedo se ci sia altra gente che la vede come me.

Forse però siamo tutti germogli. E, in fondo, molti altri ragazzi stanno attraversando questo periodo e forse anche loro si stanno facendo le mie stesse domande.

Immagino: siamo tutti piccole piante, che stanno pian piano crescendo prima di diventare adulte. Si stanno sviluppando.

Chloe si fermò. Quella parola, "sviluppare", la metteva a disagio. Continuò a scrivere, non pensandoci. L'idea della piantina le piaceva.

Una pianta deve avere stimoli dal mondo che la circonda per crescere, ed essa inizia a farlo solo quando è stimolata da fattori esterni, quali la luce, la temperatura, altrimenti appassisce e muore.

E allora si bloccò, improvvisamente colta da un oscuro presentimento. La pianta non può crescere da sola, ma ha bisogno di qualcuno che la alimenti, che la faccia crescere.

Lasciò la penna. Forse lei non avrebbe mai potuto maturare da sola. Avrebbe sempre avuto bisogno di qualcuno, qualcuno che la aiutasse, qualcuno che la sostenesse. Non sarebbe mai stata indipendente.

Si passò una mano tra i lunghi capelli neri, ancora annodati nella treccia con cui dormiva. Era andata troppo oltre. Quello che aveva scritto iniziava a spaventarla. Non sarebbe mai diventata adulta senza dipendere da qualcuno?

Spesso arrivava a un punto in cui i suoi pensieri iniziavano a controllarla e la tormentavano per giorni.

Per ottenere risposte, devo prima correre il rischio di sapere fino a che punto posso spingermi. Chloe mise via istintivamente il foglio, ponendolo in fretta tra le pagine del primo quaderno che aveva trovato a portata di mano. Non lo voleva più vedere, non fino a quando avesse liberato la mente da tutto quello che aveva iniziato a tormentarla.

Il suono dell'orologio in cucina che annunciava le sette e mezza la riportò alla realtà. Fu come se fosse improvvisamente scattato qualcosa nella sua testa, che le avesse fatto dimenticare tutti i suoi precedenti problemi.

-Celeste! -

Si precipitò fuori dalla camera e corse dritta nella stanza di sua sorella. -Celeste! -

La bambina era sdraiata per terra intenta a guardare qualcosa sul computer. Probabilmente Disney Plus.

Chloe si infervorò; la raggiunse e glielo tolse davanti al naso. Lei saltò su agitata, muovendo scompostamente le braccia. - Hey, ridammelo! -

-Sei pazza? La scuola inizia tra mezz'ora! - Chloe la guardò con lo sguardo più satanico che le riusciva di fare, poi ripose il PC sullo scaffale più alto della libreria di Celeste, dove lei non avrebbe potuto prenderlo. Sullo schermo continuava indifferente l'ennesimo episodio di Penny on M.A.R.S. Si soffermò per un momento a guardare Celeste, schifata. - Ti ho detto cento volte di non guardare quella roba. - Sospirò.

Celeste la guardò con aria di scherno. -Sto per finire la terza stagione. E non capisco perché guardarlo faccia male.-

Chloe si protese davanti a lei, costringendola a guardarla negli occhi. -E' solo una semplice e banale serie TV per ragazzine stupide, ti farà male al cervello. - Fece per girarsi e tornare nella sua camera, ma la guardò un'ultima volta per sottolineare la cosa. - E non essere maleducata con me. -

Lei rivolse uno sguardo fugace al portatile sulla mensola, poi, quando si fu decisa che non sarebbe stata abbastanza alta per prenderlo, si rassegnò arretrando fino all'armadio, senza staccare gli occhi dalla sorella maggiore. -Non sei capace a fare l'arrabbiata. -

-Tu invece sei bravissima ad irritare la gente, soprattutto quando manca meno di mezz'ora all'inizio della scuola e tu sei ancora lì a guardarti serie TV stupide. -

-L'hai già detto e non è stupida! - Celeste quasi urlò. -Tu sei stupida! -

-Ti ho detto di non essere sgarbata con me! -

-Perché mi devi sempre dire quello che devo fare? - Celeste saltò sul letto, cercando invano di recuperare il computer sporgendosi dal bordo.

-Perché sono tua sorella e sono più grande di te, e adesso per favore scendi da lì e preparati! -

- Guarda che io non sono lenta come te, impiego poco tempo! - Esclamò, nel mentre scendeva giù dal letto, rassegnata.

-Sarai anche veloce a vestirti, ma a camminare no! - Chloe si mise le mani sui fianchi, consapevole di aver fatto centro. Sua sorella si voltò quasi di scatto, sgranando gli occhioni azzurri e fissandola sbalordita. -Ma... oggi è sabato. -

-Sì. E la mamma non ci porta in macchina, è andata a lavorare presto. - La ragazza incrociò le braccia. -Dobbiamo andare a piedi. -

Celeste si buttò di peso sulla sedia della sua scrivania, quasi come non avesse retto la notizia. -No, ti prego. Non farmi camminare anche oggi. -

Chloe assunse uno sguardo trionfante. - Te l'avevo detto ieri. -

-Non è vero. -

-Smettila di  lamentarti e preparati. - Chloe si diresse finalmente fuori dalla camera lasciando una sconvolta Celeste alle sue spalle.

Sua sorella era così tremendamente testarda. Malgrado fosse passata anche lei da quell'età, non ricordava di essere mai stata così. Beh, aveva pur sempre otto anni e sperò che nel tempo sarebbe cambiata.

Si sciolse i capelli e se li pettinò con cura. Erano lisci, dritti come dei fusi: l'antitesi dei suoi pensieri, così disordinati e senza un filo logico. I capelli ricci si sarebbero adattati di più allo stato della sua anima.

Scelse dei vestiti a caso dall'armadio: dato che era tardi non aveva tempo di fare i soliti abbinamenti, perciò si decise per un paio di leggings e un maglione nero che si sarebbe adattato.

Finendo di sistemare i libri nella cartella, il suo sguardo cadde sul quaderno ancora adagiato sulla scrivania in cui aveva riposto il foglio su cui aveva scritto poco prima.

Si alzò e lentamente lo prese in mano, sfilandolo delicatamente dalle pagine. Lo guardò attentamente, scorrendo gli occhi lungo le parole tracciate elegantemente dalla penna a sfera. Sorrise. Lo piegò e lo infilò tra la copertina e la prima pagina del diario.

Afferrò il cellulare dalla scrivania e lo lasciò cadere con poca grazia nella tasca del cappotto che si accinse a prendere dall'attaccapanni della camera vicino alla porta.

-Celeste, andiamo! -

-Mi sto mettendo le scarpe, perché devi sempre gridare? - La bambina si sporse dalla porta della sua stanza attaccata a quella di Chloe.

La ragazza incrociò le braccia. Sapeva che non c'era niente da fare. - Mancano venti minuti. -

-Oh, lo so cosa intendi. - Celeste finalmente uscì, mentre si raccoglieva i capelli castani in una coda di cavallo. -Beh, a me non me ne importa, alle elementari non si danno note. - Le fece uno di quei sorrisini come per dire che era privilegiata.

-Tranquilla, quando avrai la mia età e dovrai andare alle superiori non farai più questi discorsi. - Chloe la cinse con un braccio e la guidò verso le scale.

Si bloccò con una mano ferma sul corrimano. Dicendolo, le era ritornato in mente. Alla mia età. Scosse la testa; doveva essere un discorso chiuso, e, se lo avesse fatto, ci avrebbe comunque pensato più tardi.

-Chi è che deve aspettare adesso? - La voce acuta di Celeste la fece tornare alla realtà. -Sei persa nei tuoi mondi? -

Magari esistessero per davvero. Chloe sollevò lo sguardo e la guardò con tenerezza. Celeste era ancora così ingenua. Si ritrovò per un momento a rimpiangere i periodi di qando aveva la sua età, quando ancora non c'erano problemi, fisse o paranoie e la sua unica occupazione era quella di divertirsi.

Scese le scale, facendo appena rumore con le scarpe da ginnastica. -Su, muoviti. -

Fece uscire Celeste e chiuse la porta dell'appartamento a chiave dietro di sé.

Percorse le scale del condominio in silenzio, pregando che la sorella non facesse troppo rumore e non svegliasse la gente che ancora dormiva.

Raggiunto il piano terra, spalancò il portone.

La gente si affrettava già per strada, carica di borse e pacchetti, parlando tra loro, oppure guardando assorta il cellulare.

Si chiese quali innumerevoli o non innumerevoli pensieri passassero per le loro teste.

Alcuni erano così indaffarati. Altri semplicemente camminavano a vuoto, tralasciando perfino di guardare davanti a loro.

Si chiese come sarebbe potuto essere un mondo dove le persone riflettessero costantemente su cosa facessero, quello che erano... e quello che volevano diventare.

Guardò Celeste, che aveva già imboccato la via principale a passo spedito, senza alcun segno di aspettarla.

Scacciò via in un attimo il pensiero di poco prima e si chiese se, per una volta, le persone avessero osservato tutto e pensato ogni cosa con gli occhi e la mente di un bambino.

Nessuno a chiedere mai niente. Tutto che si decideva in un momento, in un frammento di un pensiero, in un singolo battito di ciglia.

Non una parola, non un suono.

E' questo il mondo che vorrei?

Chloe si rese conto che, se così fosse stato, non avrebbe mai avuto tutti quei pensieri per la testa e sarebbe tornata sempre felice e spensierata a gioire per le più piccole cose.

Come Celeste, pensò, mentre l'ombra di un sorriso si allargava sul suo volto.

Ma vale la pena non farsi mai domande, e, soprattutto, non tentare mai di trovare le risposte?

In quel momento Celeste si girò e ogni suo turbamento sparì. -Vieni o no? Guarda che non ti aspetto! -

Chloe si riscosse e agitò il braccio verso di lei. -Arrivo! -

Quando sarà più grande cambierà tutto e forse inizierà anche lei a capire cosa provo.

In quel momento un iniquo pensiero si fece dolorosamente strada nella sua mente. Quando lei avrà la mia età avrà i miei stessi pensieri? I miei stessi dilemmi, le mie stesse paure?

Ma forse io non avrò mai le capacità di aiutarla...

Perché non sarò mai riuscita a uscire all'età che dovrà affrontare.

Mosse la testa come per liberarsi da quegli oscuri pensieri. Non aveva senso pensarci adesso.

Ma più passava il tempo, più le sue preoccupazioni aumentavano sempre di più, come le sue già innumerevoli insicurezze. Tutto quello che avrebbe voluto era proteggere sua sorella, dirle che quando sarebbe venuto il momento anche per lei di affrontare tutto questo, lei era preparata e sapeva a cosa sarebbe andata incontro...

Ma se da quegli anni non avrò imparato niente e non avrò trovato risposta a nessuna delle mie domande, come farò a insegnarle e darle fiducia?

Fu un altro grido della sorella a portarla alla realtà di nuovo. Questa volta più forte, e più deciso.

Quando girò la testa, si accorse che non si era mossa di un millimetro dal portone.

Celeste la aspettava con le braccia conserte e un'espressione sconsolata sul bel viso ovale, qua e là incorniciato da qualche ciocca scura sfuggita dalla coda.

Lei sorrise. -Adesso arrivo sul serio. -

Con un fremito dei capelli scuri, Chloe girò le spalle alla porta e uscì nel traffico di Milano.

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