3. EFFIMERA FEDE

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"Il fatto che Chiara Price fosse una bella donna non era discutibile. Anche se la bellezza era una cosa soggettiva, era così e basta".

Chloe voltò pagina con un mezzo sorriso appena accennato sulle labbra. Rileggere il suo diario di quando aveva otto anni le dava sempre un tipo di gioia che non avrebbe saputo spiegare. Continuò.

"Oggi papà mi ha spiegato che il suo nome significa 'Dio ha sentito'. Non lo sapevo. In realtà ignoro l'esistenza di molte cose e i loro vari aspetti. Chissà se un giorno quando sarò grande saprò dare una risposta a tutto quello che ho in testa. A tutti i perché del mondo. Peccato che ce ne siano a miliardi. Non saprei neanche da dove iniziare. Però potrei iniziare a domandarmi sulle cose che ho intorno per poi ampliare le mie richieste. Per esempio: perché papà Jayden è così bello? E perché Cèleste è con noi da più di un anno ormai e la mamma non riesce ancora a guardarla come guardava me? Ho l'impressione che non si stiano simpatiche. Dato che la mamma mi ha avuta così presto, pensavo che si abituasse ancora prima a mia sorella. Eppure non riesco a capire perché sembra sempre triste quando la guarda. Soprattutto quando lei è insieme a nostro padre. Lei sta più lontana e il suo bel viso si scurisce. Sembra che sia attraversata da brutti pensieri.

Mamma. Non stare male. Se c'è qualcosa che non va, dimmelo. Peccato che le cose per cui stai male sicuramente le dici solo a papà. A me non dirai mai niente. Lo fai perché non vuoi preoccuparmi? O perché non vuoi neanche me?

Alzò lo sguardo sul quadro che aveva sul comodino. Una foto dei primi anni duemila. Era stata scattata quando lei aveva quattro anni e i suoi genitori erano poco più che ventenni.

Quando ancora sua madre rideva. Quando ancora gli occhi di Chiara si illuminavano quando le andava incontro e guardava Jayden, che era stato il suo primo e unico amore. Il suo affetto era tutto per loro. Era sempre stato solo per loro.

Prese in mano il quadro e passò delicatamente le mani sul vetro che ricopriva la foto. Quando era piccola dormiva insieme a quella foto, si stringeva la cornice a sé per non lasciarla andare, addormentandosi con la voce di Jayden che le raccontava di quanto era felice ad averla. Di quanto conforto provava sapendo che la sua amata figlia era lì con lui.

L'avevano cresciuto ripetendole che era speciale. Con i sorrisi che solo sua madre le rivolgeva. Con le attenzioni che solo suo padre le dedicava.

Ogni giorno. Nel tempo. Per anni.

Quelle attenzioni Jayden gliele rivolgeva ancora.

Chiara però aveva perso la via. Ormai da tempo.

Non guardava più lui con la stessa luce con cui lo avrebbe guardato una volta. Con cui lo guardava in quella foto che Chloe custodiva gelosamente sulla scrivania e a cui si sarebbe addormentata vicina qualche anno fa.

Era sfuggente. Schiva. Evitava il contatto con la gente. Sia con loro, che fuori.

Da ormai troppo tempo.

Vedeva come il suo sguardo era cambiato quando si rivolgeva a suo padre. Non c'era più lo stesso amore.

Lo stesso amore che rivolgeva a lei.

Si riscosse per un attimo quando avvertì le voci dei suoi genitori dal piano di sotto. Parlavano piano. Se avesse appoggiato l'orecchio alla porta, avrebbe potuto ascoltarli con chiarezza.

E invece, preferì tornare ai suoi pensieri.

Riportò lo sguardo sul diario.

Quando Chloe aveva scritto quelle pagine, aveva pur sempre otto anni.

Confondeva il fatto di Chiara di non sembrare di amarli con la sua tristezza.

O almeno, sperava che fosse così.

Ma era diventato raro ricevere un sorriso da sua madre o un'occhiata veramente piena di affetto.

Chloe evitava di parlare di questioni di famiglia con lei. E non chiedeva mai a Jayden del suo passato. Semplicemente perché non faceva finta di non vedere l'oscurità che trasaliva nei suoi occhi le rare volte in cui faceva riferimento a un ricordo.

Jayden, in qualche modo, soffriva. E la sera scorsa aveva avuto modo di confermare questa verità.

Soffriva come soffriva Chiara.

Chloe pensò che fosse un diverso tipo di sofferenza.

Quella di Chiara era qualcosa che sicuramente lei si portava dentro da molto tempo e che non riusciva a sfogare, almeno non nel giusto modo.

Quella di Jayden era un sentimento che era arrivato da poco. Qualcosa che si era insinuato dentro di lui senza prendersi il disturbo, senza chiederglielo, offuscando tutto un tratto la felicità e la gioia negli occhi una volta sempre ridenti e in cui si rispecchiava nient'altro che la più sincera positività anche nelle difficoltà dell'affrontare gli ostacoli.

E Chloe temeva che lui non riuscisse, o peggio, non sapesse controllare quello che gli stava accadendo.

Mai gli aveva visto quello sguardo. L'iniqua sensazione di non riuscire più ad andare avanti. Perché la sera scorsa, nei suoi occhi c'era angoscia, ansia, turbamento, sovvertimento, una perturbazione emotiva che si rifletteva nella tempesta del suo sguardo in cui lui probabilmente si era perso senza trovare più la rotta.

Per la prima volta in sedici anni, Chloe l'aveva visto fragile.

E se una cosa l'aveva imparata in sedici anni di vita, lei sapeva che non bisognava vergognarsi delle guerre che si stavano attraversando. Doveva affrontarle, e doveva parlarne.

Ma Jayden questa volta la vera guerra se la portava dentro solo lui stesso, senza rivelare niente a nessuno.

Chloe dubitò che sua madre lo sapesse.

In realtà, non voleva che lei lo venisse a sapere. Perché suo padre doveva comportarsi con lei come se gliene importasse qualcosa di condividere i suoi problemi proprio con la donna che non lo considerava più da anni? O almeno non come una volta, quando ancora c'era vero amore nei loro occhi che non avevano mai esitato a rivelarsi a vicenda e al mondo che li avvolgeva.

La cosa che più la attanagliava è che non avesse mai rivelato niente nemmeno a lei, alla figlia che amava e rispettava e a cui aveva sempre detto tutto.

Chloe voleva che avesse fede in lei, come l'aveva sempre avuta.

Voleva che sapesse che su di lei poteva contare.

E se non l'avesse più voluta, né confidato più niente?

Chloe non poteva fare finta di non aver notato l'indifferenza nei suoi occhi quando la notte scorsa era uscito dalla sua stanza seppur con il solito garbo ma con una luce soffusa nello sguardo quasi spento, lo sguardo in cui facevano battaglia l'interdizione e l'angoscia verso / per qualcosa che non sapeva controllare, almeno non ancora.

E se la fede che aveva sempre provato verso di lei fosse sempre stata qualcosa di insignificante per lui? Se dopo un po' fosse stata destinata a scomparire? Se fosse stata solo un sentimento effimero e di poco conto?

Si rese conto che per Chiara questo era sempre stato assiomatico: non aveva mai mostrato una particolare e determinata estroversione nei suoi confronti e da quando Cèleste era venuta al mondo si era chiusa ancora di più in sé stessa, lasciando che il tempo le scorresse davanti e lei gli andasse ostinatamente dietro, rincorrendolo, senza dare peso ai ricordi, ma cercando di guardare solo il futuro.

Pensò che se era questa la visione che voleva dare di lei non c'era mai riuscita.

Perché Chiara ricordava, forse anche troppo. Qualcosa che era avvenuto e che lei non avrebbe mai rimosso, che si sarebbe sempre portata appresso con lo scorrere inesorabile del tempo, il quale non avrebbe saputo lasciare andare le sue sofferenze che non volevano scomparire.

Chloe l'aveva notato ormai da anni che qualcosa non era a posto in lei, ma quando per la prima volta se n'era accorta era troppo piccola per chiederle o capire il motivo di quel turbamento, e adesso che aveva finalmente cominciato a notare l'effettiva presenza di un problema persistente, non si esponeva a domandare per paura che la risposta fosse troppo grande per essere affrontata.

E quando aveva notato il cambiamento in suo padre aveva compreso che qualcosa di grande doveva essere accaduto.

Suo padre, Jayden che non si sbilanciava mai, Jayden che non le aveva mai negato un sorriso, anche uno in più, Jayden che aveva sempre osservato il mondo con gli occhi aperti e questo, la cosa più importante, l'aveva insegnato anche a lei, di osservare con occhi trasparenti.

Jayden che cercava una soluzione agli sbagli e alle preoccupazioni.

La soluzione ancora nascosta e che adesso non stava trovando.

Chloe stette lì seduta sul letto per la durata di un periodo di tempo che non seppe precisare.

Più tardi la chiamò Ambra.

Rispose alle sue domande su un'ennesima borsa; altro non uscì dalla sua bocca che dei "sì" e dei "no" confusi, appena mormorati.

Quando interruppe la chiamata dopo appena dieci minuti, erano le sette di sera passate.

Si alzò, rigida come un automa, e accostò l'orecchio alla porta.

E aprì il cuore oltre alle orecchie.

-Non puoi ignorare ciò che ti sta accadendo. -

-Chi ti ha detto che lo sto ignorando? -

Jayden guardava sua moglie con attenzione mentre la guardava impallidire dietro i lunghi capelli biondo scuri con cui si copriva il viso quando doveva nascondere un'emozione contrastante con quello che avrebbe voluto apparire.

Quanto a lui, stava seduto sul divano con finto fare disinteressato mentre la guardava pentirsi dei suoi sbagli ancora una volta.

-Lo so che non lo stai facendo, ma non lo stai affrontando nel modo giusto. Jayden, tu hai un problema. E devi risolverlo. -

-E tu invece? Tu che convivi con gli stessi dilemmi da nove anni e non sei mai riuscita a guardare davanti a te stessa? – Temette che questo l'avrebbe fatta alterare.

-Accusi me adesso? Ti ascolti quando... - Incrociò le braccia mentre lo guardava con sguardo accusatorio, gli occhi azzurri diventati improvvisamente più accesi e brillanti.

-E' normale sentire il peso del mondo addosso. E' normale sentirsi non normali. Ma Chiara, cresci. Quante volte ti ho supportato e tu hai fatto lo stesso? Non ci vuole niente per capire che non lo stiamo più facendo. Per noi stessi e per le nostre figlie. – Si alzò e iniziò a camminare nervosamente per la stanza. Pregò in silenzio che Chloe e Cèleste rimanessero in camera loro.

Chiara, appoggiata al mobile della cucina, sembrò fulminarlo per un attimo, per poi ricomporsi. - Per mia figlia. E per tua figlia. -

Jayden sospirò e la guardo per la prima volta in quella giornata con uno sguardo consapevole. I suoi occhi non tradivano il risentimento.

Tornò a guardare in basso, verso le sue scarpe laccate e il pavimento perfettamente lucido. – Per tua figlia. E per mia figlia. -

Lei sembrò annuire in silenzio.

Passò un lungo momento prima che lei lasciasse andare un sospiro malinconico e rivolgesse anch'essa lo sguardo a terra. -Ormai sono passati vent'anni, Jayden. Sai anche tu che sarebbe meglio dimenticare. –

Jayden strinse i denti mentre pensava al perché avesse detto quella frase. – Eppure siamo impossibilitati a farlo. –

Lei continuò a tenere lo sguardo basso. – Sì. Lo siamo. –

La chiamata li interruppe bruscamente.

A Jayden bastò alzare gli occhi per scorgere la schermata del cellulare appoggiato sul tavolo. – E' Brian. Doveva venire stasera. –

Lei lo guardò rammaricata, forse amareggiata per la loro conversazione durata così poco e che magari avrebbe voluto continuare a darne un peso. – Bene. Mi ritiro allora. Va' ad accoglierlo. –

Jayden la guardò allontanarsi mentre sospirava afflitto da un'altra conversazione buttata.

Si diresse verso il citofono (non so se serve per aprire la porta) per comunicargli che stava arrivando e aprì la porta.

Non appena si appoggiò alla porta, Chloe sentì solo la voce concitata di Brian, il migliore amico di suo padre e suo principale collega che entrava in casa, e Jayden che lo salutava senza il suo solito e caratteristico affetto. Assunse un'espressione interdetta. Non ricordava che sarebbe venuto quella sera. Si immaginò di vederlo con i suoi soliti completi firmati e gli occhiali da sole che secondo lui gli davano un'aria alla moda. Si recava spesso a casa loro per discutere del loro lavoro con Jayden, anche se alla fine si ritrovavano sempre a chiacchierare di cose insensate e insultarsi scherzosamente a vicenda. Quella sera però non sarebbe sicuramente finita così.

Discostò l'orecchio dalla porta quando udì dei passi poco sommessi provenire dall'altra parte.

Di lì a poco sua madre sarebbe entrata nella stanza e se l'avesse sorpresa ad origliare senza senso i discorsi di Jayden e Brian che solitamente non le interessavano, le avrebbe chiesto spiegazioni, e quella sera non aveva voglia di discutere.

Stava per sedersi alla scrivania facendo finta di studiare e prendendo il primo libro a caso che le capitava sottomano, quando venne sorpresa da sua sorella che entrava nella camera.

Si voltò verso di lei. – Che ci fai qui? Non volevi guardare la tv? –

-Britain's got talent è finito. –

Chloe quasi non ci credette quando notò che il suo sguardo non era dispiaciuto per finta, ma aveva tutto l'aspetto di essere vero dispiacere.

-Cavolo, che dilemma. – Ironizzò mentre si accomodava meglio sulla sedia della scrivania. – Perché sei qui? –

Lei alzò le spalle mentre si sedeva sul letto. – Semplicemente perché non ho voglia di ascoltare Brian e papà e continuare a guardare la sua faccia depressa. –

Chloe girò la sedia in modo da guardarla meglio e assunse uno sguardo comprensivo. – Allora l'hai notato anche tu. –

Sapeva che non avrebbe potuto trovare il confronto che cercava da una bambina di nove anni, ma almeno aveva ricevuto la consapevolezza di non essere stata l'unica a non aver scorto il problema.

-Certo che l'ho notato. Pensi che mi sfugga qualcosa? –

Sorrise. -Certo che no. – Guardò il computer sulla scrivania. – Vuoi guardare qualcosa? –

Lei scosse la testa. – No. Sono venuta perché nessuno sembra più capirmi. E papà non si capisce cosa abbia fatto. – Alzò gli occhi verso di lei. Erano appena lucidi. – Chloe, ho paura che stia male. –

Capì che era arrivato il momento di consolarla. Se Chloe aveva sempre ammirato suo padre, per Cèleste aveva sempre costituito una sorta di idolo. La paura di perderlo era quasi più forte per la sorella più piccola.

-Tranquilla. Ci penserà Brian a tirarlo su. –

Aveva detto la prima cosa che le era venuta in mente.

-Speriamo. Stanotte dormo con te e non mi importa se non vuoi, ti prometto che faccio la brava. – Cèleste si infilò sotto le coperte e si girò dall'altra parte voltandole le spalle, non dando neanche il tempo all'altra di ribattere.

Quanto a Chloe, non aveva voglia di ascoltare i discorsi di Jayden e Brian.

Anche se sapeva che per Jayden la seconda persona dopo di lei a cui confidare qualcosa sarebbe stato lui, l'amico che conosceva dai tempi della scuola e che mai gli aveva negato un conforto.

Decise di non ascoltare, almeno non per quella sera.

Voleva continuare a dare fiducia a Jayden.

Sperando che il momento in cui avrebbe deciso di dirle ciò che lo turbava non sarebbe tardato ad arrivare.

Guardò il suo diario abbandonato sulla scrivania.

Era ora di sfogare i suoi pensieri.

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