Capitolo II

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È solo più tardi che si scopre che un bacio
è stato una breve escursione,
l'inizio di un lungo viaggio,
o un soffio che si sposta, forse per sempre,
in una nuova dimora.

* * *

Cap. II

Coronet era una metropoli caotica e movimentata. A Ben non erano mai piaciuti i luoghi affollati ma erano l'ideale per non dare nell'occhio. Attirare l'attenzione su di sé era l'ultima cosa che voleva.
Era atterrato su Corellia da qualche giorno, giusto in tempo per eseguire gli ultimi ritocchi al suo vecchio Tie imperiale, che aveva affettuosamente ribattezzato Phoenix perché, un po' come lui, era risorto dalle sue stesse ceneri.
C'erano degli adattamenti che doveva effettuare solo all'ultimo momento, come ad esempio impostare i parametri del sistema di navigazione, in modo che potessero adeguarsi perfettamente all'atmosfera del pianeta. Era una delle tante dritte, sui caccia stellari, che aveva imparato osservando suo padre.
Aveva atteso quel momento da un anno, ed ora avvertiva l'adrenalina scorrergli nelle vene. Era impaziente ed eccitato, e questo lo faceva sentire dannatamente vivo. Libero.
Bevve un altro generoso sorso di birra corelliana, poi la posò con decisione sul bancone dell'affollatoStarkiller Bar e si fermò a riflettere, in piedi, con la mano ancora sopra la bottiglia.
Si guardò attorno. Sondò l'aria per assicurarsi che non ci fossero in arrivo brutte sorprese.
Il locale era, come di consueto, pieno di avventori di ogni razza e costume. C'era un tavolo particolarmente rumoroso in cui bivaccavano tre piloti pamarthiani, ma niente di particolarmente insolito.
L'ultima volta che ci era stato aveva visto lei e questo lo aveva scombussolato non poco. Gli era apparsa davanti a tradimento e non aveva potuto opporsi al suo richiamo. Aveva sperato che non sarebbe riuscita a contattarlo e a riaprire una breccia nel legame, invece Rey aveva stravolto tutti i suoi piani. Come aveva sempre fatto, del resto, anche quando combattevano su fronti opposti.
Rivederla lo aveva reso felice, non poteva negarlo, ma gli aveva fatto anche molto male. Quando si trattava di Rey, i suoi sentimenti erano fortemente contrastanti.
L'amava? Certamente. Ma a modo suo e in quel momento non la voleva tra i piedi. Quello che lo attendeva era un confronto con se stesso, più che con dei degni avversari e lui non voleva distrazioni, né supporti di ogni genere. Era la suasfida, e voleva affrontarla da solo.
Quel loro incontro nella Forza lo aveva destabilizzato, ed era l'ultima cosa di cui aveva bisogno.
Paradossalmente, non credeva che Rey avesse sofferto la sua mancanza. L'aveva baciato, e questo era vero, come l'effetto dell'alcool nella birra corelliana che in quel momento gli bruciava le vene, e ne era rimasto sorpreso. Ma credeva che lo avesse fatto solo in segno di riconoscenza, per averle salvato la vita. Lei aveva i suoi amici, la sua nuova famiglia, aveva sulle spalle l'enorme responsabilità di ricostruire l'Ordine Jedi. In tutto quello la sua presenza non era contemplata.
Quando si era risvegliato, in mezzo alla giungla di Batuu e non l'aveva trovata al suo fianco, era rimasto confuso, disorientato; era sceso dal Tie e si era addentrato nella direzione in cui aveva sentito provenire un gran vociare. Si era mantenuto in disparte e aveva osservato in silenzio i ribelli gioire per la vittoria su Sidious, poi l'aveva vista abbracciare il traditore FN-2187 e Poe Dameron, e si era sentito morire.
Era giusto che Rey fosse tornata da loro, erano stati la sua famiglia per più di un anno, ma non poteva permetterle di coinvolgerlo. Lui non aveva niente a che fare con quella gente e non avrebbe mai voluto averne. Non lo avrebbero mai accettato e non avrebbero mai capito le sue intenzioni.
Quello che Rey desiderava era impossibile, per questo se n'era andato, era fuggito via senza nemmeno una spiegazione o un addio. Non avrebbe mai avuto il coraggio di lasciarla se l'avesse avuta davanti ancora una volta.
Doveva arrivare a perdere la sua vita per poterla ritrovare. Avrebbe voluto risvegliarsi e non ricordare più nulla del suo passato, invece era un fardello che doveva continuare a portare. Non voleva che Rey lo aiutasse a sorreggere il peso delle sue colpe. Aveva intenzione di rimediare, per quanto gli fosse stato possibile, ma era un suo problema. Era giusto che si costruisse una nuova esistenza lontano da lui.
Proprio in quell'istante il gong avvisò i piloti che mancavano solo dieci minuti all'inizio della competizione e buona parte degli avventori delloStarkiller si avviarono chiacchierando verso l'uscita del locale.
«Ehi, Solo!» Si sentì chiamare in tono insolente e pretenzioso. La voce proveniva dal tavolo particolarmente rumoroso. Sbuffò e alzò gli occhi al soffitto senza girarsi, quello sbruffone di Valeek non voleva proprio saperne di mollare.
«Ti farò mangiare la fottuta polvere di Corellia» lo aggredì con arroganza, «pensi davvero di poter gareggiare con quel vecchio rottame?»
Dovette ricorrere a tutta la sua buona volontà per evitare di reagire. In altri tempi sarebbe stato felice di raccogliere la provocazione di quel ragazzone alto, biondo e grassoccio e farlo a pezzi. Gli sarebbe bastato alzare una mano per soffocarlo, scaraventarlo contro una parete e levarlo di mezzo.
Prese un lungo respiro e si impose di calmarsi. Non doveva manifestare i suoi poteri o sarebbe stata la fine. Aveva lavorato sodo per arrivare fino a quel punto, non avrebbe mandato tutto all'aria per un deficiente pamarthiano con insane manie di grandezza.
Gli avrebbe dimostrato a breve, con i fatti, di che pasta erano fatti i Solo.
Si girò, poggiando i gomiti sul bancone, riservandogli un'occhiata divertita e un sorrisino sghembo.
«Kothan si!» Urlò Valeek sollevando la sua tazza di Porto in segno di sfida.
«Kothan si!» Risposero in coro due mezze cartucce, che dovevano essere i suoi scalcinati compagni di squadra.
Se ricordava bene qualcosa del linguaggio di Pamarthe quelle parole si traducevano in che tu possa morire alla massima velocità.
Bene. Non cercava niente di meglio.
Scrollò le spalle e si diresse verso l'uscita. Valeek posò la tazza vuota e lo raggiunse in fretta, gli diede una spallata per scansarlo e si infilò nell'uscita prima di lui, seguito dai suoi due compagni sghignazzanti.
Recuperò l'equilibrio scuotendo la testa. Il desiderio di fare a pezzi quel demente lo stava divorando, ma non poteva. Non aveva alcuna intenzione di usare i suoi poteri per vincere la gara o, peggio, fare fuori qualche concorrente. Han Solo era stato il migliore pilota della galassia senza sapere nulla della Forza. Voleva dimostrare a se stesso che poteva vincere con le sue sole capacità.
Il Gauntlet era una gara misteriosa e particolarmente pericolosa che, in passato, era stata patrocinata proprio da suo padre. Era una specie di carnaio. Tra i migliori partecipanti che riuscivano a sopravvivere e che dimostravano di avere coraggio e una sufficiente dose di spericolatezza, venivano scelti i piloti che avrebbero formato le squadre per le Five Sabers, ed era quello il suo vero obiettivo, il suo sogno. Lo era fin da quando era un ragazzino e seguiva Han nei suoi viaggi in cui reclutava piloti da ogni parte della Galassia.
A quei tempi era troppo piccolo per gareggiare, ma contava di poterlo fare, un giorno, e rendere suo padre orgoglioso di lui. Era qualcosa che gli doveva, per onorare la sua memoria, e sapeva che ne sarebbe stato felice.
Il Gauntlet era anche una gara subdola. Le regole cambiavano ogni anno e non si avevano indizi sul percorso da seguire se non all'inizio della competizione. Durante il periodo della dominazione del Primo Ordine era stata sospesa per ovvi motivi, e quella era la prima volta che veniva organizzata dopo la vittoria della Ribellione sull'esercito di Palpatine.
Ben si diresse a passo svelto verso l'hangar, da dove sarebbero partite le navi, che non era molto distante dallo Starkiller Bar. Gli altri piloti erano tutti intenti a controllare i loro caccia fino all'ultima molecola, alcuni già si erano infilati il casco e si apprestavano a salire sulle rispettive navi. Avvistò il suo Tie Phoenix nero e una scarica di adrenalina gli provocò una leggera scossa.
Amava pilotare, lo faceva sentire bene. Amava spingersi oltre le sue capacità, sfidare la gravità, scoprire fin dove poteva arrivare, rischiando la pelle senza rimpianti.
Aveva assaporato l'impotenza e l'immobilità della morte, ora voleva saggiare la vita, goderla e respirarla fino in fondo.
Il Phoenix era lo stesso Tie con cui era atterrato su Exegol. Lo aveva trovato tra le rovine della seconda Morte Nera. Era l'unico, tra i tanti rottami, ad essere rimasto miracolosamente intatto. Col tempo lo aveva modificato, migliorato, aveva cambiato le ali rendendolo molto più simile al velocissimo Tie Interceptor. Aveva passato mesi a cercare pezzi, barattare apparecchiature, a sporcarsi le mani di carburante e olio per motore, e gli era piaciuto tantissimo.
Non aveva bisogno di ricontrollare ogni cosa, sapeva che era tutto a posto ma, poco prima di salire sul caccia, qualcosa lo spinse a fermarsi. Avvertì una sottile vibrazione nella Forza che gli provocò una leggera vertigine e gli fece acuire i sensi. Durò solo un istante, ma fu abbastanza potente per metterlo in allarme.
Si guardò intorno con circospezione, ma non vide nulla che potesse in qualche modo costituire una minaccia per lui, a parte la risatina malvagia che Valeek e suoi due smidollati compagni di squadra gli riservarono, e l'occhiolino divertito di Dana Torres.
Ricambiò la risata tirata ai primi e ignorò completamente la seconda. Forse non era stata una buona idea andarci a letto, lo aveva fatto solo per levarsi uno sfizio, ma lei l'aveva presa un po' troppo sul serio.
Scacciò ogni tipo di pensiero deleterio e salì a bordo infilandosi il casco, aveva ancora pochi secondi prima che la sfida cominciasse ed era essenziale capire come si sarebbe svolta. Le navi in gara erano una cinquantina, disposte in semicerchio con i musi rivolti verso la minuscola uscita dell'hangar.
Dopo l'ultimo gong di avvertimento una voce artificiale gli parlò nel casco.

Benvenuti al Gauntlet. Il percorso di quest'anno è L'arco Gravitazionale, le vostre mappe verranno caricate all'inizio della gara. Ci sono sette archi gravitazionali e il vostro punteggio dipenderà da quanti archi riuscirete ad oltrepassare ed in quanto tempo complessivo. La gara avrà inizio dopo il conto alla rovescia. Dieci. Nove. Otto...
Archi gravitazionali? La faccenda non gli piaceva per niente. Qualunque cosa aveva a che fare con la gravità poteva riservare delle brutte sorprese. Mise in moto il Tie e fissò la porta dell'hangar che, neanche a farlo apposta, era proprio a forma di arco. Ma l'istinto gli diceva che non sarebbe stato quello il primo obiettivo, difficilmente ci sarebbero potuti passare più di due velivoli alla volta. Sarebbe stata una carneficina. La sua forma era solo uno specchietto per le allodole.
Si guardò intorno: il pavimento era tutto d'un pezzo e il soffitto a botte pareva solido e impenetrabile.

Tre. Due. Uno. Via!

Una parte dei caccia schizzò veloce verso l'uscita dell'hangar, ma solo un paio di essi riuscirono a passare indenni, una buona mezza dozzina finì per schiantarsi sulle pareti formando un'immensa palla di fuoco.
Deglutì a vuoto e strinse la cloche ancora più forte. Per fortuna aveva avuto l'accortezza di attendere. Con un gran rombo una parte del pavimento si abbassò, formando una grande apertura semicircolare proprio di fronte alla disposizione delle navi rimaste. Era quello il primo arco gravitazionale... capovolto.
Abbassò con forza la cloche, al massimo dell'accelerazione, e puntò verso il basso, attraversando a tutta velocità il primo arco.
L'abitacolo subì un forte scossone, e fu solo grazie al suo ferreo autocontrollo se riuscì a non sbandare violentemente. Il paesaggio che gli apparve di fronte era completamente diverso dai vicoli nebbiosi e oscuri di Coronet che si aspettava di trovare. Davanti ai suoi occhi si apriva un'immensa e verdeggiante prateria che sembrava non avere limiti. Spinse il suo Tie a tutta velocità e sfrecciò pericolosamente a bassa quota sul suolo di Corellia.
Ora cominciava ad essere tutto più chiaro. Gli archi non erano altro che piccoli portali gravitazionali che li avrebbero condotti in diverse zone del pianeta. Non era dato sapere quale sarebbero state le condizioni che avrebbe trovato ad ogni attraversata, ed era quella l'effettiva difficoltà. Avrebbe potuto sbucare in una giungla intricata, o nel bel mezzo di una catena montuosa innevata. Non sarebbe stata esclusivamente una gara di abilità e velocità, ma anche di autocontrollo, dato che avrebbe dovuto ricalibrare gli assetti ogni volta.
Non era come effettuare salti multipli nell'iperspazio, in quel caso si poteva calcolare la rotta e prevedere al millesimo la destinazione.
Diede uno sguardo veloce alla telecamera posteriore che gli mostrò un bello spettacolo. Delle cinquanta navi in gara, almeno un terzo era sparito, si era schiantato contro le pareti dell'hangar ed era uscita di gara, un'altra mezza dozzina aveva perso il controllo subito dopo l'attraversamento dell'arco e giaceva fumante fra l'erba alta, con i rispettivi piloti che, usciti dall'abitacolo, imprecavano animatamente.
Rise di gusto, aveva goduto anche troppo, era ora di concentrasi sul percorso che gli era stato inviato. Sul monitor gli apparve la tappa successiva. Non vi erano particolari difficoltà e non c'erano ostacoli, aveva la strada spianata.
Due dei velivoli che erano riusciti a superare il salto senza conseguenze, gli stavano già alle spalle. Riconobbe l'Ala-A rosso fiammante di Valeek, quel pallone gonfiato aveva conciato la sua nave peggio di un trabiccolo da parata. Di certo l'umiltà non era la sua qualità migliore. Poi c'era un'Ala-X che non aveva mai visto nei pressi dell'hangar, nemmeno quando gli altri piloti compivano dei giri di prova per testare le capacità delle loro navi.
Era di sicuro un vecchio modello che risaliva almeno ai tempi della guerra tra Alleanza Ribelle e Impero, aveva le derive modificate ed un fastidioso rivestimento a specchio che lo faceva splendere sotto i raggi del sole di Corellia.
Chiunque fosse il suo pilota, ci aveva perso del tempo per renderlo così particolare, oltre ad avere un ego smisurato.
Molto più indietro, almeno una dozzina di navi cercavano di riprendere terreno, ma lui non era preoccupato. Niente lo spaventava quando era alla giuda di un caccia. Quella era la sua vita. Non vedeva l'ora che il percorso si complicasse per mettersi alla prova.
L'Arco successivo era posizionato sopra una collina, lo attraversò alla massima velocità, ma quando riemerse dall'altra parte si trovò davanti un alto geyser di fuoco scaturito da un immenso lago di lava.
Scansò abilmente la colonna incandescente ma l'ala destra sfiorò pericolosamente il magma prendendo leggermente fuoco ad un'estremità.
«Maledizione!» Esclamò digrignando i denti.
Eseguì una rapida serie di tonneau per spegnere le fiamme, e poi puntò dritto verso l'arco successivo, schivando gli altri geyser che salivano e si abbassavano formando un percorso tortuoso ed arduo.
Le navi di Valeek e dello sconosciuto continuavano a seguirlo a distanza ravvicinata. Erano gli unici, di tutto il gruppo, che riuscivano a tenergli il passo.
Conosceva il modo di volare dell'odioso pamarthiano, sapeva che era un osso duro. Era spericolato ma anche molto scorretto e imprevedibile. Non era da escludere che, se lo avesse raggiunto, avrebbe tentato qualche trucco illegale per metterlo fuori gioco. Ma avrebbe venduto cara la pelle.
L'Ala-X invece aveva un modo di volare molto elegante, preciso e fluido. Ed era veloce. Dannatamente veloce. Gli piaceva, ma non aveva alcuna intenzione di farsi raggiungere.
L'arco successivo gli apparve ben presto su un promontorio roccioso che fuoriusciva dal lago di magma. Sarebbe stato un gioco da ragazzi infilarlo, se non ci fossero stati ben tre geyser che si alzavano ad intermittenza a bloccargli il passaggio. Erano troppo vicini per poterci passare in mezzo. Aveva bisogno di tempo per capire il momento esatto in cui sarebbero stati tutti abbassati. Eseguì un ampio loop per rallentare ed allontanarsi mentre teneva lo sguardo fisso alla telecamera per registrare il movimento delle colonne di magma.
I due caccia avversari lo stavano raggiungendo a velocità sostenuta. Imprecò in varie lingue quando si rese conto che avrebbe dato loro un vantaggio per passare attraverso i geyser indenni, ma non avrebbe potuto impedirlo. Non poteva rischiare di bruciare le ali passandoci in mezzo alla cieca. Non era così che suo padre gli aveva insegnato a volare. Per seminarli doveva usare il cervello.
Quando il suo assetto fu di nuovo orizzontale puntò dritto verso l'arco osservando di nuovo il ritmo dei geyser, vi era solo un momento in cui erano tutti e tre abbassati e durava solo un paio di secondi, dunque doveva portare il Tie alla massima velocità mentre erano tutti e tre alzati.
Spinse l'acceleratore e la nave schizzò via riuscendo a passare illesa sopra ai geyser nascosti nel ribollio del magma.
Attraversò l'arco gravitazionale e si ritrovò in una fitta foresta di alberi altissimi. La luce che riusciva a filtrare attraverso le fronde intricate era poca. Schivare i tronchi degli immensi alberi era un gioco da ragazzi per lui, riusciva perfettamente a vedere il percorso dinnanzi a sé e a fare la gimcana tra i tronchi, come se lo avesse fatto almeno mille volte, ma le conseguenze della sua incauta manovra precedente non si fecero attendere. Subito si accorse che l'Ala-X lo aveva raggiunto e sfrecciava al suo fianco, il caccia di Valeek invece gli stava pericolosamente alle spalle.
Nonostante la sua abilità di pilota gli permettesse di non perdere velocità, non riusciva a scrollarsi di dosso i suoi temibili avversari.
Nel momento in cui l'X-Wing passò pericolosamente vicino all'ala sinistra del suo Tie, avvertì di nuovo quello strano fremito nella Forza, e per mezzo secondo perse il controllo. Le mani gli tremarono e un'ondata improvvisa di calore gli avvampò la faccia.
«Stai tremando tu o la tua nave?» La voce che gli giunse nel comunicatore era femminile, ma era storpiata e resa metallica dal casco che indossava.
Ben sussultò, aveva chiuso tutti i canali di comunicazione per non avere distrazioni e soprattutto non diventare il bersaglio preferito delle provocazioni di Valeek, o delle avance spudorate di Dana, ed ora una perfetta estranea era riuscita ad insinuarsi nel suo sistema.
«Sei sul mio canale privato» la minacciò, quello poteva essere un valido motivo per essere espulsa dalla gara.
La sconosciuta non sembrò particolarmente impressionata o intimidita. «Carino il tuo caccia. Era un Tie imperiale?» sviò abilmente il discorso, ma con lui le moine non attaccavano. Dana Torres lo aveva pregato insistentemente per giorni di fare squadra con lei e l'aveva liquidata brutalmente senza troppi convenevoli.
«Cosa vuoi?» passò subito al sodo, odiava fare conversazione mentre volava.
Dall'altra parte la sconosciuta ridacchiò. «Quell'Ala-A rosso fuoco mi sembra un osso duro. Posso darti una mano a farlo fuori.»
Ben corrugò la fronte. Quell'offerta strampalata lo fece sghignazzare. «Desolato. Io gareggio da solo. Non mi serve l'aiuto di nessuno, miss splendore» si dimostrò categorico, schernendola.
«Scusa tanto! Allora ti farò assaggiare la mia scia» lo provocò divertita.
Fino ad allora l'Ala-X si era mantenuto costantemente al suo fianco, ma nel momento in cui sbucarono fuori dalla foresta e si trovarono di fronte un susseguirsi ondulato di colline, sfrecciò via ad una velocità impossibile, superandolo.
Ben si dimenticò per qualche istante di respirare. «Hai montato un doppio motore!» protestò allibito. Anche quello significava una squalifica automatica. La pilota del fantomatico X-Wing non doveva saperne molto delle regole del Gauntlet, o semplicemente se ne sbatteva altamente.
«Ops! Ti ho preso alla sprovvista?» continuò a provocarlo mentre puntava in l'alto sfrecciando con una fiammata verso l'arco successivo, che si trovava a circa metà della troposfera. «Tranquillo. Ho solo dato una ritoccatina alla valvola di regolazione del flusso di carburante, un trucchetto che ho imparato da un vecchio amico» gli confidò gongolando.
Un vecchio amico? A Ben si gelò il sangue nelle vene nel vederla sparire oltre il portale gravitazionale. Un terribile presentimento si fece spazio, come un fulmine in una tempesta, nella sua mente, distogliendolo per un attimo dalla giuda.
Scosse la testa strizzando le palpebre per scrollarsi di dosso quella brutta sensazione e recuperare un briciolo di concentrazione. Un moto di rabbia si impossessò dei suoi sensi e spinse più a fondo l'acceleratore per recuperare il terreno perso. Fece fare alla nave un'ampia spirale per aumentare al massimo la velocità.
Valeek intanto lo aveva quasi raggiunto e si apprestava ad attraversare l'arco subito dopo di lui.
Riemerse in uno stretto canyon, schivando con disinvoltura le formazioni rocciose tra alte pareti di pietra. Il percorso si stava complicando. Mancava solo un altro salto e poi, l'ultimo arco, lo avrebbe riportato nei cieli di Coronet. Doveva darsi da fare.
Riuscì a raggiungere miss splendore piazzandosi pericolosamente alla sua destra in un cunicolo stretto in cui, a mala pena, ci passavano entrambi. Voleva saperne di più su di lei e l'unico modo era quello di provocarla.
Proprio in quel momento però, il caccia di Valeek li superò tutti e due sfrecciando sopra di loro, servendosi di una manovra proibita. Nel passaggio urtò l'abitacolo dell'X-Wing costringendo la pilota chiacchierona ad eseguire un tonneau per evitare di andare a schiantarsi contro la parete.
Ben imprecò in tutte le lingue che conosceva, sapeva che quel disgraziato ci avrebbe provato prima o poi. Osservò miss splendore dalla telecamera posteriore, per il momento aveva salvato la pelle, ma aveva perso terreno. Che diavolo gli stava succedendo? Adesso si stava pure preoccupando senza motivo per un avversario?
Quando il canyon si allargò, dietro la curva successiva, si lanciò dentro una caverna con una manovra suicida, mentre la cloche tremava violentemente sotto le sue mani, sfrecciò velocissimo sotto il caccia di Valeek superandolo. Se doveva perdere quella gara, non sarebbe successo per colpa delle trame malefiche della carogna pamarthiana. La sconfitta o la vittoria sarebbero dipese solo dalle sue capacità.
Miss splendore continuava a mantenersi stranamente distante, mentre lui volava silenzioso nell'antro scuro. Si mise di traverso per scivolare in modo pulito tra due stalattiti e puntare dritto, all'arco successivo, che pendeva capovolto dal soffitto roccioso.
Il portale lo risputò nello spazio, nel bel mezzo di un campo di asteroidi.
Valeek era sempre pericolosamente dietro di lui, la pilota misteriosa li seguiva ma non dava segni di voler rimontare e questo lo trovò alquanto strano. Tutta quella messa in scena l'aveva fatta solo per deriderlo, provocarlo, indispettirlo? Era un comportamento decisamente anomalo.
Schivò un paio di grossi asteroidi felice di aver recuperato la prima posizione, sospirò concedendosi un istante di tregua dalla tensione. Amava trovarsi nello spazio, c'era qualcosa in quella vastità nera, nel luccicare vivace delle costellazioni lontane, che lo faceva sentire bene. Era nato per trovarsi esattamente lì, in quel momento, e partecipare alla sfida più importante della sua vita, quella con se stesso.
Alla fine del campo di asteroidi il percorso virava bruscamente e l'arco successivo si trovava al confine dell'atmosfera del pianeta. Puntò verso il basso e lanciò il Tie in picchiata.
Adorava il contrasto tra controllo completo e caos estremo, quando il caccia veniva mosso in parte dal carburante e in parte dalla gravità.
Superò il penultimo arco e finalmente si ritrovò nel tanto agognato cielo nei dintorni di Coronet. Ormai ce l'aveva fatta, cosa sarebbe potuto succedere ancora?
Il Phoenix sussultò come se fosse stato colpito da qualcosa. Il pannello di controllo pareva impazzito, una miriade di luci iniziarono a lampeggiare ed altrettanti allarmi a suonare. Aveva cantato vittoria troppo presto.
Sullo schermo gli apparve il caccia di Valeek, in quel momento un'ondata di rabbia gli ribollì nelle vene e sbatté il pugno sul pulsante rosso del comunicatore.
«Bastardo mi hai sparato!» Gli ringhiò contro.
La risata arrogante e odiosa del pamarthiano gli diede la conferma che dietro a tutto quel casino c'era il suo zampino.
«Andiamo, Solo, le armi sono proibite. Dovresti saperlo. Ma... può darsi che un pezzo del tuo rottame dell'anteguerra si sia staccato e sia finito, per una serie di sfortunate circostanze, nel propulsore destro.»
Sfortunate circostanze un accidenti, quel disgraziato lo aveva sabotato.
Il sistema di diagnostica gli mostrava chiaramente che c'era qualcosa di incastrato nel propulsore e che lo faceva pericolosamente virare a destra mentre era costretto a rallentare.
Intanto Valeek lo superò sfrecciando con sfrontatezza alla sua sinistra. «Oh, ma che peccato! Il migliore tra i piloti di Corellia, sta per subire un'umiliante sconfitta» lo schernì.
Per un istante fu tentato di fermarlo con la Forza. Quel maledetto aveva barato, poteva ricambiarlo con la stessa moneta. Sarebbe stato più che giusto, una battaglia ad armi pari. Sollevò una mano nella direzione del caccia, col preciso intento di agganciarlo e rallentarlo, farlo sbandare, scaraventarlo fuori pista, qualunque cosa pur di levarlo di mezzo. Ma poi strinse il pungo e lo sbatté malamente sul pannello di controllo, chiudendo di nuovo la comunicazione con lui.
Non poteva farlo, non voleva. Se avesse fatto fuori Valeek in quel modo, per lui sarebbe stata comunque una sconfitta.
Poteva risolverla in un altro modo.
«Ehi Tie imperiale, che ti è preso adesso?» Miss splendore inaspettatamente gli parlò nel comunicatore.
«Propulsore bloccato» fu drasticamente sintetico.
«Uhm... non sembra un guasto accidentale. Non c'entrerà per caso il pilota dell'Ala-A fiammeggiante?»
«Sei perspicace» le confermò furente.
«È un brutto affare.»
Tante grazie, lo sapeva anche lui. Ma nello stesso tempo rimase perplesso. Perché miss splendorenon pensava a superarlo e vincere la gara, invece di continuare ad importunarlo e infastidirlo?
«Invece di stare qui a compatirmi, potresti levarti dai piedi e provare a raggiungere Valeek.» Se proprio doveva perdere, tanto valeva farsi sconfiggere da una pilota che aveva tutte le carte in regola per batterlo.
«Ho un'idea migliore. Perché non proviamo a metterlo fuori gioco insieme?»
Miss splendore non poté vedere la smorfia di disappunto che le riservò. Tutto quell'altruismo era schifosamente commuovente. E sospetto.
Lui sapeva cosa doveva fare. Era rischioso, avrebbe anche potuto perdere il controllo e andare allegramente a sfracellarsi al suolo. Ma se voleva procurarsi ancora una chance per battere Valeek non aveva altra scelta.
Senza dire una parola spense il motore e il Tie planò pericolosamente in avanti, perdendo quota velocemente.
«Che diavolo stai facendo?» Miss splendore gli urlò nelle orecchie e quasi fu tentato di bloccare anche il suo canale, lo stava distraendo.
L'abitacolo iniziò a tremare e il suo stomaco si contrasse mentre iniziava a contare fino a dieci. Il fiato corto gli annebbiava il visore, il sudore gli gelava la fronte, non era la prima volta che si trovava in una situazione di emergenza estrema. Ma in altri tempi aveva i suoi dannati poteri a parargli le chiappe.
Quando arrivò allo zero riavviò il motore, con una mano tenne tutto abbassato l'acceleratore, mentre con l'altra diede un pungo al comando dello stabilizzatore destro. Il Phoenix tornò in vita in mezzo ad un concerto assordante di allarmi e sussultò violentemente. Sentì con sollievo il rumore di qualcosa che cadeva e andava a colpire la fiancata destra, miracolosamente il pannello di comando tornò silenzioso e riuscì a riprendere l'assetto.
«Wow! Dove lo hai imparato?» il tono sorpreso dimiss splendore lo fece sorridere di gusto.
«Me lo ha insegnato un vecchio amico» la provocò pungente, aspettando una sua reazione.
La pilota misteriosa restò per qualche secondo in silenzio. Forse l'aveva davvero colpita nel segno per essere riuscito a zittirla.
«Siamo stati fortunati... voglio dire... ad aver avuto amici così preziosi» la sentì farfugliare nel casco.
Ben sogghignò, per qualche assurdo motivo gli piaceva punzecchiarla e metterla in difficoltà. «Magari era amico di entrambi. Scommetto che era anche coperto di peli e che veniva da Kashyyyk» le diede il colpo di grazia. Questa volta la sua avversaria non gli rispose. Ed aveva ragione. Non era il momento di perdere tempo in ciance inutili. Ci avrebbe pensato dopo la vittoria a farle il terzo grado.
Buttò uno sguardo corrucciato alla telecamera posteriore, e notò che era già comparso un gruppetto nutrito di navi.
Controllò la mappa, l'ultimo arco era a terra, vicino allo spazioporto di Coronet. Dato che rappresentava il traguardo, non era gravitazionale.
«Sembra troppo facile...» Miss splendore era miracolosamente resuscitata quando, nel casco, sentì di nuovo la voce artificiale.

Per l'ultimo arco verrà assegnato un punteggio doppio se due caccia passeranno contemporaneamente attraverso i sensori.
Volarono fianco a fianco radenti al suolo di Corellia e ben presto avvistarono l'obiettivo.
Il caccia di Valeek era rimasto nei paraggi perché se avesse attraversato il traguardo da solo non avrebbe potuto vincere. Era pronto ad intrufolarsi insieme a lui o all'Ala-X se solo avessero tentato l'attraversata.
«Andiamo insieme?» Gli propose la pilota dell'X-Wing luccicante, spiazzandolo. «Niente di personale. È solo che non voglio che vinca lui, non mi piacciono gli imbroglioni sabotatori.»
Quello poteva anche accettarlo, non piacevano neanche a lui. L'idea di dividere la vittoria con qualcun altro non lo faceva impazzire, ma era sempre meglio di una rovinosa disfatta. E poi avrebbe goduto un mondo nel fare a pezzi l'ego di Valeek e vederlo sbraitare per la rabbia.
«D'accordo, miss splendore» accettò di buon grado. «Io sopra. Tu sotto.»
«Ricevuto!»
Ben diresse il Phoenix verso l'alto ma una saetta di luce gli passò davanti mancandolo per un soffio.
«Il tuo amico si ostina ad usare armi illegali. Dobbiamo liberarci di lui.»
«Oh! Ti ringrazio davvero, non me ne ero accorto» la riprese ironico per avergli fatto notare una cosa ovvia. Scosse la testa mordendosi le labbra. Dio quanto odiava quel pallone gonfiato. «Piuttosto fatti venire un'idea, e alla svelta magari» le intimò.
Per quanto cercasse di concentrarsi non gli veniva in mente nulla; senza armi e scudi c'era ben poco da fare. Poi improvvisamente ebbe un lampo di genio. «Ehi, un momento, potresti usare quel tuo splendore di nave per abbagliarlo.»
La pilota ridacchiò. «Ottima idea. Tu fai un loop, al resto penso io.»
Ben arretrò e poi schizzò dritto verso l'alto in un loop che lo portò dietro l'Ala-A di Valeek. L'Ala-X invece accelerò e virò di lato per passare davanti al caccia.
Ben chiuse gli occhi mentre la sua novella compagna di squadra dirigeva un potente fascio di luce accecante verso il visore di prua del loro avversario. Riaprì le palpebre e vide lo sbruffone virare all'improvviso, sbandare e perdere il controllo, fino ad andare a schiantarsi al suolo.
«Ha funzionato!» sentì esultare miss splendore, e per un breve momento si concesse il lusso di gioire.
Mentre scendevano in picchiata per rientrare in posizione, l'X-Wing rallentò per mettersi alla sua velocità e finalmente volarono insieme, a poca distanza dal suolo roccioso di Corellia. Ben eseguì un mezzo tonneau e si mise in volo rovesciato sopra di lei, c'era meno di un metro tra la sua cabina di pilotaggio e quella dell'Ala-X, e finalmente riuscì a vederla.

Miss splendore sollevò la testa ancora nascosta dal casco ed alzò la mano in segno di saluto. La ricambiò con le due dita al ciglio e insieme attraversarono l'ultimo arco fluidamente, come se avessero volato insieme da sempre: un Tie imperiale rimaneggiato e un vecchio X-Wing dell'Alleanza Ribelle.
«Voli dannatamente bene, Solo» la sentì complimentarsi attraverso il comunicatore.
«Niente male anche tu, miss splendore
Nel sentirsi chiamare per nome ebbe la conferma del suo presentimento. Ma stranamente non era arrabbiato, era troppo felice per la vittoria ottenuta per rovinarsi quel momento.
La pilota misteriosa gli rispose con una risata cristallina.
Dopo aver superato il traguardo la mappa sul suo monitor gli indicò di tornare all'hangar da cui erano partiti. Finalmente si concesse del tempo per rilassarsi e godersi il volo. Aveva vinto, ce l'aveva fatta, e non gli importava che fosse stato un lavoro di squadra anziché una vittoria esclusiva. Andava bene così.
In quel momento la cosa che più lo spazientiva era scoprire finalmente il volto che si nascondeva sotto il casco di miss splendore. Anche se ormai i suoi sospetti erano diventati quasi certezze, voleva vederci chiaro fino in fondo.
Quando scesero dai rispettivi caccia, si studiarono in silenzio per un lungo istante. Poi lei mosse alcuni passi nella sua direzione accorciando velocemente la distanza tra loro. Era di corporatura esile ma forte, indossava una tuta grigia aderente da pilota che esaltava in modo molto sensuale la sua figura slanciata.
Ben si tolse il casco per primo, se lo mise sotto al braccio e aspettò che lo facesse anche lei. Era giunta la resa dei conti. La pilota mise le mani dietro alla nuca, sbloccò la chiusura e, lentamente, se lo sfilò scuotendo leggermente la testa.
«Merda» gli sfuggì tra i denti, vedendole scivolare sulle spalle i lunghi capelli castani. Nel momento in cui riconobbe i suoi occhi vivaci, le guance spruzzate di lentiggini, le labbra rosee e lucide di sudore, il suo cuore sussultò. Deglutì, ma aveva la gola secca.
Non credeva che rivederla dal vivo gli avrebbe fatto quel bizzarro effetto. Con i capelli sciolti e spettinati non era mai stata così bella.
«Che diavolo ci fai qui?» reagì brutale per mascherare, in parte, l'emozione violenta che stava provando.
Rey rispose sorridendo con gli occhi. «Ho voluto dare una mano al destino.»

Continua...

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Note:
La frase dell'incipit è di Fabrizio Caramagna.
Per questo capitolo mi sono ispirata in parte al racconto Scorched, alla fine del romanzo Bloodline di Claudia Gray. Il caccia luccicante e il Gauntletprovengono da lì.

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