Capitolo VIII

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Ad una ad una le notti, tra le nostre città separate,

s'aggiungono alla notte che ci unisce

(Pablo Neruda)

* * *

Cap. VIII

Rey se ne stava rannicchiata sulla poltroncina della hall principale del Falcon, avvilita e silenziosa. Stringeva al petto le ginocchia e fissava imbambolata una pila di vecchie casse accatastate in malo modo, al centro del piccolo ambiente.

Quando Finn l'aveva vista arrivare all'astroporto di Theron, con l'unica compagnia della sua sacca a tracolla, l'aveva accolta con un'evidente espressione di sollievo. Questo aveva contribuito ad amareggiarla ancora di più.

La curiosità di Finn era palpabile, la percepiva nell'aria, e sentiva che, prima o poi, sarebbe sbottato. Il viaggio verso Chandrila sarebbe durato ancora qualche ora, e non aveva alcuna intenzione di passare il tempo rimanente a rispondere alle pressanti domande dell'ex stormtrooper, sulla sua vita con Ben. Era già abbastanza arrabbiata di suo, non avrebbe tollerato anche il sarcasmo e la probabile ramanzina dell'amico, su quanto fosse stata stupida e incosciente, a dare una chance a colui che considerava ancora un mostro.

Sospirò sfinita, avrebbe tanto voluto passare il viaggio a riposarsi, i postumi della sbronza si facevano ancora sentire, non era più abituata a certi stravizi, ma era anche troppo agitata per chiudere occhio.

Come da copione, Finn si affacciò nella hall, provenendo dalla cabina di guida, con BB-8 che gli rotolava fedelmente al fianco, e la scrutò preoccupato prima di sedersi accanto a lei, abbandonandosi sulla stessa poltroncina tondeggiante. «Ti va una partita a Dejarik?» ruppe il silenzio fastidioso in cui risuonavano solo i ticchettii delle strumentazioni di bordo.

Scosse la testa senza smettere di guardare davanti a sé. Ci mancava pure quello stupido gioco per innervosirla ancora di più.

Il ragazzo annuì stringendo le labbra carnose. «Quelle casse devono avere qualcosa di molto attraente, visto che non smetti di fissarle da un'ora.» La sottile provocazione di Finn ebbe il potere di farla sorridere. Nascose il viso contro le ginocchia e poi si voltò verso di lui concedendogli un sorriso benevolo.

Era più di un anno che non rivedeva il suo amico, quando era tornata su Batuu, due mesi prima, per lasciare il Falcon e BB-8 e ripartire con l'Ala-X di Luke, lui e Poe erano lontani dal pianeta, impegnati nelle missioni di spegnimento degli ultimi focolai resistenti del Primo Ordine, Chewbe era tornato su Kashyyyk, per stare un po' con la sua famiglia, e non c'era nemmeno Rose, che probabilmente si era già trasferita su Adjan Kloss con il famoso ragazzino che non aveva ancora rivelato i suoi poteri. Ognuno aveva trovato la propria strada, tranne lei, che era ancora alla ricerca della metà della sua anima.

Avrebbe voluto renderlo partecipe di tutto quello che le era accaduto in quel lungo periodo di lontananza, del dolore e della solitudine che aveva affrontato, prima di riunirsi a Ben, ma era frenata dal timore, ma forse era più giusto definirla consapevolezza, che non l'avrebbe capita. «Finn io...» iniziò, facendosi coraggio, ma poi un groppo alla gola, troppo doloroso da ingoiare, le impedì di lasciarsi andare.

«Rey, ascoltami...» le venne incontro lui, prendendo un profondo respiro e abbassando la testa, fissando le dita che attorcigliava in maniera nervosa, «so cosa stai pensando. Posso capire come ti stai sentendo adesso. E, proprio perché ti sono amico, non ho alcun diritto di giudicare le tue scelte. Quando te ne sei andata, ci sono rimasto male, non lo nego. Ero arrabbiato, furioso con te, ho cercato con tutte le mie forze di comprendere le ragioni che ti hanno portato ad abbandonare tutto, perché ti voglio bene, perché sono sicuro che non avresti fatto nulla per metterci in difficoltà. Eri in conflitto con te stessa ed era giusto che ti prendessi del tempo per trovare la tua strada.»

Il discorso accorato di Finn riuscì a rincuorarla e a risollevarle un po' il morale a terra. «Non ti chiederò nemmeno perché hai sentito il bisogno di cercare Kylo Re...»

«Non è più Kylo Ren» lo interruppe bruscamente con aggressione, facendolo sussultare. Era sicura che avrebbe deviato l'argomento su quel punto dolente. «Quella parte di lui è morta. Per sempre. È di Ben Solo che stai parlando adesso, il figlio di Han e di Leia, la persona che ha sacrificato la sua vita per salvarmi. Non te lo dimenticare. Quindi attento a quello che stai per dire, Finn» lo riprese severa.

Lo vide accusare il colpo. «D'accordo... Ben Solo» si corresse a malincuore, mantenendo il tono basso, cauto, per evitare di ferirla, «non te lo chiederò, se non vuoi dirmelo. Ma sappi che il fatto che ti abbia lasciato andare via da sola, conferma quello che ho sempre pensato di lui,in tutto questo tempo... e cioè che ha ancora del rancore dentro di sé, verso di noi, e un'avversione verso tutto quello in cui ha creduto e combattuto suo madre. E ti confesso che sono sollevato che abbia avuto il buon senso di restare dov'è.»

Rey sospirò sfiduciata, nascondendo di nuovo il viso tra le ginocchia piegate, stringendole ancora di più. Era stufa di dover fare ancora da tramite tra Ben e i suoi amici, era stanca di trovarsi sempre nel mezzo, tra due fuochi che si dimenavano e divampavano per annientarsi a vicenda. Era esausta.

Sciolse l'allaccio delle gambe, si alzò e si diresse verso la zona degli alloggi, forse era ancora in tempo per una breve dormita, prima dell'arrivo su Chandrila.

«Ho bisogno di stare da sola» lo informò greve, evitando di aggiungere altro, senza girarsi a guardarlo, non le interessava la sua probabile espressione dispiaciuta. Nessuno era disposto a fare un passo indietro per risolvere quella situazione, né Ben e né i suoi compagni, e lei si sentiva di nuovo impotente, sola, schiacciata da assurdi sensi di colpa che non avrebbe dovuto provare.

Non vedeva l'ora di incontrare il piccolo Temiri, almeno avrebbe avuto uno scopo, un motivo per fare del bene e sentirsi ancora utile a qualcuno, anche se sarebbe stato difficile dimenticare il modo freddo e pieno di risentimento con cui Ben l'aveva congedata.

Gli mancava già da morire, anche se erano passate solo poche ore da quando avevano lasciato il sistema di Theron, anche se era arrabbiata con lui e avrebbe voluto prenderlo a sberle, affettargli di nuovo la faccia, trapassarlo con la sua spada, e altre simili amenità, tanto poi avrebbe potuto curarlo con la sua energia vitale, ma nel frattempo lo avrebbe fatto soffrire a dovere. BB-8 le si avvicinò strusciandosi con affetto alla sua gamba per salutarla.

*

Finn bussò con forza alla sua cabina facendola sussultare. «Rey, siamo quasi arrivati» la informò ad alta voce attraverso la porta, svegliandola. Poi lo sentì allontanarsi.

A fatica si sollevò dalla cuccetta e si mise seduta con la schiena curva e le braccia abbandonate lungo i fianchi. Sbadigliò e si guardò intorno assonnata per rintracciare i suoi stivaletti che aveva scaraventato via, prima di gettarsi sul letto a pancia in giù, pesante come un sacco di patate. Ne avvistò uno sotto ad una consolle e l'altro ai piedi della porta del bagno. Li attirò a sé con la Forza, non aveva voglia di accucciarsi per tirare fuori quello più difficile da recuperare, se li infilò e poi sentì il bisogno di darsi una rinfrescata. Barcollando raggiunse il bagno, si sciacquò il visto con dell'acqua fredda studiandosi al piccolo specchio. Aveva l'aria sbattuta e gli occhi arrossati, le palpebre gonfie per le lacrime copiose che aveva versato prima di addormentarsi, i capelli scarmigliati. In compenso aveva dormito come un sasso.

Cercò di darsi una sistemata. Non voleva dare una prima brutta impressione al bambino, apparendogli come una Strega di Dathomir e, in quelle condizioni, era davvero impresentabile.

Quando si affacciò nella cabina di guida, Finn stava già manovrando alla consolle per uscire dall'iperspazio, e BB-8 rotolava eccitato da ogni parte cinguettando allegro. Le era mancata tanto la sua solita allegria.

Il Falcon sussultò e si ritrovarono nello spazio nero attorno a Chandrila che risplendeva di una seducente luce azzurrina. Rey si sedette alla poltrona del copilota e ammirò la bellezza del grande pianeta, mentre si addentravano nell'atmosfera cristallina.

Sorvolando le immense vallate, i laghi maestosi, le suggestive montagne innevate, si sentì pervadere da uno strano senso di ebrezza: quello era il pianeta dove era nato Ben, il giorno che aveva sancito la fine della guerra tra Impero e Alleanza Ribelle, un giorno importante, indimenticabile nella storia della galassia. Glielo aveva raccontato Leia, una delle tante sere in cui si erano ritrovate a parlare davanti ad un fuoco acceso, come madre e figlia, dopo un'intensa sessione di allenamento.

Nell'anno in cui le aveva fatto da maestra si erano confidate molte cose, la principessa le aveva raccontato di Han, di Ben bambino, della loro vita prima che accadesse l'irreparabile, ma non le aveva mai rivelato di sapere della sua discendenza da Palpatine, anche se ne era segretamente al corrente, e l'aveva dovuto scoprire nel peggiore dei modi per bocca di Ben. Questo lo aveva trovato estremamente ingiusto, addirittura crudele. Ma ormai era acqua passata.

Hanna City comparve presto all'orizzonte e atterrarono veloci nel variopinto ed affollato spazioporto.

«Portami subito dal bambino» pregò Finn, rimettendosi a tracolla il pesante zaino, «sono ansiosa di conoscerlo.»

Il ragazzo annuì e la condusse all'interno di un bellissimo palazzo che aveva una grande terrazza rivolta verso l'infinita distesa del Mar d'Argento. «Era la casa di Leia e del Generale Solo» si affrettò a spiegarle mentre lei si guardava intorno affascinata, ammirandone le rifiniture nobili e l'arredamento ricercato. «La principessa ce l'ha lasciata in eredità per usarla come punto d'appoggio per la Resistenza.»

Era la casa di Ben.

Pensò invece lei emozionata. Riflettendo, forse era stato meglio per lui che non l'avesse seguita, rimettere piede tra quelle mura probabilmente lo avrebbe messo ancora di più a disagio.

Rose l'accolse visibilmente sollevata, con un sorriso raggiante ed un abbraccio caloroso. «Mi sei mancata tanto» le sussurrò vicino all'orecchio, mentre la stringeva forte.

«Mi sei mancata anche tu» le confessò commossa, sciogliendosi a malincuore dal suo abbraccio.

«Sono felice che tu sia qui. Sei la nostra ultima speranza.» I suoi occhi si erano già velati di lacrime, doveva tenere davvero molto a quel ragazzino.

«Finn mi ha raccontato tutto» la tranquillizzò, «dov'è adesso?» chiese impaziente.

Rose annuì e le fece strada, «Temi è in giardino a giocare con Millicent

«Millicent?» ripeté incredula e Rose le rispose con un sorriso birbante. Uscirono sulla terrazza e scesero lungo una ripida e sconnessa scalinata di pietra che conduceva ad una suggestiva oasi verdeggiante che aveva anche un ingresso privato alla spiaggia. Seduto su una panchina di pietra, sotto l'ombra di un tiglio maestoso, c'era un ragazzino dai capelli a caschetto biondicci, dallo sguardo triste, intento a giocare con un grosso gatto rosso.

«È il gatto che hai salvato dal Finalizer?» La sua domanda era più una constatazione e Rose annuì divertita. Ricordava quel gatto, la sua amica lo aveva trovato a vagare come un disperato nello Star Destroyer in fiamme, prima che esplodesse, durante la battaglia di Exegol. Era un po' bruciacchiato e spaurito, ma stava bene e con le coccole e le attenzioni dei suoi compagni si era ripreso in fretta. Chissà a chi apparteneva? Il nome lo avevano scoperto dalla preziosa targhetta che aveva appesa al collare.

Si avvicinò a Temiri con cautela, col benestare di Rose che si mantenne a debita distanza. Vederlo giocare serenamente col micio le fece tenerezza, sembrava così innocuo, inconsapevole, esattamente come doveva essere stato Ben da ragazzino. Quanto avrebbe voluto averlo al suo fianco in quel momento, lui avrebbe saputo capirlo di certo molto meglio di lei.

«Ciao» lo salutò in modo molto semplice, sorridendogli, «il tuo amico Millicent è molto vivace.»

Alle sue parole Temiri reagì alzando la testa e fissandola stranito.

«Tranquillo, non voglio interrompere il vostro gioco» lo incoraggiò, ma ormai il danno era fatto. Il ragazzo smise di stuzzicare il micio con la cordicina che aveva tra le dita e questi, dopo aver sbadigliato svogliatamente ed essersi stiracchiato per bene, saltò giù dalla panchina e se ne andò via trotterellando.

Temiri strinse le labbra e si irrigidì.

Rey sentì chiaramente nella Forza il suo timore, il suo disagio. Sempre con la dovuta cautela si sedette accanto a lui, prendendogli la piccola mano nella sua.

«Sono qui per aiutarti» gli sussurrò dolcemente, «so come ti senti, lo capisco. Ho provato le tue stesse sensazioni anche io, solo che... quando la Forza si è risvegliata in me ero più grande. Ma ho avuto lo stesso bisogno di aiuto. Di un maestro. Andrà tutto bene, vedrai. Non siamo poi così diversi dalle altre persone, anche se abbiamo qualcosa di molto speciale. Ma è un dono, non una maledizione.»

Il suo tentativo di tranquillizzarlo però non sortì l'effetto desiderato. Temiri ritirò la mano bruscamente e si girò appena, riservandole uno sguardo corrucciato. Lei sussultò, i suoi grandi occhi verde scuro erano così innocenti che le si strinse il cuore. Era così piccolo, così carino, ma già tremendamente combattuto.

«Me la fai sentire la tua voce?» lo provocò, dandogli un buffetto sul naso a patata.

Il ragazzino reagì strizzando le palpebre e scuotendo la testa, esitò qualche istante prima di accontentarla. «Tu chi sei?» le chiese scrutandola con sospetto, assottigliando lo sguardo. La sua voce era infantile e cristallina.

Rey sospirò soddisfatta. «La tua maestra, se lo vorrai.»

* * *

Pianeta Theron, Sistema di Theron

Ben aveva passato tutta la notte a fissare il soffitto. La sua insonnia nervosa era ritornata alla grande, più ostinata che mai, e tutti i passi avanti che aveva fatto per ricostruire la sua stabilità emotiva si erano bellamente andati a farsi benedire.

Al suo ritorno al bungalow, la sera stessa, aveva trovato l'alloggio vuoto. La stronza aveva già lasciato il pianeta, probabilmente col traditore impiccione, che magari era pure venuto a prenderla col Falcon, l'astronave che avrebbe dovuto essere di sua proprietà, tanto per essere pignoli, ma che i ribelli gli avevano soffiato, come tante altre cose.

In quanto a cocciutaggine la jedi aveva l'assoluta supremazia. Sapeva che non sarebbe mai riuscito a fermarla quindi non si era nemmeno preso la briga di litigare; i patti erano chiari, Rey glielo aveva spiegato per bene, ma la sua partenza improvvisa lo aveva lasciato lo stesso con un assurdo senso di vuoto. Si sentiva uno stupido geloso e deficiente per questo, ma gli aveva fatto male davvero.

Come se non bastasse si era preso pure una severa ramanzina da Otkiis a causa sua. Non che abbandonare una gara come le Five Sabers non fosse prassi comune, solo i migliori piloti arrivavano fino alla fine; era una competizione lunga, estenuante, che metteva a dura prova i nervi e la resistenza di ognuno, ma il neimodiano aveva puntato tutto sul suo Black Squadron al completo, aveva investito dei crediti, e l'improvvisa fuga di Rey non l'aveva presa affatto bene.

La jedi però non se ne era andata in silenzio, gli aveva lasciato un asettico messaggio sul comlink. Niente di speciale o di particolarmente struggente: nel caso avesse avuto l'intenzione di seguirla (sempre in nome del suo patetico ottimismo) poteva trovarla su Chandrila. In pratica: tante grazie per l'eccitante luna di miele e arrivederci a quando avrò fatto comodi della Resistenza.

Aveva rabbrividito al solo pensiero. Su quel dannato pianeta ci aveva passato gran parte della sua infanzia ed era lì che erano iniziati i primi problemi. Era nella villa di famiglia che si era sentito per la prima volta un mostro, quando aveva udito di nascosto i suoi genitori definirlo un pericolo. Di sicuro non moriva dalla voglia di rimetterci piede.

Se Rey fosse partita per una missione sbrigativa, non l'avrebbe presa così male, ma addestrare un ragazzino sensibile alla Forza era un altro paio di maniche, la faccenda non era temporalmente quantificabile. Magari il moccioso aveva solo bisogno di credere di più in se stesso, e capire che con i suoi poteri non poteva andarsene in giro a sbattere sui muri le persone, se non la pensavano al suo stesso modo. E nell'insegnare questo, la jedi era di sicuro un'abile maestra. Ma la situazione si sarebbe anche potuta complicare ulteriormente.

In quel caso come avrebbero risolto la questione? Se Rey pensava che dopo la Five Sabers l'avrebbe raggiunta su Chandrila, come un cagnolino scodinzolante, si sbagliava di grosso. Per nessuna ragione al mondo si sarebbe fatto costringere ad unirsi alla banda di ex ribelli.

Tutta quella insicurezza nel futuro però, lo stava destabilizzando di nuovo ma, del resto, se l'era cercata. Maledì il momento in cui le stava per correre dietro, al Coronet Hotel e se l'era ritrovata davanti, e poi l'aveva fatta sua per tutta la notte. Non avrebbe dovuto cedere e permetterle di irrompere di nuovo impunemente nella sua vita; aveva appena trovato un suo equilibrio, seppur precario, e lei lo aveva sconvolto di nuovo, non l'avrebbe mai perdonata per averlo fatto sprofondare di nuovo nell'incertezza.

Stavano ancora insieme? Si erano presi la tanto famosa pausa di riflessione? Si erano lasciati? Era decisamente un bel dilemma a cui, al momento, non aveva voglia di cercare una risposta.

Mentre rimuginava sulla penosa piega che aveva preso la sua esistenza, il suono del comlink lo fece sussultare, distogliendolo da quei grami pensieri. Rey non poteva essere di certo, loro avevano ben altri metodi di comunicazione e, fino ad allora, la jedi non gli aveva dato nessun segnale di volersi mettere in contatto con lui, anche se le aveva lasciato aperte tutte le porte. Evidentemente era troppo impegnata a riabbracciare e sbaciucchiare tutta l'allegra combriccola di ex ribelli per pensare a quanto lo avesse lasciato di merda.

Si alzò controvoglia e accese l'aggeggio infernale. L'ologramma dell'enorme viso invasato di Elnor gli apparve in tutta la sua aliena incredulità. «Che cazzo è questa storia che la tua fottuta ragazza ci ha mollati?»

*

Dana stappò una bottiglia di birra corelliana ghiacciata e gliela porse, asciugandosi con il dorso della mano la fronte sudata. Il sole picchiava duro su Theron, e l'afa durante il giorno era davvero insopportabile. La pilota si fece aria sventolando il bordo della maglietta, facendo intravvedere il ventre piatto e nudo, mentre gli shorts succinti lasciavano in bella vista le lunghe gambe levigate. Le lanciò uno sguardo di sfuggita ammirandola, era pur sempre un uomo con sani istinti sessuali, anche se impegnato. Era davvero ancora impegnato?

La bionda si appoggiò sbuffando ad uno dei pilastri che sorreggevano il tetto della veranda dove stavano tutti e tre a respirare un po' di frescura, e sospirò gettando uno sguardo agli sgusci che sfrecciavano veloci poco lontano.

«Se ti ha piantato per un poppante problematico stai proprio messo male, amico mio.» Le perle di saggezza di Elnor erano un vero toccasana per il suo già pessimo umore e, soprattutto, per la sua autostima. L'orecchie a punta se ne stava in bermuda e canottiera, seduto stravaccato su una delle poltroncine in midollino della veranda del suo bungalow, con una gamba penzoloni da un bracciolo, e sorseggiava un intruglio opaco color diarrea, che gli faceva venire la nausea solo a guardarlo.

«Oh andiamo El... credi davvero che Rey l'abbia mollato perché non ha saputo soddisfarla a letto?» Si indignò Dana voltandosi di scatto verso di lui e tirandogli uno schiaffo sulla coscia.

«Ahia!» protestò lui.

«Sei un deficiente!» lo zittì lei.

«Ha parlato l'esperta» grugnì tra sé, altrettanto irritato ed Elnor sghignazzò compiaciuto. Ovviamente non aveva raccontato loro la vera natura del moccioso. Non poteva. Si era limitato ad inventare che Rey era una specie di psicologa della ex Resistenza e, quando capitava un caso grave, come quello del ragazzino schiavizzato, imprigionato e scampato ad un massacro, doveva per forza di cose rientrare alla base, perché aveva una specie di obbligo e non poteva sottrarsi alle sue responsabilità. La stessa balla che aveva rifilato ad Otkiis. Ma forse, non se l'erano bevuta fino in fondo.

Di certo la compagnia dei suoi due soci scalcinati non era il massimo della goliardia, in quel momento, ma non se l'era sentita di restare da solo a piangere su se stesso, e i consigli strampalati che presto gli sarebbero piovuti addosso come una grandinata gelata in piena estate, erano di certo meglio del silenzio assordante del suo appartamento.

Si attaccò al collo della bottiglia e se ne scolò buona parte, adorava la birra corelliana ghiacciata, un brivido freddo gli attraversò tutto il corpo e si sentì subito meglio. Forse avrebbe dovuto affogare le sue pene d'amore nell'alcool, anziché cercare conforto in quei due smidollati.

«Vuoi il mio parere spassionato?» Iniziò Elnor come se stesse per dargli la più grande e solenne lezione di vita che avesse mai avuto. «Dacci un taglio, definitivo, finché sei in tempo. Rey è un tipo troppo aristocratico ed intellettuale per te. Tu hai bisogno di scopare, ragazzo mio! Sei un gran fico, sei un pilota con i contro cazzi, hai un radioso futuro davanti a te, puoi avere tutte le donne che vuoi. C'è una frotta di invasate, là fuori che divaricherebbe le gambe in un nanosecondo, al tuo solo passaggio. Fregatene e comincia a fare i comodi tuoi alla grande. Quelle come Rey, sono delle schizzinose, hanno la puzza sotto al naso, pensano di averla solo loro... e prima o poi ti portano al manicomio» gli spiegò, come se avesse avuto davanti un quindicenne assatanato, alle prime armi col sesso, e senza un filo di sale nella zucca. Che dire, era proprio il suo ritratto.

Dana intervenne indignata. «Non sparare stronzate, El. Chiudi quel cesso di bocca. I tuoi preziosi consigli da tombeur de femme, tienteli per te. Si vede chiaramente che Ben è innamorato di Rey, e lei lo è di lui. Ed è una cosa seria. La lontananza forzata sarà una dura prova, di sicuro dolorosa, ma se è vero amore non potrà che rafforzare il loro legame, che è già perfetto così com'è.» Poi continuò rivolgendosi direttamente a lui, estremamente seria. «Avete un'intesa pazzesca voi due, e quando volate affiancati siete magnifici... sembra che siate nati per stare insieme. Ma hai fatto la cosa giusta, a lasciarla andare, anche se ti ha fatto molto male. Una relazione non deve diventare una prigione. Per nessuno dei due.»

Le parole della bionda riuscirono a colpirlo nel profondo, perché erano tremendamente vere. Lui amava Rey, più della sua stessa vita e non avrebbe mai voluto commettere di nuovo gli errori del passato, per questo aveva preferito soffrire come un cane, piuttosto che impedirle di seguire la sua strada.

«Però... è intelligente la mia ragazza. Non è solo una bomba a fare bocchini» commentò l'alieno, impressionato dalla profondità del discorso di Dana, facendogli l'occhiolino.

«Vuoi che ti avveleni il prossimo drink?» lo minacciò lei lanciandogli un'occhiata feroce.

«Ah! Non lo faresti mai, ti mancherei troppo» sghignazzò Elnor.

Ben invece le riservò uno sguardo compassionevole. «Non avevi detto che i piloti erano il male assoluto?» la provocò sarcastico, prima di attaccarsi di nuovo alla bottiglia.

«Cosa vuoi che ti dica, sono masochista... e probabilmente anche troppo sentimentale» sospirò sarcastica, scompigliando la criniera corvina del suo compagno.

«Mi hai messo il guinzaglio al collo, altroché» protestò l'orecchie a punta mandandole un bacio virtuale che Dana apprezzò.

«Ma anche tu Ben, non scherzi in quanto a complicarti la vita» lo punzecchiò, incrociando le braccia sul petto prosperoso.

Touché, la bionda tutta tette aveva di nuovo colpito nel segno. Aveva accettato quella relazione pur sapendo che sarebbe stata difficile e complicata, ma Rey gli mancava da morire. La verità era che non era pronto a separarsi da lei così presto. Erano stati insieme solo due mesi ed era stato tutto perfetto, non si era nemmeno reso conto del tempo passato. Non era trascorso nemmeno un giorno completo da quando si era allontanata come una furia dall'hangar e già gli mancava come se fossero stati separati una vita intera.

Ma non poteva raggiungerla in quel momento, e soprattutto non voleva. Aveva una gara da vincere e, per lui, era una questione d'onore.

Nello stesso modo in cui Rey non poteva sottrarsi alla richiesta d'aiuto dei suoi amici, così lui non poteva abbandonare i suoi compagni di squadra. Dopo la Five Sabers sarebbe stato tutto da vedere.

* * *

Pianeta Chandrila, Settore Bormea, Hanna City, tre settimane standard dopo...

«Avanti Temi, concentrati. Puoi farcela, prova ancora.» Le sue parole risuonarono nel fitto della foresta, che circondava la radura poco distante dal palazzo Solo/Organa, che aveva scelto come luogo più idoneo e appartato per l'addestramento. A pochi passi da lei, il ragazzino cercava di impilare delle grosse pietre, una sopra l'altra, usando la Forza, in modo da creare una piramide in perfetto equilibrio, nello stesso modo in cui Leia le aveva insegnato all'inizio del suo duro addestramento. Era un esercizio di precisione, concentrazione e abilità.

Temiri era riuscito a sovrapporne tre, ma non riusciva a poggiare l'ultima, la più difficile. Lo vide concentrarsi, sollevare una mano per agganciare la pietra levigata, spostarla per fare in modo che fosse perfettamente in asse a quelle che aveva già sistemato, ma nel momento in cui iniziò a farla scendere dolcemente per posarla sopra l'ultimo masso, perse di nuovo il controllo. La pietra cadde con violenza sulle altre, facendo crollare tutta la piramide faticosamente creata.

Temiri digrignò i denti frustrato, strinse il pugno ed abbassò la testa per evitare il suo sguardo deluso.

Rey si sentì in dovere di consolarlo. «Ehi, non devi scoraggiarti. Hai fatto dei notevoli progressi da quando abbiamo iniziato. È un esercizio molto difficile, anche io ho avuto delle difficol...»

«Basta! Sono stanco!» le urlò contro furioso, prima che potesse finire la frase. «Non voglio farlo. Perché devo perdere tempo con queste stupidaggini? Mi fa male la testa» si lamentò col viso arrossato per lo sforzo.

Rey sospirò scoraggiata, erano tre settimane che cercava di infondergli un po' di coraggio, insegnandogli l'autocontrollo, ma i risultati erano scarsi e tardavano ad arrivare. Il bambino era come bloccato, aveva una grande rabbia dentro di sé, un profondo rancore e l'unico modo in cui riusciva a sfogarsi, quando gli prendevano le crisi furiose, era distruggere tutto ciò che aveva intorno.

Aveva iniziato con le porcellane di Palazzo Solo/Organa, frantumate in un unico forte schianto, aveva proseguito con le finestre della sua stanza, polverizzate come se fosse passato un uragano, poi si era accanito sui mobili di uno dei salottini; divani, poltrone e consolle, avevano preso a volare da ogni parte, sbattendo tra loro e andandosi a sfracellare contro i muri e al suolo. Quando invece si trattava di domare il suo potere, incanalandolo in qualcosa di innocuo e positivo, falliva miseramente.

«Non sono stupidaggini» lo riprese, con voce ferma, cercando di rimproverarlo ma senza aggredirlo. Se si fosse chiuso nel mutismo un'altra volta, sarebbe stato un problema e tutti i piccoli progressi fatti si sarebbero persi. «Questi esercizi sono importanti. Ti aiutano a dosare il tuo potere nell'usare la Forza, a controllarla.»

«Non mi interessa. Non voglio controllarla» ribatté lui infuriato, con gli occhi umidi; nonostante avesse una gran voglia di piangere, si sforzava orgogliosamente di trattenere le lacrime.

Quella sua straziante espressione furiosa le ricordava con dolore, quella di Ben, dei primi tempi in cui si erano conosciuti. Conosceva quello sguardo pregno di rabbia e sofferenza, e avrebbe dato qualunque cosa pur di vederlo scomparire dal viso innocente di Temiri.

«Avanti prova di nuovo» lo incoraggiò, sforzandosi di ignorare il suo respiro affannoso, i pugni stretti fino a farsi sbiancare le nocche. Ma vedendo che Temiri non si muoveva si alterò. «Ricomincia daccapo!» gli impose, questa volta in tono più duro, facendolo sussultare per lo spavento.

«No!» Rispose lui sfidandola e incupendo lo sguardo. I suoi occhi, dalle mille sfumature di verde, sembravano improvvisamente più crudeli.

«Prova di nuovo» scandì piano, insistendo e sostenendo il suo sguardo rabbioso.

«No.» Ribadì lui, senza muoversi di un millimetro.

Rey strinse le labbra e si fece coraggio. «D'accordo. Se non vuoi obbedire, stasera non potrai giocare con Millicent» lo minacciò sottilmente, sapendo quanto lui ci tenesse a trastullarsi col micio, poiché era l'unica cosa che riusciva a calmarlo. Ma doveva imparare a dominare il suo istinto e rispettare chi ne sapeva più di lui.

Per tutta risposta Temiri alzò una mano verso di lei e, con le dita ad artiglio, tentò di sbalzarla con la Forza. Ma lei fu più rapida, ripeté il suo stesso gesto, fermando il suo flusso di energia, riflettendoglielo contro e mandandolo a sbattere con le spalle contro il tronco di un albero.

Le era bastato un minimo sforzo per respingere il suo attacco, per fortuna il piccolo non era ancora così possente da poter contrastare la sua Forza, ma sarebbe cresciuto e il suo potere sarebbe stato devastante se non controllato.

Rose, che aveva assistito sconvolta a tutta la scena, corse verso Temiri che giaceva confuso e dolorante ai piedi dell'albero. Lo raccolse e lo strinse amorevolmente fra le sue braccia.

«Mi dispiace...» riuscì solo a mormorare, scusandosi con l'amica. Non avrebbe mai voluto essere così drastica, ma la furia di Temiri doveva essere fermata in qualche modo, prima che le facesse del male sul serio o che facesse del male a qualcun altro. Li raggiunse e si inginocchiò di fronte a loro. Mise una mano sulla schiena di Temi, passandogli un po' della sua energia vitale per fargli passare la contusione alla spalla.

Rose annuì ringraziandola. «Non devi scusarti» reagì, alzandosi in piedi con il corpo del ragazzo semi incosciente in braccio. «Stai facendo del tuo meglio, e io non ti potrò mai ringraziare abbastanza per il tempo che gli stai dedicando. Finn mi ha detto che eri con Ben, quando ti ha trovata... ecco io... non volevo intromettermi nella tua vita e nelle tue questioni personali» le confessò, senza riuscire a mascherare il disagio.

Ben? Aveva sentito bene? Davvero Rose aveva nominato il figlio di Leia senza definirlo mostro, traditore, patricida, genocida ed altri "simpatici" epiteti? Non riusciva a credere alle proprie orecchie. Forse davvero si stava smuovendo qualcosa di positivo tra le fila della ex Resistenza. Per tutto il tempo che era stata su Chandrila Ben non lo aveva mai nominato, né con Finn né con Rose. Aveva tenuto tutto il suo disagio e i suoi pensieri per sé. Non se l'era sentita di affrontare il discorso con loro, e i suoi amici erano stati altrettanto discreti da non farle domande. Ma adesso, nel sentire quelle parole da Rose, si era sentita quasi sollevata, come se le avessero tolto un grosso peso dal cuore. Forse con lei avrebbe potuto confidarsi? Si alzò cercando i suoi occhi e rivolse uno sguardo benevolo. «Non ti preoccupare, è tutto sotto controllo» la tranquillizzò, mentendole. «Domani andrà meglio con Temi, vedrai» si sforzò di essere fiduciosa, accarezzando la schiena del ragazzino, ora tranquillo, anche se cominciava seriamente a dubitare delle sue capacità di maestra jedi.

Rose annuì, regalandole un sorriso appena accennato, poi si allontanò con Temi in braccio, che nel frattempo era crollato per la stanchezza, posandogli un bacio affettuoso sulla testa biondiccia, abbandonata sulla sua spalla.

Nel vederla andare via, Rey fu invasa da un potente senso di sconfitta. Si sedette su una delle grosse pietre che giacevano a terra e chinò la testa esausta. Da quando si era presa quella sbronza colossale, stranamente, non si era ancora ripresa del tutto, nonostante la vita che stava conducendo ad Hanna City non fosse dura come quella su Theron, in cui doveva alzarsi all'alba, allenarsi per ore sullo sguscio, sotto la calura della lunga estate di quel pianeta così suggestivo, quanto inospitale.

Era infastidita da un altalenante senso di debolezza ed un leggero malessere le aveva persino tolto l'appetito vorace che aveva sempre avuto. Forse era stato il repentino cambio di atmosfera a cui non si era ancora adattata a scombussolarla in modo così drastico, o forse erano le ore di sonno che aveva perso ogni notte per la paura di svegliarsi ansimante e sudata senza Ben al suo fianco.

Nonostante le mancasse come l'aria da respirare, si era imposta di non cedere per prima e non contattarlo tramite il legame. Non voleva dargliela vinta e confessargli che stava tremendamente male a causa sua. Se quello stronzo teneva veramente a lei, si sarebbe fatto vivo, prima o poi, e lei avrebbe trionfato dentro di sé.

Le mancavano i suoi sorrisi, i suoi baci, a volte timidi, a volte roventi, le mancavano persino le succulenti cenette che lui le preparava amorevolmente tutte le sere, dopo i duri allenamenti. Sentiva che non l'aveva chiusa fuori come al tempo del suo esilio volontario, questa volta non voleva, o non ci era riuscito, lo percepiva chiaramente nella Forza e sentiva pungente il suo rancore verso di lei, accompagnato da una profonda sofferenza.

Ma la sua coscienza era a posto, nonostante avesse scelto di mollarlo nel bel mezzo di una gara per la quale aveva preso un impegno. Il destino di un bambino innocente era certamente di primaria importanza rispetto al premio e al prestigio che sarebbero derivati dalla vincita della Five Sabers.

Non gli aveva imposto di seguirlo, lo aveva pregato di accompagnarla, gli aveva chiesto aiuto e lui si era rifiutato, senza nemmeno ragionare, mettendo in mezzo a loro il suo egoismo sfrenato. Era questo che l'aveva ferita e che le impediva di mettere da parte l'orgoglio e cercarlo per prima.

E poi c'era un'altra faccenda che stava mettendo seriamente in dubbio il suo futuro con lui, Le parole crudeli con cui l'aveva congedata le avevano insinuato il sospetto che non fosse del tutto propenso ad avere un figlio da lei. Era un argomento che non avevano mai preso in considerazione nel poco tempo in cui erano stati insieme, ma il modo in cui aveva reagito al solo pensiero di doversi occupare, un giorno, di un figlio con gli stessi poteri di Temiri, l'aveva lasciata amareggiata.

Per fortuna era sicura di non essere incinta. Aveva avuto il ciclo un paio di settimane prima e si era sentita sollevata, puntuale come un orologio, anche se più scarso del solito. Ma le era accaduto anche altre volte e, almeno su quel fronte, di dubbi non ce n'erano.

Forse aveva ragione lui quando le aveva detto che il vero Ben Solo non lo aveva mai conosciuto, forse non era davvero come se l'era immaginata, come lo aveva sognato tante volte, nelle lunghe notti insonni di Tatooine. Forse tutto quello in cui aveva sperato era solo un stupida illusione in cui aveva voluto credere ad ogni costo, dato il loro essere una Diade nella Forza.

In quel momento si sentiva confusa verso di lui, sfiduciata ed incapace verso Temiri, in difficoltà verso Rose, che le aveva chiesto aiuto e si stava dimostrando impotente di fronte ai traumi terribili di quel ragazzino. Il tutto si concretizzava in un assurdo senso di stanchezza che le fiaccava le membra e le toglieva ogni energia e voglia di vivere.

Si alzò dalla roccia sul quale era seduta e si diresse verso casa. Il sole stava calando velocemente ed era ora di rientrare. Sollevò gli occhi e vide brillare la prima stella della sera nel cielo rosato, ancora illuminato dagli ultimi raggi solari.

Chissà se anche Ben, in quel momento, stava guardando il tramonto di Theron, ad anni luce di distanza?

Continua...

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Note:

Dejarik alzi la mano chi ha indovinato subito di cosa si tratta ^ ^' Noto anche come holochess, era un popolare gioco a due giocatori in cui squadre di creature olografiche si combattevano su una tavola circolare. Una variante del più antico Shah-tezh, il dejarik era comunemente giocato su astronavi e in case in tutta la galassia molto prima del tempo delle Guerre dei Cloni e lungo il regno dell'Impero Galattico.

Era giocato su una tavola dejarik circolare, divisa in tre anelli concentrici. Gli anelli esterno e centrale erano ciascuno diviso in dodici "quadrati" di colore alternato (bianco e nero), mentre il cerchio interno era una singola area bianca. Esistevano numerosi pezzi tra i quali i giocatori potevano scegliere i loro quattro mostri, ognuno dei quali era una proiezione olografica a colori di creature reali e mitologiche di tutta la galassia. I pezzi disponibili includevano Ghhhk, Grimtaash the Molator, Houjix, lo strider Kintan, il K'lor'slug, il Mantellian Savrip, il Monnok, il Ng'ok, e il karkath.

Streghe di Dathomir chiamate anche Dathomiriane o Dathomiri, erano un gruppo umane sensibili alla Forza native del pianeta Dathomir. Erano anche note come le Figlie di Allya in onore della Cavaliere Jedi ribelle Allya, bandita dall'Ordine Jedi ed esiliata sul pianeta intorno al 600 BBY, e quindi considerata la fondatrice. Al tempo dell'Impero Galattico, i discendenti di Allya erano divisi in clan dominati dalle donne, che prendevano il nome dalla regione che occupavano. Ciascun clan aveva regole differenti in merito all'uso della Forza, ma tutti i clan mettevano una regola sopra tutte le altre: "Mai concedersi al male".

Temiri Blagg in The Last Jedi è interpretato dal ragazzino russo Temirlan Blaev (Temi) nato nel 2007. Da notare come il nome del personaggio somigli molto al vero nome del ragazzino ;)

Millicent è il famoso gatto di Hux, Pablo Hidalgo di Lucasfilm scherzò su Twitter riguardo al generale Hux che aveva un gatto, di nome Millicent.

"In realtà è canone? Beh no. (Non ancora.) Ma è abbastanza divertente, e non è quello che conta alla fine?"

Da allora su Tumblr si sono moltiplicate le avventure del gatto di Hux. Francamente mi dispiaceva che la povera bestiola fosse esplosa insieme al Finalizer su Exegol, quindi ho immaginato che Rose, in un missing moment mooooolto tirato per i capelli, lo avesse avvistato da un oblò e avesse fatto di tutto per salvarlo. Ovviamente Rey e gli altri non potevano sapere che apparteneva ad Hux, ma visto la ship #gingerose o #gingerflower che spopola su Twitter, mi piaceva che la povera Rose potesse almeno consolarsi col micetto di Hux. Una roba assurda lo so, però concedetemela ^^'

Non ho idea se su Chandrila esista davvero un villa Organa/Solo, non ho letto la trilogia di Aftermath e nemmeno Last Shot, quindi ho inventato alla grande. Concedetemi questa invenzione narrativa, che mi serve per il proseguo della storia, poi magari un giorno mi documenterò e rettificherò, nel caso.

Angolo eccentrico dell'autrice:

Oggi sarò breve.

Sono felicissima che questa storia continui a piacere, sto facendo del mio meglio per portarla a termine. Ringrazio tanto chi mi lascia una stellina, aiuterà la storia ad avere più visibilità e chi si prende la briga di commentare ogni volta, anche con un solo pensiero. E' tutto bene accetto XD Ciò che continua a farci parlare di Reylo, e soprattutto di Ben Solo, è super ben accetto ;)

Lo so, avevo detto che avrei aggiornato con più calma, ma... devo cavalcare l'onda dell'ispirazione, finché dura, quindi non faccio più programmi. Aggiornerò quando mi sentirò pronta.

Se intanto volete leggere le altre storie della sottoscritta, ne sarei felice, le mie storie sono tutte Reylo (sì lo so, ho un'ossessione su di loro dal lontano 2018 ormai, sono definitivamente perduta ^^') e c'è anche una long "Gli eredi della Forza" che ho lasciato incompiuta e che prevedo di portare a termine dopo la fine di questa mini long ;) (sperem Y.Y)

Ma non avevo detto che dovevo essere breve? >.>'

Hasta Luego!

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