Capitolo XI

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Ci incontreremo nei sogni,

e lì resteremo stretti per sempre...


* * *

Cap. XI

Pianeta Theron, Sistema di Tehron

Ben se ne stava sdraiato sul divano del suo alloggio, con le mani incrociate dietro la nuca e lo sguardo puntato al soffitto incolore. La notevole stazza del suo corpo, era contenuta a mala pena nella seduta striminzita, tanto che le sue lunghe gambe accavallate, penzolavano fuori dal polpaccio in poi. Ad un'altra nottata così scomoda e travagliata, non sarebbe sopravvissuto, ne era certo. Rimuginava accigliato su quello che era accaduto negli ultimi tre giorni e non riusciva a trovare una soluzione, o una miracolosa via di fuga.

La sfortuna lo stava perseguitando, oppure il destino beffardo aveva deciso di prendersi gioco di lui, altrimenti non poteva spiegarsi la sequenza di immani catastrofi che si erano abbattute sulla sua esistenza tranquilla. Sfidare ogni giorno la morte, sul suo velocissimo caccia stellare, era niente al confronto di quello che gli era capitato.

Era ormai notte fonda, il sonno per lui era un lontano ricordo, la tensione a cui era stato sottoposto avrebbe sfiancato il più indomito degli animi, e non riusciva a credere di essere riuscito a resistere, senza sbottare e fare una strage, fino a quel momento. Ma era sulla buona strada per esplodere in malo modo e polverizzare tutto quello che gli stava attorno, esseri umani e non, compresi.

Subito dopo aver avuto l'inquietante visione del bambino, aveva sentito l'esigenza di contattare la jedi. Non sapeva come spiegarlo, ma aveva avuto una sorta di presentimento, e voleva vederci più a fondo. Rey gli era sembrata provata e abbattuta, durante la loro ultima connessione, e questo aveva contribuito ad alimentare i suoi dubbi e soprattutto le sue paure. Ma non aveva fatto in tempo a trovare un momento tranquillo, per cercare un contatto con lei, che le cose erano precipitate tragicamente.

Uno dei tanti sgusci che sfrecciavano ogni giorno, attraverso le formazioni rocciose poco lontane dall'insediamento abitato, aveva perso il controllo per un'improvvisa avaria, e si era andato a sfracellare contro l'alloggio di Elnor. Aveva fatto un buco enorme nella parete sottile del bungalow, irrompendo nel bel mezzo del soggiorno, riducendosi in mille pezzi e arrostendo ogni cosa, in una rapida e violenta fiammata.

Per fortuna il pilota aveva avuto la prontezza di riflessi di eiettarsi, poco prima dello schianto, altrimenti ne sarebbe rimasto ben poco. Elnor e Dana invece si trovavano a letto, neanche a farlo apposta, nella camera adiacente, ed erano rimasti miracolosamente illesi, anche se terrorizzati dal boato.

Lo spavento però era durato solo un battito di ciglia e si erano subito ripresi. D'altronde erano piloti, e la paura, nelle loro esistenze, era una debolezza che non era contemplata. Dato che non c'era la disponibilità di ulteriori alloggi vuoti al villaggio, era stato costretto ad accoglierli nel suo.

Mai decisione era stata più infausta.

Non era mai stato un tipo socievole, fin dai tempi dell'addestramento jedi, specie con alcuni suoi compagni particolarmente appiccicosi, e quando viveva sul Finalizer ci teneva in modo maniacale alla propria privacy ed intimità. Pochi esseri viventi avevano avuto il piacere di addentrarsi indisturbati nei suoi appartamenti senza riportare pesanti conseguenze, e Rey era una di questi. Aver diviso la sua vita con lei per due mesi su Theron, senza sclerare di brutto, era stato l'evento più eccezionale della sua intera esistenza. Ma Rey era Rey e le avrebbe permesso e perdonato qualsiasi cosa.

Dopo nemmeno tre giorni di convivenza forzata con i suoi partner di squadra, era giunto sul punto di esplodere. Ovviamente i suoi sgraditi ospiti, si erano appropriati della sua camera da letto, costringendolo a dormire su un divano che non era di certo tarato per le sue notevoli dimensioni (fortunatamente almeno i centimetri per lui non erano mai stati un problema). Ma la sfilza di invasioni non era finita lì. Durante il giorno era impegnato in estenuanti allenamenti, in vista dell'ultima prova imminente, e quando rientrava stremato, affamato e nervoso, nel suo alloggio, trovava immancabilmente la doccia occupata da Dana, che passava ore a strofinarsi, (neanche avesse appiccicata addosso tutta la polvere del pianeta) il soggiorno che era costantemente sottosopra strabordante di valige aperte, abiti sparsi, attillate tutine appese da ogni parte ed, infine, Elnor che cucinava schifezze puzzolenti e viscide ai fornelli, canticchiando un'insopportabile nenia in ushaliano.

In mezzo a tutto quel caos ingestibile, il suo cervello stava pericolosamente andando in tilt, distogliendolo dal suo bisogno impellente di creare un contatto con Rey. Aveva la necessità di vederla, di parlarle, di sapere che stava bene e che le sue visioni erano state soltanto la proiezione di un possibile futuro e non la realtà dei fatti. Ma per farlo doveva essere da solo, in un luogo tranquillo e concentrarsi intensamente. E non era detto nemmeno che ci sarebbe riuscito.

Proprio in quel momento sentì dei lamenti provenire dalla camera da letto. Sbuffò esausto coprendosi il volto con le mani, passandosele poi, nervosamente tra i capelli arruffati. Sperava che quella notte l'avrebbe scampata, invece doveva prepararsi a sorbirsi l'ennesimo casino del loro amplesso turbolento.

Possibile che non ne avessero mai abbastanza e che dovessero farlo tutte le fottutissime notti? Nemmeno lui era mai stato così arrapato, nonostante la sua prima volta risalisse alla veneranda età di ventitré anni.

Dana aveva iniziato a scaldarsi di brutto alternando, a dei versi disumani, tutta una serie di apprezzamenti poco eleganti sulle prestazioni esaltanti della lingua biforcuta dell'alieno. Non ricordava che fosse stata così loquace quando le aveva concesso quell'unica focosa nottata di sesso sfrenato.

Elnor invece ululava come un shaak in calore, senza nemmeno porsi minimamente il problema che dall'altra parte della parete sottile, qualcuno avrebbe anche potuto non gradire tutti quei rumori molesti. E meno male che al Coronet Hotel aveva invocato il silenzio assoluto perché non poteva dormire, l'infame, mentre lui e Rey distruggevano la stanza a colpi di spada laser.

Pregò che la cosa si risolvesse in fretta, ma quando sentì addirittura lo sbattere ritmico e frenetico della testiera del letto contro il muro adiacente al soggiorno, e le urla forsennate di entrambi, non ci vide più. Se avevano intenzione di demolire pure il suo alloggio, lui non se ne sarebbe stato di certo ad assistere in silenzio, poteva passare la notte anche sotto le stelle, tanto non avrebbe dormito comunque.

Saltò giù dal divano furioso, si diresse a grandi falcate verso l'uscita ma inciampò malamente dentro qualcosa che Dana aveva lasciato per terra, recuperò l'equilibrio prima di fare un rovinoso ruzzolone. Imprecò in huttese e maledì il momento in cui aveva acconsentito a quell'invasione barbarica.

Allungò la mano ad artiglio davanti a sé ed usò la Forza per scardinare la porta. Fuggì da quella gabbia di matti, ansimante e sudato, e subito si sentì sollevato.

Camminò senza sosta per un centinaio di metri, allontanandosi il più possibile dal bungalow e dalle spirali rocciose dove gli sgusci sfrecciavano a velocità impossibili anche di notte. Cercò un luogo appartato, al riparo da sguardi indiscreti, e lo trovò in un piccolo spiazzo circolare, opportunamente nascosto tra una serie di giganteschi spuntoni di pietra. Si fermò in piedi, al centro dell'area sassosa e sconnessa, e respirò profondamente per calmare i nervi che aveva a fior di pelle e ritrovare la giusta concentrazione mentale.

Chiuse le palpebre e pensò intensamente a Rey, sperando che la cosa funzionasse.

La prima volta che la Forza li aveva connessi risaliva a molti anni prima, quando stava per uccidere il leader dei Cavalieri di Ren, ed era successo in modo del tutto involontario ed improvviso. L'aveva vista chiaramente nella sua testa, quando era solo una ragazzina magrolina e denutrita su Jakku.

Lo stesso era accaduto più volte quando si erano conosciuti ed erano nemici.

Dopo Exegol la jedi aveva dovuto far fronte a tutte le sue energie per rompere la barriera che le aveva innalzato contro, quando lo aveva contattato su Corellia, ed era stata una procedura dolorosa e rischiosa.

Decise allora di seguire il suo istinto, consapevole che Rey avrebbe anche potuto ignorare il suo richiamo, se avesse voluto. Sperò con tutte le sue forze che non lo avesse rifiutato.

Allargò le braccia e si concentrò. Sentì prepotentemente la Forza vibrare intorno a lui, dentro di lui, l'energia potente della Diade, sprigionata dal suo corpo, si espanse, e prese forma nella sua mente. La convogliò verso un unico punto luminoso, che riusciva a vedere perfettamente, in modo da creare un ponte, un passaggio, attraverso le migliaia di anni luce che lo separavano da lei.

Non aveva idea di cosa stesse facendo Rey, in quel momento, non sapeva nemmeno se ad Hanna City fosse giorno o notte, ma si augurò che il suo desiderio di vederla le arrivasse forte e chiaro e che lo accogliesse senza fuggirlo.

Il miracolo si compì davanti ai suoi occhi speranzosi: il corpo sottile e armonico della ragazza gli apparve di spalle e subito si sentì sollevato. Era in piedi, a poca distanza da lui ed era vestita con i suoi soliti abiti: una maglia leggera, i bermuda e la lunga fascia incrociata. I capelli castani erano raccolti in un unico morbido chignon, che la faceva sembrare più adulta.

«Rey...» la chiamò, sforzandosi di mantenere un tono pacato, anche se avrebbe voluto gridarlo.

Lei sussultò appena nel sentire la sua voce e si girò, senza riuscire a mascherare la sorpresa, verso la sua direzione. Nel momento in cui i loro sguardi si incontrarono di nuovo, si sentì pervaso da una meravigliosa sensazione di benessere. L'espressione di Rey era sinceramente meravigliata, ma non arrabbiata, nonostante l'ultima volta non si fossero lasciati nel migliore dei modi, e ne fu immensamente felice.

«Ben...»

Udire di nuovo il suo nome, pronunciato come solo lei sapeva fare, con quella sua dolcezza genuina che aveva sempre amato, ebbe il potere di fargli dimenticare tutte le disavventure che gli erano capitate negli ultimi giorni. Avrebbe persino baciato quel rompiscatole di Elnor se lo avesse avuto tra le mani, in quel momento, ovviamente prima di strozzarlo.

La jedi continuava a fissarlo benevola, regalandogli un sorriso timido, delicato; era felice di vederlo, di questo ne era sicuro, ma continuava a rimanere immobile, come se fosse bloccata, spaventata al solo pensiero di toccarlo. Forse non era da sola, o semplicemente, non si aspettava una chiamata improvvisa ed insistente da parte sua. Le si avvicinò col cuore colmo di gioia per sondare il territorio e, con il dorso della mano, le accarezzò leggermente la guancia, dove spiccava un leggero livido violaceo, ormai in via di riassorbimento.

«Che è successo al tuo viso?» le chiese preoccupato, corrugando la fronte, sperando che non avesse fatto a botte con il padawan disagiato. In quel caso, avrebbe fatto volentieri un veloce salto su Chandrila solo per farlo a pezzi.

Rey prese la sua mano fra le sue, e la strinse teneramente, chiudendo gli occhi e sospirando sollevata. «Nulla, una sbadataggine» tentò di rassicurarlo, «Rose ha lasciato uno sportello aperto e, girandomi, l'ho preso in pieno» gli spiegò, evitando accuratamente i suoi occhi e, per qualche assurda ragione, gli sembrò che fosse solo una mezza verità. Questo suo strano atteggiamento riuscì a metterlo in allarme.

Si avvicinò ancora di più e Rey ne approfittò per posare un lato del volto e i palmi delle mani sul suo petto, rannicchiandosi contro di lui, chiedendo silenziosamente di essere tenuta stretta. L'accontentò, avvolgendole le braccia attorno alla schiena, chinandosi per affondare le labbra tra i suoi capelli.

«Mi dispiace per l'altra volta... Non volevo che finisse così» gli confessò a voce bassa, facendolo sentire leggero.

«Nemmeno io» fu costretto ad ammettere. «Non volevo dire quelle cose orribili su di te.»

Il contatto con il suo corpo caldo e morbido gli era mancato come l'acqua ad un assetato, solo in quel momento, in cui la teneva di nuovo tra le braccia, se ne rendeva conto pesantemente. Benedì il loro prezioso Legame che gli permetteva di averla vicina, senza per forza dover rimettere piede sul quel dannato pianeta.

Moriva dalla voglia di perdersi in lei, di farla sua ancora una volta, sapendo che sarebbe stata come la prima. Le sollevò la testa, mettendole due dita sotto il mento ed assaggiò appena le sue labbra morbide e socchiuse.

Rey si abbandonò a quel timido bacio, ricambiandolo, ma lui riusciva a sentire chiaramente, attraverso la loro connessione, che c'era qualcosa che la frenava, impedendole di lasciarsi andare completamente. La Forza vibrava tra loro, avvolgeva i loro corpi, le loro essenze, e quello che percepiva, attraverso quelle leggere oscillazioni di energia, gli creava un subdolo senso di ansia che pungolava i suoi sensi.

«Ho visto qualcosa...» Iniziò titubante ed agitato, staccando leggermente il corpo di Rey dal suo e tenendola per le spalle. Cercò il suo sguardo, divenuto sfuggente, incatenando gli occhi indagatori ai suoi.

L'espressione di lei mutò repentinamente, velandosi di un'ombra di incertezza. Questo lo mise ancora di più in agitazione.

«Che vuoi dire?» Reagì lei d'impulso, sfuggendo alla sua presa come se fosse stata punta sul vivo. «Cosa hai visto?» Gli chiese agitata, riusciva persino a sentire il battito frenetico del suo cuore e qualcosa di più nascosto e profondo, che si annidava dentro di lei e che però non riusciva ad inquadrare.

Esitò, prima di parlare. Si prese ancora qualche istante per studiarla, sondarla. Percepiva, sofferenza e preoccupazione, ma anche un intenso sentimento di gioia che permeava l'energia che gli rifletteva. Una gioia diversa, mista ad un sottile senso di paura, che era molto simile a ciò che aveva provato lui, nel momento in cui aveva compreso l'identità del bambino che gli si era materializzato davanti.

Deglutì a vuoto e si fece coraggio. «Ho visto nostro figlio.»

Rey si portò una mano alla bocca sconvolta e fece due passi indietro, allontanandosi ancora di più da lui. «No. Non è possibile...» la sentì mormorare ed i suoi timori più intimi si trasformarono in qualcosa di più angosciante e concreto. La sua reazione così strana e inaspettata lo lasciò interdetto e confuso. Riusciva a leggere perfettamente la sorpresa e il terrore dipinti sul suo volto e il sangue gli si gelò nelle vene.

«Rey. Che significa?» la incalzò corrucciato, «c'è forse qualcosa che non mi hai detto?»

In quel momento, un groviglio assurdo di sensazioni contrastanti lo assalì senza dargli tregua; aveva la gola secca, il battito accelerato e la mente gli si andava velocemente annebbiando. Se la jedi gli aveva tenuto nascosto davvero, quello che pensava, si sarebbe incazzato sul serio.

«Non nasconderti Rey, non da me» l'aggredì. Percepiva l'ansia crescere per entrambi, e questo contribuiva ad aumentare la sua insofferenza ed impazienza.

Per tutta risposta Rey si irrigidì, senza proferire parola. Si limitò a scuotere la testa ed ansimare, negando con tutte le sue forze. Non avrebbe mai voluto provocarla in quel modo, era stufo di litigare con lei per ogni cosa, la lontananza lo stava logorando. Ma in quel momento voleva una risposta, la pretendeva. Ne aveva tutto il diritto. E lei gli aveva raccontato solo mezze verità.

«È vero? Dimmelo, ti prego» la supplicò, mentre sentiva già il legame che si andava indebolendo. Si concentrò ancora di più per mantenerlo vivo, per non farlo sfumare, ma Rey gli stava sfuggendo, percepiva la sua paura, la sua angoscia. Ma perché le stava provando? Erano del tutto ingiustificate. L'aveva contattata per chiarire e invece stava accadendo, ancora una volta, tutto il contrario. Gli giungeva forte e chiaro il suo desiderio di fuggire, ed evitare un confronto diretto con lui e questo non poteva permetterlo.

Si avvicinò di nuovo a lei, cercando ancora un contatto, allungò la mano ma, prima che arrivasse a sfiorarle la spalla, la sentì svanire sotto le dita.

«No!» Urlò, imprecando. Non poteva fargli questo. Non poteva lasciarlo con quella nuova consapevolezza, senza dargli nemmeno la possibilità di spiegarsi, di giustificarsi, per le sue prese di posizione precedenti. Non riusciva a credere che l'avesse abbandonato di nuovo ad affogare nell'ambiguità.

Il cuore gli batteva talmente veloce che pareva volergli uscire dal petto, digrignò i denti e strinse i pugni fino a farsi sbiancare le nocche. Aveva tanta di quella rabbia accumulata, che, se non l'avesse sfogata, sarebbe esploso. Avrebbe di sicuro fatto del male a qualcuno e non poteva permetterlo.

Chiuse gli occhi, e si impose di calmarsi, respirò e rilasciò l'aria dalle labbra permettendo a tutta l'energia negativa di abbandonare il suo corpo. L'intensa perturbazione nella Forza che ne scaturì, si propagò in cerchio attorno a lui. Le formazioni rocciose che lo circondavano, e che furono investite violentemente dall'onda d'urto, finirono polverizzate in un istante.

Solo allora riuscì a tranquillizzarsi e riprendere il controllo di sé. Crollò a terra in ginocchio esausto. Lo sforzo per creare il legame lo aveva stremato, e la reazione irrazionale di Rey gli aveva dato il colpo di grazia. Si gettò in avanti, reggendosi sui palmi delle mani, tremando. Tossì e un violento conato di vomito lo scosse, ma sputò solo i succhi gastrici, dato che aveva lo stomaco vuoto.

Il suo non era stato un semplice presentimento, ma la cruda realtà.

Perché Rey gli aveva nascosto una verità così importante del loro rapporto? Con quale diritto lo aveva tenuto all'oscuro? Mai come in quel momento, il futuro gli appariva più nebuloso ed incerto. Le poche certezze che aveva conquistato fino a quel momento stavano crollando miseramente come un castello di carte. Come avrebbe fatto ad affrontare il resto della gara in quelle condizioni?

* * *

Pianeta Chandrila, Settore Bormea, Hanna City

Rey ansimava veloce, come se fosse riemersa da una lunga apnea, fissando nel vuoto il punto in cui Ben era appena scomparso. Quello che aveva vissuto, l'aveva sconvolta, ed era riuscita ad interrompere la connessione appena prima di cedere alle lacrime.

Era in piedi, sulla terrazza della villa degli Organa/Solo e le gambe le tremavano ancora, tanto che sentì il bisogno impellente di appoggiarsi alla balaustra di pietra, altrimenti sarebbe caduta.

Non riusciva a credere che Ben avesse percepito, a migliaia di anni luce di distanza, l'esistenza del loro bambino. Ancora una volta aveva sottovalutato i suoi poteri: la potenza della Diade. E ora le toccava pagarne le conseguenze.

Era accaduto tutto così in fretta, in maniera inaspettata, e non aveva avuto il tempo di prepararsi mentalmente. E meno male che si era ritrovata da sola, nel momento in cui Ben le si era materializzato alle spalle, altrimenti non osava pensare a come avrebbe reagito in presenza di qualcuno dei suoi amici.

Si sentiva una codarda per non essere riuscita a rivelargli lei stessa del bambino, ma la paura l'aveva letteralmente paralizzata, bloccandole ogni facoltà di parola. Credeva fosse giusto darsi ancora un po' di tempo per metabolizzare la cosa. Voleva prepararsi il discorso con calma, in modo che per Ben non fosse una rivelazione traumatica. Invece, per ironia della sorte, il trauma glielo aveva procurato lui. Ma ormai non aveva alcuna importanza: lui aveva capito, lui sapeva e non avrebbe potuto fare più nulla per cambiare la realtà dei fatti. Probabilmente lo aveva sentito nello stesso istante in cui lo aveva scoperto lei.

Lentamente si diresse verso il salottino sotto la veranda, sentiva il bisogno urgente di sedersi, la testa le girava e i muscoli erano sempre più pesanti. Temeva che sarebbe svenuta un'altra volta se non avesse avuto modo di sdraiarsi. Una piccola fitta al basso ventre, le si irradiò alla schiena e la fece raggelare.

Si stese sul divanetto tenendo alzate le ginocchia, posò una mano sull'addome massaggiandolo con un leggero movimento circolare, e con l'altra si asciugò il sudore freddo dalla fronte. Deglutì, ma aveva la gola secca, respirò profondamente per cercare di rilassarsi e di calmarsi. Il benessere del bambino veniva prima di ogni cosa, soprattutto delle sue infantili insicurezze e delle possibili paturnie da neo padre di Ben.

Aveva indubbiamente sbagliato a tenerglielo nascosto ma, nel momento in cui le aveva rivelato la sua visione, si era raggelata, e in lei era scattata una specie di autodifesa. La paura di una sua reazione negativa l'aveva paralizzata, impedendole di confermargli i suoi sospetti. Era stata persino tentata di mentirgli, senza considerare che Ben poteva leggere il suo cuore. Si detestava fortemente per averlo lasciato in balia delle sue emozioni contrastanti, ma non era proprio riuscita a sbloccarsi.

Si sentiva logorata da quell'incessante tira e molla. Ogni volta che lo vedeva apparire ne sentiva prepotentemente la mancanza, provava il bisogno di toccarlo, di avvertire il suo corpo vivo accanto a lei, ma non appena i loro discorsi viravano su qualcosa di più serio, delle stupide incomprensioni, intervenivano per separarli un'altra volta. Mai come in quel momento il futuro le appariva più oscuro e burrascoso, e non aveva idea di come si sarebbe evoluto. Si impose di affrontare una cosa per volta, con calma, decise di vivere giorno per giorno e risolvere le difficoltà solo nel momento in cui le si sarebbero presentate, era l'unico modo per non cedere alla disperazione.

Desiderava più di ogni altra cosa che Ben tornasse sui suoi passi, che la raggiungesse sul pianeta in cui aveva vissuto gran parte della sua infanzia, ed era consapevole che gli sarebbe costato uno sforzo immenso. Ma non voleva che fosse spinto solo dal suo senso di responsabilità, dalla consapevolezza che stava per avere un figlio da lei. Desiderava che la raggiungesse a prescindere, in nome di quel sentimento che continuava ad unirli in modo morboso e totalizzante, e che adesso li faceva sentire dolorosamente mutilati.

Quella situazione la stava sfiancando e, di sicuro, agitarsi in quel modo, non le faceva affatto bene.

* * *

Rey si destò con la strana sensazione che qualcuno le stesse sfiorando la guancia. Aprì gli occhi, sbattendo le palpebre e, la prima cosa che riuscì a mettere a fuoco, furono le iridi verde scuro, screziate da mille sfumature giallo ocra di Temiri.

Il ragazzino la guardava serio e silenzioso, tenendo con un braccio il grosso gatto rosso, mentre, le dita dell'altra mano erano umide di lacrime. «Perché stavi piangendo?»

Quella rivelazione, così a bruciapelo, ebbe il potere di scuoterla. «Sono solo un po' triste» cercò di giustificarsi, senza scendere in penosi dettagli.

Solo allora si rese conto di essersi addormentata sullo striminzito divanetto, e che qualcuno, forse Rose, le aveva posato sopra la coperta, per non farla raffreddare. Non si era nemmeno accorta che stava piangendo nel sonno.

Temiri la studiò ancora un po', incuriosito e nervoso, poi si sedette a gambe incrociate sul pavimento, accanto a lei, sistemando meglio in grembo la pelosa Millicent, che non mostrava nessun segnale di diniego.

«Non me lo ricordo» le rivelò parlando piano, quasi come si stesse vergognando, difronte alla sua espressione corrucciata, continuando ad accarezzare nervosamente la gatta, che però pareva gradire allungando il collo.

«Cosa non ricordi?» indagò, sollevandosi, facendo leva sul gomito e mettendosi seduta. Si sentiva debole e dolorante, ma cercò di non darlo a vedere. Non poteva credere che Temiri avesse trovato la forza di confidarsi con lei, di quello che continuava a tormentarlo, in modo spontaneo e senza pressioni. Forse qualcosa si stava davvero smuovendo verso la soluzione di quell'incresciosa situazione. Era ironico che, parallelamente al peggiorare della sua relazione con Ben, il rapporto con Temiri stesse migliorando.

«Come ci sono finito, nella colonia penale del Primo Ordine» le rivelò ad occhi bassi, «me lo hai chiesto ieri, mentre stavamo giocando alle domande, non ricordi?»

Certo che lo ricordava, ma doveva ancora smaltire gli strascichi del burrascoso contatto con Ben, per poter ritrovare del tutto la sua lucidità mentale.

«Va tutto bene, non temere» lo tranquillizzò, chinandosi per accarezzare la testolina pelosa di Millicent che subito la ricambiò con delle fusa rumorose. «Se lo desideri, posso insegnarti un metodo che ti potrebbe aiutare a ricordare tutto quello che ti è successo e, forse, ti farebbe sentire meglio. Sta' tranquillo, non ti abbandonerò.»

Temiri sollevò il viso verso di lei e, per la prima volta, poté ammirare nei suoi lineamenti ancora infantili, un'espressione diversa. Il suo sguardo era sollevato, addirittura fiducioso. Annuì regalandole anche un timido sorriso che riuscì magicamente a farla sentire meglio.

*

Rey rientrò nella villa, scortata da Temiri e incrociò di sfuggita lo sguardo cupo di Finn che stava armeggiando in cucina. Si fermò a poca distanza da lui, chiedendo al bambino di lasciarli soli. «Va pure avanti, ti raggiungo presto» lo incoraggiò, posandogli una mano sulla spalla, e facendo capire al suo amico che aveva bisogno di parlare con lui. Solo dopo essersi accertata che Temiri aveva lasciato la stanza, rivolse uno sguardo corrucciato all'ex assaltatore.

Alla sua provocazione Finn sospirò nervoso, voltandole le spalle, chinandosi sul piano della cucina e facendo finta di preparare qualcosa.

«Non è evitandomi in eterno che riuscirai ad ignorare la cosa.» Scosse la testa ed incrociò le braccia al petto spazientita. «Per quanto tempo ancora hai intenzione di tenermi il muso?»

La sua domanda rimase senza risposta e il silenzio, tra loro, stava diventando fastidioso.

«Finn, ti prego, parlami. Dimmi qualcosa. Qualunque cosa...» lo supplicò, allargando le braccia scoraggiata.

«Quello che ho da dire non ti piacerebbe. Anzi ti ferirebbe» le rispose glaciale, evitando accuratamente di girarsi e confrontarsi con i suoi occhi. «Perciò credo che mi terrò tutto per me.»

Rey abbassò lo sguardo scuotendo la testa, e sospirò dispiaciuta. «Non voglio che la nostra amicizia finisca a causa di Ben. Ti sto solo chiedendo un piccolo sforzo da parte tua.»

«Nemmeno io lo voglio» reagì con enfasi, stavolta voltandosi a guardarla. «Ma non mi stai dando altra scelta. Non posso credere che darai addirittura un figlio a quel...»

Riuscì ad interromperlo giusto in tempo per impedirgli di sfociare in un altro insulto gratuito verso Ben. «Finn, ascoltami attentamente: concedimi solo un po' di tempo per spiegarti. Poi potrai trarre tutte le conclusioni che vuoi.»

Il suo amico assottigliò le labbra e rifletté per qualche istante, poi annuì offrendole attenzione a malincuore.

«Io e Ben siamo legati dalla Forza, e non solo dalla battaglia di Exegol. Lo siamo sempre stati. Io e lui, insieme, siamo una sorta di... prescelto, due che sono uno, una Diade nella Forza. Abbiamo poteri speciali, diversi da qualsiasi altro jedi mai esistito. Quando siamo insieme abbiamo addirittura la facoltà di creare la vita stessa. Ed è questo nostro prezioso potere che ha usato Palpatine per rigenerarsi. Ora che tutto si è compiuto, ho capito molte cose, ho ricordato particolari del mio passato che credevo non avessero alcun senso. I sogni, incomprensibili ma così reali, che facevo da bambina, erano legati a lui. Le strane sensazioni che mi investivano improvvisamente mentre ero su Jakku, il freddo intenso che provavo così, senza motivo, erano dovuti al mio legame indissolubile con Ben. Ma allora non lo sapevo, non ne avevo idea... e non potevo capire. Eravamo destinati a stare insieme, fin dal principio, ma è stato difficile e doloroso ritrovarci. È stato un cammino lungo ed estenuante, che ci ha logorati. Ma ci siamo riusciti, abbiamo trovato un punto d'incontro, e la nostra unione ha reso possibile la pace e l'equilibrio in tutta la galassia. E se sono qui adesso, viva, a parlare con te, per cercare di farti ragionare, lo devo a Ben. Capisci adesso perché dopo Exegol non potevo dimenticarlo e fare finta che non fosse mai esistito?»

L'espressione tesa di Finn si addolcì, ma Rey sentiva che si ostinava a voler restare sulle sue. «Non voglio che tu ti senta obbligata verso di lui perché ti ha salvato la vita, Rey... sei davvero sicura di quello che stai facendo? Non ti rendi conto di quanto potrebbe essere pericoloso mettere al mondo un figlio suo?»

Rey si incupì, possibile che tutti si ostinavano a pensare che lei agisse solo per riconoscenza o gratitudine? Doveva sfatare quel dannato mito, una volta per tutte.

«Sono innamorata di lui. Di Ben Solo» sottolineò, «lo sono da sempre. E ti posso assicurare che la gratitudine non c'entra nella mia decisione di vivere con lui, benché abbia una considerevole parte. Gli sono grata per avermi riportata in vita, ma l'amore è tutta un'altra cosa. Ti è più chiaro così?» Finn si scosse leggermente e poi annuì mesto, e un po' le fece pena e tenerezza. «Non ti sto chiedendo di diventare suo amico. Non lo farei mai. So che ti ha fatto del male, ma credo anche che non fosse completamente in sé quando ti ha ferito. Avrebbe potuto ucciderti, invece ti ha risparmiato la vita. Per questo mi piacerebbe che riuscissi a dargli un'altra possibilità, come sta facendo Rose e come credo farebbe anche Chewbe, se fosse qui. Ti prego...» gli sussurrò, avvicinandosi a lui e regalandogli una leggera carezza sulla guancia.

Finn sussultò al suo tocco e finalmente ebbe il coraggio di guardarla negli occhi. «Non te lo posso promettere, ma farò del mio meglio» la rassicurò, e lei si sentì immediatamente sollevata. L'istinto la spinse ad abbracciarlo e Finn ricambiò la stretta, dopo un po' di esitazione. «Ma se non riuscirà a renderti felice, se dovesse farti soffrire un'altra volta, mi riservo il diritto di sparagli» ironizzò alla fine, strappandole un sorriso.

Rey riusciva a sentire il sollievo del suo amico, ma anche una sottile sensazione di sconfitta, come se gli fosse costato un'immane fatica lasciarla andare.

Gli voleva bene, gliene avrebbe sempre voluto. Ma il sentimento che provava per Ben era qualcosa che trascendeva la ragione umana, e non avrebbe mai potuto riservarlo a nessun altro.

* * *

Temiri era seduto davanti a Rey con le gambe incrociate, le braccia lungo i fianchi e le mani posate sul terreno. Era la posizione standard per la meditazione, ma lei gli aveva concesso una piccola variante: Millicent se ne stava accoccolata nel suo grembo e ronfava tranquilla.

Rey si auspicava che la presenza del micio riuscisse ad infondergli sicurezza e tranquillità e, in quel momento così delicato, il piccolo ne aveva un grande bisogno.

Leia le aveva suggerito di usare il suo istinto col bambino ed abbandonare regole e imposizioni, e il suo cuore le diceva che era quella la strada giusta da seguire. Per questo aveva deciso di lasciar perdere esercizi estenuanti e discipline, e di sperimentare l'efficacia della meditazione.

Sperava di indurre Temiri a ricordare quello che gli era accaduto su Kalist VI e che il suo inconscio gli stava nascondendo, probabilmente per proteggerlo. Sperava di riuscire a creare una sorta di flebile legame con la sua mente, senza invaderla, per vedere lei stessa cosa lo stesse tormentando.

«Sei pronto per iniziare?» gli chiese, imitando la sua stessa posizione, e il ragazzino annuì deciso, anche se, dalla sua espressione tesa, traspariva una leggera sfumatura di apprensione.

«Bene. Chiudi gli occhi e concentrati. Ti insegnerò a sentire la Forza.»

Temiri le obbedì, sospirò profondamente e corrugò la fronte per concentrarsi al meglio.

«Respira. Ed espandi le tue sensazioni» lo incoraggiò, nello stesso modo in cui Luke aveva fatto con lei, più di due anni prima. «Che cosa vedi?»

Il bambino ci mise un po' di tempo, prima di risponderle. «Tante cose, e tutte insieme io non...»

«Stai tranquillo, non avere fretta, cerca di identificarne una alla volta» gli suggerì, per evitare che andasse in confusione.

Temiri sospirò agitato ed annuì titubante. «Vedo la foresta, gli animali che ci vivono e quelli morti che marciscono nella terra...» iniziò incerto e anche un po' sconcertato.

«Bene, stai andando alla grande» lo incoraggiò fiduciosa. «Continua...»

«Vedo il mare, è così freddo e gelido... e il sole rovente che riscalda tutto il pianeta. Vedo la pace e la violenza, tra tutte le creature che lo abitano.»

Rey sorrise fiduciosa, felice che il piccolo ci stesse riuscendo. «E tra tutto questo cosa vedi?»

«Non lo so. Qualcosa di strano, di immenso» spiegò in modo molto superficiale ed istintivo.»

Rey gioì soddisfatta. «È un' energia, che tiene insieme tutto quello che esiste nell'universo. È la Forza, Temi. Riesci a sentirla scorrere dentro di te?»

Il ragazzino annuì, senza smettere di concentrarsi. «Sì, la sento, ma è cattiva. Mi spinge a fare cose che non voglio» si lamentò corrucciandosi.

«Non è vero, la Forza è uno strumento potente nelle mani di un jedi, ma bisogna saperla controllare, è per questo che ti serve un maestro.»

«Vedo anche un'altra cosa» continuò il ragazzino improvvisamente spaventato, «un posto buio, che inghiotte ogni cosa, e mi fa paura...»

Rey aguzzò i sensi e si concentrò di più, per stabilire un contatto con la sua mente, ma senza invaderla, forse quella era la volta buona. Ricordò la sua esperienza su Ahch-To, in cui si era addentrata nell'oscurità per scoprire quello che non ricordava dei suoi genitori, il posto buio che vedeva Temiri non era altro che la materializzazione della sua paura di ricordare la verità.

«Ascoltami attentamente Temi. Non devi aver paura. Sono qui, accanto a te, e ti prometto che niente potrà farti del male. Ma tu devi essere forte e coraggioso. Entra dentro quel posto buio» lo incoraggiò, addolcendo il tono.

«No, non ci riesco. Ho paura» reagì immediatamente angosciato. In quel momento Millincent si svegliò di soprassalto e si alzò in piedi tra le sue gambe, allarmata, come se avesse captato un pericolo imminente.

«Coraggio, porta la tua luce nell'oscurità, illumina quel posto buio e guarda quello che si ostina a nasconderti.»

«Non ce la faccio, non ci riesco» si lamentò lui, mentre le lacrime avevano già iniziato a solcargli le guance rotonde.

«Sì che puoi. Devi solo volerlo, Temi. Distruggi l'oscurità.»

Temiri strizzò ancora di più gli occhi e si concentrò tremando. La Forza ululava intorno a loro, la sentiva permeare ogni cosa. La penetrava, la oltrepassava per poi espandersi e concentrarsi di nuovo, in intensi grovigli di energia che schizzavano frenetici in ogni direzione.

«Ci sto provando...»

«Bravissimo. Che cosa vedi?»

Mostralo anche a me...

In quel momento percepì un fremito strano simile ad un leggero terremoto, la terra sotto le dita di Temiri, iniziò a spaccarsi. Forse stava osando troppo, stava approfittando delle sue capacità, spingendolo oltre il limite, ma non aveva scelta. Millicent schizzò via dal rifugio caldo, tra le gambe del bambino, e gli soffiò aggressiva come se non riuscisse più a riconoscerlo, prima di fuggire via spaventata.

«Fai luce sull'oscurità, Temi. Puoi farlo, so che ne hai le capacità. Devi solo avere fiducia in te stesso.» Sapeva che poteva essere rischioso, ma si impose di farlo continuare, era arrivata ad un passo dallo scoprire la verità su di lui, e valeva la pena di rischiare.

Temiri iniziò a tremare violentemente. «C'è tanta gente...» mormorò impaurito, tra le lacrime, «ma non conosco nessuno. Mi guardano, hanno paura... mi faranno del male, mi consegneranno a loro per salvarsi. Ed io non voglio. Non voglio!» urlò secco ed ansimante.

Quello che Rey vide dopo, le fece gelare il sangue nelle vene. Rimase sconvolta come quando assistette impotente alla scena di Ben che trafiggeva suo padre. Non avrebbe mai creduto ad una simile verità. Eppure era lì, davanti ai suoi occhi, in tutta la sua oscura crudezza. Le immagini che le rimandava la memoria di Temiri, attraverso il labile legame che aveva creato nella Forza, parlavano chiaro.

Intanto il bambino era sempre più instabile, ansimava, singhiozzava, continuava a negare con tutte le sue forze. «Li ho uccisi io!» gridò disperato e, in quello stesso istante, un'onda potente di energia si sprigionò dal suo esile corpo, propagandosi in cerchio tutt'intorno alla radura, piegando gli alberi e le piante, al suo passaggio. Investì anche lei con prepotenza, sbalzandola all'indietro. Avrebbe potuto contrastarla, se non fosse stata completamente sconvolta da quello che la Forza le aveva appena rivelato.

Sentì il suo corpo rotolare come se fosse senza peso, come un fantoccio inanimato in balia di una violenta corrente. E poi avvertì lo schianto, contro qualcosa che le tolse il respiro, ed un dolore intenso la pervase.

Continua...


Eccolo qua, vi presento Elnor, il mio alieno svalvolato ^^' 
Questa fan art l'ha realizzata la mia amicozza britz65, dalla descrizione che ne ho fatto nell'ultimo capitolo.
E' stata veramente bravissima perché è proprio così, identico e scanzonato.

Grazie AMICA MIA!!!!

___________

Note:

La frase dell'incipit è mia <<'

L'aesthetic di inizio capitolo è fatto da me, con un programmino scemo per cellulare, Lyrebird Studio.

Gli shaak erano docili animali da pascolo nativi delle piane erbose di , condotti al pascolo e tenuti per la loro carne da pastori Naboo. I tranquilli e amichevoli shaak erano creature innocue e rotondeggianti. Da ep. II L'Attacco dei cloni.

Il fatto che Ben parli l'huttese (la lingua di Jabba, tanto per capirci) è un headcanon che ho trovato in un meme su Facebook. Non ci sono prove che sia canon, però... Han capiva perfettamente la lingua di Jabba per cui, è assai probabile che gliel'abbia insegnata, come molte altre cose, non proprio da Principe di Alderaan, magari XD con buona pace di Leia.

La prima connessione tra Rey e Ben, non è farina del mio sacco ma è canonica ed è narrata nel N.4 del fumetto The Rise of Kylo Ren, (che ci ha salvato la vita, insieme alla novellizzazzione della Carson) in cui Ben, prima di uccidere il capo dei Cavalieri di Ren, ha la visione di una giovane Rey tredicenne su Jakku. Lei, nello stesso istante, sente una sensazione di gelo, che non riesce a spiegare, di fronte ad Unkar Plutt. Tutto sto spiegone per dire che... sì, loro erano sempre stati connessi, fin dal principio. ("Ragazza? Quale ragazza?") No, Snoke non ha creato un'emerita minchia ^^'

Angolo dell'autrice sull'orlo di una crisi di nervi:

Ebbene sì, questa quarantena mi sta dando alla testa, che già non era tanto normale da prima. Temo che quando finalmente usciremo a rivedere la luce, avrò un bisogno serio di uno psichiatra. Intanto, scrivere mi diverte e mi rilassa, per cui, temo vi dovrete sorbire ancora qualche capitolo. Il prossimo sarà... boh, non ho idea di come farò a scriverlo... U.U
sarà una vera sfida B)

Besitos

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