CAPITOLO 16

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Entrai da sola nella stanza d'ospedale di Logan,visto che sua mamma aveva insistito che andassi solo io,perché diceva che sarei stata la prima persona che di sicuro lui voleva vedere.
Mentre mi avvicinavo al suo letto mi accorsi dei miglioramenti avvenuti dall'arrivo in ospedale.Il petto si alzava in maniera regolare,segno inequivocabile che il respiro e il cuore si erano regolarizzati.Il braccio destro e la gamba sinistra erano ingessate per metà e i vari graffi erano stati coperti con cerotti e bende.Una flebo era infilata in una delle vene del braccio sinistro,e delle macchine intorno a lui monitoravano l'attività celebrale e del cuore.Poggiai il cappotto che avevo sotto braccio su una sedia lì vicino.
Gli occhi semichiusi erano indirizzati verso il soffitto,quindi non si accorse della mia presenza,fin quando non fui abbastanza vicina da prendergli una mano tra le mie.Lui sussultò appena a quel mio tocco delicato,rivolgendo il suo sguardo verso il mio. "Ciao." Sussurrò Logan con voce roca e secca.Sentii già le lacrime pungermi gli occhi al suono di quella voce, l'unica che avevo desiderato così intensamente di sentire in quella mattinata. "Hey,come stai?" Gli chiesi dolcemente,accarezzandogli la pelle morbida della sola guancia non sferzata dall'asfalto.Non me la sentivo ancora di domandargli cosa fosse successo qualche ora prima,non volevo fargli rivivere ciò che di sicuro rimarrà l'esperienza peggiore della sua vita. "Sto bene,ma non è questo che vuoi sapere,vero?" Rispose cogliendomi di sorpresa,come se mi stesse leggendo nella mente.Un sorriso gli affiorò appena sulle labbra,come se gli divertisse la mia reazione.Istintivamente sorrisi anch'io,ma non per divertimento,ma per sollievo,perché vederlo reagire in quel modo mi fece capire che stava bene davvero,ora. "Che cosa ti dice che non mi interessa come stai?" Gli dissi in tono di scherno. "Potrà anche interessati,..." Rispose lui lanciandomi uno sguardo abbastanza eloquente, per poi continuare: "...ma ti si legge in faccia che muori dalla voglia di sapere come mai sono finito qui." Indicò con un cenno della testa la stanza.Non dissi nulla,non sapevo come replicare a quella sua affermazione.Volevo conoscere cosa fosse accaduto da lui,il protagonista della storia. "Non sei obbligato a..."
"No,ti devo una spiegazione." Mi interruppe sicuro lui,senza esitazione nella voce.Poi cominciò a raccontare, guardandomi con i suoi occhi azzurri che in questo momento erano diventati più scuri e tristi. "Quando non ti ho trovato di fronte casa tua ho pensato che magari eri ancora a letto,sei sempre stata un po' pigra,..." Fece una risata,anche se non era la sua,sembrava provenire da una persona più malinconia e consumata dal dolore. "...quindi mi sono diretto verso la fermata dell'autobus e aspettai di andare a scuola.Se solo la mia immaginazione non mi avesse giocato quel brutto scherzo..." Si fermò,immerso in quel suo ricordo di dolore.Non lo incoraggiai a continuare, soprattutto perché vedevo che si stava sforzando di non piangere. "...Scusa,fa un po' male ricordarlo."
"Non ti preoccupare,non sei obbligato a continuare." Cercai di rassicurarlo, ma lui scosse la testa,ostinato ad andare avanti. "No,ce la faccio. Comunque,quando fui alla fermata, lanciai un'occhiata al bar di fronte, e...e...e mi sembrava che tu fossi seduta a uno dei tavoli dentro,visibili dalle enormi vetrine del bar..." Mi sedetti sul letto,visto che la forza mi stava scivolando via dal corpo, tenendo sempre la sua mano stretta nella mia,mentre l'altra era ancora appoggiata delicatamente alla sua guancia. "...Ho pensato che magari ti fossi dimenticata che andavamo insieme a scuola,non è un male,può capitare..." Fece un respiro profondo,cercando di mantenere la calma. "...Attraversai la strada passando sulle strisce,ma non guardai se stavano arrivando macchine,ero troppo impegnato a controllare di non perderti di vista,ma non c'eri,non c'eri mai stata.Rimasi confuso per un po',chiedendomi cosa fosse successo, fin quando sentii del metallo freddo investirmi e il mio corpo cadere pesante a terra.Tutto quello intorno a me divenne sfocato e il suono attutito. Dopodiché le ombre scesero su di me.L'ultima cosa che pensai era che non avrei mai saputo se c'eri stata o no." A quel punto le lacrime non potevano essere più trattenute, entrambi cominciammo a piangere:lui in modo silenzioso e io scossa da singhiozzi troppo forti.Mi gettai tra le uniche braccia che avrebbero potuto darmi finalmente un po' di sollievo quella mattina.Lui mi strinse a sé con l'unico braccio libero e tutte le energie che gli erano rimaste in corpo. "È stata colpa mia,solo colpa mia." Riuscii a dire tra un singhiozzo e l'altro. "No,non fartene una colpa,o io starò peggio di te." Affermò lui in tono duro ma sicuro allo stesso tempo.Mi separai dall'abbraccio solo per guardarlo bene in faccia,il suo bel viso rovinato da graffi su tempie, fronte e guancia. Non erano stati incerottati o bendati come nel resto del corpo,ma si esibivano liberi,come segno di quello accaduto,cicatrici che serviranno solo a rinvagare.Gli diedi una bacio sulla guancia 'sana' e deglutii,prima di parlare: "Se mi fossi svegliata in tempo,se solo avessi sentito quella cazzo di sveglia,..." Non riuscii a continuare perché la voce mi si spezzò.Era piena di amarezza e rabbia contro la persona che aveva causato tutto questo:me stessa. "Basta dirlo, perché sai che non è vero,se era destino che doveva succedere, doveva succedere.Io ho sempre il parere che la nostra storia,quello che accade e accadrà lo decidiamo noi,anche se ogni tanto ci compare un'ostacolo da superare,per diventare più forti, crescere,in un mondo altrimenti troppo spregevole e sfruttatore. Quindi basta piangere e disperarci per quello che è successo. L'importante è che sono vivo.Qui con te." Con queste parole le lacrime di entrambi si placarono all'istante,come un soldato all'ordine di un generale.
Posai le mani e l'orecchio sul suo petto,in modo da sentirgli il cuore battere.Logan posò la sua mano tra i miei capelli scuri,accarezzandoli o attorcigliandoseli intorno le dita. Lo sguardo era rivolto verso la porta,e solo allora mi ricordai che,dietro di essa,c'era ancora la madre di Logan. "Non dovresti chiamare tua madre?Per dirle come stai." Gli sussurrai. "Tra un po'." Decise lui,in fondo era una sua scelta chi vedere e chi no,anche se mi sembrava cattivo lasciare Susan fuori dalla stanza.
"Ti voglio un mondo di bene,Vanessa." Mormorò dopo qualche secondo Logan.Capii dal modo in cui strascicò le parole che era esausto,nonostante dicesse di star bene. "Anch'io Logan,ti voglio bene."

Passarono forse 10 minuti,prima che uscissi a chiamare Susan. Bombardò immediatamente il figlio di domande, e lo sgridò anche per la sua scarsa attenzione,ma si capiva dal tono con cui pronunciava ogni parola che era sollevata dal fatto che Logan stesse bene.Quel giorno andarono a trovarlo anche Abby,i suoi familiari e,con mia grande sorpresa,i miei genitori,da cui ebbi il permesso di rimanere a casa da scuola,visto che mancavano solo tre giorni alle vacanze di Natale,per stare con Logan il più possibile.
Andavo da lui ogni giorno e,ogni tanto,rimanevo a dormire in ospedale con lui,come se fossimo a casa di uno dei due.
E lui era lì,vicino a me.
Vivo.

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