CAPITOLO 26

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Una volta arrivati a casa mia, ritentai per un'ultima volta di convincere Logan a mettermi giù. "Avanti, ormai sono a casa, puoi posarmi."
"Va bene." Esalai un sospiro di sollievo. "Ma sul divano."
Una volta avermi messa sul divano, come aveva detto, mi intimò di rimanere lì fin che lui fosse andato e tornato da casa sua per posare gli oggetti di scuola e avvertire i suoi. "Sai quante volte me la sono dovuta cavare da sola in queste occasioni perché i miei erano al lavoro?" Gli dissi guardandolo dritta negli occhi. "No, ma ora ci sono io qui ad aiutarti, quindi faresti bene ad ascoltarmi." Ribattè lui, per poi sparire dietro la porta d'ingresso.
"Nessuno può dirmi cosa posso e devo fare, neanche Logan." Sbuffai tra me e me.
Volevo cambiarmi la felpa, perché si era fatta improvvisamente troppo calda e pesante per quel giorno; e poi avevo ancora lo zaino di scuola sulle spalle.
Facendomi leva con le braccia mi alzai dal divano e mi appoggiai su quest'ultimo per rimanere in piedi. La caviglia mi doleva ancora, non avevo ancora controllato se si era gonfiata e in che condizioni si trovava, ma io continuai lo stesso ad andare verso la mia camera.
Ogni passo che compievo era un ago che si infilava nella mia caviglia, provavo a soffocare il dolore con delle smorfie, per evitare di gridare.
Appena fui di fronte la porta di camera mia persi l'equilibrio e finii per terra. Proprio in quel momento sentii un rumore di cardini provenire dall'ingresso. "Cazzo!" Imprecai sotto voce.
E adesso? Che cosa potevo fare?
Di sicuro Logan si sarebbe arrabbiato molto perché gli avevo disubbidito. Poggiai la testa sul freddo pavimento di legno di camera mia, sentendo le lacrime premere per uscire.
"Vanessa!" Ecco che urlava il mio nome sperando che io gli risponda e gli indichi la mia posizione. "Sono qua!" Provai a gridargli, ma la voce mi si spezzò a metà frase; ma fu sufficiente a informarlo dove mi trovavo.
"Vanessa, che cosa ti avevo detto?!" Mi disse seccato lui, inginocchiandosi vicino a me. "Volevo andare in camera mia." Risposi sedendomi senza guardarlo in faccia, non ce la facevo in quel momento. L'espressione di lui si addolcì, non aveva intenzione di sgridarmi come se fossi un bambino che ha appena disubbidito, ma era solo preoccupato per la mia salute, come aveva sempre fatto.
Senza aggiungere nient'altro, mi prese in braccio, come aveva fatto per portarmi fino a casa, e si diresse verso il soggiorno. Questa volta, al posto di adagiarmi sul divano, si sedette lui, facendo in modo che io gli rimanessi in braccio. Poggiai la fronte sulla sua spalla e inspirai profondamente il suo lieve odore di cloro. Aveva le braccia allacciate intorno i miei fianchi, mentre le mie gambe erano distese in orizzontale, poggiando sopra quelle di Logan e sul divano.
Rimanemmo così, in silenzio, fin quando lui non cominciò ad accarezzarmi i capelli e a giocarci, arrotolandoseli sulle dita.
"Mi dispiace di non averti ascoltato." Ruppi il fragile silenzio che si era formato tra di noi, usando quelle poche parole che ero riuscita a dire con quel poco coraggio che mi era rimasto. Lui non disse niente, e questo mi fece preoccupare ancora di più su quanto fosse arrabbiato. "Per favore, Logan, rispondimi; ce l'hai con me?" Lui mi diede un bacio sulla fronte, prima di parlarmi: "Non sono arrabbiato, tranquilla. Che ne dici se controlliamo la caviglia?" Annuii, spostandomi con il sedere sul divano, in modo che Logan avesse la parte inferiore delle mie gambe sulle sue. "Quale ti fa male?" Gli indicai la caviglia destra.
Logan cominciò delicatamente, per non farmi male, a togliere la scarpa. Mi slacciò i lacci delle converse e gli allargò sulla scarpa per renderla un po' più larga e, forse, ridurre al minimo il dolore che potevo provare nel levarla.
Una volta sfilate sia la scarpa che la calza, vidi che la caviglia era gonfia e stava cominciando ad assumere un colore bluastro, violaceo. Deglutii forte. "Credi...Credi che sia rotta?" Mi chiese Logan, guardandomi. "Non saprei, forse."
"I tuoi genitori non ti hanno insegnato la differenza tra una slogatura e un osso rotto?" Scherzò lui con un sorriso sbilenco. Scossi la testa sorridendo a mia volta. "Bisognerebbe andare al pronto soccorso per controllare." Propose Logan.
Socchiusi le labbra per rispondere, ma poi non pronunciai quello che volevo dire, perché mi venne in mente che prima dovevo occuparmi di qualcos'altro. "Come faccio con la gara di canto? Non conosco nessuno a cui potrei chiedere." Lui subito si indicò con fare teatrale. "TU?" Domandai con aria stupita. "Sì, perché? Cos'ho che non va?" Ribattè lui, alzando un sopracciglio e facendo il tono da finto offeso. Risi quando mise anche il broncio. "Scusa, è solo che...Da quanto suoni uno strumento?"
"Ti ricordi quando mia mamma voleva che imparassi a tutti i costi a suonare il pianoforte?" Annuii. Quando eravamo all'inizio della prima elementare, Susan aveva preteso che il figlio imparasse a suonare il piano, non spiegandone il perché.
"Ho preso lezioni fino all'anno scorso, prima di ritrasferirci qui. Ti posso fare io da accompagnamento musicale."
"Grazie, sei molto gentile." Gli dissi mentre lo abbracciavo. "Figurati." Rispose Logan, ricambiando l'abbraccio e stringendomi a sé. Chiusi gli occhi in quel momento, lui era fantastico, non pensava altro che a me e alla mia salute, avrebbe distrutto il mondo e poi rimesso tutti insieme i pezzi se fosse stato necessario per farmi stare bene.
"Ti amo." Uscì dalla mia bocca in un sussurro. Non avevo neanche programmato di dirlo, ma il mio cervello e il mio cuore si erano messi d'accordo di farlo, senza chiedere nemmeno ai miei sentimenti se fosse la cosa giusta da fare.
All'inizio lui non disse niente, facendomi mancare qualche battito.
"Anch'io ti amo Vanessa, e anche da molto tempo." Mi strinsi ancora di più a lui quando pronunciò quelle parole, sentendo le lacrime farsi avanti per uscire.
"Ora sarà meglio andare" Ricordò Logan, alzandosi. "Andare dove?" Chiesi dubbiosa, non ricordando dove dovesse andare. "Al pronto soccorso, per controllare la caviglia."
"Non farai fatica a portarmi di nuovo? E poi come arriviamo all'ospedale?" Domandai tutto d'un fiato, senza riflettere su che cosa stessi dicendo. "Posso chiedere a mia sorella, ha la giornata libera oggi; mentre per trasportarti potrei farti salire in groppa, che ne dici?" All'inizio esitai, ero impuntata sul fatto di rimanere a casa e che non mi ero fatta granché; ma poi il dolore alla caviglia si acuì di colpo, provocandomi una fitta in tutto il corpo. "Va bene, girati che ti salgo in spalle." Logan fece come gli avevo detto, e mi prese sotto le cosce. Io gli allacciai le braccia intorno al collo e mi ci aggrappai mentre mi sollevava dal divano.
"Certo che sei pesante." Scherzò lui, e io di tutta risposta gli rifilai uno schiaffetto scherzoso sulla testa. "Okay, okay, non dico più niente. Che permalosa che sei, però!" Si difese Logan, mentre si incamminava per casa sua e io scoppiavo a ridere.

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