CAPITOLO 27

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Quando entrammo al pronto soccorso, ci dirigemmo verso un bancone, dietro al quale si trovava un'infermeria che prendeva informazione sui vari mali e dolori delle persone che giungevano lì, per poi assegnare un codice di grado più o meno importante in base ciò che era stato diagnosticato dalla persona stessa.
Linsdey era rimasta in macchina dicendo che lei ci avrebbe aspettato lì.
Appena fummo di fronte all'infermiera, con sguardo annoiato, ci domandò seccata: "Come posso aiutarvi?"
Non assomigliava neanche lontanamente all'infermiera che avevo incontrato quando Logan era finito in ospedale dopo l'incidente: lei era cortese, disponibile, gentile; mentre quest'altra era stufa, burbera, quasi l'avessero costretta a lavorare lì, mentre lei avrebbe fatto qualcos'altro. "La mia ragazza si è fatta male alla caviglia, dovremmo controllare." Quando Logan aveva detto 'la mia ragazza' avevo sentito le guance avampare, non so perché, ma mi faceva ancora uno strano effetto quando io e Logan non ci definivamo più come fratello e sorella, ma come fidanzato e fidanzata. "Nome?" Chiese lei burbera, mentre posizionava le dita sopra la tastiera per segnare le varie informazioni sul computer. "Vanessa Smith." Informò Logan. "Età?"
"Diciasette anni." Il dialogo sembrava molto a un interrogatorio della polizia. "Perché siete qui al pronto soccorso?"
"Possibile rottura della caviglia destra." Ripetè Logan, sistemandomi meglio sulla sua schiena.
"Quando e dove è accaduto?" Sbuffò fuori l'infermiera. Logan ci rifletté sopra qualche secondo, prima di rispondere sicuro: "Circa mezz'ora fa."
"Okay, aspettate un momento." Lei stampò un foglio con su scritto tutte le informazioni che Logan le aveva dato.
Una volta che lui mi ebbe posata sull'unica sedia libera presente nella sala d'attesa del pronto soccorso, controllò il foglio che ci avevano appena consegnato. "Perfetto, abbiamo codice verde, chissà per quanto tempo rimarremo qui."
Dopotutto, non aveva tutti i torti.

Era da circa un'oretta che aspettavamo, e nessuno era venuto a chiamarmi per poter controllare la caviglia. Logan continuava a fare avanti e indietro di fronte a me, facendo salire il mio livello d'ansia. "Vuoi sederti Logan? Posso resistere un minuto in piedi." Gli proposi, dato che avevo notato che un velo di stanchezza gli era sceso sul viso, rendendo tutti i lineamenti tirati. "No tranquilla, tu non devi sforzare il piede ed io non sono stanco, posso farcela a stare in piedi." Rispose Logan continuando ad andare avanti e indietro. "Puoi almeno smetterla di fare avanti e indietro? Mi fai sentire nervosa." Chiesi, mentre d'istinto cominciai a muovere nervosamente la gamba sana. "Scusa, non volevo farti sentire così."
"Vanessa Smith! Che cosa hai combinato?!" Tuonò una voce femminile alla mia destra. Capii chi era stato a parlare prima ancora di voltarmi. "Mamma?!" Chiesi stupita, guardando la persona che aveva parlato. "Esatto, signorinella. Ora spiegami perché sei in ospedale con una caviglia considerata rotta." Ribattè lei, aveva il solito tono di quando mi rimproverava, ma nella voce si sentiva che era preoccupata per le mie condizioni. "Salve signora Smith." Si intromise Logan, cercando di sviare l'attenzione di mia madre su di lui. "Oh, ciao Logan, ci sei anche tu?" Salutò mia madre Logan, con una voce che non dava alcun segno di avermi sgridato qualche secondo fa. "Sì, ho costretto Vanessa con le forze a venire qui, al pronto soccorso per controllare la caviglia." I lineamenti duri di mia madre si distesero in un sorriso di sollievo. Forse si fidava di Logan visto che lo conosceva da tanto tempo, forse perché c'era qualcuno a prendersi cura di me, non saprei spiegarmi il perché, fatto sta che mia madre lasciò perdere dall'avere spiegazioni su come sia succcesso. "Se ora non vi dispiace, seguitemi che vi porto a controllare la caviglia."

Io e Logan eravamo seduti su delle fredde sedie di metallo, aspettando i risultati delle radiografie che vi avrebbero informato sulle condizioni della mia caviglia.
"Vanessa Smith." Annunciò una voce roca. "Eccomi." Risposi, mentre Logan si alzava per dirigersi verso un uomo con il camicie bianco, per vedere di cosa avesse bisogno. "Ecco qui i risultati delle radiografie, per favore andate dalla dottoressa per vedere cosa fare." Logan annuì e tornò verso di me. Quando si fu seduto vicino a me, aprì il foglio con su scritto l'esito. Logan aveva uno sguardo impaziente, che piano piano si trasformò in una maschera bianca. "Allora? C'è qualcosa che non va?"
"Qua dice che hai l'astragalo del piede destro rotto." Rispose senza guardarmi. Se non mi ricordavo male, il professore di scienze aveva spiegato che l'astragalo era un osso breve del piede che ha il compito di trasmettere il peso su quest'ultimo. Molto probabilmente era per quel motivo che non riuscivo a camminare.
Senza aggiungere nient'altro, Logan si alzò e mi invitò a salirgli sulla schiena. Io accettai l'invito e, senza aggiungere altro, ci dirigemmo verso la stanza della dottoressa.

Dopo circa tre quarti d'ora, mi ritrovavo sul mio comodissimo divano con la caviglia ingessata sopra il tavolino disposto di fronte. Logan era in cucina intento a preparare la cena, ma il rumore di pentole che cadevano a terra e Logan, che si sentiva imprecare ogni cinque minuti, mi diedero l'idea che non stesse andando molto bene.
All'improvviso suonarono alla porta, diressi il mio sguardo verso la cucina, aspettandomi Logan uscire frettolosamente da lì e piombarsi sulla porta ad aprire.
Ma non accadde.
Decisi di alzarmi ed andare ad aprire io, per fare qualcosa che non comprendesse restare sul divano a guardare perennemente la televisione. Presi le stampelle poste affinco a me e feci leva per alzarmi. Ero ancora un po' impacciata con le stampelle, ma era solo questione di tempo, mi sarei abituata in un mese ad usarle.
Una volta aperta la porta, vidi Susan che mi sorrideva con un piatto fumante coperto da un strato di carta stagnola. "Ciao Vanessa." Si salutò lei, facendo un cenno della testa. "Posso entrare?"
"Certo, Susan. Pre..."
"CAZZO!" Si sentì urlare dalla cucina da Logan. "Scusa, Logan voleva provare a cucinare per ne, visto che io non potevo." Lo giustificai, facendo entrare Susan in casa. "Tranquilli, ho portato io qualcosa." Disse lei alzando il piatto che aveva tra le mani.
Quando fummo sulla soglia della porta della cucina, cercai di chiamare Logan e fermarlo dal distruggermi completamente la cucina. "Logan! LOGAN!" Quando finalmente mi sentì, si girò nella mia direzione, facendomi scoppiare dal ridere. Indossava un grembiule sopra i vestiti e pomodoro su di esso, la guancia, la fronte e le mani. "Cosa c'è?!" Chiese pulendosi con uno straccio lì vicino. "Tua madre ha portato la cena." Risposi io mentre Susan veniva avanti e poggiava la pietanza sul tavolo -miracolosamente- pulito. "Logan, per favore, ora smettila di incasinare la cucina di Vanessa e vieni a mangiare anche tu." Disse Susan cortesemente al figlio, il quale obbedì togliendosi il grembiule e aiutandomi a sedermi.
"Grazie." Dissi una volta messa comoda. "Di niente." Mi diede un bacio sulla testa.

Il resto della sera rimasero a casa mia sia Susan che Logan, lui per aiutarmi in caso di bisogno, e lei per controllare che il figlio non mi distruggesse la casa.
Logan non riusciva a stare calmo un secondo, ogni cinque minuti mi chiedeva se mi servisse qualcosa, ma lo faceva solo perché mi amava.
E da lì che ho capito.
Quando avrei avuto bisogno di aiuto, lui ci sarebbe stato.
Sempre.

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