EPILOGO

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E così arrivò anche il giorno del ritorno, io e Logan saremmo dovuti tornare a New York.
Ma non da soli.
Infatti Matthew era riuscito a convincere i suoi genitori a venire con noi; certo c'era voluto tanta pazienza e rassicurazioni, ma ne era valsa la pena.
Ora siamo in aereo, aspettando di atterrare nella città della famosa regione di Manhattan.
Avevamo già deciso che Matthew sarebbe stato da me, dato che avevo una camera degli ospiti libera a disposizione, e ormai lo consideravo più come un fratello che come un amico, quindi non ci sarebbero stati problemi, andava bene anche ai miei genitori. Di certo era meglio di Abigail, la quale non voglio neanche ricordarne il nome, ormai è un foglio smarrito volato nel vento del mio passato. Non voglio rimembrare.
Meglio pensare al presente e ai progetti per il futuro, avrò sempre Logan al mio fianco, e adesso che si è aggiunto anche Matthew prevedo che nulla potrebbe andare storto.
Questo anno mi ha insegnato a combattere per ciò in cui credo; proteggere le persone a cui voglio bene e non aver paura di dire ciò che penso.
Non l'avrei mai detto.
Sono cambiata più in questi mesi che non fa in sedici anni della mia vita. Certo, sono diventata indipendente, ma ho scoperto di essere più forte di quanto penso, ho la certezza che se cadrò di nuovo avrò le forze di rialzarmi; se qualcuno mi pugnalerà alle spalle saprò difendermi, girarmi, guardarlo in faccia e dimostrargli che non importa quanto male mi ha fatto, riuscirò lo stesso ad andare avanti e rimanere la solita ragazza di sempre, forse con qualche miglioramento.
Sentii il braccio sicuro di Logan avvolgermi le spalle, e la sua voce sussurrarmi all'orecchio: "A che stai pensando?"
Voltai il mio viso verso il suo, avendolo prima rivolto verso il paesaggio fuori dal finestrino.
Un sorriso gli increspava le labbra, gli occhi chiari erano più luminosi del solito.
Poggiai la testa sulla sua spalla, accoccolandomici, senza però distogliere il mio sguardo dal suo, magnetico.
"Stavo pensando a come sia successo tutto, a come il nostro incontro abbia stravolto le nostre vite." Mormorai, guardando di sottecchi Matthew, seduto sul sedile vicino il corridoio, intento a leggere un libro.
Logan fece una piccola risata. "Ti ricordi quando abbiamo parlato per la prima volta?" Chiese, posando la sua testa sulla mia e stringendomi di più a sé.
"Certo, eravamo sull'autobus, e tu..."
"Non quando sei riuscita a malapena a dirmi due parole." Mi interruppe, facendo un'altra piccola risata. "Intendo quando abbiamo intrapeso una vera e propria conversazione."
Vendendo che non rispondevo, si affrettò ad aggiungere: "Te lo dico io allora: è stato quando mi hai visto leggere in mensa quel libro, ricordi ora?"
Improvvisamente una lampadina si illuminò nella mia mente, facendomi ricordare quel giorno di scuola in cui avevo cominciato a prendere in considerazione Logan. "Ma certo, mi sono avvicinata per parlare insieme a te del libro; quando c'è di mezzo la lettura non c'è timidezza che tenga." Risposi sicura, ridendo insieme a quella mia piccola affermazione.
Mi lasciai cullare dal lieve movimento dell'aereo e avvolgere dal caldo braccio di Logan, con l'unico risultato che alla fine crollai in un sonno profondo, sicura di risvegliarmi in un mondo nuovo.
Il mio mondo.

Venni svegliata da una lieve spinta sulla spalla, e una voce che sussurrava: "Avanti dormigliona, svegliati."
Mi tirai su dallo schienale alzando le braccia al cielo per stiracchiarmi.
"Siamo arrivati?" Chiesi con la voce ancora impastata dal sonno e gli occhi pesanti.
"No, ti ho svegliata per farti un dispetto." Scherzò Logan, tirandomi per un braccio fuori dai nostri posti.
Recuperammo i nostri bagagli e uscimmo dall'aeroporto. L'aria pesante di New York non mancò a farsi sentire, lo smog non mi era mancato di certo, tanto meno il chiasso proveniente da ogni angolo della città.
"Dove sono i tuoi, Logan?" Chiesi al diretto interessato, posando la valigia.
Dato che i miei dovevano fare il turno pomeridiano, Susan e Fred si erano offerti volontariamente di venire a prenderci.
"Non saprei, sarebbero dovuti essere già qui." Aggrottò le sopracciglia pensieroso. "Provo a chiamarli, un secondo."
Mentre Logan provava a mettersi in contatto con i suoi, Matthew mi fece un sacco di domande sulla vita lì, nella Grande Mela. Gli spiegai che sì, poteva essere una città abbastanza caotica e rumorosa, ma vivendo in un paesino di periferia, noi saremmo stati più tranquilli.
Gli stavo parlando della scuola e dei corsi extrascolastici che avrebbe potuto seguire, quando Logan ci interruppe preoccupato e agitato. "Cercate di fermare un taxi, presto!" Ci disse, cominciando ad agitare la mano con il braccio alto.
"Perché? Che sta succedendo?" Cominciavo seriamente a preoccuparmi, non l'avevo mai visto così nervoso prima d'ora.
"Ve lo dico appena abbiamo trovato un taxi, e ora aiutatemi!" Ci ordinò, non smettendo di guardare la strada.

Dopo circa dieci minuti, riuscimmo a fermare un taxi, caricammo i bagagli e salimmo sull'auto.
"Dove vi porto?" Un uomo sulla cinquantina, basso e grassoccio con uno stuzzicadenti tra le labbra, ci guardò con la coda dell'occhio.
"Al Central Hospital, per favore." Il tassista spinse sull'acceleratore, facendo partire il motore, e quindi il veicolo.
"Logan, cosa sta succedendo? Mi sto preoccupando." Domandai, afferrandogli il braccio e scrollandolo un po'.
"Lucas." Disse solo lui, con lo sguardo basso.
"Cosa? È peggiorato?" Chiesi, la voce più alta di un ottavo, sentivo il groppo in gola che si stava formando e le lacrime che mi pungevano gli occhi.
"Lucas, tuo fratello minore?" Chiese affermazione Matthew.
Gli avevamo parlato del piccolino, del fatto che si trovava in ospedale perché l'asma era diventato troppo potente perché delle normali medicine potessero guarirlo solamente da casa. Ma naturalmente non poteva essere coinvolto emotivamente come lo ero io, o addirittura come lo era Logan.
Quest'ultimo annuì. "A quanto pare, non era semplice asma..." Disse, un singhiozzo gli scosse il corpo.
Era molto legato a suo fratello, gli voleva bene più che a sé stesso. "...ma un tumore ai polmoni."
La notizia mi sconvolse appena uscì parola per parola dalla sua bocca.
Tumore?!
Come avevano potuto i medici non accorgersi che non si trattava di una normale conseguenza di attacchi d'asma, ma di un tumore?
Rimanemmo in silenzio, fino a quando non arrivammo all'ospedale.
Matthew chiese al tassista di aspettare lì, dato che io e Logan non saremmo riusciti a pronunciare neanche una parola senza che la voce ci tremasse.
Quando giungemmo dentro, fu sempre lui a parlare, a chiedere indicazioni, a guidarci.
Tutto accadeva a rallentatore, i passi erano pesanti, il respiro era veloce, come il battito del cuore, pulsando sangue in tutto il corpo.
Quando giungemmo nella sua stanza, vedemmo Susan e Fred accasciati sul corpo del figlio, mentre Linsday continuava a sussurrare la stessa frase: "Perché te ne sei andato, perché!"
Senza dire una parola, capimmo tutto.
Logan crollò a terra, le mani sopra le ginocchia avevano una stretta presa, le nocche diventarono addirittura bianche.
Io invece mi avvicinai. Arrivai ai piedi del letto, vedendo davanti a me il suo piccolo corpicino inerme. Il viso era sereno, sembrava che stesse solo dormendo, come la prima volta che Logan mi aveva portato a vederlo in ospedale.
Sentii qualcosa di metallico che divideva la mia gamba dai piedi del letto. Lo presi e guardai che cosa fosse.
Era una cartella clinica, riportava tutti gli sviluppi, i miglioramenti e i peggioramenti del paziente.
L'ultima riga citava:
Paziente: Lucas Lerman.
Ora e giorno del decesso: 16:02 del 16 luglio 2016.
Lucas era deceduto pochi attimi prima che riuscissimo ad arrivare.
Non eravamo riusciti a salutarlo in tempo.
Perché la morte ci aveva battuto in questa corsa contro il tempo, aveva vinto sull'amore.
E noi, avevamo perso.

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