Capitolo 23

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Dopo aver fatto medicare Dankmar e fatto riposare per un totale di trenta minuti, Cameron se l'era caricato in spalla ed era uscito di casa. Sua sorella Paulne l'aveva accompagnato fino alla porta, gettando un'ultima occhiata al moribondo, mentre Elmira procedeva con passo militare di otto falcate avanti a loro.

Stringendo il braccio del tedesco intorno al suo collo, dopo già mezzo tragitto, Cameron maledì sé stesso per essersi offerto volontario. Insomma... che diavolo gli importava di quelle persone? Avrebbe dovuto avvisare l'autorità e consegnarli. E invece si ritrovava di notte, sotto una pioggerellina di fine tempesta, in una Berlino semi dormiente. In più, quel Dankmar iniziava a biascicare parole sconnesse, come se fosse ubriaco.

È ubriaco. Si corresse Cameron, ricordando di aver dato alla sorella una bottiglia di brandy da somministrare al moribondo, affinché attutisse i dolori legati alla medicazione che, doveva ammetterlo, Paulne aveva svolto alla perfezione. Quest'ultima si era messa in testa di accompagnarli ma Cameron gli aveva fatto cambiare idea. Era notte, trasportava un ferito in spalla, ricercato per giunta. Se avesse avuto delle scocciature da sistemare, non avrebbe potuto pensare anche a difendere sua sorella. Così Elmira, sorprendendolo, era andata in suo aiuto.

"Non preoccuparti, cara. Penserò io a dire a Dankmar che è stata una ragazzina carina a prendersi cura di lui." Con quelle parole, Paulne era arrossita, abbassando poi lo sguardo e convincendosi che restare a casa era la cosa migliore. Anche perché avrebbe potuto raccontare una bugia ai loro genitori per giustificare l'assenza del primogenito. Non sarebbe stato così difficile, in fondo. Tuttavia, il modo in cui Paulne era arrossita gli aveva fatto storcere il naso.

Perché si preoccupava tanto di quel delinquente biondo? Cameron sperava sul serio che, dopo quella sera, non gli avrebbe più rivisti.

"E' qui." Annunciò Elmira, aprendogli la strada verso una stradina di campagna, di breccia, che conduceva ad un capannone mezzo abbandonato. Non c'erano case nei paraggi e ciò portò Cameron a pensare a quanta strada aveva fatto a piedi. Il solo pensiero gli faceva venir voglia di accasciarsi a terra, iniziando a sentire le gambe venirgli meno.

Fu fortemente tentato, specialmente quando posizionò il moribondo su una branda improvvisata da tappeti uniti tra loro. Dankmar lanciò un gemito di dolore, portandosi una mano al petto e continuando a biascicare parole tra sé.

Cameron lo ignorò, troppo impegnato a riprendere fiato, seduto alla prima sedia in legno che aveva trovato. Riuscì a vedere solo un bicchiere che li veniva dato.

"Bevi. Dopo tutta questa strada ti rimetterà in sesto."

Cameron prese il bicchiere colmo di whisky e lo mando giù così rapidamente che sentì quasi subito la gola bruciargli. Chiuse le palpebre con forza, facendo passare il momento. Cazzo!

"Grazie per averci aiutato. Ti sono debitrice." Disse Elmira, togliendosi poi il cappotto scuro ormai fradicio.

"Un favore puoi farmelo, sì." Rispose l'uomo, recuperando l'uso della parole e riaprendo lo sguardo piantandolo su quel viso dai lineamenti forti e femminili della donna.

"Tutto ciò che vuoi."

"La promessa di non rivedervi più. Né tu, né il tuo amico." Cameron si alzò dalla sedia, poggiando il bicchiere lì dove si era seduto, e camminando in direzione dell'uscita senza degnare la donna di uno sguardo.

"Peccato! Alla nostra causa potevi essere d'aiuto."

Cameron si arrestò sull'uscio della porta della capanna, ancora chiusa. "In che modo? Non ho proprio il piacere di avere la polizia alle calcagna."

"Non scappiamo dalle autorità dalla mattina alla sera, Cam, agiamo anche alla luce del sole."

"Ho altri interessi. Questo, Elmira, non rientra tra quelli." Sottolineò il suo nome, sperando che alla donna fosse chiaro il suo rifiuto. Ritrovarsi braccato dalla polizia, svolgere azioni illegali, e magari risvegliarsi nel giro di due minuti dietro le sbarre o, peggio, davanti un plutone d'esecuzione. Aprì la porta, intenzionato ad andarsene.

"Un giorno, questo, sarà un paese diverso. E non ci sarà più posto per te."

Cameron la ignorò, definendola mentalmente come pazza. Elmira Becker faceva parte di quella ristretta cerchia di persone che credeva nella rivoluzione, nell'armarsi di forcone e fronteggiare le autorità a viso aperto. Molti amici di suo padre viaggiavano verso quella linea di pensiero e si era sempre tenuto alla larga da eventuali soggetti, proprio per non venire etichettato come uno di loro, come un rivoluzionario.

Se ne andò nella notte, sotto una pioggia fitta che li bagnava i capelli, la camicia arrotolata sui gomiti e i pantaloni. Tornò a casa, sperando di non rivedere mai più quella gente.

****

"E poi l'hai rivista? In che modalità?" Le chiese Amelia, immersa nel suo racconto come se potesse trovarsi lì.

"Nell'unico modo che non mi sarei mai aspettato." Cameron continuò a guardare davanti a sé un punto indefinito, nello specchio. Ripercorrere quegli eventi era doloroso, era come riviverli davvero. "Ovviamente non mantenne la promessa. Con la scusa di ringraziare mia sorella, Dankmar venne a farmi visita, un pomeriggio. Elmira non c'era e colse l'occasione per spiegarmi meglio che non erano semplici rivoluzionari. Ma erano affiliati alle autorità, erano la polizia segreta tedesca."

Amelia stette in silenzio, coprendosi la bocca con una mano, con un'espressione di stupore in viso. "E poi che è successo?"

"Rinnovai il mio rifiuto di unirmi a loro. Dankmar, con tono di amico più che di sconosciuto, mi disse però che non avevo scelta. Che il loro capo sapeva chi ero e che l'avevo visti in viso, quella notte. Per loro ero diventato pericoloso. Così tanto che dovevo prendere una decisione: unirmi a loro o lasciarmi ammazzare da loro."

"Oh mio Dio, ma è terribile!" Esclamò Lelia, cercando di mantenersi concentrata sul racconto.

"Terribile, sì. Come quando scoprì mia sorella a letto con Dankmar."

Amelia sbarrò gli occhi. "Cosa?"

"Sì. Esattamente due settimane dopo. Non avendo altre opportunità, accettai di unirmi a loro e ciò mi portò a fare amicizia con Dankmar. Con la scusa, quel bastardo aveva iniziato a frequentare anche mia sorella, plagiandola a modo suo e facendola entrare nella polizia segreta, nonché sedurla."

"E i vostri genitori? Perché sei finito qui in America?"

Cameron sorrise di sbieco davanti alla curiosità di quella bambolina. Tuttavia, continuò il racconto. "Mio padre si fece prendere troppo dall'alcol e dagli amici sbagliati. La polizia lo pestò a sangue, riconsegnando il suo corpo senza vita davanti casa. Mia madre, invece, divenne completamente pazza con la sua morte e morì di depressione alcuni mesi dopo. Sono venuto a saperlo tramite lettera, io ero già lontano." Tenne gli occhi bassi, il tenente colonello, massaggiandosi i polsi per non cadere nel baratro delle lacrime, in quello dei brutti ricordi e al più peggiore di tutti, a pensare a cosa sarebbe successo se la sua strada non si sarebbe mai incrociata con quella di Elmira e Dankmar.

"Mi dispiace, Cam." Le disse Amelia, notando come si torturava i polsi. Allungo una mano, poggiandola sulla sua. A quel contatto, Cameron alzò lo sguardo sul viso della giovane moglie, annuendo di poco.

"Il capo mi affidò una missione che è ancora in corso. Giungere in America, con un nome falso, sabotare i marines e far vincere la guerra ai tedeschi." Sviò lo sguardo da quello della ragazza, certo che tra qualche minuto si sarebbe alzata da quel letto e l'avrebbe insultato come meglio meritava. "Sono stato io."

Il cuore di Amelia perse un battito. Le ipotesi e i dubbi tornarono prepotentemente a bussare alla sua porta. "A fare cosa?"

"A fare quella soffiata ai tedeschi, circa il Lusitania. Sapevano chi c'era a bordo e sapevano perché ci stavamo recando a Liverpool." Ammise, coprendosi con le mani il volto, come a vergognarsi, per la prima volta, di un suo gesto.

Lelia, dal canto suo, ringraziò di essere già seduta, altrimenti era certa che sarebbe svenuta su quel pavimento. Sentì comunque un tremolio prendere possesso delle sue mani, che la portarono ad allontanarsi da quelle di Mendel. Quella ammissione faceva di Claire Ferrars solo una vittima di guerra, la prima che davvero aveva capito cosa stava succedendo. Qualcosa, nel petto della bionda, iniziò a smuoversi. Un senso di rabbia, capace di appannarle la vista con le lacrime, portandola alla conoscenza di una dolorosa verità.

"Hai ucciso tu mio fratello?"

"No. Questo no. Sono una spia, non un assassino." Quando si tolse le mani dal viso, Amelia capì e costatò che stesse piangendo. Per la prima volta, osservava un Cameron Mendel diverso, un tenente colonello che abbandonava le sue difese, che depositava a terra le armi e che si consegnava spontaneamente al giudizio di una seconda persona, sua moglie.

"Chi è stato allora? Ti prego, dimmelo." Le chiese la bionda, inginocchiandosi davanti a lui in modo che potesse vedere anche le sue di lacrime, che potesse leggere nei suoi occhi la disperazione che la logorava da quel maledetto 7 Maggio del 1915.

Cameron la guardò, le strinse le mani, cercò il coraggio di essere sincero, almeno una volta, con una persona cara al suo cuore. "Nessuno."

Amelia strabuzzò gli occhi, certa di aver sentito bene. "Non prendermi in giro, Cameron. Non farlo!"

"Non ti sto prendendo in giro. Tuo fratello, Amelia, non è morto. Lo so per certo." Forse erano troppe verità in una sola sera ma, Cameron, era certo che quella l'avrebbe fatta tornare a sperare e a vivere con quel pezzo di cuore che da troppo tempo era assente.

****

"Halt den Mund!" Urlò Cameron, al limite della pazienza, mentre con il manico della pistola stordì Samuel Putnam. Mentre lo vedeva accasciarsi a terra, la tentazione di premere quel grilletto fu dannatamente forte. "Du weißt nichts! Niente!" Ringhiò infine, in un tedesco perfetto e un inglese zoppicante.

Teneva salda l'impugnatura della pistola e il dito sul grilletto, senza premerlo davvero, nel mentre sentiva la rabbia scemare sempre di più fino a confondersi col fiatone. Aveva poco tempo, lo sapeva. Scott l'attendeva sul ponte per potersi salvare, cosa che non avrebbero fatto la metà dei passeggeri a bordo del Lusitania. La nave, intanto, continuava ad inclinarsi e ad incamerare acqua. Le urla, nei piani superiori, aumentavano a dismisura.

Cameron fissò per tre lunghi minuti il corpo di Samuel Putnam, privo di sensi, meditando su cosa fare. Avrebbe potuto lasciarlo lì, tra trenta minuti sarebbe rimasto nel fondo del mare insieme alle altre vittime. Ma avrebbe avuto lo stesso un peso sulla coscienza.

Dannazione! Non uccideva così ad ordine. Non si trattava di un nemico vero e proprio, a parte per la sicurezza circa la sua identità. Sì, doveva disfarsene, finire il lavoro che gli era stato commissionato da Scott.

Puntò la canna della pistola in un punto preciso del corpo del brigadiere, alla testa. Lì non avrebbe sofferto, essendo privo di sensi. Non se ne sarebbe neanche accorto.

"Mi dispiace, brigadiere generale." Disse il maggiore, iniziando ad abbassare il dito verso il grilletto. Sarebbe durato pochissimo, continuava a ripetersi.

"A-Amelia..." Bofonchiò Sam, dando un evidente segno che stava per recuperare coscienza.

Il maggiore arrestò il dito, togliendolo del tutto dal grilletto.

Amelia. Questo nome era uscito dalla bocca del brigadiere e, se non ricordava male, era proprio quello della sorella. Cameron scosse la testa, abbassando definitivamente l'arma. No, non poteva ucciderlo. Anche lui era un militare e anche lui aveva a casa una sorella che l'attendeva. Non poteva regalare un dolore così grande ad una ragazzina, ma neanche lasciare fuggire un pericolo per la sua sicurezza.

"Su, brigadiere, coraggio! Alzatevi!" Lo incoraggiò Cameron, issandolo sulle spalle e dandogli due colpetti sulle guance. "Coraggio, brigadiere! Siamo in allarme!" Al terzo schiaffo, il giovane Putnam diede segni di ripresa.

Quando Sam riaprì gli occhi e riprese coscienza, la prima cosa che sentì fu un dolore insopportabile dietro la nuca. "La mia testa!" Si lamentò, riconoscendo solo dopo chi lo stava portando in spalla. La sua espressione, allora, mutò in una di rabbia. "Voi! Brutto traditore!"

"Lieto di sapere che vi siete ripreso, brigadiere, ma non c'è tempo per le spiegazioni." Neanche finì a dirlo, che la nave prese ad incrinarsi ancora di più. Avevano ancora venti minuti per salvarsi, non uno di più.

"Spiegazioni? C'è ne sono, per caso? Avrei dovuto capirlo subito che eravate uno sporco crucco!"

"Comprendo la vostra rabbia, Signore, ma se mi chiamate così ancora una volta, vi giuro, vi butto direttamente in mare." Lo minacciò il maggiore, cercando di apparire il più calmo possibile.

"Perché? Dove mi state portando?"

"Diversamente da ciò che pensa, in salvo." Rispose Cameron, trascinando il brigadiere ad una uscita secondaria. Il caos regnava sovrano su quel ponte. La nave si era spezzata a metà e molte persone erano finite in mare. Le scialuppe di salvataggio stavano ormai finendo e i marinai cercavano di placare gli animi delle persone come meglio potevano, senza riuscirci. "Dobbiamo muoverci." Commentò il maggiore, aiutando il brigadiere a disfarsi della sua giacca militare con i gradi per buttarla in mare.

"Ma che stai facendo? Ti sei bevuto il cervello?"

"Ascolta, abbiamo poco tempo." Una volta buttata in mare la giacca, Cameron si voltò verso il compagno d'armi. Ex ormai. "Avevo l'ordine di ucciderti ma non l'ho fatto."

"E perché mai?"

"Perché so che hai una sorella, una famiglia e una fidanzata, a casa che ti aspettano. Comprendo ciò che vuol dire. Tu sei un uomo fortunato e non sarò io a toglierti la vita. Ora tu non puoi salvarti con gli altri marines per tornare a casa, perché Scott lo saprebbe e finirei nei guai. Ora tu ti imbarchi su quella scialuppa, torni a Riverdale senza farlo sapere agli altri e ti nasconderai per un po'. Hai un posto dove stare?" Chiese il maggiore Mendel, illustrando il primo piano che aveva ideato.

Ancora un po' scosso ma ben concentrato, Sam annuì. "Sì, c'è una vecchia casa abbandonata accanto a Golden Falls, la vecchia villa di una mia zia."

"Andrà bene. Non appena potrò tornare a Riverdale, verrò a farti visita e vedremo come procedere. Intanto, tu avrai salva la vita."

"Ma la mia famiglia? Loro non potranno saperlo, giusto?" Il cuore di Samuel si incrinò leggermente, esattamente come stava facendo quella nave, fino a spezzarsi.

Cameron annuì. "Purtroppo, anche loro dovranno credere che tu sia morto. Il lato positivo, però, è che potrai tornare. Il tempo necessario per far calmare le acque." Detta così, in altre circostanze, sarebbe sembrata una battuta.

"E quanto ci vorrà?"

"Un anno, forse due. Vedremo come si evolveranno gli eventi." Anche l'ultima scialuppa stava per essere riempita. "Ora vai, però!"

Certo di poter procedere con le proprie gambe, Samuel si staccò dal militare e procedette verso la scialuppa che aveva ancora qualche posto libero. Prima di salire, però, si voltò verso il maggiore. "Grazie per ciò che hai fatto oggi, Mendel. Non lo dimenticherò. Ti chiedo solo di vegliare su mia sorella." Onestamente c'era poco da fidarsi di un traditore, ma l'aveva salvato. Lo aveva tratto in salvo con una strategia non da poco. Valeva la pena affidargli una persona a lui cara al suo cuore, una delle molte.

"Lo farò. Buon viaggio, brigadiere."

"Anche voi, maggiore."

Quando fu certo che la scialuppa fosse stata calata correttamente, Cameron tornò nel soggiorno ormai pieno d'acqua e nuotò fino a raggiungere le scalette che conducevano al ponte principale. In qualche modo, si sarebbe salvato e avrebbe mantenuto la sua parola d'onore. Doveva solo eclissarsi da quel caos.



Wolf's note:

EUREKA! Finalmente c'è l'ho fatta ad aggiornare e a continuare la storia! Lentamente, miei cari lettori, ci stiamo avvicinando alla fine... ma non temete, perché se avete seguito la mia pagina Facebook (link cliccabile dalla mia pagina d'autrice qui su Wattpad, andateci a mettere un bel like!) saprete che c'è anche un sequel, due a dire la verità... ma di questo ne parleremo in seguito.

Questo capitolo, forse, è quello che molti di voi stavano attendendo. C'era chi credeva che Samuel non era mai morto, chi invece che lo era... beh, è ancora vivo e vegeto! E lo rivedremo molto presto, nel prossimo capitolo, online tra Mercoledì 14 e Giovedì 15! Segnatevi la data, miraccomando!

In seguito, ci terrei a ringraziare tutti voi per i messaggi e le belle parole, nonché i feedback positivi! <3 Vi abbraccio tutti!

Appuntamento alla prossima settimana! E vi ricordo che domani sarà online un nuovo capitolo di "Istruzione pericolosa", se siete amanti degli erotici d'azione, dateci un'occhiata!

Un abbraccio,

Wolfqueens Roarlion.

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