Crescevo desideri e sogni
per vederli sbocciare
all'ombra di delicati rimpianti,
senza poterli annaffiare,
da parole apprese
nel pellegrinare della vita.
Cercavo risposte
negli anfratti più bui dell'anima
che non sapeva d'essere coscienza.
E andando
affondavo nella sabbia,
inghiottita dalla voragine,
in una parvenza di vita
che disegnava forme indistinte
sul mio corpo avvizzito.
Ma il tempo non era mio amico,
il tempo mi giocava contro,
sostituendo le mie carte.
Si burlava di me
chiudendo la partita.
E scevra di amore
nascosi nel mio cuore
l'ultima fioca luce divina.
Forse la sorte mi aveva saltato
passando oltre a ciò
che era il mio vivere.
Eppure ammiravo le stelle
nelle notti terse
e ne facevo parte,
illudendomi di essere amata.
Avevo il desiderio profondo di conoscenza.
Avevo la fame della carne.
E se la mia mente era un'essenza dolente,
il mio corpo marciava,
allineato come un soldato,
che eseguiva gli ordini
un giorno dopo l'altro.
Fu il tempo stesso
a curami.
A darmi l'illusione
di esserne parte.
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