Capitolo 1 pt. 1

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La mattina delle elezioni tutti gli alfa, mega alfa e umani con più di 18 anni si sono riuniti nel Salone della Sequoia, chiamata così perché realizzata interamente con legno di quercia.

O per meglio dire è costruita intorno ad una sequoia.

A fare da tavola rotonda al centro della sala c'è il ceppo tagliato e decorato dell'antico albero e da lì fino alla sua chioma è stato tagliato e utilizzato per creare la struttura circostante.

Qui risiederanno i rappresentanti per gestire la città.

Tra meno di venti minuti usciranno i risultati e io esco di casa per andarli a vedere.

Mia madre e Derek ci andranno più tardi insieme a mio fratello Abel.

Per via di alcuni contrattempi non erano riusciti ad andare a votare ma in ogni caso sarebbe stato un voto alla cieca perché nessuno conosce nessuno.

Anche Albin aveva intenzione di non andare, pur di non mettere una croce sul nome di Jack si sarebbe tagliato la zampa, ma poi gli è stato riferito che uno del nuovo gruppo proveniente da nord è un mega alfa della nostra specie.

Passo fra le vie larghe per arrivare in centro.

La sala si trova in un edificio che si affaccia sul foro ed è il più grande di tutta la città.

Un sacco di persone e dinomorfi si sono già riuniti.

Mi guardo intorno in cerca di volti familiari.

Molti sono trasformati in forma alfa quindi faccio fatica a riconoscerli.

Qualcuno mi afferra da dietro e mi solleva.

Mi tengo sulle braccia squamose che mi avvinghiano.

-Finalmente ti vedo picoletta!-
-Finalmente ti fai vedere amore mio.-

Mi mette giù e io mi volto per baciarlo.

-Devo dirti una cosa...- mi dice serio Albin.
-Non farmi preoccupare con questo tono. Che è successo?- gli chiedo, ma un forte trambusto ci distrae.

Sono usciti i risultati.

-Me lo dici dopo. Adesso andiamo a leggere.- dico e lo prendo per mano e ci mettiamo in fila e aspettiamo il nostro turno.

Attaccata al muro c'è una pergamena con tutti i nomi ed età dei rappresentanti.

Mi blocco quando leggo uno dei nomi a me familiari.

Il cuore mi si stringe in una morsa.

Un miscuglio di emozioni mi assalgono fra la sorpresa, lo shock, la gioia...

Ormai ero convinta di non vederlo mai più....

"Jean Viktory"

-N... Non è possibile...- mi metto una mano sul petto.
-Zora...- pronuncia il mio nome e mi stringe lievemente la spalla destra.

-Mio padre... È vivo. È qui.- dico e la mia mano dal petto passa alla bocca.

Mi sposta delicatamente così che non blocco la fila e mi accarezza.
-Era questo che volevo dirti. Come ti senti?- mi domanda.

Io quasi non lo sento, mi sembra di essere dentro una bolla.

Alzo lentamente lo sguardo e incrocio quello di Albin.

-Dov'è adesso?- chiedo io con voce spenta, per qualche motivo penso che tutto questo sia troppo bello e irreale.

-Non lo so l'ho scoperto come te oggi, solo poche ore prima.- mi spiega.

Mi vengono in mente Henry e Braiden.

Loro hanno accolto il gruppo l'altra notte. Forse sanno qualcosa.

Senza aggiungere parola inizio a farmi largo fra la folla.

Mi trasformo per andare più veloce sfilandomi i vestiti.

-Amore! Non per strada.- mi urla Albin raccogliendo i miei abiti che lascio a terra.

Lo ignoro e continuo ad avanzare.

Raggiunta la loro piccola casetta li chiamo ma non odo risposta.

-Non sono in casa...- noto sconsolata.
-Fra tre ore ci saranno le presentazioni, lo vedrai lì.- mi rimette la pelliccia grigia sulle spalle.

Mio padre è da qualche parte qui in questa città, non lo vedo da mesi e non ho neanche una notizia da parte sua e ora scopro che è un rappresentante di noi Utahraptor.

E non lo è Jack.

Tiro un sospiro di sollievo per questo fatto, ma comunque sento di avere la testa completamente annebbiata.

-Ti va di andare a caccia?- mi propone guardandomi con i suoi occhi bruni dolci come la cioccolata.
-Lo sai che non posso... Non fanno uscire i mega alfa.-
-Non intendevo quello. Cerchiamo tuo padre.- dice e si alza tendendomi la mano.

L'afferro e con il suo aiuto mi alzo.

~

Abbiamo girato per un'ora e mezza, poco più, girando in fretta e furia e ignorando quasi completamente tutte le persone che mi salutavano.

-Non abbiamo trovato nessuno, neanche Braiden o Henry...- dico lasciandomi crollare sui gradini della casa di Albin.

È una piccola capanna, infatti ci vive da solo ed è situata fra due enormi alberi.

Ricorda un po un cottage tipico dell'Irlanda, con le pareti fatte di roccia grigiastra e il soffitto di paglia.

-Forse gli eletti sono rimasti all'interno del salone della quercia. Aspettiamo che aprino le porte così potrai vederlo.- i suoi artigli mi passano fra i capelli e le piume.

Per la stanchezza non ho nemmeno voglia di ritrasformarmi.

-Manca ancora un'ora e mezza prima che vengano presentati. Su, vieni dentro.- mi dice aprendomi la porta di legno scuro e io sbuffando mi sollevo ed entro.

L'atmosfera in casa sua è estremamente piacevole, ha un piccolo caminetto e un sofà ricoperto di pellicce proprio all'entrata.

Le pareti sono di ciliegio e paiono riscaldare l'ambiente con il loro colore ambra rosso.

Mi siedo sul suo divanetto e porto le gambe al petto, posando il mento sulle ginocchia.

Rimango in silenzio a guardarmi le mani e mi modifico dita e palmo, lampi di squame violacee si alternano alla mia pella poi di tanto in tanto muto lentamente le unghie in artigli e viceversa.

Sbuffo sconsolata.

Lui si siede accanto a me e mi accarezza il piede sinistro.
-Mio dio sei gelata!- mi dice e torna con un paio di calzettoni di lana.
-Mettili subito.- mi dice agitandomeli davanti al naso.

Lo guardo imbronciata.
-Non cambierai mai...- sbuffo e li metto scocciata.
-Una volta con le ciabatte, ora le calze... Non avrò mai i piedi nudi e liberi.- dico con teatrale drammaticità portando il dorso della mano sulla fronte.

-Ti cadranno quelle piccoli ditini congelati.- dice sedendosi accanto a me.

Lo squadro con lo sguardo e per sembrare più minacciosa muto gli occhi in quelli da rettile e assottiglio le pupille ma il risultato è una sua risata.

-Sei veramente fastidioso.- borbotto scocciata e mi sdraio posando le gambe su di lui.

"Questa posizione mi mette un sacco di nostalgia" penso e chiudo gli occhi immaginando la sua vecchia casa.

Ci mettevamo sempre così oppure mi mettevo di schiena fra le sue gambe e lui mi stringe da dietro.

Poi ogni volta che entravo in casa sua mi rincorreva per farmi mettere le ciabatte, pure in estate.

Sorrido fra me e me.

-Sembra che sia tutto apposto oramai.- dice appoggiando i gomiti sullo schienale e tira all'indietro il capo, facendo frusciare le piume della criniera contro il pelo che ricopre il sofà, creando un suono simile a quando in inverno ci si muove sotto al piumone bianco.

-Siamo tutti qui.... Ci sono state delle perdite, certo, ma siamo comunque insieme. Ora ci sono pure Beatrix, Genny, i tuoi cugini... Mio padre.- sospiro -Già, è tutto bellissimo ora.- sorrido con in leggero tono di malinconia per via del passato, ma comunque sia, sono felice.

-Su, rivestiti. Così ci avviamo verso il Salone della Sequoia.- mi dice stiracchiando gli arti.

Infastidita dallo scricchiolare delle ossa sollevo il capo e mi metto in piedi.

Riprendo la forma umana e mi rimetto i vestiti che avevo malamente scaricato correndo per strada.

Sono emozionata.

Tra poco rivedrò mio padre.

~

Nella piazza c'è un enorme trambusto.

Tutti si sono ritrovati qui in attesa di conoscere il proprio rappresentante.

Poco lontano da me vedo mia cugina Genny con Cecil e Perry.

Agito la mano per farmi notare e la prima a notarmi è Perry, che ricambia il saluto e anche le altre mi individuano.

Si fanno strada fra la folla e ci raggiungono.

-Ciao Zora!- mi saluta con un particolare entusiasmo Cecil Jackson, facendo un balzo verso di me.

I suoi lunghi capelli castani gli si scostano e fanno intravedere le ciocche blu verdi tinte sotto alla nuca.

Le saluto agitando la mano destra e facendo un sorriso a denti ben in vista.

-Voi conoscete qualcuno delle persone elette?- ci chiedono rivolgendosi a me e ad Albin.
-Qualcuno, sì...- dico mantenendo il sorriso.

Cecil mi prende improvvisamente le spalle e me lo scuote con violenza.
-Ho sentito che ci sono tre ragazzi abbastanza giovani! Tipo venti o venticinque anni!-
-Speriamo siano carini.- commenta Perry Herts con un ghigno.

Io e Genny ci scambiamo uno sguardo e scoppiamo a ridere.
-L'importante è che siano bravi.- dice mia cugina.

Un suono improvviso ci interrompe.

Una dinomorfa Parasaurolophus in forma alfa, dalle squame dorate e alcune venature color turchesi richiama la nostra attenzione con il verso tipico della specie.

Molto probabilmente e Iolanthe, la mega alfa che avevamo incontrato durante il viaggio fino a qui.

-La Sala è aperta, prendete i posti a seconda della vostra razza.- ci dice guardando la folla con aria altezzosa.

-Finalmente!- esclama Cecil e ci avviamo, trascinati dalle persone.

La porta è altissima, può far passare anche i sauropodi più alti, costruita in legno con decorazioni metalliche.

È imponente e mette un sacco di soggezione.

Improvvisamente, da un unico e breve corridoio spoglio ci troviamo davanti a molti corridoi che si ramificano da questa singola come il delta di un fiume.

Su ogni corridoio ci sono scritti i nomi delle razze su dei cartelli.
-Qui ci si divide.... Ci vediamo dopo ragazze.- dico salutandole e ci separiamo tutti.

Rimango mano nella mano con Albin e noto che per ora siamo gli unici Utahraptor.

Delle scale ci portano al secondo piano, su una galleria che si affaccia sulla tavola di Sequoia.

È un salone circolare con sei piani di gallerie che si affacciano sulla parte est della sala e su quella ovest solo uno, poiché lì vengono ospitate probabilmente le razze più grandi.

-Sediamoci, amore.- mi dice e mi fa cenno verso le panche.

Non ascolto, curiosa guardo verso le altre tribune, ci sono un sacco si specie molto diverse fra loro di dimensioni non esagerate, ma siamo pochi. Questa sala è stata realizzata per contenere un sacco di esemplari.

La tribuna più affollata è quella degli umani.

Noto alcuni esemplari di alfa di compsognato, un oviraptor, due gallimimi, tre archaeopteryx, quattro microraptor, forse uno o due pachicefalosauri e un protoceratopo.

Confuso nella zona ovest gira un giovane ipsilofodonte in cerca del suo posto, una donna gli si avvicina, forse una mega alfa e gli indica la nostra parte.

-C'è un sacco di gente...- commento e anche Albin mi si mette accanto per osservare la scena.

Una figura ocra a me familiare cammina intorno all'enorme tavolo, guardando verso le tribune.
-Shama!- la chiamo agitando il braccio.
-Devi prendere le scale per il secondo piano.- urla Albin e lei ci fa il segno dell'ok con la mano.

-Per fortuna c'è anche lei, il fatto che ci sia tanta varietà e pochi esemplari a specie mi mette leggermente a disagio e forse non solo me.- commento e mi siedo.

-Ci sono anch'io.- irrompe una voce gelida come il metallo.
-Non eri desiderato, Jack.- gli tira una frecciata Albin al ragazzo dai capelli rossi come il sangue che inizia a sghignazzare.

Il zaffiro si siede accanto a me e mi prende per un fianco, stringendo.

Anche Shama arriva.
-Buona sera, signora Ilanga.- la saluta in maniera teatrale Jack con un ghigno.
-Davon.- ricambia lei con un cenno della testa.

Io e Albin rimaniamo in silenzio mentre i due si siedono.

-Non vi sembra un po scorretto dividerci per razza?- domanda Shama sedendosi accanto a me.
-Più che altro è che non siamo tanti... Quindi è inutile dividerci in questo modo.- osservo io.

Tengo lo sguardo fisso al centro e da seduta riesco a vedere solo alcune gallerie e una parte della metà ovest.

Osservo i lunghi colli pesanti dei diplodochi e dei brachiosauri e le magnifiche creste di un amargasaurus.

Sono enormi e non riesco neanche a vedere le teste dei primi due.

Di nuovo il verso di un parasaurolophus fa calare il silenzio.

-Cittadini di Antiquanova. Grazie per essere tutti qui e grazie per aver partecipato alle votazioni. Naturalmente molti dei rappresentanti sono stati scelti poiché erano gli unici esemplari della loro razza, ma vi promettiamo di dare del nostro meglio in tutto e per tutti voi, specie per specie.- un applauso scrosciante risponde alla donna, di circa quarant'anni dai lunghi capelli biondi e un paio di occhiali con laccetto rosa sulla punta del naso.

È abbastanza magra e alta, ricorda molto un'avvocatessa.

-Il mio nome è Camelia Rosé, rappresento la razza umana!- dice con voce acuta e fiera.
-Sembra il nome di un vino... Secondo me è un'alcolizzata.- commento sghignazzando.
-Sssh, amore. Trattieniti dalle battute.- mi rimprovera Albin e io sbuffo, girando gli occhi al cielo.

-Ora, con immenso piacere faccio entrare i miei colleghi!- dice iniziando ad applaudire e tutti seguono il suo gesto.

E finalmente, uno dopo l'altro, prendono posto i vari rappresentanti.

E finalmente, mio padre.

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