CAPITOLO 18 - PRIMA DI BALLARE IN COPPIA DEVI ESSERE IN GRADO DI BALLARE DA SOLA

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Durante il tragitto parlammo di argomenti neutri, come musica e film, che poi erano quegli aspetti che ci accomunavano, evitando così di scannarci come al nostro solito per strada. Giungemmo finalmente davanti al locale, che si stagliava verso l'alto con le sue pareti in vetro, lasciando scorgere dall'esterno i due piani superiori, dove una massa indistinta di ragazzi si scatenava a passo di danza. La musica si diffondeva bassa, pompando ad un ritmo frenetico, fino alla coda che si era formata all'ingresso dell'enorme ascensore dove tre bodyguard vestiti di nero apponevano l'apposito timbro rosso sul dorso dei clienti che lasciavano entrare. Io e Luke, tuttavia, non ci unimmo al gruppo in coda. Mi prese per mano, incitandomi a seguirlo sul lato destro dell'edificio dove, aggirandolo, trovammo una decina di scalini che scendevano verso il basso in direzione di un pianerottolo di cemento.

Li percorremmo velocemente, ritrovandoci davanti alla versione baby dell'ascensore principale; non avevo mai notato prima quell'ingresso laterale. Attendemmo che si aprissero le porte, per poi varcarle: era decisamente più piccolo dell'altro e sembrava anche più vecchio. Un solo tasto era presente sul monitor, il quale permetteva di scendere di un piano. Luke lo schiacciò senza esitazione, mentre io me ne stavo lì al suo fianco a guardarmi intorno in quella scatola di latta grigia e a pregare che non si bloccasse all'improvviso.

Mi ci mancava solo quello alle sfortune che mi potevano capitare.

Durante la nostra discesa pensai che mi sentivo un po' come Alice nel paese delle meraviglie, con il mio Bianconiglio al fianco o, per meglio dire, il nero coniglio, visto l'abbigliamento total black della mia guida che mi stava conducendo verso un luogo sconosciuto. Quando le porte si aprirono confermai il fatto che il paragone che avevo espresso nella mia mente pochi secondi prima non poteva essere più azzeccato di quello.

Mi ritrovai in una stanza molto ampia, con divanetti in pelle nera ai lati e tavoli in legno circolari. Le pareti erano di un rosso scuro, accentuato ulteriormente dalla luce soffusa del locale. Un enorme bancone era posizionato alla nostra destra, circondato lungo tutto il suo perimetro da sgabelli in ferro battuto e rivestiti con cuscinetti neri. Sulla sinistra, invece, c'erano dei tavoli da biliardo, dove alcuni ragazzi si stavano sfidando. Ma la cosa migliore di tutte si trovava proprio davanti a me: un gigantesco palco sopra cui una band si stava esibendo suonando il celebre pezzo dei Guns N' Roses, "Paradise City", e sotto di cui una massa di persone si stava scatenando sul reaf della chitarra elettrica. Guardavo ogni dettaglio di quel posto estasiata, sentivo già le gambe scalpitare, ansiose di gettarsi nella mischia.

"Oh, sì, sono davvero in Paradiso!"

«Allora, avevo o non avevo ragione dicendo che ti sarebbe piaciuto?» La voce di Luke mi riportò nel mondo reale.

Ruotai leggermente la testa verso di lui, ricambiando l'enorme sorriso che mi ritrovai davanti. «Assolutamente, sì, questo posto è pazzesco! Ancora non ci credo che non sapessi nulla della sua esistenza. Ti offro da bere, scimmietta! Questa sera te la sei meritata tutta!»

Venne istantaneamente contagiato dal mio buon umore, non riuscendo a smettere di ridere. Mi fece cenno di avvicinarci al bancone per ordinare; era giunto il momento di iniziare la serata alcolica!

Ci accomodammo sui primi due sgabelli liberi che trovammo. Continuai a far guizzare il mio sguardo da un angolo all'altro della stanza per catturarne e memorizzarne ogni minimo dettaglio, mentre il ragazzo al mio fianco richiamò su di sé l'attenzione del barman per poter ordinare.

«Allora, ragazzi, cosa vi porto?»

Mi voltai per guardare in volto il tizio che sarebbe diventato il nostro rifornitore d'alcool ufficiale della serata, ritrovandomi davanti un sorriso enorme di un bianco abbagliante, due grandi occhi di un marrone così chiaro da sembrare gialli come quelli di un felino, e dei capelli dritti bloccati con il gel, in una piccola cresta di colore viola.

"Viola?!? Oddio, ho appena incontrato lo Stregatto! Questo posto comincia davvero ad assomigliare sempre di più al romanzo di Lewis Carroll!"

«Ehi, Luke, non mi ero accorto che fossi tu! Che ci fai qui? Non ti sei stancato di questo posto con tutto il tempo che già ci passi a lavorare?» domandò lo Stregatto al mio vicino di sgabello.

"No, aspetta! Luke lavora anche qui? Ma quanti diamine di lavori fa? Poi ci credo che ha le occhiaie da panda perenni."

«No, Ale, non ci si stanca mai della buona musica. Poi questa sera sono qui in qualità di cliente, quindi vedi di servirmi uno dei tuoi drink speciali!»

A quanto pare la scimmietta e lo Stregatto erano molto in confidenza. Io volevo chiedergli se sapesse svanire e lasciare visibile solo il sorriso, ma ero ancora troppo sobria per una domanda del genere.

«Giusto, allora lascia tutto nelle mie mani. Ti porto il solito per cominciare. E a te invece, bella mora, cosa posso portarti?»

Ed eccolo sbucare di nuovo quel suo sorriso abbagliante; mi sarebbero stati comodi un paio di occhiali da sole. Meditai sulla domanda che mi aveva posto, rammentandomi che quella era la serata in cui si doveva rischiare, quindi perché non iniziare da subito?

«Quello che prende lui!» risposi con nonchalance, scrollando le spalle. Luke parve divertito, mentre Ale fu per un attimo sorpreso, ma si ricompose subito facendo tornare al suo posto il sorriso da ammaliatore.

«Oh, ma allora sei una tipa tosta! D'altronde sei qui con Luke, non mi potevo aspettare niente di meno. Allora due Godfather in arrivo!» così dicendo si diresse dall'altro lato del bancone per dedicarsi alla preparazione delle nostre ordinazioni.

«Uhm, tanto per curiosità, ma che cavolo ho ordinato? Perché il nome non preannuncia nulla di buono!» domandai, muovendomi sulla mia postazione, leggermente nervosa.

Luke continuò a ridere al mio fianco, con le braccia poggiate sulla superficie in laminato scuro, venate da delle striature rosse, del bancone.

«Visto che l'obiettivo della serata era sbronzarsi, diciamo solo che sei partita bene. Stai per bere qualcosa con una gradazione alcolica di più di 30 e che è composto essenzialmente da Scotch Whisky e Amaretto di Saronno» spiegò rapido.

"Perfetto! Ho iniziato con il botto, o con lo schiantarmi al suolo." Pensai, ricacciando indietro i miei dubbi e concentrandomi sulla musica che aleggiava intorno a noi.

La band era passata a suonare un pezzo dei Foo Fighters, "The Pretender". Io non riuscivo quasi più a stare seduta, volevo buttarmi sulla pista da ballo, ma dovevo almeno aspettare il primo drink, così tornai a guardarmi intorno, fin quando qualcosa non catturò la mia attenzione.

«Oh Mio Dio, Luke! Sopra la porta del bagno c'è scritto "WC Smells Like Teen Spirit", ti prego lasciami per sempre qui!» strepitai. Sembravo una bambina strafatta di zucchero filato alle giostre per quanto ero eccessivamente entusiasta di tutto.

«Sono contento che ti piaccia, visto che è stata una mia idea. Qualunque bagno che si rispetti dovrebbe portare una dedica ai grandi Nirvana» rivelò la scimmietta che quella sera si stava rivelando una piacevole sorpresa.

Proprio in quel momento lo Stregatto fece il suo ritorno con i nostri drink in mano, poggiandoli su dei sottobicchieri circolari neri davanti a noi. Afferrai prontamente il mio cocktail, alzandolo in segno di brindisi vero il mio improbabile compagno di bevute.

«Nessuna parola poteva essere più giusta, scimmietta cara!» Luke seguì il mio esempio afferrando il suo.

«A questa serata da dimenticare?» mi chiese, fissandomi negli occhi da dietro il suo bicchiere in vetro trasparente.

«A questa serata da dimenticare!» asserii convinta, facendo tintinnare i nostri tumbler per poi portarmi alle labbra quel liquido ambrato.

Lo scotch contenuto al suo interno cominciò a farmi bruciare la gola, e il calore dell'alcool iniziò a propagarsi in tutto il mio corpo sorso dopo sorso. Finito il primo giro ne ordinammo prontamente un altro, per la gioia del nostro barista Stregatto che ne sembrò molto compiaciuto. Al secondo round io ero già alticcia. Ormai non bevevo per ubriacarmi da anni, di conseguenza non riuscivo più a reggere bene l'alcool come ai tempi d'oro, a differenza di Luke che passava già al terzo della serata.

«Dunque, scimmietta, lavori anche qui? Per quarto lavoro hai mai pensato di fare qualche esibizione in un circo? Le tue doti di saltatore di transenne e arrampicatore di tetti farebbero un figurone sul curriculum!» Io in realtà avrei solo voluto chiedergli del suo lavoro, ma ahimè, ormai lo scotch parlava al posto mio.

I suoi occhi leggermente lucidi sembrarono brillare ancora di più grazie al sorriso che gli stava increspando le labbra. «Sì, ci lavoro la sera durante la settimana. E per quanto riguarda il circo, potesti anche tu fare domanda con me, non si vede tutti i giorni un topino scalatore!» mi rimbeccò ironico, prendendo un altro sorso dal suo bicchiere.

Imitai il suo gesto nel tentativo di mettere a tacere la mia boccaccia che stava straparlando, ma Luke mi bloccò il braccio con una mano, quando ormai era a pochi centimetri dalle mie labbra.

«Vacci piano, topino! Non è una fetta di formaggio quello! Non essere ingorda!» mi rimproverò sogghignando.

«Sono intollerante al lattosio» affermai senza riflettere sul senso delle mie parole, per la seconda volta. Lui sembrò confuso da quella mia confessione; a quanto pare anche io sapevo mandarlo in tilt in alcuni momenti.

«Sono leggermente intollerante al lattosio, quindi non posso essere un topino. Anche se poi finisce sempre che me ne frego e mi mangio quello che mi va, come il gelato, consapevole del fatto che dopo non starò molto bene, però non ci posso far nulla, mi piacciono i dolci!» lui continuò a guardarmi per un lungo momento con tanto d'occhi, prima di gettare la testa all'indietro e lasciarsi andare a una risata di cuore.

"Ma che ho detto di così buffo?!?"

«Oddio, non ci credo, un topino vegano non convinto!» esclamò battendo una mano sul bancone per enfatizzare quanto trovasse assurda e divertente la cosa. Storsi la bocca, pensando che fosse il solito cretino ma, rendendomi conto che si era distratto, ricominciai a bere, evitando di essere interrotta nuovamente.

Ero quasi riuscita a finire il mio secondo bicchiere, quando le prime note di "Love illumination" dei Franz Ferdinand proruppero dagli altoparlanti del locale. Trangugiai tutto d'un fiato l'ultimo sorso rimasto, alzandomi con un balzo dallo sgabello. Pessima idea! Non ero molto stabile sui miei piedi, ma fortunatamente la mia scimmietta personale mi sorresse afferrandomi al volo, mentre io ridevo, con le mani ancora strette sulle sue spalle, per l'imbarazzo.

«Dai, Luke, andiamo a ballare! Io a questa canzone non posso proprio resistere!» lo supplicai tra una risata e l'altra.

Scosse la testa e, visto che non sembrava per nulla intenzionato ad abbandonare la sua postazione, cominciai a tirarlo per un braccio, ma anche quel mio sforzo fu del tutto vano; si era tramutato in una statua e non cedeva di un millimetro.

«Calma topino, io non ballo, mi dispiace. Se vuoi vai tu. Non mi farai mai cambiare idea» sentenziò, riprendendo in mano il suo bicchiere.

Lo guardai imbronciata, non piacendomi per nulla l'idea di andare sulla pista da sola. Mi sovvennero in quel momento le parole che Meg mi aveva detto un po' di tempo prima: "Prima di ballare in coppia devi essere in grado di ballare da sola", e a quel punto sorrisi felice. Forse fu l'alcool, o la discussione avuta con i miei genitori, ma pensai che non mi importava se lui mi avesse seguita o meno, perché io ero in grado di ballare da sola, anzi, ero in grado di fare moltissime cose da sola.

«Peggio per te, non sai che ti perdi a stare seduto su questo sgabello. Davi della fifona a me su quella scala un po' di tempo fa, ma forse dovresti rivedere i ruoli in questo caso.» Lasciai andare la presa su di lui e, scoccandogli un occhiolino, mi diressi verso la pista da ballo, rimanendo dove lui potesse vedermi.

Volevo che vedesse, anzi, che vedessero tutti quanto potevo essere sicura di me e autoironica senza il bisogno costante di supporto altrui. E fu così che sulle note del primo ritornello chiusi gli occhi e iniziai a muovere gambe e fianchi al ritmo della musica.

A ogni passo mi sentivo sempre più libera. A ogni giravolta mi sentivo me stessa. Ciò che avvertivo davvero in quel momento era di aver ritrovato una parte di me che nessuno avrebbe più potuto togliermela, perché avrei lottato per difendere quel tassello del puzzle della mia immagine che finalmente avevo ritrovato e che era tornato al suo posto dopo tanto tempo.

Continuai a muovere passi uno dietro l'altro, fino a tornare a sollevare le palpebre, rendendomi così conto che Luke si era completamente voltato nella mia direzione, e che mi stava fissando con uno sguardo infuocato.

Mantenni il contatto visivo mentre proseguivo in quella danza non propriamente sensata, ma che esprimeva tutta la mia voglia di essere me stessa in ogni circostanza, sfidandolo e richiamandolo a me allo stesso tempo. Prese il suo drink, sgolandolo in un solo sorso, per poi scendere dallo sgabello e dirigersi nella mia direzione, facendosi largo a spinte tra chi lo intralciava dal suo obiettivo. Arrivò di fronte a me proprio nel momento in cui stava per partire il secondo ritornello. Mi specchiai in quelle onici lucide, mentre un sorriso si stagliò sul suo volto, contagiato dal mio. Rimirammo il nostro riflesso per alcuni secondi negli occhi dell'altro, prima che facesse come sempre qualcosa che mai mi sarei aspettata: avvolse le braccia intorno alla mia vita per stringermi a lui e mi sollevò leggermente da terra, facendoci girare entrambi in tondo.

Gli gettali le braccia al collo scoppiando a ridere mentre i volti delle persone intorno a noi vorticavano nel mezzo di quella piroetta sul posto. Ridevo perché non stavo pensando a nulla, ridevo perché mi sentivo bene, ridevo perché mi sentivo viva! Quando mi riposò a terra non mi staccai da lui, cominciando a ballare insieme in modo del tutto improbabile, con lui che mi faceva fare giravolte, casquet, e passi di danza che ricordavano gli anni '50. Eravamo decisamente ridicoli, ma ci stavamo divertendo e questo era ciò che contava. Non smettemmo neppure un secondo di guardarci negli occhi e di ridere come due bambini, mentre le nostre mani si toccavano e i nostri corpi si sfioravano.

Spesso mi sembrò di vedere il suo sguardo accendersi quando le mie dita lambivano il suo collo, o quando il mio petto andava a sbattere contro il suo, togliendoci per un secondo il fiato e, d'altra parte, non potevo negare il formicolio sottopelle che spesso mi faceva vibrare. Ma poi leggevo negli occhi di entrambi il repentino bisogno di scacciare via quei pensieri e quelle emozioni. In quell'istante a nessuno dei due interessava o voleva anche solo comprendere il significato di quei gesti; eravamo liberi di essere noi stessi su quella pista da ballo, e questa per noi era l'unica cosa fondamentale.

Finita la canzone continuammo a ballare, interrompendo le nostre esibizioni alla Grease solo per andare a bere un altro drink al bancone.
Quando uscimmo finalmente dal locale e tornammo in superficie erano le 4 passate del mattino, anche se per me sarebbero potute essere le 7 di sera e non avrebbe fatto alcuna differenza. Mi sentivo leggera come mai prima di allora, percepivo di aver ritrovato un pezzetto della sicurezza che avevo un tempo. Arrestai i miei passi che si stavano muovendo in direzione di casa mia, alzando lo sguardo in verso la luna piena che stava illuminando quella fredda notte d'inverno.

Presi un profondo respiro e feci uscire l'aria dalla mia bocca che subito si tramutò in una densa nube chiara, segno distintivo di quando caldo e freddo entrano in contatto, sorridendo a occhi chiusi. Sì, sorrisi davvero, perché in quel momento la barriera di ghiaccio che avevo eretto intorno a me stessa per potermi nascondere si era leggermente sciolta e, al di là di quella struttura di cristallo, riuscii dopo molto tempo a scorgere in parte la vera me e, quello che vidi, per una volta, mi piaceva.

Sono tornataaaaaaaa!!! E sono ancora viva dopo la maratona :D Eccoci qui come promesso, per una nuova avventura del topino e della scimmietta. Io vi consiglio di ascoltare la canzone in cui Ollie e Luke ballano, anche per farvi un idea dell'ambiente che li circonda, e perché la stavo ascoltando mentre scrivevo. I due si stanno avvicinando sempre di più... ma se credete che questa loro serata sia volta al termine... be'... vi sbagliate di grosso! ;) Domani pubblicherò il nuovo capitolo, perché voglio che questi due vengano letti in successione! Vi ringrazio per i 10000 commenti che mi sono ritrovata, mi avete fatto morire dal ridere come sempre e provvederò a rispondere a tutti quanto prima! :)

Ed ora i saluti! Oggi passiamo al Malese... speriamo bene...

UNTUK MEMAKAI YANG SETERUSNYA!

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