CAPITOLO 4 - L'APPARENZA INGANNA!

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La settimana era trascorsa tranquillamente nella sua classica e consolidata routine: sveglia alle 7, colazione, lezioni, pranzo, lezioni, cena, chiacchiere con Meghan e dormire.

Ero finalmente giunta al fine settimana ancora viva. Era venerdì pomeriggio e mi stavo dirigendo al secondo piano del dipartimento di Management, dove si trovava l'ufficio informazioni - Erasmus. Avevo alcune quesiti da porre in merito al programma e alle varie scadenze di presentazione della domanda, poi finalmente sarei potuta tornarmene a casa e dedicarmi a della sana nullafacenza.

Salii con le ultime energie rimastemi dalla giornata le due rampe di scale e svoltai a destra. Quella volta ero stata fortunata: non c'era nessuno. Quando ero passata di lì in settimana avevo dovuto rinunciare a causa di una fila di ragazzi infinita e di un'imminente lezione che mi attendeva nel giro di 20 minuti. Mi ero preparata mentalmente a rimanere in coda fino a tardi, ma a quanto pare quel giorno la buona sorte mi sorrideva.

Battei due colpi con le nocche della mano sulla porta dell'ufficio che era aperta, giusto per farmi vedere e chiedere ugualmente il permesso per entrare. Una ragazza bionda, poco più grande di me, seduta ad una piccola scrivania, alzò gli occhi dal computer e, rivolgendomi un sorriso affabile, mi fece segno con la mano di accomodarmi. Presi posto sulla sedia davanti a lei, attendendo che finisse di scrivere al computer.

«Come posso esserti utili?» mi chiese con voce morbida la ragazza delle informazioni.

«Volevo avere qualche chiarimento in merito alle destinazioni. So che di norma per quelle in cui ci sono meno posti disponibili si tende a prediligere, durante il processo di selezione, chi è iscritto alla magistrale rispetto a uno studente della triennale, quindi mi domandavo se avesse senso inserire suddette mete nella domanda quando le probabilità di essere presa sono molto basse.» Una volta posta la prima domanda, mi rilassai sullo schienale della sedia attendendo la risposta.

«Sì, questo è vero, ma limitatamente ad un solo posto. Per intenderci: se i posti disponibili sono 2, per 1 te la giochi ad armi pari con gli altri, quindi non escluderei assolutamente a priori una destinazione a cui sei interessata solo per questo motivo. Come sai valutiamo il vostro percorso accademico e poi c'è il colloquio orale, quindi non sentirti intimorita da questa cosa, ma persisti nella tua decisione iniziale, perché puoi tranquillamente essere scelta per quella destinazione. Senza contare poi il fatto che hai la possibilità di indicare tre mete in tutto, di conseguenza, anche se non fossi selezionata per la prima, ti restano ugualmente altre due possibilità.»

Ottimo, era quello che speravo di sentirmi dire. Londra era la mia prima scelta, seguita da Parigi e da Bruxelles, ma a dirla tutta volevo davvero andare a Londra più delle altre due e avevo intenzione di provarci fino in fondo.

«D'accordo, ho un'ultima domanda: io non sono ancora sicura d'inoltrare la richiesta, per via di alcune circostanze che non so se mi permetteranno di partire. La scadenza si sta avvicinando, se non ricordo male è il 10 febbraio e siamo già al 21 di gennaio, quindi, nel caso facessi domanda, ma poi non potessi andare, ci sarebbero problemi?»

Questa era la domanda più importante e di cui più temevo la risposta. Non ne avevo ancora parlato con i miei genitori e non sapevo se mi avrebbero lasciato partire. Per quanto avessi una borsa di studio, parte del mio sostentamento universitario, anche se minimo, veniva da loro e, se mi avessero posto il loro veto, io mi sarei trovata con le mani legate.

«No, non c'è alcun problema. L'importante è che nel caso venissi selezionata provvedi a rinunciare al tuo posto appena sei consapevole di non poter partire e non vai avanti con le altre procedure.»

Perfetto! Intanto avrei potuto fare domanda e, mentre aspettavo che le selezioni si svolgessero, avrei cercato di convincere i miei. Sarebbe stato complicato ma nel frattempo mi sarei potuta iniziare a muovermi con i vari documenti.

«Ottimo, grazie mille per il tuo tempo, non ho altre domande. Allora procedo subito a compilare il modulo on line appena arrivo a casa e lunedì passo a portarti la documentazione cartacea» mi alzai dalla sedia, recuperando la borsa a tracolla nera dell'Eastpack, che avevo momentaneamente adagiato a terra.

«Ti aspetto lunedì allora e in bocca al lupo!»

«Crepi, buona serata!» salutai, dirigendomi verso l'uscita e ripercorrendo le scale di prima.

Era stata una buona giornata a quanto pare, per una volta filava tutto liscio. Con un sorriso stampato in faccia spinsi i battenti della porta grigia del primo piano che si affacciava sul cortile interno dell'università e, mettendo un piede fuori, l'aria fredda e pungente di quelle prime ore della sera m'investii, facendomi rabbrividire sul posto. Ma proprio mentre cercavo di riprendere le mie funzionalità motorie momentaneamente ibernate, capii che dovevo imparare a tenere la mia cavolo di boccaccia chiusa, perché l'incubo del mio fine settimana precedente era proprio lì, appoggiato alla colonna del muro davanti a me, mentre fumava una sigaretta.

Quel sorriso di poco prima mi morì sul viso all'istante. "Ok, niente panico, posso passargli davanti, far finta di non averlo visto e guadagnarmi l'uscita. Non ne capisco ancora il motivo ma quel ragazzo mi intimorisce. È imprevedibile, e io odio tutto ciò che non posso gestire. Sì, sono una dannata maniaca del controllo e non mi vergogno ad ammetterlo."

Mi iniziai a muovere con passo spedito senza incrociare il suo sguardo. Stavo per girare a destra ma, dopo soli pochi passi, sentii la sua voce interpellarmi. «Ciao!»

Accidenti! Avrei potuto far finta di non averlo sentito, ma mi stavo incavolando con me stessa. Ero già scappata da lui il fine settimana precedente e non lo avrei rifatto ancora, che diamine! Io non scappavo davanti a niente e a nessuno. Me la dovevo piantare di sentirmi così intimidita! Era solo un ragazzo un po' matto, non mordeva mica, o almeno me lo auguravo.

Mi voltai verso di lui, incrociando nuovamente quelle sue iridi nere come la pece.

Ok, ammetto che quegli occhi mi mettevano ancora in soggezione, sembravano volermi divorare. Ma che fossi dannata se gli avrei lasciato vedere anche solo uno spiraglio del mio tentennamento in sua presenza.

Decisi così di rispondergli con voce calma e con un sorriso leggero stampato in faccia. «Ehi, ciao!» non aggiunsi altro, sperando di cavarmela velocemente con un saluto di circostanza e poi andarmene. Ma a quanto pare il mio interlocutore non era del mio medesimo avviso.

Prese una profonda boccata di fumo dalla sigaretta, espirando poi con gli occhi sempre puntati su di me. «Bella felpa, ma non mi pare la mia.»

Abbassai lo sguardo e notai che da sotto il piumino antracite della Colmar sbucava la mia felpa color verde scuro. Mi accigliai.

"Cosa pensava, che fossi una feticista delle felpe e andassi in giro con la sua e non gliel'avrei più ridata?"

Cercai di calmarmi; stavo davvero esagerando. Non aveva senso avere una reazione simile per una banale domanda. «Uhm no, decisamente non è la tua, anzi, scusa se non te l'ho ancora restituita. L'ho lavata ma non ho ancora incontrato Ry durante la settimana, e onestamente mi è passato di mente. Dopo lo chiamo così la lascio a lui.»

Questa volta fu lui ad accigliarsi, restando perplesso. «L'hai lavata? E perché cavolo l'hai fatto? L'avrai tenuta su una decina di minuti, non ce ne era davvero bisogno!»

"Ma questo le regole base delle buone maniere le conosce?"

«Sì, è vero, ma visto che eri stato così gentile da prestarmela ho pensato che fosse il minimo lavartela.»

Stava per rispondermi, quando sentimmo qualcuno che chiamarmi a gran voce. «Ollieeeeeeeeee!»

Ci voltammo entrambi nella direzione in cui io mi stavo dirigendo inizialmente e vedemmo Matt che si sbracciava per salutarmi e corrermi incontro, seguito alle sue spalle da Andrew che invece procedeva a passo tranquillo verso di noi sorridendo. Il primo dei due mi raggiunse, stringendomi in un caloroso abbraccio e sollevandomi leggermente da terra, per farmi anche roteare come una trottola.

"Oddio, ma perché tutte a me?"

«Ciao, mio bellissimo portafortuna!» disse, riposizionandomi al suolo finalmente.

Non mi ero accorta quando lo avevo incontrato che fosse così grosso. Forse perché era seduto sullo sgabello e lo avevo visto solo per pochi secondi in piedi. Invece ora mi rendevo conto che era molto alto, con due spalle enormi e muscoloso; sembrava un giocatore di rugby.

«Perché portafortuna?» la mia mente doveva aver subito qualche danno grave se di tutto quello che era appena accaduto aveva solo colto quella frase.

Matt mi rivolse uno dei suoi sorrisetti che chissà quante ragazze avevano mandato K.O., prima di rispondermi. «Sì, mia cara, quella sera mi hai portato fortuna e infatti ho rimorchiato alla grandissima!»

"Aaah, si riferisce alla moretta e al mio consiglio di concentrarsi su di lei!"

«Ma figurati, io ti ho solo rimesso sulla retta via, caro mio. Stavi imboccando la strada sbagliata, era giusto che te lo facessi notare» lo pungolai.

«A me quella strada non sarebbe dispiaciuta affatto. Sono uno a cui piace perdersi» mi rimbeccò con fare allusivo, incurvando quelle sue labbra carnose verso l'alto.

Era simpatico, si capiva che ci provava con te, ma una volta che aveva inteso che non eri interessata ti lasciava stare, senza però mai rinunciava a punzecchiarti un po'. Bastava stare al gioco e rimetterlo in riga se eccedeva.

«Ti compro un GPS per il tuo compleanno allora, così quando sei in mia presenza ti passa la voglia di perderti.» Rise di gusto e a lui si unì anche Andrew che ci aveva raggiunti proprio in quel momento.

«Ma te la vuoi piantare di provarci con tutte, casanova? La signorina qui a quanto pare ti ha dato il due di picche, quindi ti rimettiamo al guinzaglio e, se non fai il bravo, tiro fuori anche la museruola» lo minacciò, Andrew.

«Ehi, un uomo ha il sacrosanto diritto di provarci e sognare anche se viene messo in castigo quando vede una bella ragazza, sarebbe un'eresia non farlo!» asserì serio, per poi scoccarmi un occhiolino.

Io scoppiai a ridere per quello scambio di battute tra i due, mentre il povero Andrew si limitava a scuotere la testa rassegnato.

Mi ricomposi al volo, riportando entrambi su di un terreno di conversazione neutro. «Che ci fate qui, ragazzi? Avete deciso di cambiare facoltà? Io ve la sconsiglio, ma se siete coraggiosi, fatevi sotto!»

«No, siamo venuti a riprendere il nostro figlioletto da lezione e a vedere se si comporta bene e studia. Lo abbiamo lasciato qui questa mattina nella speranza che l'aria della facoltà gli faccia bene! Speriamo di non venire convocati dei professori» mi spiegò, Matt, indicando con il capo Luke, alias il figlio ribelle.

Mi girai verso il soggetto in questione, che stava rivolgendo ai suoi amici uno sguardo torvo. «Mi sembra un po' cresciutello per farsi accompagnare a scuola dai genitori. E ho quasi paura a chiedere chi dei due sia la mamma e chi il papà.»

I due si guardarono con finta aria disgustata reciprocamente. «Io di certo sono il padre! Sono troppo macho per essere la mamma, e poi è Andrew il precisino in casa.» Matt mostrò il muscolo del suo bicipite come a voler sottolineare la sua mascolinità.

«Certo, come no! Infatti mi pare che la settimana scorsa, mentre facevi i piatti, avevi deciso di indossare il famoso grembiulino rosa che abbiamo regalato a Ry. Sei proprio un vero duro» ribatté l'altro con un ghigno trionfante.

«Ehi, non volevo sporcarmi la camicia, dovevo uscire a fare conquiste dopo. E si dia il caso che mi senta talmente uomo da non sentire minimamente intaccata la mia virilità da un semplice grembiule rosa.»

Io ormai cercavo inutilmente di trattenere il mio palese divertimento con una mano davanti alla bocca; quei ragazzi mi facevano morire.

«Quando entrambi avete finito con queste assurdità e su chi ce l'ha più lungo, che ne dite se ce ne torniamo a casa? Sono stanco e ho fame!» Mi voltai verso Luke che, mentre rimproverava i suoi due amici, mi aveva affiancata, incrociando le braccia al petto e sbattendo spazientito un piede a terra. Non potevo dargli torto, anche io ero molto stanca e, per quanto mi stessi divertendo a chiacchierare con loro, volevo tornarmene nella mia cameretta sul mio adorato letto a riposare.

«Devo dare ragione al vostro coinquilino qui. Anche io devo iniziare ad avviarmi. Sono in facoltà da questa mattina e non ne posso davvero più.» Iniziai a muovermi verso l'uscita lentamente, per far capire loro che io me ne stavo andando.

«Ah no, aspetta, Ollie! Tanto andiamo anche noi, ti riaccompagniamo a casa» sentii dire da Andrew alle mie spalle. Mi fermai, girando la testa verso di loro e vedendoli avanzare nella mia stessa direzione.

«Non serve, ragazzi! Abito qui vicino, posso andare benissimo a piedi da sola.» Mi fissarono entrambi come se avessi detto chissà quale eresia, posizionandosi ciascuno dei due su di un lato al mio fianco, mentre Luke decise di rimanere alle nostre spalle.

«Anche noi abitiamo nei dintorni, ma non se ne parla minimamente che torni a casa da sola. Si è già fatto buio e per noi non è assolutamente un problema!» asserì deciso, Matt, continuando a procedere verso l'uscita.

«Guardate che me la sono cavata benissimo da sola fino ad ora, anche se non vi conoscevo. Non mi succederà assolutamente nulla, sono più che autosufficiente» obiettai, senza smettere di camminare.

«Vero, ma purtroppo ora ci conosci e te lo scordi di tornare a casa a piedi da sola la notte. Anzi, già l'altra sera siamo stati un branco di idioti a lasciarti andare senza uno di noi. Ma eravamo un po' alticci e abbiamo riflettuto poco. Ci scusiamo per questo.» Andrew sembrava davvero dispiaciuto mentre mi porgeva le sue scuse, invece io continuavo a non capire dove fosse il problema.

Tornavo a casa a piedi da sola da una vita. Certo, dovevo stare attenta, ma non dovevano mica farne tutto questo gran dramma. Senza contare che quella sera si erano offerti, ma ero stata io a rifiutare. Mi dispiaceva però negargli questa cosa, sembravano davvero mortificati per quel fatto, tenevano addirittura lo sguardo basso come se se ne vergognassero, e se scortarmi fino a casa li faceva sentire in pace con se stessi, allora li avrei accontentati.

«E va bene, se vi fa sentire meglio fare i cavalieri impavidi con l'armatura lucente e i vostri destrieri, fate pure. Ma temo non ci saranno draghi da abbattere lungo il sentiero, forse qualche gatto randagio, ma preferirei che non gli faceste male, mi piacciono gli animali.» Risero tutti divertiti, tranne Mr simpatia che se ne stava in silenzio dietro di noi e si era acceso un'altra sigaretta nel frattempo.

A lui di certo le immagini intimidatorie e a dir poco inquietanti su quei pacchetti non sortivano l'effetto sperato. Il tizio che aveva realizzato quella campagna antifumo aveva fatto decisamente un buco nell'acqua con Luke.

Procedemmo per la salita che conduceva all'università, discendendola. Altri studenti intorno a noi, con gli zaini sulle spalle o le valige in mano, si preparavano per il rientro a casa.

«Tu ti fermi il fine settimana, Ollie? O ritorni a casa dai tuoi? O dal tuo fidanzato?» mi chiese Matt, posando i suoi occhi blu cobalto su di me e continuando ad incedere con le mani nelle tasche del suo bomber di pelle.

«No, io non torno quasi mai a casa, anche se alla fine potrei, in fondo sono solo poco più di due ore di treno. E per quanto riguarda il fidanzato, ringraziando il cielo non esiste!» sorrisi al pensiero che quel ragazzo fosse davvero incorreggibile.

«Allora domani unisciti a noi, se non hai di meglio da fare. Niente festa questa volta. Facciamo una cosa tranquilla solo noi e altri 3 amici. Ci vediamo un film, beviamo una birra e mangiamo della pizza. Ti piace la pizza, vero?» mi chiese dal lato opposto a quello di Matt, Andrew.

«È una domanda futile la tua. A chi non piace la pizza?!? Comunque ci penserò su, per ora non ho programmi, ma non ne sono del tutto sicura.»

Mi dispiaceva dirgli di no. Erano così gentili con me ma, visti i precedenti, preferivo restarmene a casa mia, anche se la scimmietta schizzata dello scorso fine settimana quel giorno sembrava ammaestrata e taciturna.

Mi voltai un attimo per guardalo da sopra le spalle, trovandolo sempre lì che continuava a camminare fumando e guardandosi intorno. Ma proprio in quel preciso istante distolse la sua attenzione dai passanti, intercettando il mio sguardo, come se si fosse accorto che lo stessi fissando e mi incenerì sul posto con un'occhiata intimidatoria. Un brivido mi percorse lungo tutta la spina dorsale, inducendomi a tornare a concentrarmi sulla strada che si apriva dinanzi a me, per la mia incolumità.

Tuttavia, Andrew, che aveva assistito alla scena, colse la palla al balzo. «Ehi, Luke, ma lo sai che la nostra Ollie sembra avere i tuoi stessi pessimi gusti musicali?»

«Chissà perché ne dubito fortemente» sentenziò l'uomo dalle mille parole.

«E sentiamo un po' perché mai dovresti dubitarne, se posso chiedere?» domandai senza voltarmi e con tono di voce leggermente infastidito da quel suo commento salace.

«Semplice, perché non ti ci vedo proprio a sentire il genere che ascolto io, signorina. Anche se almeno hai la decenza di sapere chi sono i System.»

Ah, eccolo lì, l'errore che commettevano in molti. Dato che non indossavo più borchie e catene si presupponeva che io ascoltassi solo canzoni d'amore o pop commerciale. Simpatico il tipo, proprio uno di quelli che adoravo calpestare con le mie Converse quando potevo per rimetterli al loro posto.

«Se intendi che tu non ascolti gli Avanged Sevenfold, i Radiohead, i Disturbed, i Lamb of God, i Trivium, i Children of Bodom, e potrei continuare all'infinito, allora hai ragione, non abbiamo gli stessi gusti.»

Mi volta leggermente per scrutare la sua reazione, trovandolo completamente fermo a fissarmi attonito.

"Prendi e porta a casa, dolcezza! Così impari a giudicarmi senza conoscermi."

«A quanto pare ha messo a cuccia anche te, Luke. Anche se, a dirla tutta, non conosco neppure un nome di quelli che ha detto e alcuni mi hanno fatto anche un po' paura.» Matt sembrò felice del mio contrattacco tanto quanto me.

«A quanto pare l'apparenza inganna» disse semplicemente il mio avversario, ricominciando a camminare con un sorriso sghembo in volto.

«Hai fatto centro, bello!» detto ciò, mi limitai a tornare a guardare davanti a me tutta soddisfatta per avergli tenuto testa finalmente, rendendomi conto però che eravamo già arrivati al portone di casa mia.

«Alt, ragazzi, sono arrivata! Grazie mille per la scorta.»

Iniziai a cercare le chiavi di casa all'interno della mia borsa; fortunatamente le tenevo in una tasca interna laterale altrimenti, come qualunque altra donna di questo mondo, ci avrei messo una vita prima di recuperarle.

«Va bene, cara, allora facci sapere se domani ti unisci a noi. Davvero ci farebbe molto piacere. Riesci ad addomesticare sia Matt che Luke, ti pagherei per farti venire da noi» mi spronò Andrew sorridendomi in modo affabile.

«Scriverò a Ry nel caso, tranquilli. E comunque ancora non aspiro a fare la domatrice di leoni nel tempo libero» asserii, facendo un cenno con il capo ai due indomabili.

«Ma quali leoni?!? Sono solo dei chiwawa un po' incattiviti» scherzò Andrew facendomi nuovamente ridere.

Non ridevo così tanto da non so più neppure io quanto tempo.

«Parla per te, amico! Io non sono di certo un cagnolino da portare a spasso in una borsetta! Ma mi hai visto?» obbiettò, Matt, facendo un gesto con la mano a indicare il suo corpo e la sua stazza.

Ok, dovevo decisamente andare. Stavo iniziando a piegarmi in due per le troppe risate.

«Va bene, allora ci penserò su. Buona serata ragazzi e buona cena!» li salutai sorridendogli e inserendo la chiave nella toppa per aprire il portone. Sentii le loro voci ricambiare il saluto, mentre richiudevo l'ingresso alle mie spalle e mi dirigevo verso l'ascensore.

Schiacciai il pulsante di chiamata e, mentre aspettavo, iniziai a riflettere sul loro invito.

Ero conscia di non volerci andare, ma dovevo anche restituire la felpa a Luke, che comunque era parso molto più docile rispetto a come me lo ricordavo. Quel ragazzo mi faceva saltare i nervi senza saperne neppure io il motivo, ma finalmente mi terrorizzava molto meno della prima volta che lo avevo visto.

In quel momento giunse l'ascensore, ridestandomi dai miei pensieri e, come sempre, avrei scoperto solo in futuro quanto in realtà mi stessi decisamente sbagliando sul suo conto. 

Avevo promesso a qualcuno di voi di aggiornare entro la fine delle feste ed eccoci qui! Volevo solo avvisarvi che questo capitolo ed il prossimo che andrò a pubblicare erano un capitolo solo inizialmente, ma essendo eccessivamente lungo il tutto e potendo creare problemi di lettura, soprattutto per chi legge dal telefono, ho preferito dividerli in due parti. Visto che i fatti sono correlati tra di loro, avvenendo nella medesima giornata, aggiornerò a brevissimo nei prossimi giorni. Spero come sempre che la storia vi stia divertendo ed iniziando ad appassionare. 

Buona lettura a tutti! :)


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