CAPITOLO 5 - NON SONO UN TOPO NINJA

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Era mezzanotte passata e mi trovavo nel mio letto con addosso il mio amato pigiama, un pacco di biscotti al cioccolato sul comodino e una puntata di Game of Thrones sul computer poggiato sulle mie gambe.

Nessuna serata avrebbe potuto essere più perfetta di quella: ero al caldo, comoda, con del cibo spazzatura e una delle mie serie tv preferite. Mi stavo rilassando finalmente un po'.

Dopo aver salutato i ragazzi ero rientrata in casa e avevo compilato i moduli online per il progetto Erasmus, poi chiacchierata veloce con Meg, che era impegnata con una ricerca per l'università, cena con le mie due coinquiline e infine sotto le coperte pronta a recuperare le puntate perse durante la settimana.

Una serata tranquilla e piacevole, finché non sentii bussare alla porta di casa. Misi in pausa il video e tesi l'orecchio per constatare se mi fossi immaginata quel suono. Ero da sola. Le mie due coinquiline, dopo cena, erano uscite con i rispettivi ragazzi e non sarebbero tornate almeno fino all'indomani mattina, se non direttamente la domenica sera.

Forse una delle due aveva dimenticato le chiavi ed era passata a riprenderle, anche se mi pareva molto strano, visto che prima di allora non era mai successo.

Sentii battere nuovamente contro il portone e una voce, che mi sembrò maschile, dire qualcosa, anche se non riuscii a coglierne le parole.

Spaventata, mi alzai dal letto. Uscii dalla mia stanza che si affacciava sul corridoio in cui vi erano anche le altre due camere, per dirigermi nella piccola cucina che si trovava sulla destra, proprio in fondo al corridoio. Presi, dal primo cassetto sulla sinistra, il mattarello che usavamo per stendere la pizza quando la facevamo in casa.

Il suono di quei colpi sui battenti dell'ingresso si fecero nuovamente avanti e questa volta riuscii anche a distinguere le parole che provenivano dall'altra parte.

«Ollie, aprimi!»

In quel momento fu come se la morte mi avesse chiamato e io, ovviamente, da perfetta idiota quale ero, con passo felpato e afferrando la mia nuova arma, mi diressi verso le braccia della grande mietitrice. Giunta davanti a quella lastra in legno che mi teneva lontana dal pericolo che si celava al di là di essa, guardai attraverso spioncino e vi giuro che tutto mi sarei aspettata tranne quello che mi si presentò dinanzi agli occhi: dall'altra parte vedevo la matassa dei capelli ricci di Luke.

Ok, forse era passato a riprendere la felpa, forse aveva un pessimo senso dell'orientamento e aveva sbagliato strada o, non so, forse... ma che andavo farneticando?!? Anche fosse passato per la felpa avrebbe potuto aspettare un orario decente o che gliela restituissi io stessa. E sul senso dell'orientamento neppure a prenderla in considerazione come scusante, quella era solo una trovata della mia mente malata.

Nonostante si fosse comportato da persona normale nel pomeriggio non mi fidavo assolutamente di lui, anche perché praticamente non lo conoscevo. Così, impugnando il mattarello come fosse una mazza da baseball e lasciando inserita la catena della porta, di modo da aprirla quel tanto che bastava per poterlo vedere meglio, procedetti all'operazione di apertura con mano tremante. Ed eccolo lì, oltre la soglia, che mi fissava con quei suoi occhi da pazzo e mi sorrideva beffardo.

«Era ora che aprissi! Cominciavo a temere che non fossi in casa» si limitò a dire, come se quella affermazione fosse anche solo lontanamente sufficiente a spiegare la sua presenza a casa mia a tarda notte.

«Che diamine ci fai qui a quest'ora? È mezzanotte e mezza!» esclamai. Ero spaventata, ma cercai di non darlo a vedere, mentre lui continuava a sorridermi come nulla fosse.

«C'è la polizia in giro. Hanno fermato diverse persone in piazza perché stavano vendendo dell'erba. Per sicurezza mi sono infilato nel tuo portone che era rimasto aperto, e ho pensato di salire da te. Non è che mi ospiteresti per 15 – 30 minuti? Giusto il tempo di far calmare le acque poi me ne vado» asserì con una tranquillità che mi spiazzò.

"Spacciatori? Erba? Nascondersi? Oddio, lo sapevo che questo è matto da legare!"

«Ma che sei scemo? E pretendi che ti nasconda a casa mia se ti cercano? Non rompermi e levati dal mio pianerottolo!» iniziai a richiudergli il portone in faccia per tramutare le mie parole in fatti, ma lui lo bloccò prontamente con una mano.

«Non cercano me, cretina! Mi sono nascosto per sicurezza, perché ne ho un po' con me e non volevo risultare sospetto, visto che andavo in giro in quella zona!»

"Cretina? Io? Ma che ho fatto di male in un'altra vita per trovarmi sempre in situazioni simili?"

«Fammi capire bene: hai dell'erba con te e quindi vuoi che ti tenga qui al sicuro finché la polizia non finisce di perquisire quelli che cercano davvero?» Lo vidi sorridermi tutto soddisfatto dal mio riassunto.

«Oh, vedi che finalmente ci capiamo. Dai, fammi entrare!» provò a fare un passo avanti ma lo fermai all'istante.

«Ma col cazzo! Tu sei suonato, bello mio, se pensi che ti faccia entrare con dell'erba in casa! Vai a casa tua e non rompermi, smamma!» sbraitai, fuori di me.

Lo so, una signorina non avrebbe dovuto parlare così, ma quello lì non ci sentiva proprio con le buone maniere, ergo dovevo usare un linguaggio a lui familiare.

«Dai, ti prego, Ollie! Non ho intenzione di fumare in casa tua. Ti prometto che me ne vado via subito. Però ti prego, fammi stare solo 15 minuti. Ti scongiuro!»

"Oh no, non mi guardare così! Come se fossi la tua unica ancora di salvezza."

Vedete, io avevo avuto da sempre un serio problema, o meglio, uno tra i tanti: soffrivo di manie di prestare soccorso alle persone in difficoltà. Voi ora starete pensando che sia una cosa bellissima, ma in certe circostanze, come questa, non lo era proprio per nulla. Ed infatti non mi ero mai e poi mai odiata così tanto come in quel preciso momento, perché sapevo che avrei ceduto.

Alzai gli occhi al cielo ed imprecai contro me stessa per essere una perfetta imbecille.

«D'accordo! Ma tra 15 minuti levi le tende, non un minuto di più, sia chiaro!» Il bastardo sorrise felice di averla avuta vinta, mentre io mi sarei voluta prendere a sberle da sola.

Richiusi la porta per togliere la catena e aprirgli. Quando spalancai l'uscio i suoi occhi percorsero il mio corpo in tutta la sua lunghezza, squadrandomi dalla testa ai piedi ridacchiando, poi il suo sguardo si fermò sulla mia mano destra, aggrottando le sopracciglia.

«È tua abitudine andare a dormire come un topo ninja con un mattarello in mano?» Ebbe anche la faccia tosta di chiedere il cretino.

«Per tua informazione questo è un gufo, quindi sarei un gufo ninja. E il mattarello lo riservo solo ai pazzi che si presentano a tarda notte sul pianerottolo di casa mia chiedendo asilo politico. Che dici, lo vuoi provare?»

Alzai la mia arma in segno di minaccia e misi su il cappuccio per dimostrargli che ero un gufo, non un dannatissimo roditore! Non so perché ma in quel momento mi parve importante chiarire la cosa.

Lui alzò le mani in segno di resa. «Tutto quello che vuoi tu, topino! Basta che rinfoderi l'arma!»

Chiusi la porta esasperata, facendogli cenno di seguirmi; con lui era inutile discutere!

«15 minuti, Luke, non uno di più! E se mi scocci giuro che lo assaggerai per davvero il mattarello e non sarà un'esperienza piacevole» lo minacciai, fulminandolo con lo sguardo per sottolineare le mie intenzioni.

«Come siamo aggressive questa sera. L'altra volta mi eri sembrata una tipa più docile!»

"Ora lo lancio fuori dalla finestra." Giuro mi stavo trattenendo a stento! Poi mi ricordai della sua parentela stretta con il mondo mammifero e lasciai perdere. Probabilmente sarebbe stato in grado di aggrapparsi anche al cornicione.

«L'altra sera non ero stata infastidita da uno stalker che mi interrompe mentre cerco di guardarmi una puntata per poi mettermi a dormire. Quindi, se permetti, sì, sono un filino nervosetta questa sera» detto ciò, spalancai la porta della mia camera, facendomi da parte e invitandolo a precedermi. Ma lui fece finta di nulla, continuando a sorridere tutto felice di averla avuta vinta.

«È fin troppo spoglia questa stanza, non trovi?» domandò una volta varcata la soglia e guardatosi attorno.

«Non ho chiesto il tuo parere da interior designer. La prossima volta, se vorrò, prenoterò una consulenza, grazie!» Lui, per la seconda volta, fece orecchie da mercante e, avvicinandosi alla scrivania, prese una delle due foto che mi ritraevano con Meghan.

«Bella! Qui ridi davvero, forse lei è una persona speciale.»

"Ma che diamine vuol dire questo? Ora fa anche il saccente enigmatico? Non mi conosce! Non sa chi sono né sa nulla sui miei sorrisi. Voglio che la smetta di dire cose che mi destabilizzano!"

«Ovvio, è la mia migliore amica, quella!» gli strappai di mano la cornice, portandomela al petto come per proteggere la cosa più cara che avessi. Mi fissò lungamente, rivolgendomi un sorriso nonostante io lo stessi praticamente spellando vivo con lo sguardo.

«Allora, che cosa stavi guardando di tanto interessante per averti reso così suscettibile?» Si diresse come nulla fosse verso il mio computer, mentre io riposizionavo la foto al suo posto e, accorgendomi di avere ancora il mattarello in mano, poggiai anche quello, ma sul comodino; preferivo averlo a portata, non si sapeva mai.

«Game of Thrones, l'ultima puntata della stagione» gli risposi sbrigativa, vedendolo accomodarsi, senza il mio permesso, sul letto e prendere il mio pc in mano.

«Ah, ma allora ti piacciono anche le serie tv giuste oltre alla musica!» commentò sagace.

«Hai visto?!? Sono una donna piena di sorprese!» replicai sprezzante.

Fantastico, avevo un'altra cosa in comune con il ragazzo dalla dubbia stabilità mentale.

Lo vidi alzare lo sguardo verso di me mentre mi stavo avvicinavo, pietrificandomi sul posto sotto quelle due ossidiane che sembravano tentare di scrutare qualcosa che neppure io riuscivo a scorgere in me.

«A quanto pare, sì.», si limitò a dire, facendomi ammutolire.

La mia pelle si tese in preda al panico, facendomi rimanere immobile davanti a lui come un gattino spaventato che aveva visto i fari di un'auto. Il suo modo di guardarmi, di osservarmi in silenzio, mi metteva in soggezione. Avevo avuto con lui dal primo momento la costante sensazione che cercasse di guardare troppo a fondo, o che stesse per fare qualcosa di totalmente assurdo ed imprevedibile, da indurmi quel costante timore nei suoi confronti.

Fortunatamente, quel silenzio imbarazzante in cui eravamo piombati, venne reciso da lui stesso. «Ancora non l'avevi vista? Non sai cosa ti sta per aspettare» rise sotto i baffi, lo stronzetto.

Io nel frattempo mi ero ripresa dalla mia momentanea paralisi motoria e mentale, che riusciva sempre a colpirmi quando quei suoi dannati occhi neri mi fissavano, prendendo posto al suo fianco e potergli così strappare il computer dalle mani.

«Niente spoiler, o giuro che ti faccio del male!» gli puntai un dito contro per fargli capire che non stavo scherzando.

"Se mi rovina la puntata è davvero un uomo morto, anzi, un primate morto. Altroché la polizia, avrà paura di me!"

Mi fece il gesto di cucirsi la bocca con le mani, accompagnandolo con una strizzata d'occhio per poi spronarmi a riavviare il video. «Dai, mi va di rivedermela, premi play. Ti garantisco che non aprirò bocca per tutto il tempo.»

«Tu tra 15 minuti sloggi da qui, quindi è inutile che ti metti comodo, mio caro.» Preferii rammentarglielo, vista la sua memoria a breve termine.

«Sì, sì, come vuoi tu, topino! Ora però godiamoci questa entusiasmante puntata. Non vedo l'ora di vedere la tua reazione!» mi esortò, prendendo uno dei miei due cuscini con la fodera bianca e un piccolo ricamo blu scuro sui bordi per posizionarlo dietro la schiena. Batté due colpi con la mano sul materasso, facendomi intendere di mettermi più vicino a lui, di modo che potesse vedere meglio.

Ormai rassegnata e stanca di discutere, presi posto accanto al mio stalker personale, tenendo sempre però le dovute distanze di sicurezza.

Il tempo passò e durante tutta la puntata vigette il silenzio più totale, tranne qualche piccolo commento qua e là che facemmo su alcune scene, fino ad arrivare alla parte finale e alla sigla di chiusura.

Io ero sconvolta. No, che dico sconvolta, avrei dovuto farmi vedere da uno psicologo bravo per riprendermi.

Senza neppure accorgermene afferrai la mano di Luke e, con voce tremante, gli chiesi: «Ti prego, dimmi che non sono morti davvero tutti! Non li ha uccisi veramente! C'è qualcosa che mi sono persa per cui ora tornano in vita come in Beautiful, giusto? Dimmi di sì, ti prego, dimmi di sì perché io non so se reggo un altro anno ad aspettare la prossima stagione!» lo guardai con occhi supplici, mentre le sue labbra si arricciarono in un sorriso sardonico per via di quella mia reazione melodrammatica.

«Mi dispiace, ma è tutto vero. Sono tutti morti! Si chiamano le nozze rosse per un motivo, mia cara.» E con quella frase distrusse il mio equilibrio mentale già precario.

«Ti supplico! Non puoi dirmi così! So che l'autore ne ha sempre ammazzati senza ritegno, ma questo è troppo! Ti giuro, se mi fa fuori pure il nanetto lo vado a cercare!» Luke rideva senza ritegno ormai per i miei vaneggiamenti, mentre io non riuscivo ancora a superare lo shock, fino a quando non mi resi conto di stargli ancora tenendo la mano. Notando che neppure lui sembrava averci fatto caso, decisi di toglierla e far finta di nulla.

«Ora mi aspetta la solita agonia di un anno di attesa» sbuffai esasperata al solo pensiero; ogni volta era sempre la stessa storia con le mie serie tv preferite.

«Oppure potremmo rivederci tutte le puntate dalla prima stagione.» Mi voltai di scatto nella sua direzione, guardandolo come se mi avesse appena indicato la via per il Santo Graal.

«Oh. Mio. Dio! Sììììì, facciamolo!» strepitai entusiasta.

A quanto pare il mio lato nerd aveva offuscato del tutto il motivo per cui lui si trovasse in camera mia, rendendolo un dettaglio del tutto trascurabile, perché fare una maratona di GOT per la mia mente era decisamente più importante.

«Ce le hai delle patatine o dei popcorn?»

«Solo patatine e ho dei biscotti con gocce di cioccolato!» Rischiavo di implodere per l'eccesso di euforia che mi aveva travolta, perché se univo una maratona di serie tv al cibo, allora potevo anche morire felice.

«Perfetto! Ti dispiace se fumo una sigaretta? Altrimenti esco fuori, nessun problema!» mi domandò, tirando fuori il pacchetto dalla tasca posteriore dei suoi jeans neri.

«No, fai pure, ma solo in camera mia. E apri la finestra mentre fumi, io intanto vado a prendere i viveri» risposi, uscendo dalla mia stanza per dirigermi in cucina a prendere il necessario tutta pimpante. Afferrai anche due lattine di birra dal frigo, prima di tornare sui miei passi.

Giunta a destinazione lo trovai che stava fumando vicino alla finestra con il volto rivolto verso il cielo e per metà illuminato dalle luci della città. Mi schiarii la gola per fargli capire che ero tornata.

«Ho portato due birre, se ti va» lo informai, lasciandogliene una sulla scrivania e portando l'altra con me sul letto.

Strappai la linguetta, producendo quel suo leggero fischio caratteristico e, portandomela alle labbra, ne presi un piccolo sorso. Con ancora il gusto di malto in bocca la poggiai sul comodino, per potermi dedicare all'apertura del pacchetto di patatine, affondandoci dentro la mano.

«Ehi, topino, molla l'osso! Lasciane qualcuna anche a me!» Spense in fretta la sigaretta in quello che credo fosse un posacenere tascabile rotondo, riponendolo nella tasca davanti dei pantaloni. Avanzò nella mia direzione, per riprendere la sua postazione e cercare di strapparmi la busta dalle mani.

«Non ci provare! La mia arma è a due passi, vuoi provarla sulla tua pelle, ragazzino?» lo minacciai senza remore; ero pronta a tutto pur di difendere il mio territorio ma, soprattutto, il mio pasto notturno.

«Ragazzino? Guarda che ho la stessa età di Ry, quindi sono più grande di te, piccoletta! E poi detto da una con addosso un pigiama da topo è tutto un dire sulla tua credibilità in quanto a maturità!» Sentii le guance scaldarsi, mentre lui mi fissava con un sorrisetto strafottente. Misi nuovamente su il cappuccio, ma questa volta per mascherare l'imbarazzo.

«Sono un cavolo di gufo! Vedi per caso una coda in giro? Non mi pare! E comunque questo pigiama è bellissimo, oltre che caldo, quindi me ne frego se non ti piace, stupida scimmietta!» ribattei stizzita da quel suo commento.

"Ma perché tutti ce l'hanno contro il mio pigiama? Hanno fondato un club privato contro i pigiami interi a forma di animale? Sai che c'è? Me ne compro un altro!"

Avevo già adocchiato da diverso tempo quello da gatto ed effettivamente quel modello aveva anche la coda. Avrei portato in alto il nome dei pigiami comodi antistupro, come li chiamava Meg.

«In realtà non ho detto che non mi piace anzi, tutt'altro!» Lo capivo perfettamente che stava continuando a prendermi in giro e la cosa sembrava anche divertirlo terribilmente, ma non gli avrei dato questa soddisfazione.

«Se hai finito di sfottere io direi di iniziare la nostra maratona. E ti consiglio di stare attento a quello che dici sul mio pigiama, oppure le patatine le vedi solo in sogno!»

Sgranò gli occhi a quella mia palese minaccia, facendo una faccia da finto uomo terrorizzato. «Ho capito, giuro che faccio il bravo! Ma dammene almeno una, ti prego!»

Ero soddisfatta di me. Con le giuste maniere si otteneva sempre tutto!

«D'accordo, però adesso silenzio che cominciamo!» sentenziai mettendo il pacco di patatine tra di noi e facendo partire la prima puntata.

Non restammo completamente in silenzio, ogni tanto commentavamo le scene o discutevamo del telefilm o di qualche film in generale che ci veniva in mente. Ci eravamo interrotti solo un paio di volte: io per andare in bagno e lui per fumarsi un'altra sigaretta alla finestra. Fu estremamente piacevole: parlavamo quando avevamo voglia, altrimenti restavamo in un semplice silenzio che trovavo confortante e, puntata dopo puntata, passò il tempo, fino a quando l'occhio non mi cadde sull'orologio digitale del computer.

«Accidenti Luke, sono le 5!» strepitai per la sorpresa.

«Be', la cosa non mi sorprende affatto. Questo è l'effetto GOT: ti risucchia letteralmente!» constatò limpido senza scomporsi minimamente e, con nonchalance, si alzò dal letto sgranchendosi le braccia in alto. In effetti anche io, mettendomi in piedi, mi sentii completamente intorpidita per le ore passate seduta sul letto.

Stavamo entrambi per uscire dalla stanza, quando mi accorsi della sua felpa appesa su di una delle ante bianche dell'armadio.

«Aspetta un attimo!» La tolsi dalla gruccia e gliela porsi. «Coraggio, mettitela che fuori fa freddo. Non so se te ne sei accorto, ma siamo a gennaio. Chi diamine va in giro a gennaio con solo una maglia a maniche lunghe?» lo redarguii, avendo notato che non aveva un cappotto nonostante la rigidità della stagione in cui ci trovavamo.

«Dovevo stare in giro per poco. E comunque non ho freddo! Non mi serve mettermela, mammina.»

Senza riflettere su quello che stavo facendo, aprii la zip davanti e afferrai il suo braccio per infilargliela io stessa. Luke strabuzzò gli occhi per quella mia iniziativa non richiesta ma, invece di opporre resistenza, si lasciò rivestire come un bambino piccolo con occhi curiosi.

«Ecco fatto!» dissi tutta soddisfatta una volta completata l'opera. Poi però mi resi conto di cosa avevo appena combinato, e mi sentii sprofondare.

"Signore, ma che problemi ho? Perché non rifletto mai sulle mie azioni? Ma certo, brava Ollie, mettiamoci anche a rivestire stalker sconosciuti che si presentano alla tua porta a tarda notte per scappare dalla polizia di modo che non si prendano un raffreddore. Cos'è, aspiri a diventare la prossima Madre Teresa?"

Volevo davvero scavarmi una fossa e nascondermici dentro, specie perché Luke continuava a fissarmi come incuriosito. Paradossalmente lo comprendevo poveretto: una tizia che conosceva solo vagamente si era messa a rivestirlo! Tra i due non si sa chi era più suonato.

Feci finta che nulla fosse successo, perché mi sembrò l'unica soluzione sensata, dirigendomi verso la porta d'ingresso a testa alta, mentre lui mi seguiva alle mie spalle in silenzio. Giunti a destinazione, mi sovvennero alcuni dettagli di quanto era accaduto dal suo arrivo, e che mi indussero a cercare una spiegazione a quei dubbi solo in quel preciso momento.

«Come sapevi che questo era il mio portone?»

"Grande, Ollie! E solo adesso ti viene in mente una cosa simile?"

«Il campanello» rispose lapidario. Non capendo inarcai un sopracciglio e lui, per farmi comprendere meglio, indicò il campanello all'esterno dove, attaccato con dello scotch adesivo, c'era un foglietto di carta con il mio nome e quello delle mie coinquiline.

"Ah bene, quindi ha controllato i campanelli di tutti i piani. Buon per lui che abito solo al secondo, altrimenti sai che sfacchinata!"

«Capito, stalking 2.0!» Ridacchiò a quella mia ennesima frecciatina.

«Grazie per l'ospitalità. Non so se ci vedremo domani perché non credo di esserci per la serata film» mi spiegò fermandosi sul pianerottolo.

«Tranquillo, neppure io sono convinta di venire. La mia sociopatia ogni tanto mi chiama e ho bisogno di tempo per stare per conto mio» risposi onestamente. Fu strano, perché in fin dei conti avrei potuto mentirgli, inventandomi una scusa qualsiasi, ma avevo la sensazione che se gli avessi detto la verità lui non avrebbe insistito e avrebbe addirittura capito.

Credo che una serata di serie tv possa legare fin troppo due persone.

«Ti capisco perfettamente...» Il suo volto si aprì in un sorriso talmente sincero che ne rimasi per un attimo spiazzata. «Allora ci si becca in giro, topino!» mi salutò, passandomi una mano sulla testa e scompigliandomi tutti i capelli neanche fossi una bambina di 5 anni, per poi voltarsi e iniziare ad avviarsi per le scale.

«Ci si vede, scimmietta!»

Ripercorrendo mentalmente gli eventi della serata, mentre udivo il suono dei suoi passi farsi sempre più distanti lungo le scale, mi venne da ridere: avevo ospitato in casa mia un fuggiasco, che avevo etichettato tra i malati di mente neppure una settimana prima e che nel tempo libero avevo scoperto avere anche delle manie da stalker. Scossi la testa esasperata ancora incredula per ciò che era avvenuto.

A quanto pare, quella che doveva farsi vedere da uno bravo ero decisamente io!

Lo avevo detto che il nuovo capitolo sarebbe arrivato in pochi giorni ed eccolo qui: il fantomatico capitolo del mattarello. Io quando lo scrissi mi divertii un mondo e spero che anche a voi sia piaciuto e di non aver deluso le vostre aspettative circa questa parte della storia di cui si accennava già nell'introduzione. Vi ringrazio come sempre per il tempo che dedicate alla lettura delle rocambolesche avventure di Ollie. La storia pian piano comincia ad avanzare, anche se siamo sempre e solo all'inizio, ma se iniziate ad avere qualche domanda in merito, o qualche appunto da farmi, io sono sempre qui per rispondervi. :)

AL PROSSIMO CAPITOLO E... W I PIGIAMONI!!!

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