CAPITOLO 38

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Lyra POV

Scendere dall'altura non era stato affatto semplice: il vento era contrario, non avevo più il mantello a ripararmi e le ferite alla testa e alla gamba mi avevano fatto perdere molto sangue, nonostante fossi riuscita a fasciarle.

Proseguii fino a valle zoppicando, ma quando la testa iniziò a girarmi e le gambe a cedermi, fui costretta a fermarmi.

Dovevo riunirmi con il resto del gruppo il più presto possibile: la notte stava calando, il freddo e la neve aumentavano, le energie diminuivano e il rischio di attacchi sarebbe stato più elevato. Dovevo quantomeno trovare un riparo. Il più comodo e tattico sarebbe stato un albero, ma le ferite mi impedivano movimenti simili, quindi dovetti accontentarmi dei cespugli e della boscaglia, nella speranza che nessuno mi potesse trovare.

Quella nottata fu un vero e proprio inferno, in cui il taglio sulla coscia non mi diede un attimo di tregua. Avrei voluto medicarlo, ma erano Rubyo e Gideon ad avere la sacca con tutto il necessario, quindi dovetti accontentarmi di risciacquare più volte la ferita con la neve.

Più il tempo passava, e più le mie pene aumentavano.

Non era la prima volta che mi ritrovavo sola, ma mai prima d'ora mi ero sentita così fragile e insicura delle mie scelte. Mi stavo abituando troppo alla loro presenza. Non potevo andare avanti così. Mi ero sforzata così tanto per diventare autonoma e indipendente, non potevo mollare proprio ora.

Spinta da questa mia nuova grinta, trovai le forze per alzarmi e continuare. Ma il viaggio fu più lungo di quanto mi aspettassi e passai due giorni e due notti senza né mangiare né dormire.

Quando l'alba del nuovo giorno si riflesse sull'immensa distesa d'acqua avanti ai miei occhi, provai un senso di pace e realizzazione. Eppure, nonostante mi trovassi ad un livello sopraelevato rispetto all'oceano, non riuscivo a scorgere né Rubyo, né Gideon, né la compagnia di Ferd.

Sono arrivata per prima?

Impossibile. Nonostante avessi camminato giorno e notte senza mai fermarmi, loro possedevano i cavalli, molto più robusti e rapidi.

Sono partiti senza di me?

No, no. Qualcosa doveva essere successo. Feci per incamminarmi verso il porto, ma qualcuno mi impedì di proseguire.

«Cosa abbiamo qui! »Un uomo, inaspettatamente, mi aveva preso per i capelli, tirandoli con forza verso di sé. «Questi tuoi capelli possono farmi ottenere una fortuna. »

Riuscii ad intravederlo mentre si leccava i baffi, per poi prendere qualcosa dalla tasca.

«Lasciami andare! »

Lo spinsi con un calcio, il che funzionò per un primo momento, ma subito dopo la mia gamba ferita subì il contraccolpo, andando fuori uso.

«Non so cosa una ragazza come te ci faccia qui, ma i tuoi bei giorni sono finiti. »Con un rapido gesto mi afferrò nuovamente i capelli e mi chiuse un pugno alla gola. «Ora sei una Reietta. »

Non appena capii il senso di quelle parole, sgranai gli occhi e presi a dimenarmi con tutta la forza che avevo in corpo, ma dopo uno strattone deciso, notai come mi avesse legato il collo con una catena, come fossi un animale di sua proprietà.

«Se continuerai a comportarti così dovrò insegnarti ad essere più obbediente, altrimenti nessuno vorrà comprarti. Adesso andiamo. »

Fui tentata di tirare fuori il pugnale e colpirlo, ma non potevo rischiare di perdere quell'arma, così mi arresi momentaneamente al suo volere e lo seguii come un animale al guinzaglio.

Ciò che più mi stupì però, è che bastò dare una mancia abbondante alle guardie imperiali di turno al porto per lasciarci passare. Sapevano perfettamente che quell'uomo aveva intenzione di vendermi, eppure non batterono ciglio. La cosa mi fece infuriare. Tutto l'intero Regno era corrotto.

Mi trascinò prima su una barca e poi giù in una stiva puzzolente dove, con orrore, trovai altre sette donne, di cui due, erano solo bambine. Prima di allontanarsi, l'uomo, che solo allora riuscii a vedere bene in volto, mi legò mani e piedi, limitandomi qualsiasi movimento.

«Dove siamo dirette? »Domandai alle donne non appena fummo sole, ma nessuna rispose, tutte troppo spaventate.

Erano tutte sporche, piene di lividi e graffi, e nessuna osava alzare lo sguardo da terra.

Sarei scappata da lì, anche a costo di gettarmi in mare aperto, e non sarei andata via da sola.

Iniziai a dimenarmi e a tirare le catene, finché dei lunghi rivoli di sangue non iniziarono a scorrermi lungo le braccia. Solo allora capii di non avere alternativa e, con la punta della daga, cercai di forzare la serratura. C'ero quasi riuscita, quando un rumore di passi mi obbligò a fermarmi.

«Ebbene sei tu, la nuova arrivata. »

Davanti a me era comparsa una donna alta e magra, con lunghi capelli neri raccolti, solo in parte, in sottili treccine, che le ricadevano sui fianchi scoperti. Solo allora notai che, nonostante il clima, avesse vestiti alquanto succinti, coperti solo da uno spesso mantello che le raggiungeva le caviglie. La cosa che più attirò la mia attenzione però, furono i suoi occhi, gialli come quelli delle civette, che di umano non avevano nulla.

«Dove ci state portando? »Dissi digrignando i denti.

«Al mercato nero di Chaot, sarà lì che vi venderemo. »

Quelle parole mi raggiunsero violente come un schiaffo. Dovevo andarmene al più presto.

«Capitano! Nave mercantile a prua! »Si sentì urlare dal ponte e la mia speranza aumento.

«Perfetto. Più bottino e Reietti. Inizierete a stare strette qua giù. »E se ne andò con una risata.

In quell'istante ripresi a forzare la serratura con il pugnale e, dopo un tonfo ferroso, le mie mani furono libere. Ripetei lo stesso passaggio per entrambe le caviglie, ma per il collo fu impossibile, visto che non riuscivo a vedere cosa stessi facendo. Quando fui finalmente libera, seppure con ancora un collare stretto alla gola, liberai le altre donne, che però non si mossero di un centimetro. Quando anche le ultime manette caddero, rivelando altri lividi, la nave venne scossa da un potente colpo sul fianco.

«Attaccate! »Si sentì dal ponte prima che si scatenassero le urla.

Era la mia occasione. Ignorai la pulsazione della ferita e presi a correre sul ponte, dove le due navi erano impegnate in un combattimento all'ultimo sangue. 

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