CAPITOLO 45

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La traversata durò una settimana e il tempo sembrava non passare mai, mentre l'aria sulla nave si faceva sempre più pesante.

Da quando era morto Ferd la compagnia era disorganizzata e spesso non riusciva a prendere una decisione. Era in questi casi che interveniva Dominic che, per quanto piccolo e innocente sembrasse, possedeva già l'intelligenza e le capacità di un uomo adulto.

Dopo la morte del padre mi aspettavo, presto o tardi, un crollo da parte sua, ma questo non arrivò mai. Forse era stato merito delle parole di Gideon, o forse era semplicemente la sua indole, ma visto il recente trascorso con il Kelpie, tendevo a virare più sul secondo.

Nonostante lo sforzo non riuscivo a credere che Gideon fosse capace di mostrare sensibilità umana. L'ultima volta che ci eravamo parlati era stata dopo il bacio. Il solo ricordo delle sue labbra sulle mie mi rese iraconda. Era con quella stessa bocca che, non solo si era preso gioco di me per tutto quel tempo, aveva anche divorato chissà quanti uomini.

Una morsa mi strinse lo stomaco.

Ripensai a come, per un momento, dentro di me aveva iniziato a crescere il dubbio che forse quel bacio, sotto sotto, non mi fosse dispiaciuto più di tanto. Mi sentii una stupida.

«È ora.»

Rubyo mi poggiò una mano sulla spalla, riportandomi alla realtà e facendomi poi segno di seguirlo. Con Rubyo in testa così, scesi dalla nave, felice di ritrovarmi nel frastuono di una città che mi avrebbe tenuta lontano dai miei pensieri.

Solo quando entrambi i miei piedi si poggiarono sulla terra ferma, riuscii a distendere un po' i nervi.

Finalmente eravamo a Wessar.

«È stato un piacere. »Rubyo strinse la mano a tutti gli uomini della compagnia, e io feci altrettanto, ma quando fu il turno di Dominic mi pianse il cuore e non riuscii a trattenermi.

«Vorrei incontrare tua madre.» Dissi io, destando l'attenzione di Rubyo ancora intento a salutare. «Per ringraziarvi a dovere.»

«Non devi sentirti in obbligo solo per mio padre.» Disse il bambino, inespressivo.

Scossi la testa. «Consideralo un modo per viaggiare leggero.» Proposi. «Ti aiuteremo noi a portare le merci.» Sembrò pensarci un attimo, poi accettò.

Iniziammo ad incamminarci nell'interno della città portuale, attiva e caotica, dove molte persone entravano e uscivano da casette e negozi in mattoni, muovendosi a passi rapidi sulle strade in pietrisco e ghiaia, aiutando il vento a trasportare un sottile strato di polvere in aggiunta all'aspra brezza marina e all'odore di pane appena sfornato.

Lentamente, uno ad uno, tutti gli uomini presero strade diverse, finché non rimanemmo soli con Dominic. Dopo altri pochi minuti di camminata raggiungemmo una casetta a due piani con un bel giardino fiorito.

Come un falco sempre in allerta una donna ci venne incontro con un ampio sorriso, ancora prima che potessimo raggiungere il cancelletto d'ingresso.

«Bambino mio!» Con un caldo abbraccio la donna avvolse Dominic, piegandosi in due.

Quella scena dai tratti così materni, eppure così estranei, mi fece tornare alla memoria quei lontani ricordi d'infanzia, avvolgendomi nella nostalgia, ma obbligandomi in un sorriso.

Quest'ultimo però, scomparve non appena la donna si rilasciò dall'abbraccio.

«Dov'è Ferd?» Disse improvvisamente più cupa, guardandosi intorno.

Mi morsi il labbro inferiore, cercando di mantenere la voce stabile. Rubyo, notando il mio stato, fece per parlare, ma lo fermai. «Mi dispiace.» Dissi con sguardo sommesso, non trovando il coraggio di guardare la donna in volto.

«È morto cercando di salvarmi. È colpa mia e me ne assumo totale responsabilità.»

Quando trovai la forza di alzare gli occhi, ciò che vidi mi lasciò allibita.

Un ampio sorriso in contrasto con due occhi pieni di lacrime caratterizzavano il volto della donna, creando un espressione carica di tristezza, comprensione, affetto, riconoscimento, umiltà e gratitudine, privo di astio, rimorso e rancore. Tutto mi sarei aspettata, meno che quello.

«Vi prego, entrate e raccontatemi.» Disse infine.

Mi accorsi della silenziosa presenza di Gideon solo nel momento in cui varcai la soglia di casa e mi maledissi non appena realizzai il mio sollievo nel saperlo ancora al mio fianco.

La donna ci fece accomodare in un modesto, ma ben curato, soggiorno, chiedendo al figlio di portarci qualcosa. Rifiutare fu inutile e così lasciai inevitabilmente che il mio senso di colpa crescesse.

Solo allora riuscii veramente ad osservare quella donna, a notare le leggere rughe di un viso un tempo privo di preoccupazioni, i chiari occhi stanchi di chi aveva passato notti insonni, i lunghi capelli raccolti in una morbida treccia canuta, le dita fragili ma callose di chi aveva lavorato a lungo e il vestito semplice, seppur decoroso. Mentre parlavamo vidi il suo viso decorarsi con una moltitudine di espressioni differenti, ma mai comparse nei suoi occhi un'emozione malvagia.

«Dovete perdonarmi.» Disse infine, stupendo tutti. «Per quanto abbiamo cercato di educare bene nostro figlio, io Ferd non siamo riusciti a insegnargli le emozioni.»

Aggrottai le sopracciglia, non riuscendo nascondere il mio stupore.

«Vedete, non è proprio nostro figlio.» Disse avvolgendo con il braccio il bambino, seduto al suo fianco. «Lo abbiamo adottato. Abbiamo sempre voluto averne uno, senza mai riuscirci e quando Ferd ha trovato Dominic su una nave di mercenari ha colto l'occasione.»

Quella confessione mi lasciò destabilizzata.

«Era un Reietto?» Chiesi cauta, cercando di contenere il mio stupore.

La donna scosse la testa.

«No, no. Lui era solo un bambino... speciale.»

Trovò la parola giusta, guardando Gideon dritto negli occhi. Mi girai nella sua direzione, incontrando anche lo sguardo di Rubyo, altrettanto sorpreso.

«È un essere del Regno dell'Altro Sole?» Dissi capendo l'antifona.

Sia il Kelpie che la donna annuirono.

«E quando pensavi di dirmelo?» Chiesi accigliata, rivolta a Gideon, cercando di non alterare troppo il mio tono di voce, seppur lasciando passare il disappunto.

«Non ho avuto l'occasione.» Rispose lui, sarcastico, alzando un sopracciglio.

«Che peccato!» Intervenne Rubyo.

«Dovete andare molto d'accordo voi tre.» Disse la donna, lasciandosi sfuggire una leggera risata.

«... già.»Tornai a guardarla, imbarazzata per quella scenata.

«Mi fa piacere sapere che gli esseri dell'Altro Sole vadano ancora d'accordo con gli umani. C'è speranza.»

I suoi occhi incontrarono nuovamente quelli di Gideon, ma lo sguardo sembrava rivolto a dei pensieri lontani.

«Come ha capito che Gideon non era umano?» Domandai sempre più curiosa.

«Ho preso un essere del Regno dell'Altro Sole come figlio. So riconoscerne uno quando lo vedo.» Sorrise teneramente. «Vieni qua caro... » Fece cenno a Gideon con la mano di avvicinarsi. «... voglio vederti più da vicino.»

Gideon inizialmente si irrigidì, poi mi guardò come per ottenere il mio consenso, ma lo ignorai. Non ne aveva mai avuto bisogno, perché richiederlo ora. Infine si convinse e si andò a sedere accanto la donna che, lentamente, gli accarezzò la guancia.

«Sei così buffo.» Esordì infine la donna, facendo lacrimare Rubyo per le troppe risate.

Gideon, destabilizzato, raddrizzò la schiena, allontanandosi di qualche centimetro.

«Non avevo mai visto un Kelpie da così vicino.»

Come faceva a sapere che Gideon fosse un Kelpie?

Ma evidentemente dovetti lasciar trasparire troppo il mio stupore, poiché la donna continuò: «Dei capelli così candidi ed una carnagione così pallida non possono che appartenere ad un Kelpie.»

Gideon, non amante di essere definito pallido, si schiarì la voce impacciato. Finalmente aveva trovato pane per i suoi denti. Non riuscii a trattenere un ghigno.

«Sembri tanto duro, ma in realtà sei un coccolone.» Concluse la donna.

«Eh già. Vorrei che anche gli altri lo capissero.»

Gideon ci lanciò un'occhiata di sbieco, facendo scattare in piedi Rubyo, rosso in volto dalla rabbia. Io lo trattenni, ma capivo perfettamente il suo stato d'animo.

Quel bacio non era di certo stata una semplice coccola.

«Da quanto tempo la mia casa non era così vivace!» La donna sembrava sempre più allegra. «Vi prego, restate un altro po'.»

E rifiutare, fu nuovamente inutile.

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