CAPITOLO 53

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I miei passi echeggiavano in una nuova ala della villa e, a parte quel rumore, il resto era puro silenzio. Perfino nella mia testa, sempre piena di informazioni, era calato un silenzio assordante.

«È arrivata.» Disse uno degli uomini di Degorio, di guardia alla porta chiusa avanti a noi.

A quelle parole, questa si aprii, lasciando intravedere un enorme letto, coperto da lenzuola in raso scuro.

«Accomodati.»

La figura di Degorio comparve davanti ai miei occhi, facendomi segno di entrare. Era in veste da notte e l'accappatoio accavallato in vita gli lasciava scoperta la parte centrale del torace.

Nel momento in cui entrai nella camera, le porte si chiusero alle nostre spalle.

«Non essere così rigida, ti prego. Accomodati pure.»

Mi indicò il letto con il braccio. Feci come mi era stato detto, ma mi assicurai di sedermi alla punta del materasso.

«Sai devo ammetterlo, quei tuoi capelli mi hanno davvero colpito, fin dal primo istante.»

Deglutii, ancora nervosa, ma mi costrinsi di trovare il coraggio per guardarlo negli occhi.

«Se proprio ci tieni a farlo, allora sii rapido. Voglio solo liberare Rubyo.» Dissi esasperata.

Mi alzai con uno scatto dal letto, sciogliendomi il nodo nel mantello e lasciandolo ricadere ai miei piedi. Feci lo stesso con la cintura che reggeva le armi e iniziai a disfare anche il nodo della veste. Ma una mano mi fermò.

«Non funziona così.» Mi disse Degorio, ottenendo in risposta un mio sguardo accigliato.

Con una spinta lieve, mi lasciò ricadere sul materasso, seguendo a ruota il mio corpo.

«Sei così diversa da tutte le altre persone con cui sono stato... »

Allungò una mano, accarezzandomi prima la guancia e poi il collo.

Strizzai gli occhi e strinsi il pugno, cercando di non pensarci, mentre giravo il volto di lato. Proprio in quel momento però, mi strinse il mento tra le dita, obbligandomi a guardarlo. Sentii le sue labbra poggiarsi sulle mie, voraci.

Sgranai gli occhi.

«Non istigarmi.» Disse Degorio irritato, con voce roca, tamponandosi il sangue dal labbro che gli avevo morso.

Pensavo che quella mia mossa lo avrebbe scoraggiato ma invece, come una bestia che va a caccia, sembrava ancora più determinato. Il mio disgusto aumentava sempre di più, mentre ogni parte di me veniva assalita dalle sue labbra: la mascella, il collo, la clavicola e la spalla.

In un attimo mi ritrovai girata a pancia in giù, con le mani bloccate dietro la schiena, mentre le sue labbra proseguivano attraversando tutta la colonna vertebrale, sempre più scoperta dal tessuto.

Trovai la forza di reagire solo quando un suo dito fu sul punto di sfiorare il marchio.

Colpii la tempia di Degorio con una tallonata, togliendomelo da dosso. Approfittai di quella sua distrazione per liberarmi le mani dalla sua presa e reagire. Mi rigirai supina, in completo controllo della situazione e lo tenni fermo sotto al peso del mio corpo.

«Questa posizione mi è nuova.» Disse lui, compiaciuto.

«Va' all'inferno.»

Sfoderai il coltello che avevo tenuto nella giarrettiera e glielo puntai alla gola. I suoi occhi però, erano pieni di lussuria e una perversa estasi.

«Fallo e non troverai mai la pietra che cerchi.»

Mi aggrottai, perplessa.

«Credi davvero che dopo aver scoperto il tuo interesse per quell'opale lo abbia lasciato così esposto?»

«Allora se non vuoi morire ti conviene dirmi dov'è.»

«Mi dispiace, ma io so giocare a questo gioco meglio di te. Uccidimi pure, così non solo non avrai più la gemma, ma non rivedrai neppure nessuno dei tuoi compagni.»

Quel commento mi prese alla sprovvista e allentai involontariamente la presa, abbastanza da permettergli di liberare il polso e forzare il mio collo vicino al suo.

Mi baciò nuovamente, con un'avidità tale da non permettermi neppure di respirare. Cercai di sottrarmi a quella presa, ma sembrava di ferro.

Non resistetti più.

Gli infilai la lama del pugnale nel fianco, obbligandolo a lasciare la presa per il dolore.

«Bastarda.» Digrignò lui i denti.

Feci per scappare ma mi prese per i capelli, facendomi sbattere la testa contro la spalliera del letto. Gli tirai il braccio, mordendolo, e quando finalmente fui libera, iniziai a correre per il porticato interno, cercando di ritrovare la strada per la sala delle teche.

Aprii porte dopo porte, fortunatamente senza incontrare alcuna guardia, poiché quelle poche ancora vive, controllavano Rubyo e Gideon.

«Gideon!» Urlai a squarciagola e, pochi attimi dopo, prima un tonfo e poi un rapido galoppare di zoccoli, mi indicarono la posizione verso la quale correre.

Senza mai smettere di correre, mi aggrappai alla criniera di Gideon e gli saltai in groppa, indirizzata nuovamente alla sala delle teche.

Poco prima di raggiungerla, Rubyo ne uscì da solo, stringendo in mano la sua spada. Smontai da cavallo e gli corsi in contro, stringendolo.

«Stai bene?» Mi chiese.

Annuii.

«Sei sporca di sangue! Sei ferita?»

Sul vestito, all'altezza del mio bacino, si espandeva una grande macchia di sangue, che prima non avevo avuto modo di notare.

Scossi la testa, ma lo sguardo di Rubyo si rabbuiò maggiormente.

«Allora quel bastardo- lui-»

«No, no! Non è successo niente. L'ho pugnalato.»

Lo sguardo di Rubyo si svuotò da ogni pesantezza, mentre il suo sospiro sollevato uscì tutto d'un fiato, rivelando poi un dolce sorriso.

«Questa si che è la mia Lyra!»

Mi prese per i fianchi, sollevandomi in aria e stringendomi felice.

«Adesso andiamo.» Dissi.

«Non se ne parla! Non me ne andrò di qui finché non lo avrò ucciso.» Si oppose lui.

Il mio cuore, che neanche per un attimo aveva smesso di pulsare rapido, aumentò la sua velocità, per quanto ancora gli fosse possibile.

«Sta arrivando con le guardie!» Mi avvisò Gideon.

«Per favore! Adesso scappiamo!»

«Ma non ci capiterà mai più un'occasione simile! Non sei stanca di fuggire?»

«Rubyo! Ti prego!»

Lo presi per le spalle, cercando di smuoverlo.

«Ti ho già detto di non pregare nessuno. Farò come vuoi, mia Principessa.» Mi bisbigliò all'orecchio le ultime parole e, proprio quando credevo che nulla sarebbe più stato in grado di stupirmi, con un movimento inaspettato, ma carico di emozioni, Rubyo si inginocchiò ai miei piedi, stringendomi una mano.

Quella scena, che tanto mi ricordò il suo giuramento la notte in cui scappammo da palazzo, mi lasciò senza parole.

«Adesso andiamo!» Gideon ci strappò dalla nostra bolla di ricordi.

Con una rincorsa saltammo entrambi sul suo garrese ma, la nostra unica via di fuga, fu preso sbarrata dalle guardie e Degorio.

«Tieniti!»

Sentii e, l'attimo dopo, stavamo volando sopra le loro teste.

Con un colpo secco toccammo nuovamente terra qualche metro più in là e riprendemmo il nostro galoppo sfrenato, lontano da quel palazzo. 

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