CAPITOLO 57

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Con un colpo di fortuna riuscii ad afferrare Rubyo, che stava venendo trasportato dalla corrente.

Ci afferrammo gli avambracci, cercando di rimanere uniti, ma la nostra forza era inesistente paragonata a quella del torrente, per non parlare dell'handicap che le nostre ferite ci procuravano.

Inevitabilmente finimmo sul fondale più e più volte, ma riuscendo sempre a ritornare in superficie, collaborando e senza mai separarci.

«Lasciami!» Urlò Rubyo con il mento sollevato per sfuggire all'acqua. «O ti trascinerò sul fondo.»

«Lo sai che-» L'acqua mi coprì la testa per qualche istante, obbligandomi a tacere. «-sono più brava di te a nuotare!» Strinsi maggiormente la presa attorno al suo braccio e, prima che l'acqua potesse inghiottirlo per pochi attimi, lo vidi ridacchiare.

Anche in questa situazione? Non avevo parole, ma lo trovai rassicurante.

Ma non c'era più tempo da perdere. Dovevamo trovare un modo per uscirne. O forse no.

Mi guardai attorno e non c'era modo di tirarci fuori dal torrente, l'unica alternativa era resistere finché non saremmo stati trasportati in un punto dove la corrente sarebbe stata più debole. Ma con la nostra attuale forza, non avremmo resistito per molto, quindi dovevamo trovare il modo di affrettare le cose.

«Ti fidi di me?» Domandai.

«Ciecamente.» Fu la risposta.

«Allora quando te lo dico, vai sott'acqua e nuota con tutte le tue forze. Ma non lasciare la presa!»

Rubyo annuii e l'ansia iniziò a divorarmi il petto. Se il mio piano si fosse rivelato sbagliato, saremmo sicuramente morti entrambi.

Presi un gran respiro e mi tuffai sott'acqua, seguita da Rubyo. Senza mai lasciarci, avanzavamo agitando io le gambe e lui le braccia, facendoci così strada, aiutati dalla corrente, ora favorevole.

Ma improvvisamente qualcosa mi fece ghiacciare il sangue nelle vene. La presa sul mio braccio era completamente inesistente e la velocità era diminuita notevolmente.

Non mi ci volle molto a capire che Rubyo avesse perso i sensi. Lo tirai a me, stringendolo con entrambe le braccia e ignorando la fitta alla spalla destra, senza mai smettere di muovere le gambe, neanche quando un crampo mi avvolse la caviglia. Contemporaneamente, iniziò a mancarmi l'aria e la presa attorno Rubyo si allentò.

Ma non potevo rischiare di perderlo. A nessun costo.

Emergere in superficie in quelle condizioni e con quella corrente era impossibile. Dovevo solo resistere, solo un altro poco.

E proprio mentre speravo, mi accorsi che ora il fondale era più basso e la corrente più debole.

Mi sollevai, reggendomi sulle gambe. Riemersi con una profonda e rumorosa boccata d'aria.

Ce l'avevamo fatta.

Ma non avevo tempo per crogiolarmi nella gioia, dovevo far rinsavire Rubyo.

Trascinai il suo corpo fuori dall'acqua, poggiandolo sull'erba della sponda, e mi piegai su di esso.

Non respirava.

Sgranai gli occhi e iniziai a premergli il petto, ma anche ciò non sembrava funzionare. Ad ogni spinta corrispondeva una fitta alla spalla e presto mi feci sovrastare dal timore che non sarei stata in grado di rianimarlo.

«Rubyo!»

Ma ignorai il dolore e continuai a spingere, mentre le mie lacrime si mischiavano alle gocce d'acqua. Iniziavo davvero a temere che potesse essere morto.

«Svegliati!»

Singhiozzante gli sollevai il mento e tappai il naso.

Tentai di rianimarlo, provando a farlo respirare, ma niente sembrava funzionare.

Lo sconforto prese il sopravvento, facendomi annegare nei sensi di colpa. Era morto e io lo avevo ucciso.

«Non puoi abbandonarmi!»

Unii i palmi, stringendoli in un pugno e, con una mossa carica di disperazione, gli sferrai un colpo dritto in petto.

«Me l'hai giurato!»

In quell'istante un colpo di tosse scosse il corpo di Rubyo, immobilizzandomi. Pochi istanti dopo la sua testa era piegata su un lato, a sputare dell'acqua. Le braccia mi caddero lungo i fianchi e, come a seguirle, il mio busto si accasciò al suolo.

Risi e piansi contemporaneamente.

«Lyra!»

Mi ritrovai il volto preoccupato di Rubyo sopra al mio.

«Va tutto bene... ?» Chiese cambiando espressione, dopo aver visto le mie emozioni contrastanti.

Non gli risposi, ma mi limitai ad avvolgergli il collo e tirarlo verso di me, abbracciandolo.

«Mi hai spaventata a morte!»

Gli strinsi i capelli all'inizio della nuca, cercando di fermare i singhiozzi.

«Scusa.» Disse lui, ma io scossi la testa.

«Sapevo che l'acqua non fosse il tuo forte, ma ho deciso comunque di buttarmi nel torrente.»

Rubyo si allontanò da me per potermi guardare negli occhi, rimanendo pur sempre nella mia stretta.

«Era la scelta migliore e sai che non devi mai dubitare. Se siamo vivi è solo merito tuo.» Mi rassicurò con un sorriso, ma un'improvvisa fitta mi impedì di ricambiare.

«Dove sei stata colpita? Fammi vedere!»

Con un movimento tutt'altro che piacevole, mi rigirai su me stessa, mostrando a Rubyo la schiena.

«Farà male... » Disse Rubyo.

«Fa già male!»

«È andata in profondità, e senza il resto della freccia sarà difficile estrarre solo la punta.»

«Tu non sei messo meglio.» Dissi indicando degli stecchini spezzati che gli fuoriuscivano dal polpaccio e dal fianco.

«Lascia perdere me adesso! Ci pensiamo dopo. Dammi il pugnale.»

Estrassi l'arma dal fodero e gliela porsi.

«Stringimi la mano.» Mi aggrottai.

«Fallo e basta. So sopportare il dolore!»

Poco dopo sentii la lama scavarmi nella ferita e con un gesto automatico strinsi la mano di Rubyo.

«Fatto.» Disse Rubyo dopo un tempo che mi sembrò infinitamente lungo.

«Ho cercato di essere il più veloce e delicato possibile, ma rimarrà il segno.»

Improvvisamente mi rattristai.

«Oramai non mi importa più. Ne ho troppi. Che Principessa insulsa che sono, con cicatrici da combattimento, frustate e un marchio dei Reietti.» Liberai una secca risata amara.

Vidi il pugno di Rubyo serrarsi nell'erba.

«Mi dispiace.» Mi girai di scatto verso di lui. «Avrei dovuto averle io tutte quelle cicatrici. Se solo fossi stato una guardia migliore ora tu... »

Aveva lo sguardo basso e vacuo.

«Non è quello che intendevo! Non è colpa tua!»

«Non direttamente.»

«Non puoi sentirti responsabile per tutto. In particolare delle frustate. Non eri ancora la mia guardia!»

«Ma io ero lì. Mentre Markus ti frustava ero lì. E non ho fatto niente per fermarlo.»

«Non potevi! Era il tuo padrone!»

«Non l'ho mai considerato tale e quel giorno che ti ha messo le mani addosso io- io... volevo ucciderlo. E poi uccidere me stesso per avergli lasciato fare una cosa simile.»

Mi scioccai a quell'affermazione, e non perché volesse uccidere mio fratello, quello non era mai stato un segreto, ma perché volesse uccidere anche sé stesso, perché, per lui, quelle cicatrici erano più dolorose che per me.

Rimasi a fissarlo, incapace di altro. Il ciuffo bagnato, le sopracciglia aggrottate, gli occhi iracondi, il naso arricciato, le labbra serrate. E ancora le spalle ampie, il busto rigido, i muscoli flessi, i pugni chiusi.

«Se ti fossi ucciso...» Iniziai. «... non sarei mai dove sono ora. Markus mi avrebbe presa prima. Ogni cicatrice, ogni ferita, è brutta si, ma indica il fatto che io abbia lottato, senza arrendermi mai. Perché è questo ciò che tu mi hai insegnato.» Rubyo mi guardò, senza parlare. «Ma ora occupiamoci delle tue, di ferite.»

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