CAPITOLO 6

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Dopo tre giorni e due notti di viaggio, raggiungemmo la città nella quale avevamo deciso di vivere un volta lasciato il palazzo reale.

«Una pr- ragazza come te...» Iniziò Gideon, correggendosi. «... Abita a Kohl?»

«Sono pur sempre una ladra.» Risposi enfatizzando l'ultima parola, mentre smontavo da cavallo.

«Ah, ho capito. Vivere nell'isola più malfamata di questo Regno, dove disgrazia e povertà fanno da padrone, serve per rafforzare la tua immagine.»

Non aggiunsi altro perché, se pure a malincuore, sapevo che quello che Gideon stava dicendo era la verità.

«Sbrighiamoci, meno stiamo per strada, meglio è. Attento alla tua preziosa catena, Kelpie.» Disse Rubyo facendo strada.

«Sono commosso. Ti stai forse preoccupando per me, principino?» Chiese Gideon con sarcasmo indesiderato.

«Non ti illudere. Non ho intenzione di correre per tutta la città a recuperare la tua catena, quindi tienila ben stretta.»

Camminammo su strade dissestate, tra macerie di case parzialmente crollate e assi di legno marcite per la pioggia, tra una fastidiosa polvere che si attaccava alla pelle e gas miasmatici, mentre la gente ci osservava da ogni direzione, chi con la coda dell'occhio, chi sfacciatamente e chi in lontananza, credendo di non essere visto.

«Non avremmo dovuto portarlo con noi.» Bisbigliò Rubyo al mio fianco.

«Non avevamo altra scelta e in ogni caso è stata colpa mia.» Risposi ignorando il suo bisbigliare.

«Non l'hai fatto apposta a stringere il contratto.» Continuò lui a voce sottile.

«Ma è successo e me ne prendo la responsabilità.»

A quelle parole Rubyo non aggiunse altro, ma si limitò a sospirare.

Voltammo in uno stretto vicolo e iniziammo ad arrampicarci sulle pareti delle case, aiutandoci con le crepe nei muri delle abitazioni. Rubyo salì per primo e io lasciai che Gideon lo seguisse a ruota. Quando arrivò il mio turno però, una fitta lancinante mi bloccò con i piedi per terra.

«Perdi colpi?» Chiese Gideon dal tetto della casa.

Ignorai il suo irritante commento e cominciai a scalare la parete, mentre il dolore si faceva sempre più insistente. Raggiunta la prima tegola Rubyo mi tirò su, ma in quel momento una scossa di dolore così acuta mi immobilizzò del tutto.

«La ferita...» Ansimai distesa supina sul tetto. «... credo si sia-» Un verso di dolore mi interruppe.

«Kelpie!» Scattò Rubyo. «Serve un pezzo di stoffa pulita per tamponare.»

Gideon lo guardò perplesso.

«Ok. Quindi?»

«Muoviti!» Lo spronò Rubyo con un rapido gesto della mano.

«Lascia perdere.» Dissi io, alzandomi con una smorfia di dolore incisa in volto. «Siamo quasi arrivati, posso farcela.»

«Ma-» Cercò di opporsi Rubyo.

«Andiamo.»

Feci strada rapida, sforzandomi di ignorare il dolore. Troppi minuti dopo, raggiungemmo un edificio in pietra, più isolato dal resto delle abitazioni: si trattava dello scheletro portante di una torre di avvistamento che mio padre aveva iniziato a far costruire, senza poi terminare. Attraverso quella che sarebbe dovuta essere la tromba delle scale, avevamo costruito un sistema di salita, con una corda a più nodi.

Prima di salire notai il breve sguardo apprensivo di Rubyo, che ricambiai, con un altro, nella speranza di rassicurarlo.

Mi feci forza con le braccia, cercando di limitare al minimo i movimenti addominali, ma durante l'arrampicata mi fu praticamente impossibile. Dovetti fermarmi più volte per riprendere fiato, ma ogni volta ripartire era sempre più difficile.

Avevamo già superato i primi tre piani, ma ce ne erano ancora altri due ad aspettarci. Rubyo era già arrivato e, con sguardo vigile, controllava la situazione dall'alto. Gideon, sopra di me, invece, si stava ancora arrampicando, ma procedeva con una facilità destabilizzante.

Ora mancava solo un ultimo piano, ma stavo iniziando a sudare freddo, il che diminuiva il mio appiglio sulla corda, e la vista perdeva spesso la sua focalizzazione. Allungai nuovamente la mano, ma questa volta la corda mi scivolò via dal palmo e con lei, anch'io.

Iniziai a cadere nel vuoto senza emettere neanche un suono, ma Rubyo, che era sempre stato ad osservare, urlò il mio nome.

In quello stesso momento vidi l'intero corpo di Gideon, ancora appeso alla corda, girarsi verso il mio.

Un fratto di secondo dopo, lo vidi gettarsi nella tromba delle scale, tendendo tutto il suo corpo verso il mio. Si avvicinava ad una velocità impressionante, allungando la mano nel tentativo di afferrarmi. Le nostre dita si sfiorarono per un breve attimo, ma in quel momento una scarica elettrica azzurra lo respinse.

«Annulla l'ordine!» Urlò Gideon, mentre i suoi occhi spalancati, ora dorati, gridavano la sua paura.

«Io-»

Ma non feci in tempo a finire la frase che Gideon mi prese per il polso e mi tirò a sé, rilasciando altre scariche elettriche, mentre mi chiudeva tra le sue braccia nel tentativo di ammortizzare il colpo.

Esanime, mi lasciai avvolgere.

Chiusi gli occhi, preparandomi all'impatto.

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