VI. Il Tesoro Spagnolo: Inganno

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La sera era ormai sopraggiunta, scandendo il termine del vespro. Ai colori caldi e tenui che fino a pochi attimi prima dipingevano il cielo con le loro carezzevoli pennellate via via si stavano intercambiando quelli cupi, freddi che preannunciavano la notte. La temperatura era ancora umida, e le zanzare continuavano imperterrite a infastidire i corsari che scaricavano le ultime casse dal ponte di una corvetta isolata, nella zona ovest del porto di Nassau, vicino alla grande scogliera che fungeva da barriera visiva naturale.

Henry Jennings osservava con cupidigia e un accenno di soddisfazione i due ultimi uomini del suo equipaggio trasportare alcune casse cariche di tabacco dall'imbarcazione di modeste dimensioni, distaccata in quel momento dalle altre che aveva depredato e portato sull'isola pochi giorni prima.

Gli era stato concesso da Charles Vane di tenersi parte del bottino per sé, così aveva ormeggiato una di quelle navi francesi in un luogo poco frequentato per scaricare in tutta pace in un magazzino vicino a una delle locande secondarie di Nassau, che personalmente preferiva alla Steady Dock per l'atmosfera più rustica e la minore presenza di damerini in cerca di fortuna, e a cui intendeva recarsi subito dopo per spassarsela un po' con alcuni della ciurma. O magari cercare la compagnia di qualche donzella disponibile.

"Forza, muovetevi con quelle ultime casse, che ho voglia di andare a bere un po'." ghignò, col suo tono esuberante, la mano poggiata sull'ascia saldamente riposta nel fodero pendente dalla cintura in cuoio. I capelli biondi erano scuriti dalla notte che conferiva loro una tonalità prossima al ceruleo, più spenta.

"Ora che il capitano Vane ha ottenuto navi in più per la sua spedizione, possiamo goderci un po' di riposo dopo le settimane passate al setaccio in mare. Ho proprio voglia di scopare." affermò uno dei due scaricatori.

"Pensi solo a quello, tu, eh?" lo schernì l'altro.

"Coraggio, uomini, una volta finito qua potrete farvi tutti i boccali e le puttane che vorrete. Portate la cassa nel magazzino qui dietro e ci leveremo 'sta rottura dalle palle." li incitò Henry.

Ma i passi di quattro stivali in avvicinamento dalla discesa ripida e rocciosa sulla quale i tre affacciavano accese un improvviso campanello d'allarme in lui. Si voltò all'istante in quella direzione, alla sua destra, per notare due figure in ombra osservarli dal basso, armati di pistola e stiletto.

Alle loro spalle ce n'era una terza incappucciata sotto un mantello beige, misteriosa, di cui si intravedevano solamente delle lunghe ciocche di capelli lisci spuntare dal copricapo.
Jennings fu colto da uno strano disagio. Non aveva nemmeno udito i suoi passi avvicinarsi, solo quelli degli altri due. Lo valutò subito come pericoloso e quasi con un riflesso spontaneo poggiò il palmo sul manico della sua ascia.

"Chi siete? Abbiamo da fare qua e non facciamo regali ai lazzaroni." esordì, la voce dura e tratteggiata da un'espansiva ironia, come di consueto.

"Siamo uomini di Benjamin Hornigold. Vorremmo proporvi un affare." l'uomo incappucciato dietro tutti parlò, senza muovere nemmeno un passo. La sua voce trasmise una sensazione familiare in Jennings, un pericolo sinistro, una melliflua calma imposta, come quella di una serpe immobile nell'erba un attimo prima di addentare la sua preda in uno scatto secco.

Era sicuro di aver già sentito quel lugubre suono.

"Un affare, eh? Avete un bel paio di palle a venire dagli uomini di Vane di questi tempi, ve lo concedo. Sentiamo, allora." concesse Jennings, titubante.

"Semplice." le labbra dell'uomo sotto al cappuccio si incresparono in un tetro sorriso che aveva del malsano. "Rinunciate alle corvette e in cambio potrete tenervi la vostra vita."

Sia Jennings che i suoi due uomini irrigidirono i muscoli. Erano soli, il resto della ciurma si trovava già alla taverna al di sotto dell'altura dietro cui sorgeva il magazzino, e tra loro e i nemici c'era parità numerica. Avrebbero dovuto con ogni probabilità battersi in uno scontro imprevedibile tre contro tre nel pieno della notte. E quell'uomo ammantato, pensò il capitano, era ambiguo e tetro come pochi al mondo.

Perché diavolo Hornigold avrebbe voluto esporsi in quel modo, poi? A che scopo appropriarsi semplicemente delle navi saccheggiate, scatenando in quel modo un polverone inutile? Era troppo anche per opporsi alla spedizione di Vane, e soprattutto poco accorto per uno come lui. Doveva esserci qualcosa dietro, lo stravagante quanto minaccioso individuo che li schermava non lo convinceva per niente.

E allo stesso tempo, era così dannatamente familiare.

A ogni modo, non c'era molto che potesse fare a parte difendersi in quel momento. Una volta salvaguardata la sua vita, avrebbe potuto fare luce su quella faccenda.

Henry Jennings allungò un sorriso esaltato, felice di poter maneggiare di nuovo la sua ascia. "Che richiesta autoritaria. Sfortunatamente, non sembra che voi cazzoni sappiate con chi avete a che fare." estrasse in un lampo la sua arma bipenne e nel movimento ad arco che compì tranciò all'istante di netto la testa dal collo di uno degli invasori, guadagnando la superiorità numerica. Aveva impresso una forza mastodontica nel braccio vigoroso. "Venite a spezzarvi le ossa se avete i coglioni!" urlò, le vene ingrossate sulla fronte per la frenesia che lo assalì rapida, come fosse ubriaco, ebbro di violenza e sangue.

I suoi uomini lo imitarono, sguainando spade e pistole, galvanizzati dalla sua euforia.

Spari e lame che cozzavano seguirono in una tempestosa mischia, ma Jennings aveva già anticipato ogni movimento, roteando la sua poderosa arma dal collo sanguinante della prima vittima, la quale andò a conficcarsi dritta nel petto dell'altro stupefatto corsaro nemico, da cui fuoriuscì un fiotto di sangue caldo, lasciando così solo il guerriero misterioso dal volto coperto come avversario.

Nel chiasso che si era venuto a creare, però, quest'ultimo aveva sparato due colpi con delle pistole a pietra focaia estratte come saette da sotto le vesti chiare, e le teste dei compagni di Jennings si erano ritrovate con due piccoli buchi in fronte. La precisione e velocità erano state tali da impedire loro persino di pensare, lo stesso Jennings rimase sgomento per una frazione di secondo a causa di quell'abilità. Ma il tentennamento non si protrasse oltre.

Ormai il biondo era già in corsa verso il nemico, scoperto per le pistole che ancora maneggiava e gli impedivano di difendersi. Non sarebbe riuscito a bloccare il fendente d'ascia in tempo. Era suo, la distanza tra loro si stava azzerando. Avrebbe vinto.

Jennings menò il colpo verso il collo del nemico. Ma sgranò gli occhi quando l'altro schivò con facilità, piegandosi sulle ginocchia.

In quel momento, avvertì un'improvvisa fitta lancinante tormentargli il fianco destro. Solo allora lo notò: il pugnale insanguinato di almeno venti centimetri piantato nella sua carne.

Incredulo, l'uomo si accasciò sulle ginocchia, sentendo tutta l'adrenalina scorrere via dalle vene, dalla pelle, dalla linfa vitale che sgorgava senza sosta all'esterno del suo fianco.

"Ti sarai chiesto come ho fatto a schivare con così tanta facilità..." sibilò l'uomo sopra di lui. Ora i suoi occhi di fuoco divampavano come stelle sotto al cappuccio, spalancati in maniera a dir poco surreale. Le ciocche verdi erano simili a foglie di un salice piangente. Il suo ghigno folle metteva i brividi.

Fu allora che Henry Jennings lo riconobbe. "T-tu..."

"La verità è che sei stato lento semplicemente perché i tuoi movimenti erano infiacchiti dal mio pugnale. Non ti sei accorto che l'ho lanciato mentre spaccavi la cassa toracica al mio sottoposto, eh? Dovresti stare più attento a ciò che ti circonda invece di urlare come un bruto ignorante, Jennings." continuò l'altro.

"Cosa cazzo vuoi?! È-è ovvio che non lavori per Hornigold, proprio tu..."

"Nulla di particolare, diciamo solo che ho certi interessi che non hai bisogno di conoscere. Ora, se non ti spiace, userò la polvere da sparo del tuo carico per distruggere la corvetta..." il guerriero dallo sguardo fiammeggiante sorpassò il pirata armato d'ascia, il quale si afflosciò sempre più al suolo, diretto alla modesta imbarcazione ormeggiata accanto alla scogliera, battuta dalle lievi onde che si infrangevano sulla barriera di rocce nere. "Questo piccolo incidente non potrà di certo essere ignorato... non vedo l'ora che si scateni l'inferno!" cantilenò, voltandosi indietro di novanta gradi per un attimo.

Il suo ghigno crudele illuminava la notte stessa di accecante malizia.

I passi felpati di Flicker lasciavano impronte sul litorale sabbioso della spiaggia, accompagnati da quelli ancor più leggeri del suo capitano, che in quel momento lo affiancava con la solita aria mesta.
Poco avanti rispetto a loro, un uomo dal viso lentigginoso li attendeva, sotto una gabbia penzolante da un grosso palo di legno piantato nella superficie soffice, una delle prigioni giamaicane destinate a chi si macchiava di crimini imperdonabili persino tra i pirati.

Di certo era un singolare luogo d'incontro, pensò Danny, fissando con un po' di soggezione le sbarre in ferro soprastanti a loro. Alle spalle dell'uomo con cui Lavy si era data appuntamento, invece, una capanna fatiscente in pietra e paglia impediva la vista del confine tra la zona sabbiosa e le prime rustiche abitazioni della cittadina vera e propria, che si susseguivano oltre una piazzola dal pavimento di pietrisco.

"Lavy, sei sicura che andrà tutto bene?" Flicker le pose quella domanda almeno per la quinta volta da quando si erano incamminati verso il posto prestabilito, oscurati dalla sera.
Tutto intorno era quieto, solamente l'infrangersi delle basse onde sulla battigia laceravano il silenzio con un'infinita e placida melodia.

"Tu rimani calmo, al resto ci penso io." ribatté la ragazza, scostandosi una ciocca ribelle che si era posata sul suo piccolo naso.

La verità, però, era che a Flicker tutta quella faccenda puzzava e non poco. Come mai tutt'a un tratto Lavy voleva parlare con un uomo di Benjamin Hornigold? Non aveva accettato di partecipare al saccheggio del famigerato galeone? Per il momento si era rifiutata di rivelargli il motivo.
Dentro di sé però si chiese se le sue decisioni non fossero troppo affrettate.

L'espressione sul viso della donna, tuttavia, era rilassata e inflessibile come sempre. Anzi, stavolta su di essa riusciva a leggere una determinazione, un ardore che gli giungevano nuovi, qualcosa in grado di suscitargli pericolo. Somigliava al volto di un predatore affamato. Non sapeva a cosa ciò fosse dovuto, ma decise di fidarsi ancora di lei.

"Sei arrivata, capitano." li accolse l'individuo butterato, a braccia larghe. "Ma oltre al tuo uomo, non vedo né Anne, né Jack."

Flicker sobbalzò internamente al suono di quei nomi. Perché Lavy avrebbe dovuto portarli lì, di notte, da un membro della ciurma di Hornigold?

"Sono proprio qui dietro, idiota."

La voce femminile giunta dalla capanna marcescente alle spalle dell'uomo lo costrinse a voltarsi di scatto, in un moto d'allarme improvviso.

"Cosa... perché tu sei apparsa da lì?!" schiamazzò.

La ragazza che aveva fatto capolino dalla capanna lo scrutò con occhi serrati, minacciosi come quelli di una vipera. Le lingue fiammeggianti opacizzate dall'alone notturno che componevano la sua chioma le piovevano lungo tutto il corpo e ne nascondevano parte del viso.

"Ivan." Lavy quasi sputò il suo nome. "Ora avrai ciò che ti meriti."

Quest'ultimo posò d'istinto una mano sulla sua lama, arretrando di qualche passo. Dietro di lui, però, c'era Anne Bonny. Lo sguardo scolpito sul bersaglio senza abbandonarlo un attimo, le dita avvolte attorno al pugnale nella cintola in segno di avvertimento.

"Che significa tutto questo? Mi hai ingannato?" sbraitò Ivan. "Ti avevo promesso ricchezza immediata! Cos'hai che non va?"

"Ricchezza immediata? Ma non farmi ridere. Col cazzo che tu lavori per Hornigold." rispose con sprezzo Lavy. "Credevi che non ti avrei riconosciuto? Ricordo il volto di tutti i presenti, quella notte. Ognuno di voi bastardi senza palle è marchiato nella mia mente. Tu eri sulla nave di Boyd Lafonte." il nome del pirata che l'aveva privata della sua innocenza fu quasi ringhiato dalla guerriera, i suoi denti scricchiolarono e i suoi muscoli iniziarono a tendersi con ira pura. Lo sguardo stesso di Lavy era una promessa di morte. "Ora, decidi per mano di chi vuoi essere sgozzato come il lurido maiale che sei. E non provare a scappare lateralmente. Odierei spararti alle spalle e finirla subito, ma non esiterò a farlo."

Flicker fissò Lavy con stupore. "È riuscita a orchestrare tutto questo insieme a Anne Bonny in poche ore... è incredibile." rifletté. "Ma cosa intende con 'quella notte sulla nave di Lafonte'?"

Ivan restò interdetto, gli occhi iniettati di sangue che guizzavano in tutte le direzioni, ragionando sul da farsi in quella situazione così inaspettatamente volta a suo svantaggio. Non avrebbe mai creduto che quella ragazza si ricordasse i volti di coloro che quella volta, sulla fregata di Lafonte, avevano brutalmente abusato di lei.

Non si sarebbe mai aspettato che l'avrebbe riconosciuto, era certo di riuscire a usarla per il suo tornaconto, grazie alle direttive del contatto che l'aveva pagato.

A quanto pareva, Lavy Thomson aveva imparato a nuotare tra gli squali.

"Devo fuggire, ma non so in che direzione andare... sarà anche diventata più furba, ma quella troietta resta meno esperta di Anne Bonny, attaccherò lei e quel damerino che la accompagna di sorpresa e fuggirò da quella direzione." al contrario di quanto aveva pensato, però, non appena ebbe mosso un solo passo in direzione dei due, si bloccò di scatto. Preda di un terrore incontenibile che trasudava da ogni poro della sua pelle.

L'ombra che vide negli occhi spiritati di Lavy, la sete di morte che aleggiava sulla sua sagoma occultata dall'oscurità, la calma premonitrice di sangue nel suo sguardo, lo terrorizzarono nel profondo. Ciò che vide in lei non era neppure umano.

Era un demone, che divorava persino la paura.

"A-al diavolo!" gridò, voltandosi e caricando Anne dal lato opposto, la sciabola sguainata per tentare di soverchiarla con la forza bruta.

Lei si limitò a divaricare le gambe e attenderlo, posando le mani sul pugnale e il sottile stiletto che pendevano dal cinturino, mentre Lavy e Flicker rimanevano in silenzio, alla scena.

Non appena la distanza che separava Ivan e Anne fu azzerata, l'uomo cercò di imporre il proprio fisico su di lei tramite un tondo a due mani da sinistra verso destra.

Ma tranciò solo alcune sporadiche ciocche rosse.

Anne si era calata sulle gambe quasi in spaccata, con agilità estrema.
Gli conficcò il pugnale nei pressi del malleolo, facendolo urlare di dolore e piegare sulle ginocchia. Allora, la corsara tornò con un rapido balzò in piedi e nello scatto in alto piantò lo stiletto nel suo mento. La lama attraversò tutta la faccia del pirata dall'interno, fino a uscire dall'estremità superiore del cranio.

Dopo uno rantolo sommesso, Ivan stramazzò al suolo, privo di vita.

"Feccia." sussurrò la rossa, il profilo del viso celato dalle ciocche crespe.

"Flicker, quest'uomo apparteneva alla ciurma di Boyd Lafonte. Un capitano con cui ho un conto in sospeso." Lavy si rivolse al compagno, rimasto attonito dalla prova di forza di Anne. "Aveva provato ad assoldarmi per uccidere uno tra Jack e Anne, sotto apparente ordine di Benjamin Hornigold. Mi dispiace se non ti ho messo al corrente del mio piano, ma se si vuole ingannare il nemico, a volte bisogna confondere anche i propri amici. Spero riuscirai a perdonarmi." gli sorrise con quel calore così diverso dall'ira radicata che aveva mostrato appena pochi secondi prima. Il suo era un viso buono, con una saltuaria ingenuità che quando usciva allo scoperto per qualche motivo rattristava l'animo di Danny.

"Non è un uomo di Boyd." la corresse d'un tratto Anne. Si avvicinò con la sua andatura felpata fino a raggiungerli.

"In che senso? L'ho visto coi miei occhi insieme a lui, sulla sua nave." insistette Lavy, corrucciata.

"Ivan Trader non era un membro della sua ciurma. Faceva il mercenario a cottimo, prestando i suoi servizi a seconda di chi lo pagava. È probabile che anche stavolta sia andata così."

"Quindi, Hornigold l'ha pagato davvero?" chiese Danny, scettico riguardo a quella possibilità. Non lo conosceva, ma non gli sembrava il tipo da mosse così spregiudicate e poco accorte come servirsi di una piratessa emergente per sfoltire l'equipaggio di un rivale.

"Non credo sia stato lui." Anne pareva pensarla come Danny riguardo la faccenda. "Hornigold non è un coglione, non farebbe una mossa tanto stupida, attirando l'ira di Vane. Secondo me qualcuno ha usato il suo nome per distanziarci dalla vera mente. Credo che ci sia qualcos'altro sotto, una trama che ancora ci sfugge." il tono cantilenante e suadente della guerriera si inasprì al fiutare di una potenziale minaccia per l'equilibrio di Nassau.

"Se non si tratta di Hornigold, allora chi? E soprattutto, perché?" si domandò ad alta voce Lavy, i capelli scombinati dal vento insistente che cominciava a soffiare da nord.

"Non so chi, ma posso immaginare lo scopo dietro tutto questo." affermò con gravità Anne. Le sue iridi di smeraldo brillarono, insidiose, nella notte. "Qualcuno sta cercando di mettere Benjamin Hornigold contro il capitano Vane."

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