XVII. L'invasore: Ned Low

Màu nền
Font chữ
Font size
Chiều cao dòng

I gemiti e i versi agonizzanti echeggiavano lungo il ponte della goletta galleggiante sulle tenui onde dell'oceano.

Il fruscio impercettibile dell'acqua a contatto con il legno dello scafo rimandava a una quiete totale che mal si sposava con lo scenario intorno all'uomo in piedi sull'imbarcazione. Anzi, rendeva solo più nitido il senso di disperazione che soggiornava nel cuore delle sue vittime.

Il colore nero della bandiera issata sull'albero di maestra faceva da contorno a un rosso scheletro di sangue, su di essa dipinto. L'immagine stessa della furia e il sadismo appartenente al pirata che la sventolava, terrorizzando i mari.

I capelli lunghi e verdi gli discendevano fin sotto alla base del collo, precedendo una schiena atletica e possente. Nella sua mano risiedeva un coltellaccio macchiato di sangue, con cui aveva rubato grida di dolore agli uomini in divisa inginocchiati lungo tutto il perimetro della zona. Ma non c'era nessuno, nel raggio di iarde e iarde, e poterli udire.

La goletta portoghese aveva avuto la sfortuna di incappare nel peggiore degli incubi a occhi aperti, da cui nessuno del suo equipaggio quasi di certo si sarebbe mai più destato.

Lo testimoniava il ghigno privo di qualsiasi traccia di compassione sul volto di quel pirata, allargato dalle macchie rosse ai margini delle labbra. Lo confermavano i suoi occhi di una cromatura ancora più densa, prossima al fuoco più divampante. Ma non purificavano, le sue fiamme. Bensì, conducevano verso una corruzione eterna, trascinavano giù, dove la speranza scemava sempre più finché non rimaneva altro che supplicare di morire.

E così stavano facendo, molti dei suoi bersagli. Se anche avesse compreso la loro lingua, Ned Low non avrebbe ascoltato.

Gli uomini inginocchiati e mutilati in diverse parti del corpo, alcuni già più morti che vivi, non avevano scampo.

Ned Low si abbassò all'altezza del loro capitano, anch'egli in ginocchio davanti alla sua cabina al di sotto del ponte di poppa.

I tratti del marine erano marcati, e la corporatura esile. La sua nave era di ritorno da una traversata verso le Indie Occidentali, per rientrare in patria con un carico di tabacco e orzo riempire la stiva. Aveva ceduto in fretta, dopo le prima dita mozzate, ma il pirata non si era accontentato.

In seguito alla perdita di un orecchio e dell'alluce destro, il poveraccio si era deciso a mugugnare qualcos'altro in portoghese, che un uomo di Low dalle origini spagnole aveva tentato di tradurre, incespicante.

"Quindi, ricapitoliamo, compare. Nella tua cabina dovrebbe esserci un certo tesoretto, no? Così ha capito il mio amico, qui, Perez. E noi crediamo a Perez, no? Perez sa che non deve dire cazzate, a differenza tua." Lo sguardo di Low si sarebbe potuto definire demoniaco, accompagnato dall'orrenda malizia del suo sorriso.

"E tu, dopo che sono stato così buono da non strapparti la bocca per la tua poca loquacità, continui a omettere il motivo per cui questo tesoretto non è lì. Cosa devo fare con te?" Allargò le braccia con fare teatrale, raddrizzandosi in tutta la maestosità che il fisico tonico trasudava, gli addominali che sbucavano dalla blusa verde bottiglia sbottonata.

"R-rogo-te, misericòrdia!"

"E non farmi misericòdia, così mi spezzerai il cuore!" esclamò Low, imitando il tono supplicante dell'uomo e procurando nei suoi sottoposti una risata generale.

Poi, avvicinò il volto a quello del portoghese così tanto da sfiorarlo. "Voglio solo sapere dove sta il bottino, amico mio. Donde està el dinero, o come cazzo dite voialtri. Ma forse sto perdendo tempo. Forse..." si alzò di nuovo e squadrò gli uomini legati e sofferenti nel circondario con un sorriso così ampio da raggiungere quasi le sue orecchie. "Dovrei chiedere direttamente a ognuno di voi!"

Il terrore dilagò.

Tra le urla e le suppliche che si levarono con il vento, un uomo riuscì a esclamare ciò che Low stava chiedendo.

"Cabina! Capitano gettato soldi in mare! Fuori da finestra!"

Il suo urlo disperato fu l'unica cosa che raggiunse le orecchie dell'infame corsaro, il quale assunse un'espressione trionfante, arrivando persino ad avvicinarsi al marine, basso e corpulento, e baciarlo a stampo sulle labbra.

"Merci!" esclamò, mostrando i canini aguzzi, noncurante dell'aria sorpresa dell'altro al gesto e alla parola di certo non portoghese da lui pronunciata.

Confuso, l'altro continuò a parlare, aggiungendo qualcosa nel suo idioma. Low fissò Perez al suo fianco come a intimargli di tradurre.

L'ispanico dai ricci capelli cespugliosi color nocciola e un paio di scuri occhialini tondi comprese il messaggio, sebbene alcune parole gli sfuggirono per la fretta che induceva il marine a parlare veloce.

"Dice che il capitano aveva appeso una borsa con undicimila moidori fuori dalla finestra della sua cabina, e che durante l'inseguimento l'ha gettata in mare." mediò. "Chiede anche di risparmiarlo." Quell'ultima parte fu accompagnata da un tono di scherno e una mezza risata soffocata.

Il viso di Low si indurì per un attimo. Poi, coltello alla mano, si approcciò al capitano.

I suoi occhi erano due spirali di sangue che promettevano morte e recavano dentro di essi il terrore più puro.

"Bene, vedi che bello quando si usa la bocca? Serve a parlare, sai? Ma forse a te non serve, visto che non dici nulla. Mi sa che ti taglierò le labbra, prima di ucciderti. Magari te le abbrustolisco un po' davanti agli occhi, che dici?" Guardò fisso ancora per un po' l'uomo, giusto il tempo che serviva a fargli capire il fato avverso che lo attendeva.

"Che facciamo con gli altri, capitano?" chiese Perez.

"Uccideteli, che domande. Non c'è spazio per i deboli a bordo della Fancy." E, mentre l'alone della paura si espandeva come una pestilenza nei cuori di tutti i condannati sulla nave, il cuore di Low iniziò a fremere di gioia per lo spettacolo in arrivo.

La pietà, la compassione, la comprensione: quelle erano tutte cose che portavano alla rovina. Un uomo che odia sarebbe sempre rimasto un pericolo. Anche se risparmiato, la vendetta avrebbe albergato nel suo cuore, celata al resto del mondo. Andava ucciso.

Un pirata non aveva altro che nemici. Persone che lo odiavano, e quindi persone da uccidere. Da schiacciare senza rimorso. Questo ne definiva il potere.

Come quei due capitani che gli avevano dato filo da torcere, prima di partire per la spedizione al galeone naufragato. Avrebbero presto scoperto che stavano trasportando un ricco tesoro dritto verso il forte che lui aveva usurpato, in loro assenza.

"Non vedo l'ora di tornare a Nassau." affermò Ned Low, una malsana smorfia a rendere il suo volto lo specchio della frenesia. "Spero proprio che siano già tornati, quei due: ho voglia di divertirmi con dei nemici veri. Sto arrivando... capitano Vane, capitano Sabers."

Lavy continuava ad ansimare.

Il fiatone le impediva di esprimersi, e l'ansia che le scavava tra le budella le trasmetteva un pulsante senso di disagio, un disgusto che trovava origine nelle sue azioni impulsive di pochi minuti prima.

Non appena il corpo esanime e decapitato dell'uomo che aveva attentato alla sua vita era caduto con un tonfo sul pavimento della locanda, spruzzando sangue dall'arteria tranciata e spargendo una densa pozzanghera rossa, la ragazza era stata portata via in fretta e furia dai tre compagni: Flicker, Nick e Kidd.

L'avevano condotta verso la spiaggia, dove la Susan era ormeggiata, per aiutarla a calmarsi.

Nessuno le aveva dato la caccia per le sue azioni, tantomeno ci sarebbe stato qualcuno interessato a farlo: a Nassau la guardia cittadina era pressoché inesistente, e le poche che giravano per le zone più urbanizzate dell'isola erano praticamente prive di potere, essendo il governatore stesso di New Providence corrotto e in segreto affiliato con i pirati della zona.

Parte dei tesori razziati dalle ciurme e depositati nel forte erano consegnati a lui come tangente, in cambio delle sue dichiarazioni false sui libri contabili, e del trasporto illegale di merci al suo interno tramite il denaro fantasma che erano i bottini.

Il problema principale in quel momento era lo stato d'animo di Lavy, ancora scossa nel profondo, senza che nessuno dei tre accompagnatori capisse il perché.

Sia Flicker che Nick l'avevano già vista uccidere, anche con esecuzioni brutali, durante la loro ultima avventura. Per questo erano straniti e non poco da quella sua reazione, dalle palpebre sgranate e la fronte imperlata di sudore freddo del loro capitano. Il guerriero dalla chioma bianca pensò a come Lavy l'avesse ucciso all'istante subito dopo averlo guardato in volto.

Era più di semplice rabbia per il fatto che avesse tentato di assassinarla. Quello nei suoi occhi era odio puro, radicato e incontrollato.

Per questo adesso Lavy, sotto i raggi d'oro del sole che sgusciavano tra i fili azzurri che le scivolavano lungo le guance e il collo sudaticcio, era in stato di shock. Quel sentimento così forte, così primitivo che aveva innescato il suo atto sanguinoso aveva sorpreso anche lei, portandola a dubitare del suo autocontrollo. E questa era una cosa che la impauriva non poco.

Col passare dei secondi, grazie alle carezze leggere che Nick aveva continuato a darle sulla schiena mentre lei espelleva ogni traccia di quel malessere che era stato in grado di offuscarle l'animo e la ragione, Lavy riuscì a calmarsi. Prese dei profondi respiri, e scostò delle ciocche dietro un orecchio, mostrando al ragazzo un rapido sguardo rassicurante.

"Si può sapere cos'è stato?" alla fine fu Kidd a dar voce ai dubbi dei tre. La decapitazione di quell'uomo era riuscita a scombussolare persino il suo stoico umore.

"Quell'uomo..." Lavy riuscì a parlare, esitante. Ma non sapeva quanto rivelare sulle ragioni del suo gesto.

Era stato istintivo, sì, ma in fondo l'aveva anche fatta sentire bene. Perché sapeva verso chi era rivolto, cosa le aveva fatto la vittima per meritarsi quella fine. Non si sentiva in colpa. Non era tanto scossa dalla violenza di cui era stata capace, quanto dal velo fosco che le aveva annebbiato la vista non appena aveva riconosciuto l'assalitore.

"Quell'uomo era nell'equipaggio di Boyd Lafonte. Ho un conto in sospeso con lui." decise di ripiegare su una versione censurata della verità.

Fossero stati presenti solo Nick e Flicker, forse avrebbe raccontato loro ogni cosa. Ormai sentiva di potersi fidare dei due. Ma non dell'altra persona che li accompagnava. Non aveva intenzione di aprirsi con qualcuno che di fatto per lei era sconosciuto.

Quando ebbe udito il nome di Lafonte, Flicker fu folgorato da un'immagine repentina. La notte in cui, con Anne Bonny, avevano ingannato e assassinato un altro dei suoi uomini, Ivan Trader. Anche allora Lavy era sembrata molto presa dalla questione, una furia animalesca era rimasta arginata a stento dentro di lei, l'aveva sentita con chiarezza. E, inoltre, si era rivolta a lui menzionando una vicenda in particolare, che lei aveva chiamato quella notte.

Ora più che mai nella mente di Danny Flicker era chiaro che Boyd Lafonte le avesse fatto qualcosa di imperdonabile. Qualcosa che era stata in grado di cambiarla e che ravvivava nei suoi occhi splendenti un fuoco oscuro, che ne corrompeva la purezza.

Non sapeva cos'era accaduto, ma chiunque l'avesse ridotta in quello stato avrebbe pagato. Era stata proprio quella gentilezza innata in Lavy ad attirarlo come una falena col fuoco, e il pensiero che fosse nata dal dolore inflittole da un lurido cane lo mandava su tutte le furie.

"Ma perché l'hai decapitato così, allora?" chiese Nick. "Se hai un conto in sospeso con questo Lafonte, e quel tipo era dalla sua parte, avremmo potuto catturarlo così da farci rivelare dove si trova e i suoi punti deboli. Potevamo sfruttarlo a nostro vantaggio."

Lavy si morse un labbro.

"Hai ragione, Nick, scusami... è che non sono riuscita a controllarmi, è stato più forte di me." ammise.

Era perfettamente consapevole di aver sprecato un'occasione per vendicarsi davvero, e non solo a parole. Continuava a sbagliare. Qualunque cosa facesse non era abbastanza, perché si lasciava dominare dalla sua avventatezza, dalle emozioni.

Forse non sei fatta per questa vita. La rivelazione le arrivò pesante come un macigno nel petto e quasi la costrinse alle lacrime.

Lavy Thomson, l'illusa. Ecco cos'era.

"Il punto è un altro." Flicker intervenne, spezzando in un secondo la sua catena di pensieri negativi. "Se un pirata di Boyd ci ha attaccati, significa che con ogni probabilità lui in questo momento si trova sull'isola, da qualche parte. Dobbiamo solo trovare il modo di scovarlo. In più, forse ha incaricato quell'uomo di ucciderti alle spalle per liberarsi di te, dato che stai facendo fuori ogni suo compagno che ti capita a tiro, e questo può voler dire solo una cosa: Boyd Lafonte ha paura di te, Lavy. E ciò che è successo oggi non farà altro che aumentare il suo timore."

Lavy si voltò a guardarlo, e solo il suo viso controluce riuscì a donarle speranza. Flicker si fidava della sua opinione, della sua leadership. Lei l'aveva salvato e per questo la sosteneva. Un uomo in gamba come lui. Non poteva evitare di sentirsi fiera per questo. Un pizzico di orgoglio verso sé stessa tornò a scaldarle il petto, a darle la forza di riprendersi, e combattere ancora.

Ci sarebbe riuscita. Si sarebbe sempre rialzata, con i suoi compagni al suo fianco.

"Se è per questo, c'è un'altra cosa che potrebbe interessarti sapere su Boyd Lafonte, data la situazione attuale a Nassau." disse Kidd, d'un tratto.

"E cioè?" Lavy fissò i suoi occhi acqua marina, diffidente, ma il ghigno sul suo viso la persuase del fatto che Boyd non fosse proprio tra le sue simpatie.

Quelle iridi fredde e chiare parvero divenire pozze d'acqua trasparenti sotto la bandana rossa legata attorno alla fronte.

"Conosci i cosiddetti Dominatori dei mari?" chiese.

"Non esattamente. Raccontami la versione breve e arriva al dunque. Per il momento mi importa sapere solo cosa c'entrano questi tre megalomani dei mari con quel coglione." sospirò l'altra, incrociando le braccia al petto con aria seccata.

"Ebbene, sappi che queste tre figure sono tra le più ricche e potenti tra i pirati delle Americhe, come avrai capito. Possiedono vere e proprie flotte e molti capitani importanti sono al loro servizio." iniziò a spiegare Kidd. "Uno tra loro, Bartholomew Roberts, è a comando di una flotta in cui si trova la ciurma di Lafonte, e spesso anche quella di Ned Low ha collaborato con lui."

"Questo significa che Low e Lafonte sono alleati..." dedusse Nick.

Lavy rimase interdetta per appena un istante alla rivelazione. Poi, in un'improvvisa epifania, nella sua mente si susseguirono in modo vago tutte le azioni che avrebbe dovuto compiere da quel momento, una dopo l'altra. I modi per utilizzare quell'informazione tanto inaspettata quanto preziosa. Lo scheletro di uno schema visionario prese forma dentro di lei. E questo la portò a sorridere malignamente.

"Credete che l'attentato a Lavy di poco fa sia stato orchestrato da Low e Lafonte, quindi?" chiese Flicker, che a sua volta non sapeva nulla su quella faccenda dei Dominatori, e si era sorpreso quanto il suo capitano.

D'altronde, non era altro che un brigante vagabondo fino a poche settimane prima.

"Non ha molta importanza, in realtà." intervenne Lavy.

Si piazzò di prepotenza davanti a Kidd e ne guardò il volto dall'alto con un'espressione sagace che intimoriva con la sua presenza carismatica.

"Ciò che conta è buttare quel cane di Low fuori dal forte, catturarlo e farlo cantare per bene. Fosse l'ultima cosa che faccio, mi farò rivelare dove si trova Boyd e lo ammazzerò lentamente insieme a tutti i suoi uomini." rimarcò quell'espressione come se fosse anche troppo, accostata a gente come quella che aveva menzionato. "E so anche come potremmo fare. Andrò a parlare con Vane adesso, ma prima state a sentire il mio piano." insistette nel fissare Kidd con le sue braci azzurre che trafiggevano e squagliavano l'anima stessa.

Il suo sorriso truce era paragonabile a un gorgo marino: tanto bello da ammirare quanto pericoloso per chi ci si avvicinava.

"Non so come tu sia a conoscenza di tutte queste cose, né cosa tu voglia con esattezza. Ma questo è il momento di valutare quanto sei davvero fedele, bel faccino."

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen2U.Pro