XXIII. L'invasore: Lotta di nervi

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Il fumo inghiottiva Jack e Anne, asserragliati sulle sbarre all'estremo opposto della cella rispetto a dove era stata innescata l'esplosione. Al di là della coltre nera e densa che occupava il luogo angusto, una fioca luce penetrava illuminando in parte i loro visi sporchi di fuliggine.

E la sua figura, più brillante che mai davanti ai loro occhi, sembrò diradare ogni ombra che li aveva attanagliati fino a quel momento. Il loro capitano. Charles Vane.

Il suo ghigno complice bastò a trasmettere dentro di loro il coraggio e l'ardore che sembravano aver perduto nel corso dei giorni di prigionia. Era incredibile, pensarono entrambi, l'effetto che una persona sola fosse in grado di fare, il modo in cui riusciva a sollevare il morale di chi lo circondava con nient'altro che la sua presenza.

Per quello, avrebbero continuato a seguirlo nonostante tutto, a discapito della situazione critica in cui si erano gettati. Sapevano che finché erano con lui sarebbero stati forti, in una posizione di vantaggio. Una in cui i loro interessi sarebbero sempre stati rispettati. Una in cui avrebbero sempre vinto, contro ogni minaccia.

"Prendi queste, Anne. Apri quella cella, e fa' in fretta." Vane lanciò tre forcine, che la rossa esperta di furtività afferrò al volo, annuendo con fare sbrigativo. "Jack, io e te ci assicureremo che nessuno entri nel frattempo. Anche se, seppure quei cani fossero sopravvissuti, abbiamo le spalle coperte." ghignò, pensando a Lavy rimasta all'esterno, e Nick che la copriva dalla palude.

"Certo, capitano." sorrise, vincente, Jack. "Riprendiamoci questo forte."

Un boato proveniente dal mare a est fece sobbalzare Anne, a cui cadde una forcina mentre tentava di forzare la serratura. Jack sgranò gli occhi.

"Veniva dalla costa... Sembrava un colpo di cannone." disse, in tono grave.

Vane assottigliò gli occhi, rendendole due linee ricurve ancora più sottili, simili a sciabole. Se quell'unico colpo di cannone che avevano sentito rimbombare fin lì proveniva dalla Fancy, la nave di Ned Low, poteva voler dire due cose, rifletté: Low aveva anticipato l'eventualità di un inganno da parte sua e di Lavy, e ne aveva approfittato per muovere parte della sua ciurma sulla nave, sfruttando l'assenza di uomini sulle imbarcazioni nemiche per attaccarli dal mare e riprendersi ancora il forte tramite un assalto esterno a sorpresa.

E intanto, già che c'era, avrebbe anche distrutto i loro velieri.

Però, non sembravano esserci altri colpi di cannone. Che ci fosse qualche altra ragione dietro quell'unica bordata? Ora non aveva tempo di pensarci, doveva arrivare all'entrata del forte al più presto.

"Che succede, capitano?" chiese Anne, concentrata ad aprire la cella.

Vane assunse un'aria dura. "Facciamo presto, questa situazione non mi piace per niente."

Nick era ben mimetizzato tra gli arbusti e le foglie cadenti di un salice, acquattato dietro un umido cespuglio. Il respiro leggero, quasi impercettibile, i muscoli immobili. Con una mano impugnava la canna del moschetto appoggiato sulla sua spalla, in verticale. Non produceva alcun rumore, mentre cercava di individuare i suoi nemici nella natura impervia e ostile che si estendeva per chilometri alla sua sinistra, e cessava dopo qualche centinaia di metri sulla destra per far posto al forte.

Subito dopo aver visto i tre uomini di Low correre a zig zag verso di lui, aveva lasciato che si inoltrassero appena nella palude, in modo che terminasse in parte l'allarmismo per la possibilità di beccarsi un proiettile, grazie al rifugio che costituivano le piante molto intricate della zona. Poi, ne aveva abbattuto uno che teneva sotto tiro da un po', a bruciapelo. Questo aveva portato l'uomo in testa al gruppo avversario, quello che gli era sembrato di sentire che si chiamasse Perez dalle urla di Low, a reagire con estrema prontezza.

Perez aveva individuato la zona dove Nick si nascondeva tramite un calcolo approssimativo del punto d'origine dello sparo, e nel giro di un secondo una marea di piombo era stata direzionata nei suoi paraggi, costringendolo a ripiegare e insidiarsi ancor più all'interno della vegetazione.

Adesso, fermo, tentando di respirare il più lentamente possibile, Nick cercava tracce dei due nemici. Sapeva che erano nascosti nelle vicinanze, lo avevano inseguito per un po' prima che trovasse riparo. Non potevano essere lontani. E il fuciliere oltre che mozzo della Susan sapeva bene che i suoi avversari si trovassero nella stessa identica situazione, con le sue medesime preoccupazioni. Doveva tentare di mantenere la compostezza, essere calmo, ed elaborare una strategia in modo rapido per riuscire a stanarli e vincere.

Quello era ormai uno scontro di lucidità e pazienza. Una battaglia tra tiratori.

"Devo lasciare che passi un po' di tempo, attendere che perdano la pazienza e commettano qualche sbaglio, una mossa avventata." rifletté. "Nel frattempo, cercherò di pensare a qualcosa per far sì che accada più in fretta. Ma devo agire con cautela. Mi preoccupa soprattutto quel tipo, Perez. Meglio non abbassare la guardia un attimo."

Nello stesso momento, a circa cinquanta metri dal compagno di Lavy, i due uomini di Ned Low sostavano, fermi come statue, dietro i tronchi di due cipressi. Il primo, dall'aria nervosa e il sudore freddo che gli imperlava la fronte, possedeva solo una pistola a pietra focaia e guardava con aria urgente il compagno dietro l'albero accanto al suo, come a porgli una silente richiesta d'aiuto, o interrogarlo sul da farsi.

Il quartiermastro Perez, più placido all'apparenza, gli fece semplicemente cenno di attendere. Per il momento era l'unica cosa in loro potere. I ricci castani in aria, scompigliati, conferivano volume alla sua sagoma, sebbene fosse l'ultima cosa che gli servisse in quel momento. Un paio di piccoli occhialini scuri erano poggiati sul sottile setto nasale.

Il compagno che l'aveva seguito era a stento una risorsa per equipaggiamento e tempra. Perez sospirò. Sarebbe stato mille volte meglio avere Todd, l'uomo che quel bastardo aveva ucciso per primo mentre lo inseguivano. Era sicuro che l'avesse fatto di proposito, essendo l'unico munito di fucile. In più, anche se il nemico non poteva saperlo, era dotato di un sangue freddo che avrebbe fatto davvero comodo. Juan Perez non l'avrebbe dimenticato, anzi, stava per vendicarlo.

Dopotutto, aveva un asso nella manica.

"Ho scoperto la sua ubicazione qualche minuto fa, ma adesso non posso colpirlo perché è nascosto. Mi basterà aspettare che metta fuori la testa per guardarsi attorno. Lo farò fuori in un attimo." Fissò le due pistole che teneva con sé. Non erano un moschetto, ma avrebbero eseguito il loro dovere.

Si voltò e rivolse al compagno un sorriso sghembo, pieno di sicurezza. Doveva solo attendere il momento giusto, quel fuciliere dannato aveva già un appuntamento con una crivellazione in piena regola.

Passarono i secondi, poi i minuti, sempre più lenti, ricolmi di tensione. L'apprensione cresceva a dismisura da ambo i lati, l'impazienza era la discriminante attraverso la quale la bilancia della freddezza pendeva da una parte o dall'altra. I tiratori che popolavano la zona si sentivano come foglie secche minacciate da un impetuoso e freddo vento invernale. Sempre in procinto di cadere, venire disgregati e smembrati se non si fossero aggrappati con abbastanza convinzione alla saldezza dei propri nervi.

A un tratto, Perez notò un dettaglio che catturò la sua attenzione.

Dal cespuglio dietro il quale l'avversario era nascosto pendeva qualcosa. Non avrebbe voluto sbagliarsi, ma sembrava a tutti gli effetti ciò che credeva.

"Ma quella è la canna del suo moschetto! Che si sia appostato per sparare di nascosto tra le foglie? Credeva non la notassi?" pensò, euforico, l'ispanico. "Qualunque cosa tu abbia in mente di fare, grazie per avermi rivelato la tua posizione precisa, bello! Ora vedi di morire!" Si girò verso l'altro e gli indicò di imitare i suoi movimenti. Sparargli all'unisono avrebbe aumentato la possibilità di colpire punti vitali.

Perez si sporse il tanto che bastava verso destra del tronco, e puntò entrambe le pistole sul cespuglio.

Insieme al partner, sparò tutti i quattro colpi a sua disposizione in una fumosa nube di polvere che si innalzò verso l'alto. Vide la canna cadere in avanti, sull'erba molle. E si accorse di un dettaglio che gli provocò un oblio di terrore nella pancia.

Era un ramo.

Era stato posizionato lì, in modo che sporgesse solo la punta e sembrasse la canna di un fucile.

Orripilato, si voltò verso destra, laddove c'era lui, proteso dal tronco del salice.

Gli occhi due gelide sfere di cristallo grigie, i ciuffi lisci e rosa come seta lavorata, cadenti attorno alle tempie. Il fucile era puntato dritto contro di loro.

Juan Perez sgranò gli occhi.

In un lampo, il suo compagno fu centrato alla guancia mentre provava a scappare, il proiettile perforò la sua pelle e fuoriuscì dall'altro in un attimo. Cadde disteso accanto a lui, il sangue che si espandeva sull'erba, gli occhi spalancati in un'espressione di orrore per la morte incombente.

Perez provò a tuffarsi dietro al tronco, ma il mirino della pistola che il nemico aveva sostituito al fucile scarico era già su di lui.

Uno schizzo di sangue fu tutto ciò che Nick vide, prima di perderlo di vista. Ma era sicuro di averlo preso alla testa.

Aveva vinto.

"Bene." sospirò, accasciandosi sul salice e concedendosi un piccolo sorrisetto sollevato. "Torniamo da Lavy, sono preoccupato per lei."

"Sai, mi hai sorpreso. Non mi aspettavo nascondessi un asso nella manica come quello..." Ned Low teneva lo sguardo scolpito in quello di Lavy, che lo fronteggiava, dritta e minacciosa, le sciabole già pronte a essere sguainate dalle braccia frementi.

I loro occhi si schermavano senza che nessuno dei due li distogliesse per un attimo, fieri.

"Se nella tua ciurma hai un tiratore così bravo, direi che sei a cavallo. Anche se adesso probabilmente sarà in punto di morte." ghignò l'uomo.

Lavy si sistemò il tricorno con una mano, continuando a rivolgere al rivale la sua espressione truce, un velo di scherno accentuato dalla lieve curva all'insù delle sue labbra.

"Nick se la caverà, puoi starne pur certo. Ora però rispondi alla mia domanda: dov'è Boyd Lafonte?" tuonò, imperiosa. "Siete entrambi con Bartholomew Roberts, giusto? Se me lo dirai, potrei anche lasciarti scappare come un ratto. In caso contrario, ti strapperò a forza quello che voglio sapere."

Nonostante la loro auterovolezza, le parole di Lavy non riuscirono a spaventare Low. Anzi, parvero avere l'effetto opposto su di lui. Come se avesse sventolato un panno rosso davanti alle corna di un toro, l'espressione del pirata si accese di colpo, le pupille si dilatarono e il ghigno si allargò a mostrare i suoi denti bianchi, in quel momento simili a quelli di un predatore solitario che li scopre per spaventare un suo simile.

Estasiato dalla frenesia, estrasse in un attimo la spada e la piantò nell'erba sotto di lui, incurvando la schiena.

Una risata sinistra echeggiò nella palude.

Lavy aggrottò le sopracciglia, torva e presa alla sprovvista da quel cambiamento repentino. La calma apparente di Ned Low era stata lacerata in un baleno e il suo lato più sadico, forse autentico, era emerso.

"Ti avevo sottovalutata, capitano Sabers! Credevo fossi un'ingenua, e invece sei proprio il tipo di persona con cui amo di più battermi. Forza, allora! Fammi vedere come tieni fede alle tue promesse di morte. Vieni. Vieni!" L'euforia si era impadronita del pirata, rendendolo fuori di sé.

Ma a Lavy sembrò che fosse solo apparenza. Aveva la sensazione che ci fosse qualcosa di estremamente logico nei modi e nella postura di quell'uomo. Sentiva che se non avesse fatto attenzione, sarebbe stata fatta a pezzi in breve tempo dalla lucida sete di sangue che albergava in lui.

A discapito di questo, non si lasciò intimidire, e intensificò la pressione delle sue dita sull'elsa delle spade ai lati del cinturino legato in vita. Era inutile parlare con le persone come quella che aveva davanti. Lui sì che le ricordava i pirati che tanto aveva odiato, nel periodo peggiore della sua vita, nel pieno della spirale di dolore nella quale era quasi annegata. Da cui a malapena era riuscita a tirar fuori la testa, per respirare, tenendola fuori a stento.

"Sei pazzo." affermò. "Non avrei mai stretto per davvero un'alleanza con uno come te. Ora mi dirai dov'è quel cane di Lafonte, e te lo strapperò a suon di squarci." Il suo tono divenne un ringhio selvaggio.

L'aria stessa attorno ai due taceva, come ogni cosa stesse aspettando solo il confronto tra i due sanguinari capitani.

Così, quando dal mare giunse la bordata avvertita nello stesso momento da Vane, nella cella, nessuno dei due la udì. Poiché erano già giunti in corsa l'uno di fronte all'altra, i denti scoperti e gli occhi sgranati, le due sciabole di Lavy incrociate contro quella di Low in un gran clangore che risuonò nella zona. 

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