Cap. 2: Caster

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Egli aspettò un po' prima di rispondere. Nonostante la bocca fosse coperta, la voce si sentiva meglio di quanto immaginasse.
- Sono la morte, sono l'oscurità. Il Servant che tu hai evocato, Master.
- Rivela il tuo nome e la tua classe, mio Servant!
- Caster. Andiamo tuttavia per gradi. Il mio nome... oh, qual è il mio nome? Non è questo l'importante. Manteniamo questo segreto, per ora.
A sentire la classe si gelò. Tra tutte le classi, la Caster era proprio quella che meno desiderava evocare. Era riconosciuta per essere una classe abbastanza debole quella, e sapere che era capitata proprio a lei la rendeva infastidita. Come non esserlo, dopotutto.
- Caster?! Andiamo, mi prendi in giro?!
- Nessuna presa in giro, mio Master. Caster, è questa la classe che tu hai evocato.
Si chinò e notò la foglia di tiglio, il catalizzatore che Ayaka Aise aveva utilizzato per fare in modo d'evocare Siegfried.
Sapere che questo non aveva funzionato la mandava su tutte le furie. Si era preparata così tanto, aveva studiato per anni e si era ormai convinta di riuscire ad evocare chi voleva. Ma ora che aveva fallito il mondo le era come caduto addosso, questa era per lei una sfortuna così grande che rendeva vana tutta l'attesa compiuta in quegli anni.
- Un catalizzatore, eh?
S'intromise Caster, prendendo con pollice ed indice la foglia. La scrutò un po', cercando di capire a chi appartenesse. Non era certamente il suo, su questo non c'erano dubbi. Come aveva fatto allora ad evocare proprio lui, una classe - un Servant totalmente sbagliato?
- Suppongo che questo non ha funzionato. Chi desideravi evocare, mio Master?
- Siegfried. - Rispose bruscamente Ayaka Aise; - Avevo intenzione di evocare Siegfried. Ma a quanto pare la fortuna non mi aiuta nemmeno questa volta... Dannazione, ed ora con uno come te come farò? Ohy, Caster! Farai meglio ad essere utile! Non ho intenzione di perdere questa guerra, è chiaro?
- È chiaro, mio Master. Ma non ti preoccupare, vinceremo.
- Sarà meglio! È tutta la vita che mi preparo per questo dannato momento, non ho intenzione di perdere... La famiglia Aise non può perdere una guerra, non di nuovo.
Cadde il silenzio. Nessuno parlò più, chi per la delusione e chi perché non gradiva parlare. Ma alla fine, nonostante la delusione, fu nuovamente la giovane a parlare con tono stizzito.
- Per quale motivo non mi riveli direttamente il tuo nome? Guarda che questo è un ordine!
- Non ho ancora motivi per rivelare il mio nome. Non c'è bisogno che lo faccia. Io sono solo un Servant, un mezzo che ti servirà. Non c'è motivo di instaurare un rapporto, né tanto meno di parlare se non d'ordini. Sarò la tua spada, Master, ed una spada non ha bisogno d'un nome per agire.
- Ma chi ti credi di essere?! Ti ho detto che il mio è un ordine, Caster. Rivela il tuo nome.
Nel parlare si spostò una ciocca di capelli, mostrando il collo. Questo presentava un tatuaggio, sembrava come una fiamma spigolosa che, come una normale, tendeva verso l'alto. Era di color rosso, la cosa curiosa è che prima dell'evocazione lei non lo aveva; quelli erano incantesimi di comando. Erano dei speciali incantesimi che servivano per due fattori: dimostrare d'essere un Master e di conseguenza di possedere un Servant, ed anche per poter ordinare qualcosa, qualsiasi essa sia, al proprio servitore. Il suo corpo avrebbe agito da solo, facendo in modo di farlo tacere qualora questo si lamentasse.
Tuttavia come ad ogni cosa c'è un limite: ne erano in totale soltanto tre e se lei, così come qualsiasi altro padrone d'un servo, avesse utilizzato tutti e tre gli incantesimi, il contratto con il Servant sarebbe stato sciolto e questo - che normalmente non potrebbe vivere senza degli incantesimi di comando a cui è legato, se non per casi eccezionali - sarebbe svanito.
Fece quel gesto per convincerlo, come una minaccia, ma non funzionò come lei desiderava. Come risposta non ebbe esitazione né timore, ciò che si aspettava, ma solo impassibilità.
- Te lo ordino con un-
Non finì di parlare poiché fu interrotta da Caster. La sua voce era così calma, tanto che rendeva tale anche l'animo in quel momento in fiamme di Ayaka Aise.
- Se userai un incantesimo di comando per farmi rivelare il mio nome te ne resteranno soltanto due. Allora perché, mio master, non li usi piuttosto per momenti critici? Rivelerò il mio nome, ma non è questo il momento.
Non rispose. Effettivamente aveva ragione, non aveva senso sprecarne uno in questo modo, per una cosa così sciocca. Si sentì davvero stupida in quel momento, solitamente lei non era una ragazza così. Era stata la delusione di non essere riuscita ad evocare chi desiderava a parlare.
Ed ora che se ne era accorta le dispiaceva aver reagito in questo modo contro di lui per un nonnulla. Niente era ancora deciso, dopotutto, ed anche se quella era forse la classe più debole singolarmente lei non aveva perso le speranze - no, non poteva perderle. Lei doveva vincere.
Se avesse perso la sua famiglia avrebbe dovuto portare sulle spalle un'altra sconfitta. Non poteva succedere. Altrimenti...-

- Master, allontanati!
La voce di Caster si fece più autoritaria di colpo. Ayaka non realizzò ed egli fu costretto a spingerla via con la forza con un colpo a palmo aperto, colpì abbastanza forte per lanciarla contro il muro. Si fece male alla spalla, ma fu salva da un proiettile che, sfondando la finestra, aveva bucato il pavimento accanto al suo servitore.
Qualcuno aveva già deciso d'attaccare, nonostante gli scontri non fossero ancora iniziati ufficialmente. Fu una mossa astuta quella avversaria; se prima dell'inizio fosse mancato qualche partecipante ci sarebbero stati meno nemici.
Oltre il proiettile nessun altro era entrato. Si vide soltanto, dalla finestra sfondata, una sagoma sul tetto della casa vicina. Non era quella della famiglia Belstef, la quale si trovava a destra della casa attaccata, ma quella a sinistra.
Era abbastanza lontano per non farsi veder bene, anche se qualche dettaglio da quella sagoma si riusciva a notare. Pareva un uomo e sembrava indossare un cappello ed un lungo mantello sulle spalle che copriva le braccia quando non mirava.
Era un Archer, lo si capiva dalla sua arma principale: un fucile.
- Hanno già cominciato ad attaccare?!
Esclamò sorpresa la ragazza, poggiandosi la mano sulla spalla che aveva colpito il muro.
- È stata una mossa intelligente. Master, rimani al sicuro. Me ne occuperò io.
Caster mosse il braccio, il destro, verso l'altro come a scagliare una magia. Fu così: davanti a lui apparvero degli uomini, in totale quattro, anche loro in armatura bianca e grigia. Definirli uomini era forse eccessivo, sarebbe più giusto dire che erano come manichini.
Impugnavano un fucile ciascuno. Quando il Servant tese la propria lama nella direzione dell'Archer questi spararono in coro. Tutti e quattro i proiettili andarono contro il nemico.
D'altrocanto non poteva credere che un colpo così banale andasse a segno. Archer riuscì facilmente a schivare, l'agilità non sembrava mancargli per niente.
- Ha già evocato il Servant...
Borbottò tra sé e sé Archer, senza che potesse farsi sentire dai suoi avversari. Ricaricò velocemente il fucile e puntò contro Ayaka una seconda volta. Sparò, ma il colpo venne parato da uno dei manichini evocati da Caster.
Aveva ormai capito che in quel modo non poteva continuare. Le opzioni erano andarsene in ritirata o continuare a combattere.
Sarebbe stato in svantaggio in quel momento. Archer doveva capire che Servant aveva evocato, per poi attaccare nel miglior modo. Senza un piano non sapeva quanto rischioso e soprattutto quanto forte sarebbe potuto essere il servitore.
Sparò un ultimo colpo con il fucile con l'intento di distrarre i bersagli, che venne subito da un manichino usato come scudo, e scese con un salto dal tetto. Si guardò un po' attorno e poi corse via, scappando.
- Sta scappando! Caster, devi fermarlo!
- Non è necessario, mio Master.
Coloro evocati si dissolsero e rimasero solo servitore e maestro. Ayaka Aise sospirò sonoramente e si riavvicinò a lui con poca eleganza, non che lei ne avesse solitamente.
- Perché l'hai lasciato scappare? Potevi ucciderlo, non ha senso ciò che hai fatto!
- Ucciderlo sarebbe stato impossibile. Non puntava a me, stava puntando a te. Sapevo che sarebbe fuggito, probabilmente non si aspettava che tu mi avessi già evocato.
- Eh? Ma non ha senso. Come poteva puntare a me?
- È possibile che un tuo amico o un tuo conoscente abbia partecipato alla guerra e volesse già eliminarti.
- Però... Non ho amici maghi io, com'è possibile?
- Forse qualcuno ti avrà mentito riguardo questo dettaglio, mio Master.
Ayaka ci rimuginò un po'; chi mai avrebbe potuto mentirle? Ma più pensava, più capiva che la decisione era sensata. Dopotutto nemmeno lei aveva parlato della sua magia con nessun amico. Nemmeno con Romanne, la sua migliore amica d'infanzia.
C'erano troppi pensieri nella sua testa: se lei non ne aveva parlato con nessuno come potevano sapere gli altri, amici o conoscenti che siano, a sapere che era una magari? Oltretutto chi mai poteva esserlo a sua volta?
Scosse un po' la testa, per non pensarci più. Quella giornata, che inizialmente le pareva noiosa e senza termine, ora volava via come trascinata con sé dal vento.
Per il resto della giornata rimase a pensare, a perdersi tra tutto ciò che pensava in quel momento. Il suo cervello non sembrava voler smettere di lavorare, di farla andare in pensiero.
D'altrocanto Caster rimase senza qualcosa da fare. Rimaneva seduto sul letto, guardando il soffitto, ed ogni tanto davanti una rapida occhiata alla Master ma senza proferir parola.
Si prosperava una serata nulla quella, ma entrambi rimasero vigili per non subire un attacco a sorpresa come quello del pomeriggio.

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