2. Axel

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Mi sfilo il preservativo e sono già tentato di dirle che vorrei non vederla più.

Sto pensando a un modo gentile di farle capire che non voglio impegni, soprattutto d'estate, che non vado sempre con la stessa ragazza o che sono allergico ai legami. Ma abbiamo appena scopato e non credo proprio che in questo momento esista un modo carino per esprimere questi concetti.

Non c'è che dire, lei è davvero eccitante oltre misura, peccato però che sia tanto bella quanto appiccicosa, mi sono dovuto infrattare in questa dannata pineta solo per farla stare zitta.

«Torno dagli altri.» le annuncio secco mentre tiro su la lampo dei pantaloni.

«Credevo saremmo rimasti un po' da soli... non è tanto tardi.» fa il labbruccio e mi solletica l'avambraccio con il polpastrello dell'indice.

Ho un viaggio sulle spalle e sono quasi le tre del mattino, mi ha preso forse per Iron Man?

Assumo un'espressione neutra, mi strofino la nuca con la mano. Faccia da poker. «Devo riposare, altrimenti domani sarò da buttare.»

Finalmente la convinco. Serena mi cammina davanti esaltata, con passo saltellante come se stesse camminando sui carboni ardenti, blaterando. La sua voce è come unghie sulla lavagna mentre cerco di ignorarla.

Fortunatamente le squilla il cellulare proprio mentre tenta di prendermi la mano. È Anna che si lamenta perché tutte le sue amiche la hanno abbandonata: ha sonno, ha freddo e la pressa per tornare a casa.

Grazie al cielo.

Come faccio sempre a ogni rimorchio, anche con Serena ho messo subito in chiaro le mie intenzioni - o meglio, la loro mancanza - sin dalla nostra prima uscita, ma da come si sta comportando deduco che o io non sono stato abbastanza preciso in questo caso, oppure lei ignora di proposito i miei avvertimenti. Come per tutte le altre, devo accertarmi che anche per lei sia chiaro come stiamo messi prima che la sua testa si riempia di fantasie sul vivere per sempre felici e contenti.

Raggiunti gli altri, la prima cosa che noto è che Leah indossa la mia felpa. Cerco di trattenere il sorriso e mantenere un contegno, ma ne sono proprio contento, visto che l'avevo lasciata lì apposta per lei. È da quando siamo su questa cazzo di banchina che ha la pelle d'oca e il suo continuo timore di dare fastidio agli altri esseri umani l'ha spinta a non dire nulla.

Speravo che me la chiedesse lei, la felpa, anziché ciarlare tutto il tempo con quel ragazzino. E pensare che all'inizio della serata, quando ha offerto da bere a me e Ricky, mi stava pure simpatico quello stronzetto.

Serena mi saluta con un bacio. «Sono stata bene stasera.» mi sussurra all'orecchio. Annuisco semplicemente, sperando che lei non si aspetti davvero che risponda a questa frase con qualche convenevole del cavolo, più falso delle banconote del Monopoli.

Al mio silenzio, il suo viso si colora di una rabbiosa sfumatura di rosa, ma mi è del tutto indifferente. Problemi suoi se mi ha confuso con un altro tipo di persona, non me ne frega proprio un cazzo.

Lo skipper mi passa una canna e faccio due belle boccate mentre lei e la sua amica si allontanano dandoci le spalle, con almeno tre paia di occhi puntati sui loro fondoschiena.

«Ora dobbiamo proprio andare anche noi.» dichiaro con decisione dopo un'altra manciata di chiacchiere e qualche altro tiro con la combriccola, lanciando un'occhiata a Leah.

Lei abbassa lo sguardo, come sempre. Come se non fossi degno di guardarla.

Ha le pupille ridotte a due spilli, segnale che deve aver fumato un bel po', ma è sempre carina, nonostante la mia felpa la copra più di quello che ha messo addosso stasera. Si porta una ciocca di capelli biondi dietro l'orecchio e annuisce timidamente.

L'apparente dedizione di Leah a cercare di non essere sexy, unita al fatto che è effettivamente sexy, me lo fa sempre diventare duro come la pietra. Perfino con quella cosa informe addosso, riesce ad essere arrapante. Ma come fa?

È stanca, glielo si legge in faccia, e la mia unica preoccupazione adesso è portarla nel suo letto e farla riposare, come se potesse crollare sotto i miei occhi da un momento all'altro.

Perché mi fa questo effetto?
Perché mi sento così stupido a preoccuparmi per lei?

«Vi diamo un passaggio» si intromette Federico, tirando fuori dalla tasca le chiavi della sua macchina, ma per fortuna riesco a ribattere più prontamente di quanto sperassi: «No, grazie, facciamo due passi a piedi. Non siamo lontani e sicuramente camminare ci aiuterà a smaltire la sbornia.»

Sento lo sguardo di Leah su di me, bucarmi la nuca. Di sicuro non se lo aspettava e probabilmente l'ultima cosa che avrebbe voluto adesso è camminare per dieci minuti verso casa, da sola con me.

Ma sono troppo egoista per ritrattare.

Ci incamminiamo in silenzio, non troppo distanti l'uno dall'altra. La sento affannare appena sulla salita che ci aspetta superato il bar, e quando mancano pochi metri a casa, mi prende in contropiede.

«L'hai lasciata per me?»

Annebbiato dalla stanchezza e da quanto ho fumato, passa qualche secondo prima di riuscire solo a balbettare «C-cosa?»

Non sono riuscito a lasciarla, ma avrei voluto farlo. Per te, per me, che importa?

«La felpa, intendo... l'hai lasciata lì per me, non è vero?»

Decido di rispondere alla sua domanda, ponendogliene un'altra, ben consapevole del fatto che questa mia capacità la faccia impazzire.
«Come mai lo pensi?»

«Beh, perché quando sei spuntato di nuovo da chissàdove la prima cosa che hai fatto è stata guardarmi, e hai trattenuto un sorriso. Non so come descrivere l'espressione che fai... ti vengono due fossette ai lati delle guance e gli occhi ridono, ma la bocca no.» la osservo impassibile portarsi gli indici ai lati della bocca in un adorabile e buffa maniera.

«Oddio! Sono fatta, scusa lo avrò immaginato. È solo che fai quella faccia ogni volta che mi sembra che fai qualcosa di carino per me... trattieni il sorriso.» aggiunge dopo qualche secondo, imbarazzata dal mio silenzio impassibile che ho imbastito a dovere per celare lo stupore.

Ma come diavolo fa?

Mi fermo e lei se ne accorge solo dopo un paio di passi che sono rimasto indietro, e si volta verso di me con aria confusa.

«Sì.»

«Sì, cosa?» mi chiede candidamente, inclinando su un lato la sua testolina bionda, come se non lo sapesse, come se non volesse solo sentirmelo dire.

«Sì, ho lasciato la felpa lì per te. Stavi morendo di freddo, anche se non te ne sei lamentata. Quindi non te lo sei immaginato, contenta?» riprendo a camminare lasciandola indietro, praticamente senza parole.

A volte, la sincerità paga.

Dopo qualche metro, siamo all'ingresso della casetta che ci ospiterà per le prossime settimane. Prendo dalla tasca le chiavi che Ricky mi ha lasciato "per le emergenze", sapendo che avremo potuto portarci qualche ragazza, e quindi potevano servire. Mentre la infilo nella toppa, Leah mi si para davanti, appoggiando le spalle alla porta, riducendo la distanza tra i nostri corpi.

«Beh, allora grazie, Axel.»

Sento il suo alito al profumo di anice e non riesco a non far cadere gli occhi sulle sue labbra mentre pronuncia quelle parole.
Si può perdere la testa per il modo in cui una persona fa sbattere la lingua sui denti quando dice la L del tuo nome?

Con un sorriso furbo disegnato in faccia, spinge la porta dietro di sé ed entra in casa, andando a passo svelto verso la sua stanza.

La mia porta è di fronte alla sua, che adesso è chiusa. La fisso per qualche secondo, imbambolato. Poi decido che è meglio portare i miei pensieri senza filtro a letto.

E buonanotte.

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