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"Avete in mente qualcosa, boss?" domandò Azazel, quando l'auto della donna sparì dalla vista "Magari uno... strano incidente?".

"Io non ammazzo" rispose Lucifero, compiendo pochi passi e uscendo all'esterno dell'hotel "Non gli umani, perlomeno". Accese una sigaretta, lievemente infastidito dal freddo invernale.

"E allora...?".

"Quella femmina è stata l'ultima a vedere mio figlio vivo, dico bene?".

"Da quel che ne so...".

"Qualcosa non mi torna. Cosa ha detto alla polizia?".

"Non ne ho idea. Ma posso recuperare in qualche minuto tutti i verbali, se volete".

"È legale?".

"No. Ma che ce ne fotte?".

Azazel rientrò, mentre il Diavolo finiva la sigaretta e tornava alla reception. In pochi minuti, la deposizione di Magdalena di quel 25 Dicembre era stampata e pronta tra le mani di Lucifero.

"Volete davvero andare a casa di quella donna?" chiese ancora Azazel, poco convinto "Da solo? È dove è morto. Non so se...".

"Devo sapere la verità. Tu non vorresti la stessa cosa, al posto mio?".

"Certo. Ma... posso sapere che cambierebbe? Non tornerà di certo. E la giustizia terrena è una merda. Perciò...".

"Perciò voglio saperlo e basta! Inoltre lei vuole i miei soldi. Che non avrà, ovviamente. Ma quella è una questione da poco, direi quasi una tentazione standard".

"Sicuro di riuscire a ragionare a mente lucida a pochi metri da dove Ahriman si è spararo in testa?".

"Sono lucidissimo! Ora vado a leggermi quel che ha dichiarato l'umana alla polizia, se non ti dispiace".

"Con tutto rispetto... non me ne vogliate se abbandono l'onorifico... Hai seppelito tuo figlio meno di ventiquattr'ore fa. Non sei lucidissimo. Nessuno lo potrebbe essere. Nemmeno tu".

"Tu mi conosci" lo fissò negli occhi Lucifero, facendolo leggermente retrocedere.

Azazel annuì, a disagio.

"E allora lo sai" continuò il Diavolo, senza sbattere le palpebre "Lo sai quel che faccio e come lo faccio. Comportati di conseguenza".

"Sissignore" mormorò il receptionist, capendo che era inutile discutere.

"Convoca il personale per domani. Temporaneamente la gestione passa a me. Questo finché non individuerò un degno sostituto. Sia chiaro però che la mia presenza qui sarà prettamente necessaria solo finché non mi sarò levato dalle palle quella mortale".

"Come volete".

"Se dovesse ripresentarsi, chiamami immediatamente. Se dovessi scoprire nuovi dettagli su quanto accaduto ad Ahriman, dato che tu hai le orecchie lunghe, riferisci. Qualsiasi cosa sia, anche il più stupido dei pettegolezzi. Intesi?".

"Sarà fatto".

"E ora, se non hai altro da dirmi...".

"Io...".

Azazel aveva chinato il capo, e chiuso gli occhi. Li riaprì, alzandoli verso il suo interlocutore.

"Condoglianze, fratello. Volevo solo dirti questo. Che modo di merda di rivedersi...".

Lucifero non si aspettava quelle parole. Rimase in silenzio, qualche secondo. Sapeva che anche Azazel, tanto tempo prima, aveva perso un figlio.

"Se non fosse stato per voi..." riprese il receptionist "Non so se mi sarei mai ripreso da quel giorno. Mi avete dato la forza di rialzarmi, nonostanti avessi perso la mia donna e mio figlio, e fossi diventato un demone. Volevo farvi sapere che io sono qui, per qualsiasi cosa vi possa servire. Sono qui, fratello".

Il Diavolo rimase ancora in silenzio, piegando solo leggermente le dita che stringevano i documenti stampati.

"Grazie, Azazel" annuì poi, senza sapere che altro dire "Ora meglio che vada. Ho molte cose... a cui pensare".





"Ma sei sicuro di quel che fai?" domandò Lailah, perplessa "Non volevi tornare ad occuparti degli hotel! Hai una vita diversa adesso, lontana da tentazioni e umani!".

Lucifero non le rispose subito. Era tornato a casa, in quell'universo creato su misura, ma già sapeva di non poterci rimanere a lungo. L'attico demoniaco del Kerigma sarebbe stata la dimora della sua famiglia finché non avrebbe risolto tutto. Una cosa temporanea, un soggiorno breve.

"E chi baderà alle piccole, se tu non ci sarai? E i gemelli?".

"I gemelli possono stare con me, sono abbastanza grandi da aiutarmi o aiutare il personale. Le piccole invece possono stare con te. È temporaneo. Non lo voglio neppure io!".

"E allora perché lo fai?!".

"Non posso permettere che quella donna riesca in qualche modo ad ottenere quel che vuole e far chiudere tutto. E poi non vorrei che tutto il lavoro di Ahriman venisse sprecato. Non sei contenta di lavorare per l'hotel? Lo faccio anche per questo...".

"Io adoro lavorare per l'hotel ma tu no. Tu non vuoi tornare a lavorarci".

"È solo per poco. Poi tornerà tutto come prima".

Lei non sembrava convinta. Incrociò le braccia, fissando i fogli che il marito aveva lasciato sul tavolo.

"Perché hai i verbali della polizia? Te li ha dati Michael?" chiese, mentre Lucifero si versava da bere guardando fuori dalle finestre del salotto.

"Perché avrebbe dovuto darmeli Michael?!".

"Lu, ti prego! Non dirmi che vuoi indagare o fare altre cose del genere. Non è compito tuo. Era umano: spetta agli umani. E se è stato dichiarato suicidio, allora vuol dire che...".

"Michael ha detto che ha fatto chiudere in fretta l'indagine perché non emergessero dettagli inappropriati. Potrebbe essere successo qualcosa di diverso".

"E non ti mettetai l'animo in pace finché non avrai ricostruito ogni secondo degli ultimi attimi di tuo figlio. Dico bene?".

Lui non rispose. Sedette sul divano, poggiando il bicchiere. Lailah, in piedi dietro al mobile, gli passò una mano fra i lunghi capelli neri, pettinandoli con le dita e tirandoli verso di sé con dolcezza.

"Se questo ti farà poi sentire meglio, va bene" gli disse, dopo qualche istante, chinandosi e circondandogli il collo con le braccia "Ma non so se ti farà per davvero stare meglio".

"Lo capirò strada facendo, immagino...".

Le sfiorò il viso, socchiudendo gli occhi qualche istante.

"Devo preparare i bagagli dei bambini..." mormorò lei, congedandosi.

"Se proprio non vuoi, posso trovare una diversa soluzione. Credi che per loro vada bene?".

"Per i nostri figli sarà come una vacanza. Non preoccuparti di questo. E poi hai detto che è solo per poco tempo. Io mi fido di te, lo sai".

Lucifero la vide allontanarsi verso le camere. Era rimasto al buio e si mise a leggere i fogli stampati da Azazel. Non riuscì a far molto perché dei passi leggeri lo interruppero.

"Non sei a dormire, Kaila?" domandò a mezza voce "Quelli della tua età dovrebbero dormire di notte, fa bene ai vostri poteri e alla mente".

"Non riesco a dormire, papà" rispose la ragazzina dai capelli bianchi.

"Tuo fratello dorme?".

"Kai non si capisce mai quel che fa. Sta sempre in silenzio...".

"E le tue sorelle?".

"Stanno dormendo. E parlano nel sonno".

"E tu?".

"Continuo a fare degli incubi".

La giovane andò a sedersi sul divano accanto al padre.

"Che genere di incubi?".

"Continuo a sognare Ahriman. Che muore sempre in modo diverso. Mi manca...".

"Manca anche a me. Manca a tutti".

Si strinsero l'uno all'altro, in silenzio.

"Cosa sono quei fogli?" notò lei.

"Cose che mi ha dato Azazel. Non il genere di lettura per una ragazzina".

"Capisco... e così da domani vivremo in hotel?".

"Per poco. Ti dispiace?".

"No. Starò lontano dalle lezioni di Helel per un po'. Poi mi piace l'idea di esplorare il Mondo umano e...".

"Sai già che ti terrò sempre d'occhio, bambina. E avrai delle regole piuttosto rigide, ti avviso".

"Non sono una bambina. E poi non devi preoccuparti per me. Mi saprò adattare. Per Kairos sarà più difficile. Lui ama il silenzio".

"In stanza non avrà problemi".

"Le avventure di Kaila e Kairos al Kerigma...".

Lucifero le accarezzò la testa, sistemando i candidi capelli a caschetto. I suoi occhi azzurri erano ancora lucidi per le lacrime versate in ricordo del fratello maggiore e la rassicurò fino a farla addormentare. Poi tornò a concentrarsi sulla lettura: quella donna aveva acceso troppo il desiderio in lui di ucciderla per essere innocente!

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