Ritorno -parte seconda-

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Ad occhi chiusi, Lucifero continuava a chiedersi come avesse potuto fare una stronzata simile. Accettare un patto divino di tale portata, per riportare in vita una creatura destinata comunque a morire, era sbagliato, era tremendamente stupido e senza alcun senso! Avvertì un'energia bruciante avvolgergli entrambi i polsi, stringendo e lasciando un marchio simile a una catena. Subito il disegno quasi si dissolse, rimanendo solo vagamente accennato, e il demone intuì subito che si sarebbe immediatamente rivelato nitidamente in caso avesse infranto il patto. Delle catene. Le guardò con odio, non riuscendo a immaginare simbolo peggiore su se stesso. La rabbia stava appannando quasi totalmente i suoi sensi, specie quando l'ennesima fortissima luce riempì la stanza, costringendolo a chiudere di nuovo gli occhi. Quando li riaprì, Ahriman era vivo e in piedi a pochi passi dal padre. Si guardava, incredulo, senza capire cosa ci facesse lì.
Lucifero di colpo sentì scemare la rabbia e avvertì un unico desiderio: stringere forte a sé quel figlio che credeva perduto. Lo strinse forte, come a non volerlo più lasciare andare, udendo con gioia il forte battito del suo cuore e il sangue caldo in quel corpo vivo.

"Cosa è successo?" riuscì finalmente a dire Ahriman, stretto in quell'abbraccio quasi soffocante "Eravamo nella Gehenna, e...".

"E ora sei qui" gli rispose Lucifero, intuendo che probabilmente non ricordasse nulla dal momento in cui aveva incastonato l'anima nella spada.

"Aspetta..." si divincolò il figlio, alzando gli indici "Io sono... vivo? Com'è possibile questa cosa? Dovevi portare la mia anima in Paradiso, giusto?".

"L'idea era quella. Ma...".

"Ma... che hai combinato?".

"È... complicato! Ma sei vivo. Sei di nuovo qui. E spero tu possa vivere a lungo e...".

"Chi hai ammazzato per farmi tornare in vita?!".

"Chi ho... che?! Nessuno! Io... è complicato, Ahriman. Ma ti spiegherò tutto, te lo giuro. Ora vorrei solo tornarmene a casa e dormire per almeno una settimana di fila...".

Ahriman non sembrava convinto, fissava dubbioso suo padre, che a sua volta lo fissava aspettandosi una reazione decisamente diversa.

"Non sei contento di essere di nuovo qui?" chiese Lucifero, alzando un sopracciglio "Ti piace essere morto?".

"No!" si affrettò a rispondere il mortale.

"Perché, se vuoi, posso sempre ucciderti. Al Paradiso piacciono i padri che sacrificano i figli...".

L'umano indietreggiò di qualche passo, allarmato.

"Sto scherzando!" sbottò Lucifero "Cristo! Sto scherzando, Ahriman!".

"Mi piace essere vivo. Adoro essere vivo!" balbettò il redivivo "Solo che... non è normale. Qualcuno ai piani alti non sarà molto felice".

"Sono stati i piani alti a farti tornare in vita".

"Sul serio?!".

"Le anime umane non sono mia competenza, se non per punirle. Non posso inserire un'anima in un corpo. Perciò...".

"Intendi dire che sono vivo e nessuno è arrabbiato per questo? Non rischio di essere fulminato o polverizzato per ira divina?".

"No... se non fai qualcosa che meriti il fatto di essere fulminato o polverizzato per ira divina!".

In quel momento Ahriman finalmente sorrise. Riuscì a esprimere tutto il suo entusiasmo con una risata liberatoria e abbracciò di nuovo il padre. Poi si ricompose, domandando scusa e trattenendo a stento l'entusiasmo.

"Dove andiamo? Cosa facciamo?" domandò, saltellando sul posto "Non vedo l'ora di vedere le facce di tutti!".

"Per prima cosa, cambiati. Sembri un putto con problemi ormonali".

Ahriman si fissò e rise di nuovo. Indossava una semplice tunica, simile a quella degli angeli di rango inferiore. Non fu un problema, dato che il Krios era chiuso per stagionalità e le divise dei dipendenti erano tutte rimaste in hotel. Erano piuttosto calde ma al mortale non diede fastidio, memore del fuoco Infernale.

"Dove andiamo?" chiese di nuovo, quando fu pronto.

"Al Kerigma" rispose Lucifero, raccogliendo la spada angelica dal pavimento "Da lì posso usare un portale per tornare a casa ed è molto probabile che tu possa trovare tua madre".

"E non puoi aprire un portale qui?".

"No. Andiamo".

"Perché no?".

"Cammina!".

Ahriman rimase fermo qualche istante.

"Non sarai mica doventato mortale pure tu?!" ipotizzò poi e Lucifero, di tutta risposta, agitò la coda.

Il figlio capì che era inutile per ora fare altre domande e seguì il genitore fino all'auto.

"Macchina nuova?" notò, non riconoscendola.

"Già...".

"Ancora di quelle a benzina? Sei proprio antico...".

Appena salito, Lucifero aprì il cruscotto davanti al sedile del passeggero e trovò con un certo sollievo gli antidolorifici e le sigarette. Si osservò di sfuggita nel finestrino, notando come non fosse molto presentabile. Oltre agli abiti inevitabilmente logori e strappati in alcuni punti, si vedevano graffi e lividi vari. I capelli erano disordinati e arruffati, li legò stretti tentando di dar loro una logica, mentre Ahriman sedeva a sua volta e allacciava la cintura.

"Non ti sta male quell'accenno di barba" commentò il figlio, che al contrario del padre non era cambiato di una virgola "Ti da l'aria più...".

"Vecchia" tagliò corto il demone, accendendo la sigaretta e togliendo la polvere dal volante.

"Ma non avevi smesso?" indicò Ahriman, aprendo subito il finestrino "Quella roba è tossica, lo sai?".

"Ho ricominciato al tuo funerale".

Per qualche minuto scese il silenzio, mentre guidavano nel buio dell'unico sentiero di montagna che conduceva al Krios.

"Tu c'eri al mio funerale?" si stupì l'umano.

"Perché non avrei dovuto esserci?".

"So cosa pensi dei mortali. E io sono solo un insignificante mortale. È stata una mia scelta essere così".

"È stata una tua scelta farti uccidere?".

"No! Ma...".

"Certo che c'ero al tuo funerale. Sono tuo padre!".

"Vabbè ma che c'entra?".

"E tua madre vuole sempre che porti dei fiori sulla tua tomba. È stata lei a insistere per farti venire a prendere nella Gehenna".

"Sul serio?!".

"Perché cazzo ti stupisci?!".

"Mamma ha migliaia di figli! Che vuoi che gliene freghi di averne uno in più o in meno? Sai quanti dei miei fratelli son crepati in passato?".

"E pensi che questo faccia meno male?".

"Io... non so... sì?".

Lucifero non aggiunse altro. Ora la strada era ampia e veloce, accelerò lanciando il mozzicone della sigaretta dal finestrino.

"Da quanto tempo sono morto?" domandò dopo un po' il passeggero, tenendosi alla maniglia della portiera.

"Quasi due anni".

"Oh... e tu ci hai messo quasi un anno per tirarmi fuori? Un anno lontano dalla tua famiglia vivente, dall'hotel, dal tuo universo e da tutto il resto per tirar fuori me?".

"Sì...".

"Perché?".

Il demone aprì la bocca qualche istante, in attesa di trovare le parole giuste, ma non ne trovò al momento.

"Insomma..." continuò Ahriman "Io non valgo un granché in termini di gerarchia e genetica. Sono un mortale, morirò di nuovo. E va bene così, ho compiuto la mia scelta, ma...".

"Ahriman... io ti ho cresciuto, ti ho addestrato e istruito. Avrei anche potuto non farlo, molti demoni ignorano la propria prole. Ti ho insegnato quel che serviva, ti ho lasciato gli hotel e una certa sicurezza economica. Ti ho permesso di seguire ogni sogno, lasciandoti piena libertà di scelta. Ho tentato di proteggerti finché ho potuto, di aiutarti finché ho potuto...".

"Ma...".

"Non ho mai chiuso le porte, nemmeno quando tu volevi che le chiudessi. Quando sei morto, ho voluto essere il tuo avvocato per garantire l'ergastolo a chi ti ha fatto del male. Davvero... non so che altro avrei dovuto fare per dimostrare quanto mi importi di te. Ma... tua libera interpretazione. Al Kerigma sono certo che saranno tutti felicissimi di vederti e sarai libero di vivere la vita come meglio credi".

"Io non...".

"Posso anche sparire, se è quel che preferisci, ma sappi come mio figlio ho sempre accettato quel che sei. Umano, mortale, demone... sei comunque mio figlio. E lo sarai sempre, anche quando saranno passati secoli dalla tua morte".

Ahriman non rispose. L'auto correva veloce e non sapeva cosa dire. Il resto del viaggio fu piuttosto silenzioso, accompagnato dalle luci dei fari delle auto nella notte. In cielo si vedeva la luna e il mortale le sorrise, felice di rivederla.

L'auto fu lasciata nel parcheggio riservato del Kerigma e Ahriman si mise a correre con entusiasmo verso l'ingresso. I fattorini e le guardie lo fissarono increduli ma lui li ignorò, entrando e dirigendosi verso la reception.

"Azazel!" esclamò, spalancando le braccia.

Il receptionist riagganciò il telefono, rimanendo incredibilmente senza parole mentre il mortale scavalcava il bancone e lo raggiungeva. Il minuto e piccolo Azazel fu facilmente sollevato da Ahriman.

"La vita è bella, Azazel!" rise l'umano, che ignorò le proteste del messaggero e gli allungò perfino un bacio sulla guancia.

Lucifero rientrò in hotel con molta più calma, mentre i dipendenti demoniaci del Kerigma si radunavano attorno ad Ahriman per salutarlo. Azazel, ormai libero, tentò di ricomporsi al meglio e incrociò lo sguardo del proprio capo.

"Merda, avete un aspetto orribile" commentò, sistemando il papillon della divisa.

"Anch'io sono felice di rivederti, Azazel" ghignò Lucifero "Mia moglie è qui?".

"No. Da quando siete andato via, sta praticamente sempre con le bambine e il resto dei vostri figli".

"E Lilith?".

"È nel vostro universo, anche lei. Ancora in maternità".

"Capisco... Qui tutto ok?".

"Alti e bassi ma direi tutto bene. Espero e Najira si sono rivelati provvidenziali in certe occasioni. Immagino avrete modo di farvi raccontare...".

"Immagino di sì...".

"Però davvero non avete un bell'aspetto. Che è successo? Come avete fatto a riportarlo in vita?".

"Avrò modo di raccontartelo. Ora scusami, ma voglio tornare a casa mia".

"Comprensibile. È... bello rivedervi, boss. Vale per entrambi!".

"Che tu ci creda o no, vale lo stesso anche per me!".

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