Uguali e diversi

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"Non mi piace quella faccia" commentò Lailah, osservando Espero.

"Quale faccia?" finse di non capire l'angelo.

"Quella che dice: è successa una cosa che non mi piace ma non posso aprir bocca".

"Se sai che non posso aprir bocca, non chiedere...".

I due erano in veranda, nell'universo creato da Lucifero, e osservavano le bambine e il figlio di Magdalena mentre si inseguivano tra l'erba. Stava calando la sera ma il clima era mite ed era bello stare all'aperto. Poco più in là, Lilith era riuscita a far addormentare il proprio piccolo e si godeva qualche istante di pace.

"Dimmi solo se è successo qualcosa di brutto" insistette Lailah "Così mi preparo mentalmente...".

"Di brutto non direi. Di strano, quello sì. Decisamente strano".

"Najira ha detto che ci sono stati dei movimenti nella Gehenna in questi giorni...".

"Quello non posso saperlo. L'Inferno non rientra nella mia giurisdizione".

"Lo so, ma... c'entra tuo padre, per caso?".

"Non posso dirtelo".

"Fanculo!" si indispettì Lilith "Questa non è la Terra! Non serve che segui le regole di chi l'ha creata! Sputa il rospo!".

Espero finse non di non aver sentito. Seduto sul pavimento in legno, sorseggiava un alcolico dalla bottiglia e ignorò le due donne per buona parte della serata. Era quasi buio quando il portale si aprì, tingendo di rosso la stanza che lo conteneva. I presenti lo notarono e rientrarono in casa. Chi poteva essere a quell'ora? Lailah sperò non fosse di nuovo Azazel con qualche altra notizia poco simpatica. Mai si sarebbe aspettata di veder aprire la porta ad Ahriman e rimase a fissarlo incredula, con Lilith poco più in là. Le due si fissarono, come a chiedersi se fosse vero oppure un sogno, incapaci di capire.

"Ciao a tutti" salutò Ahriman, muovendo la mano "Come va? Vi sono mancato?".

Dietro di lui, Lucifero finalmente fu libero di usare i propri poteri e curò all'istante ogni ferita o graffio.

"Me lo hai riportato!" riuscì finalmente a dire Lilith, correndo a riabbracciare il figlio.

Anche le gemelle e il figlio di Magdalena  raggiunsero Ahriman, saltellando per l'entusiasmo. Il mortale si stupì nel vedere il bambino in quel luogo e si guardò attorno in cerca di spiegazioni.

"Dovrete essere aggiornati su alcune cose" commentò Espero, raggiungendo per ultimo la stanza "Immagino che anche voi avrete di che raccontare...".

Il suo sguardò si posò su quello di Lucifero, che non rispose. Lilith non si staccava dal mortale  appena tornato in vita, ancora incredula.

"Ma ora sei tornato!" gli disse, osservandolo bene "Non sei qui solo per poco, vero? Sei qui per... vivere, giusto?".

"Sono mortale, mamma. Un giorno morirò ma spero accada tra molto tempo".

Madre e figlio si abbracciarono di nuovo.

"Che cosa è successo?" mormorò Lailah al marito, raggiungendolo e prendendolo per mano "State bene?".

"Ti racconterò tutto" la rassicurò lui, con un bacio sulla fronte "Che meraviglia rivederti! Voi come state? Perdonami se ci ho messo tanto...".

Lei rispose con un bacio sulle labbra e un forte abbraccio, le gemelle la imitarono poco dopo.

"Dov'è Kairos?" domandò Lucifero "E perché il figlio di Magdalena è qui? E in quella culla...?".

"Una cosa alla volta!" lo fermò la moglie "Kairos è nella foresta. Si occupa delle anime di questo mondo".

"Anime?! Quali anime?!".

"Il figlio di Magdalena l'ho portato qui io. So che non avrei dovuto, ma nessuno mi ha fermato...".

"Ok... e...".

"E nella culla c'è tuo figlio. Lo ha avuto Lilith poco tempo fa".

"Eri incinta quando sono partito?!" le chiese il demone, guardando la tentatrice e poi il bambino.

"Non lo sapevo" ammise lei "Io e te non siamo bravi a programmare certe cose, a quanto pare...".

"E come hai...?".

"Espero mi ha aiutata molto. La sua magia mi ha permesso di farlo nascere".

"Ti sei scopato mia madre?!" esclamò Ahriman, fissando Espero con stupore e lieve disgusto "Non avevi un'altra donna da cui andare?!".

"Forse quella che a sparato a te?".

"Stronzo...".

"Coglione".

"Ragazzi!" interruppe Lucifero "Per favore! Ho già l'emicrania, non peggioriamo le cose...".

"Scusa" si affrettò a dire Espero e Ahriman storse il naso, trovando il fratello fin troppo servizievole.

"Immagino abbiate bisogno entrambi di riposo" ipotizzò Lailah "Perché non ce ne andiamo tutti a dormire e domani mattina, con calma, ci raccontiamo tutto?".

"Io non sono affatto stanco" commentò Ahriman "Ma suppongo che una dormita non possa farmi male...".

"Vieni da me!" lo invitò la madre "La tua stanza è sempre pronta. E domani mattina ci ritroviamo tutti qui per la colazione, che ne dici?".

"Io... non so se...".

"Non sei obbligato" lo interruppe Lucifero "Prenditi tutto il tempo che ritieni necessario per fare quel che ritieni giusto. Io non ti obbligo".

L'umano si limitò ad annuire, senza aggiungere altro. Si congedò, seguendo Lilith e tenendo per mano il figlio di Magdalena. Espero rimase a osservare in silenzio e si voltò verso il padre, tentando di trovare le parole giuste.

"Ha passato mesi all'Inferno" spiegò Lucifero "Pure io vorrei stare ben lontano da chi lo ha creato...".

"Ma tu lo hai salvato! Lo hai riportato in vita!" protestò Espero "Non senza conseguenze...".

"Va bene così. Credimi. Non ti preoccupare. Piuttosto, quando torni in Cielo, chiedi cortesemente a Raphael se può parlargli. Credo che avrà qualche trauma da superare e l'Arcangelo guaritore saprà di certo cosa fare".

"Hai ragione. E... spero che non ti infastidisca se io e Lilith abbiamo...".

"Hai permesso a tuo fratello di venire al mondo. Hai in qualche modo contribuito a creare una vita. Non senza conseguenze, suppongo...".

"Il mio ruolo angelico non è cambiato, se è questo quel che vuoi sapere".

"Ottimo. Allora va benissimo così, dico bene? Non mi infastidisce affatto. Tutti scopano con Lilith. Lilith scopa con tutti. Lilith scopa bene. Di certo è una piacevole esperienza".

"Lo è stata. Ma ora che è nato, io...".

"In questo universo sei libero di fare tutto quel che vuoi. Se volete far sesso, fatelo pure".

"Oh... ok... ma...".

"Non intendo parlare di altro per ora. Voglio solo andarmene a dormire. A domani...".

Il figlio si congedò dal padre e Lucifero finalmente riuscì a buttarsi fra le lenzuola del grande letto rotondo che tanto amava sua moglie. Socchiuse gli occhi, l'emicrania lo tormentava e i segni che aveva alle braccia ancora bruciavano. Per fortuna erano quasi impercettibili quando usava i proprio poteri. Udì Lailah augurare la buonanotte alle bambine, ancora molto eccitate per il ritorno del padre ma decisamente stanche, e la vide entrare silenziosamente in camera.

"Sei ferito?" gli domandò lei, avvicinandosi.

Era vestita di bianco, con una lieve vestaglia di seta. Lui scosse la testa, osservandola. Il demone si rialzò a sedere, allungando la mano verso di lei e tirandola verso di sé.

"Mi sei mancata" le disse "Mi siete mancati tutti...".

"Anche tu ci sei mancato tanto" sorrise lei, buttandogli le braccia attorno al collo "Sono stati mesi molto impegnativi".

"A chi lo dici...".

"Cosa hai dovuto dare in cambio? Cosa hai dato per ottenere la vita di Ahriman?".

"Nulla che possa farti del male, mio angelo".

"Ma...".

Lucifero la zittì con un bacio. Non aveva voglia di parlare. Non aveva voglia di riflettere o di pensare ad altro se non a lei, che con quella veste così semplice trasmetteva tutta quella virginale pudicizia di cui era sempre stato pazzamente attratto. Lailah in principio fu titubante, pensò alle bambine forse ancora sveglie e al fatto che il marito fosse appena tornato da un lungo e stancante viaggio. Ma poi nella mente le riecheggiarono le semplici parole che lui le aveva sussurrato la prima notte di nozze: lasciati andare. Capì che nella sua vita non aveva mai ricevuto consiglio migliore.

Lucifero riaprì gli occhi quando il giorno ormai era inoltrato. Sapeva che lo attendevano in molti, con spiegazioni da dare e faccende da spiegare. Avrebbe dovuto di certo svelare a sua moglie il patto che aveva stretto e si fissò i polsi, sospirando. Lo aveva fatto per Ahriman, si disse, e sorrise: era assolutamente certo che ne fosse valsa la pena. O forse no? Si alzò, sentendo la testa estremamente pesante. Sapeva perché. La conosceva fin troppo bene quell'emicrania e affondando una mano fra i capelli le sentì. Le sue corna, simbolo di un'aureola persa e di una famiglia lasciata alle spalle, erano di nuovo lì. Spuntavano di nuovo, lentamente, provocando un dolore difficile da sopportare.

"È per Ahriman" si disse, sperando davvero che ne valesse la pena.

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