Ritrovarsi

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Espero era davvero fiero di essere riuscito a ottenere una prima sentenza d'ergastolo e di conseguenza era di splendido umore. I mesi scorrevano a una velocità che faticava ad accettare e si godeva il primo sole dell'imminente primavera standosene seduto a gambe incrociate davanti a un tavolino esterno del Kerigma. Stava raccontando l'udienza appena conclusa ad Azazel, in pausa caffè, e Lilith. La tentatrice lo ascoltava con un grande sorriso soddisfatto e il receptionist aveva proposto un brindisi.

"Bevete voi per me" era stato il commento di Lilith, ormai quasi al termine della gravidanza.

"Purtroppo la faccenda è ancora lunga" ammise Espero, sorseggiando uno strano drink con la cannuccia e l'ombrellino "Faranno ricorso e non è detto che l'ergastolo venga confermato anche nelle prossime sentenze ma...".

"È una buona partenza" concluse Azazel, concedendosi un bicchiere di qualcosa di ben più forte.

"Esatto!".

L'angelo narrò ancora di come il giudice avesse rigettato ogni possibile attenuante, continuando a sorridere. Poi di colpo fece silenzio, ruotando gli occhi al cielo. Due uomini molto alti, uno bianco con abiti bianchi e l'altro nero con abiti scuri, lo affiancarono al tavolo.

"Buongiorno, carissimi" salutò "Un drink? Offre la casa".

Azazel li fissò con fastidio, mentre restavano in silenzio.

"Cosa c'è?" sbottò Espero "Siete vittime della congiura dei minchioni che solitamente vi venerano? So che non parlerete in coro e so che cosa volete dirmi. Potete anche andarvene, grazie".

"Lord Espero...".

"Dimmi, Metatron. Sono tutto orecchi. Ma bada bene che non sei nella posizione per potermi dire quel che ciarli con il tuo gemellino".

Metatron e Sandalphon si lanciarono un'occhiata dubbiosa.

"Coraggio, vi ascolto. Oppure sparite".

"Lord Espero... riteniamo debba rientrare definitivamente in Cielo, abbandonando simili luoghi" parlò Sandalphon.

"Luoghi? Pensavo che il vostro problema principale fosse Lilith...".

"Troviamo non sia un atteggiamento molto... consono" ammise Metatron.

"E chi sei tu per potermelo dire? Ricordo che tu e il tuo gemellino siete tutt'ora sotto stretta sorveglianza per alcune vicende... decisamente poco consone!".

"Noi abbiamo...".

"Lo so cosa avete fatto. Non obbligatemi a ripensare a certe cose, per favore. Ero un bambino...".

"Lord Espero, noi...".

"Silenzio, per favore. Venite qui".

I gemelli si fissarono di nuovo e avanzarono di qualche passo.

"Più vicini" parlò a bassa voce Espero, obbligandoli a chinarsi "Vi ha forse mandati qualcuno qui a parlare con me? E non mentitemi, perché già so la risposta".

"No" ammise Metatron "Cioe... noi e altri angeli abbiamo convenuto che...".

"È stato forse Dio a mandarvi?" sussurrò ancora più piano il figlio di Sophia.

"No...".

"E allora voi con che autorita venite qui a disturbarmi? Io sono vostro superiore, io sono la Sapienza e solamente Dio può darmi degli ordini".

"Sì, ma...".

Espero si alzò, mostrando di superare in altezza i due gemelli, e allungò un dito sotto il mento di Sandalphon.

"Solo Dio può darmi ordini, chiaro?" ripetè "Solo Dio può punirmi, rimproverarmi e disturbarmi. Chiaro? Voi siete forse Dio?".

"No! Noi non...".

"E allora fuori dai coglioni. Non costringetemi a diventare cattivo!".

I due si allontanarono in fretta. Espero notò lo sguardo incuriosito di Michael, seduto assieme a Carmilla qualche tavolo più in là, e gli sorrise divertito.

"Non mi piace avere a che fare con quelli" ammise Azazel, mentre Espero si rimetteva a sedere "Mi mettono i brividi".

"Li ho mandati via. Non torneranno tanto presto" lo rassicurò l'angelo, finendo il suo drink.

"Problemi, Lord Espero?" si incuriosì Michael, raggiungendo il gruppetto.

"Nessuno, generale. Spero mi possiate dire altrettanto".

"Assolutamente".

"Allora buona giornata...".

L'arcangelo si allontanò e Azazel fissò con malcelata ammirazione il figlio di Lucifero. Era così calmo, posato, e riusciva a trasmettere un'autorità e un timore notevoli perfino ai più potenti del Paradiso. Il tutto senza battere ciglio. Un gruppo di ragazze, ospiti dell'hotel, lo osservava sospirando e sussurrando dichiarazioni d'amore. Quanto era bello! Che peccato non averlo nelle schiere infernali...


"Lui non doveva essere qui".

Una frase ripetuta a oltranza, con sempre più voci e tono in ascesa. Il corridoio illuminato si spegneva dopo ogni passo di Lucifero, che si era messo a correre per lasciarsi alle spalle quelle parole sempre più forti. Quando finalmente riuscì a scorgere la fine di quell'interminabile percorso, quella frase era diventata un grido assordante.

"Basta!" urlò il demone e tutto di colpo tacque.

Il corridoio terminava con una grande stanza spoglia priva di uscite e al centro di essa, in piedi, stava l'anima di Ahriman. Con lo sguardo rivolto verso il nulla, l'anima se ne stava immobile e scattò per lo spavento quando vide Lucifero. Colui che lo cercava invece provò un improvviso e rassicurante sollievo, lieto di aver finalmente trovato chi voleva.

"Ahriman?" lo chiamò, insicuro sul da farsi.

L'anima tremò spaventata e si mosse, fluttuando all'indietro verso una delle pareti.

"Ahriman!" lo chiamò ancora Lucifero, non capendo quella reazione.

"Che cosa vuoi adesso?" gemette Ahriman "Io... non so dove altro andare!".

"Ma cosa stai...".

"Lasciami in pace!" si accigliò l'anima, con un tono di voce che si sforzava di sembrare convinto e aggressivo.

"Ahriman... io non...".

"Lasciami in pace! Va via! Andate via tutti!".

Lucifero intuì che probabilmente si trattava di un qualche tipo di condanna, di tortura infernale. Ignorando le sue proteste e grida minacciose, si avvicinò e lo strinse forte a sé. Lo abbracciò stretto, come sognava di fare da tempo.

"Sono papà" gli disse "Sono papà...".

"Papà?" si stupì Ahriman, rimanendo immobile avvolto fra quelle braccia per qualche istante.

"Sono qui, Ahriman".

"Ma... cosa ci fai qui?" chiese l'anima, scansandosi dubbiosa.

"Sono venuto a portarti via. Tu non devi stare qui".

"Cazzate. Nessuno può lasciare l'Inferno, me lo hai sempre detto. Chi ci viene mandato è perché è giusto che ci stia".

"Nel tuo caso c'è stato un errore. La tua anima non era prevista. Ma io posso rimediare. Posso portarti in Cielo".

"Ma non si può! Non è mai successa una cosa simile!".

"E cosa vuoi che me ne importi?!".

"Fammi capire... tu, nonostante abbia indubbiamente altro da fare, sei venuto fin qui a cercarmi per portarmi in Paradiso?".

"Esatto".

"Ma sei... coglione?! Come pensi di fare? Nemmeno sai come lasciare questo posto! Il sentiero da cui sei venuto non esiste più! Come pensi di lasciare la Gehenna, che è progettata per non far uscire le anime erranti?!".

Lucifero rimase leggermente interdetto da quelle parole. Si aspettava decisamente un'accoglienza diversa!

"Infrangi le regole" continuò Ahriman "Metti in pericolo te stesso e chi hai accanto, ti allontani dalla tua famiglia che ha ben più bisogno di te per cosa? Per me? Il Paradiso non mi accetterà mai! Ricordati che ho progettato e gestito il Kerigma, nato per tentare anime umane".

"Ma nell'ultimo decennio non volevi tentarli. Ti sei rivelato di animo buono, compassionevole. Non meriti l'Inferno".

"E nemmeno io Paradiso. Per questo sono qui. In una stanza vuota, priva di uscite e di finestre, a ricordarmi quanto nulla mi spetti".

"Questo atteggiamento non fa che tenerti inchiodato qui".

"Io non verrò con te" scandì Ahriman "Paradiso, Inferno, Gehenna... che cambia? Sono morto. Mi hanno ucciso. La mia vita è finita e passare l'eternità con visioni di te che mi rimproveri o mio fratello Espero che mi fissa dall'alto della sua torre per me è lo stesso: un'agonia che si protrae per l'eternità! Ed è quello che mi merito. Io non verrò con te".

"Tu stai delirando! Tu verrai con me e ti ci trascinerò fuori a forza, a costo di distruggere questo posto pezzo dopo pezzo!".

"Torna dalla tua famiglia. Torna da chi ha bisogno di te. Lailah, Kairos, Najira... torna da loro. Non puoi fare più nulla per me".

"Anche tu hai bisogno di me. Avevi bisogno di me anche molto prima di venire qui. E io non c'ero. Ma ora sono qui. Un po' tardi, ma ci sono".

"Appunto: tardi. È tardi, papà. Io sono morto. Accettalo. E torna a casa".

"Ma...".

"Torna a casa".

Lucifero provò a ribattere ma ombre oscure iniziavano ad addensarsi in quella stanza, prima incredibilmente luminosa. Ombre, voci, grida... tutti si accavallava e si scomponeva, per poi reintrecciarsi e avvolgere il demone, allontanandolo da suo figlio.

"No!" riuscì a gridare, sfoderando la spada e sferrando un fendente "Non me lo porterete via!"

Tutto tremò, lo squarcio che si aprì iniziò a ingrandirsi a velocità sempre più sostenuta. Lucifero spalancò le ali e afferrò saldamente Ahriman, ignorando le sue proteste. Era stanco: voleva andarsene da quel fottuto posto!

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