Quarta Prova - Azzurrina

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Prova basata su un evento storico: Azzurrina, 21 giugno 1375

Azzurrina 21 giugno 1375

Mi sorrideva da sotto il suo nero cappuccio, nascosta dove la luce delle candele della mia stanza non arrivava. Era sempre lì, vigile e attenta.

All'inizio ne avevo avuta paura, e non poca ed essere sincera, ma poi con il tempo ci avevo fatto l'abitudine. Ombra era presenza costante nella mia vita.

Chiusa nella mia camera continuavo a far rimbalzare la palla contro il muro. Quella sera non riuscivo a prendere sonno. L'uscio della porta non attutiva la voce di mio padre, che continuava a sgridare mia madre. "Una strega hai partorito! Una strega! Non può essere mia figlia quell'essere?". Quando pensava che nessuno lo ascoltasse o vedesse, Ugolino Malatesta, si trasformava in un'altra persona, e il suo viso da premuroso e attento diventava furibondo e accidioso.

"Smettetela di chiamarla in quel modo, è solo una bambina" il suono di una sberla riecheggiò fino alle mie orecchie.

"Dovevamo ucciderla appena nata! Nascondere lo scandalo prima ancora che anima viva potesse vederla"

"La nostra bambina, non puoi davvero pensarlo?" la voce rotta dal pianto di mia madre.

"Sì che posso se a causa sua il buon nome dei Malatesta sta perdendo rispetto e onorabilità. In città mi guardano con sospetto, in battaglia gli altri uomini non seguono le mie direttive."

"Sta sempre chiusa nella sua stanza, hai messo anche due guardie affinché Guendalina sia protetta e lontana da occhi indiscreti e malpensanti. Vedrai che con il tempo la gente la dimenticherà."

"Non si può dimenticare il viso di un demone quando lo si vede."

Continuavo a far rimbalzare la mia piccola palla di stracci e stoffe contro i mattoni scuri, la mia amica sempre lì a tenermi d'occhio.

Piangevo, mi sentivo quasi di annegare in tutte quelle lacrime, perché ero nata mostro? Perché i miei capelli erano bianchi come la neve e non neri e lucenti come quelli di mia madre? La mamma spesso mi metteva strane misture scure e puzzolenti sulla testa, mi massaggiava tutti i capelli, uno per uno, voleva colorarli, come fossero un foglio bianco. Ma bastava rilavarli e tutto il colore scivolava via, e i capelli diventavano azzurri come il cielo senza nuvole. A me piacevano tanto, dello stesso colore dei miei occhi, ma a mio padre non piacevano. Lo vidi colpire la mamma in pieno viso, e la sua guancia si colorò come il fuoco. La colpa era mia e dei miei stupidi capelli, mamma soffriva e piangeva ma il colore non voleva saperne di starsene sulla mia testa.

Poi avevo questi occhi immensi e a palla, pallidi e malaticci come la mia pelle che vedeva poco il sole. Mi ero vista riflessa in un lago in un sogno, ero bella come mamma, però come per maleficio l'acqua m'inghiottì. Ora la stavo cacciando fuori da quegli occhi da mostro che mi ritrovavo, talmente tanta che mi stavo bagnando tutto il vestito.

Non dovevo farmi vedere da mio padre, o mi avrebbe sgridata ancora. Se sgridava me perché una figlia cattiva, poi non avrebbe più voluto bene alla mamma.

Ero una strega per questo nessuno voleva stare insieme a me. Fermai la palla tra le mie mani, asciugandomi le lacrime, accarezzai tutta la sua superficie ruvida.

Mi rivolsi poi ad Ombra "Gioca un po' con me per favore, sei l'unica amica che ho" le passai la piccola sfera fatta di stracci.

La vecchia signora allungò due dita ossute da sotto il manto color notte. Afferrò il piccolo giocattolo.

"Portami via con te" le sussurrai più vicina.

Ugolino Malatesta continuava ad urlare dalle sue stanze "Non sei stata in grado di gestirla, ha solo cinque anni e noi stiamo cadendo in rovina, non potrò mai auspicare a diventar Re finché lei è in vita"

"La nasconderemo in un convento, la porterò via da qui-"

"Non farai più niente, me ne occuperò io, quella strega non sarà più un problema".

Un brivido mi attraversò la schiena. Avevo paura delle parole di mio padre. Sapevo che quando lui si occupava di qualcosa, quella, puntualmente spariva.

"No, ti prego!"

Sentii la porta della loro stanza venir sbattuta furentemente.

Ugolino non mi aveva mai potuta sopportare, mi evitava sempre, non mi guardava nemmeno. Diceva che non dovevo farmi vedere da nessuno. Io non dovevo esistere. Ma come si fa a non esistere? Io non capivo come potessi fare a non esistere...

"Signora Ombra come si fa a non esistere?" domandai alla donna ancora nella mia stanza. La vedevo lì ferma, con la palla a mezz'aria tra le sue dita scheletriche.

Dei passi rimbombarono fuori dalla mia porta. "Signore, buona sera" annunciarono le due sentinelle.

"Ruggero, Domenico, ho un compito per voi questa sera. Riguarda mia figlia" disse Ugolino ai due. Le loro voci divennero poi un lieve sussurro.

La signora vestita di scuro con l'avanzar delle tenebre stava scomparendo. La vidi lasciar cadere la palla ai miei piedi e uscire attraversando la finestra. Mi affacciai cercando di seguirla con lo sguardo, stavo però attenta a non farmi vedere, i miei genitori non volevano che qualcuno mi notasse.

Mio padre vestito della sua armatura scintillante al galoppo si stava allontanando dal castello, pronto a combattere le sue battaglie.

Intanto Ombra con il suo mantello scuro stava spegnendo la luna e ogni stella. Guardando bene vedevo il suo sguardo triste e le labbra raggrinzite tra gli spiragli di cielo. Piccole gocce di pioggia cominciarono a venir giù, prima leggere, poi sempre più fitte. Ombra piangeva come me. Batté alla mia finestra affinché l'aprissi.

Misi i piedi sul baule e m'allungai sulla vetrata per far scattare l'apertura. Un'enorme folata di vento mi fece cadere all'indietro. La signora rise per il capitombolo, vidi il cielo illuminarsi e poi tuonare prepotente.

"Va bene allora giochiamo" urlai contro la notte, e lei rispose tuonando ancor più forte. Ridevo guardando la mia amica lassù, qualcuno mi voleva bene.

La signora dal manto grande e nero sussurrava nel vento parole che solo io potevo udire. Quella sera stessa avrebbe espresso il mio desiderio.

La porta alle mie spalle si aprì e i due armigeri fecero capolino nella stanza.

"Azzurrina, ti va di fare una passeggiata per il castello?"

"A quest'ora non si può" affermai convinta "è ora di dormire."

"Ma tu non stai ancora dormendo, facciamo un giro veloce che dici?"

Guardai verso Ombra e lei tuonò in segno d'assenso.

"D'accordo, però Ombra viene a giocare con me"

I due si guardarono per un attimo perplessi "Certo, come vuoi."

Uno dei due prese la piccola palla di stracci e la lanciò per i corridoi.

Corsi fuori ridendo. Quasi non la vedevo la mia piccola sfera, tanto era buio. Le fiammelle delle candele non erano molto forti e Ombra aveva tutto lo spazio che voleva per nascondersi.

Sentivo il giocattolo rimbalzare e ne seguivo il suono.

Domenico e Ruggiero mi stavano dietro e io ridevo per la loro andatura goffa e impacciata a causa dell'armatura. Suonavano le loro spade contro il fodero metallico e i loro passi riecheggiavano come campanelli.

Ombra era di nuovo davanti a me. Prese la piccola sfera tra le sue lunghe dita ossute e la lanciò giù per una stretta scalinata.

"Vado a prenderla" indicai la stanza in basso.

"Noi ti aspettiamo qui" dissero e uno di loro tirò fuori la spada dal fodero. Avevano forse paura della Signora dal manto scuro?

Scesi per le scale con un po' di timore, era freddo e buio e non riuscivo a vedere nemmeno i miei piedi. Con le mani tastai attorno nella stanza. C'era qualcosa di freddo umido e soffice. Non ero mai scesa lì sotto prima d'ora. Provavo a immaginare cosa fosse, potevano essere forse nuvole? Signora Ombra mi toccò alle spalle all'improvviso ed io urlai dal terrore.

Sentii i passi scampanellanti di una delle due sentinelle. La tiepida luce di una delle torce ad illuminare la stanza buia. C'era la neve! Tutto bianco come la neve!

Domenico mi veniva incontro, lo sguardo ridotto a due fessure, l'arma ben posizionata tra le sue dita.

"Andiamo Azzurrina" sussurrò come il vento Ombra, con la palla di stracci tra le sue mani. Un dolore lancinante mi colpì allo stomaco, incurante continuai ad avanzare verso la mia amica. Mi lasciai avvolgere dal suo manto nero, cura per ogni male.

Io e Ombra torniamo qui spesso a giocare, ma tu non sei più qui padre, non ci sono nemmeno più le guardie. Il castello è deserto, solo una mia foto incornicia la parete spoglia all'imbocco delle scale.

Io esisto Papà, tu non esisti più...

Nota_Autrice

Sono una ragazza abbastanza fifona, e diciamo che dopo aver letto svariate leggende su Azzurrina non ci ho dormito bene la notte!

Ho assecondato una teoria più o meno realistica dove la figura del padre prende connotazioni più negative del normale. Lo vedo quale mandante della stessa morte della bambina, per mezzo delle sue due sentinelle, le quali a loro volta moriranno dopo un paio di anni in circostanze al quanto misteriose...

Ho voluto affrontare il tutto tramite gli occhi della stessa bambina, e giocare un po' con la figura della morte, come sorta di unica amica, salvezza da quel castello a lei così ostile.

Ringrazio di tutto cuore per il supporto e i consigli preziosi il mio Angelo JennaRavenway, che nonostante gli esami ha trovato tempo per seguirmi in questa quarta prova!

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