16. Qualcosa di più

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Ashton:

Sono seduto in un bar vicino all'azienda da solo, a bere un caffè, e per poco, questo non mi va di traverso quando vedo entrare anche Kate Fischer.
Si, lo ammetto: la sto evitando

Da una settimana a questa parte, non le ho più rivolto la parola.
Sono passati sette giorni, da quando non sento la sua voce e sette giorni da quando non la guardo negli occhi, faccia a faccia.
Tutto quello che riguarda il lavoro lo stiamo svolgendo tramite e-mail con scritto lo stretto necessario.

In questo momento si sta sedendo anche lei su una sedia, intorno a un tavolo non troppo lontano da me.
Ma per fortuna non mi ha visto.

Da quel giorno che ha fatto quel sogno su di me, ho cercato di starle lontano.
Ho notato come lei mi trasforma.
In sua compagnia divento un'altra persona, invece io devo avere sempre tutto sotto controllo, solo che da quando la conosco non è più così.
Mi basta che mi stia vicina per non pensare più a nient'altro. 

Non conosco niente di lei, a parte che vive con il suo robot ed è laureata.
Vorrei sapere tutto ciò che la riguarda, ma ogni volta che provo ad avvicinarmi, lei mi allontana.
E forse è giusto così, anche per me.
Lavoro e vita privata dovrebbero essere due sfere diverse delle nostre vite, ma queste tre settimane il nostro rapporto è andato ben oltre quello che ci dovrebbe essere in ambito lavorativo.
C'è qualcosa di più e non voglio ammetterlo nemmeno a me stesso.

Perciò, ho deciso di prendere le distanze.
E forse è meglio anche per la mia salute mentale.
Quella ragazza è capace di farmi impazzire. In tutti i sensi.

Mi costringo a distogliere lo sguardo da lei e continuo a bere il mio caffè, per poi passare la lingua tra le labbra come per non perderne neppure un goccio.
Appoggio la tazzina sul tavolo e mi alzo per andare via.
E per farlo, devo per forza passare davanti al suo tavolo.
Dannazione.
Farò finta di non vederla.

Faccio un lungo respiro e inizio a camminare a passo svelto e con lo sguardo sempre puntato in avanti, ma non appena supero il tavolino dove è seduta, sento un'esclamazione di sorpresa.
Cammina e non farci caso!

«Ashton, aspetta!»
Non ho sentito.
Io non ho sentito niente!

Continuo a camminare a passo più svelto, finché poi non sento dei passi veloci seguirmi.
Merda
«Ashton! Aspetta!» sento ancora la sua voce, ma accelero sempre di più fino a uscire dal bar.

«Ashton? Fermati, parlami per favore.»
Non vedo.
Non sento.
Non parlo.

Proseguo, ma sento ancora i passi di lei che all'improvviso aumentano.
Oh, merda.
Si è messa a correre.
E perché cazzo sto correndo anche io ora?
Il mio cervello deve essersi fuso.
Cosa c'era dentro quel caffè?

Arrivato finalmente di fronte all'ascensore, la fortuna vuole che le porte si aprano immediatamente. Mi ci fiondo dentro, per poi aspettare che si chiudano prima che arrivi. Una volta in salvo, appoggio la schiena alla parete di metallo e faccio un lungo respiro.
Ma che è appena successo?

Arrivo al mio ufficio e nemmeno a farlo apposta, Kate è già arrivata. Anche lei veloce come un fulmine, deve aver preso l'altro ascensore.
«Ashton, apriiiii!» la voce di lei si sente da dietro la porta. 
No!

«Ashton Crew, apri questa porta o la sfondo!» Sembra quasi credibile, finché poi aggiunge: «Okay, mi piaceva dirlo, non riuscirei mai a farlo.» Ridacchia.
«L'ho sempre sentito dire nei film.»

Non rispondo, ma uno stupido e piccolo sorriso spunta sulle mie labbra.
«So che mi stai evitando, ma il punto è che non ne capisco il motivo. Cosa ti ho fatto? Sono la tua assistente, non puoi evitarmi per sempre.»

Invece lo farò.

«Odio questo silenzio, parlami. Dì qualsiasi cosa, voglio... Voglio solo sentire di nuovo la tua voce.»

Ma non parlo.
Voglio prendere le distanze da lei. 

«Okay, ho capito. Io... Vado.» Sospira triste, anche se dalla sua voce capisco che sta aspettando che io la richiami. Non succede.
Faccio un lungo respiro e non appena sento i passi che si allontanano, mi stacco dalla porta e raggiungo la mia scrivania.
Mi siedo sulla mia sedia girevole e sbuffo sentendomi un po' nervoso e giù di morale.

La mattinata scorre in fretta e quando arriva l'ora di pranzo, esco dal mio ufficio per poi raggiungere l'esterno dell'azienda.
Raggiungo la mia auto, ma mi blocco di scatto quando trovo Kate che mi sta aspettando proprio lì.

Non mi ha ancora visto, dato che sta guardando la macchina, così ne approfitto e torno leggermente indietro, per poi cambiare direzione e raggiungere la strada, dove faccio cenno al taxi, che sta passando proprio ora, di fermarsi.

Non appena si ferma di fronte a me, apro lo sportello e velocemente mi fiondo dentro.
Sto per chiuderlo, quando però sento la sua voce.

«Aspettiii!» strilla.
Mi giro di scatto e prima che possa fare qualcosa, apre lo sportello che io sto ancora tenendo e mi sorride.
Lascio andare la presa e lei mi strizza un occhio.

«Fammi spazio, grazie.»
Alzo gli occhi al cielo e mi sposto di lato per farla sedere.
Merda.
Mi ha fregato.
Si siede accanto, poi chiude lo sportello e si gira verso di me.
«Dove volete andare?» ci chiede il tassista.

«Dove vogliamo andare, Ashton?»mi chiede con un sorriso enorme stampato sulle labbra.
Io guardo lei, gli occhi incastrati nei suoi.
Ti odio.
Penso tra me e me.
«Al primo ristorante italiano che trova»
rispondo senza staccare lo sguardo dal suo.

«Allora, hai ancora la voce?» mi chiede Kate, sorridendo.
Non rispondo e incrocio le braccia al petto girandomi a guardare il finestrino al mio lato.
Nel mentre il taxi parte inoltrandosi nel traffico intenso di New York.
«Lo ammetto, mi è mancata la tua voce.»

Anche a me.
E mi è mancato soprattutto sentire il tuo profumo dolce.

Lo inspiro a fondo e per un attimo chiudo gli occhi, concentrandomi solo su quello.
Li riapro guardando i palazzi che scorrono, mentre la macchina prosegue la sua corsa.
«Hai intenzione di non parlarmi più?»
Non sta zitta neppure per un attimo.
Anche stavolta decido di non rispondere.
«Ieri sono andata a letto con James.
Abbiamo fatto sesso violento!»

Spalanco gli occhi e deglutisco rumorosamente.
La mia mano si trasforma in un pugno, mentre il mio stomaco si contorce su se stesso.
Perché mi sento come se mi avesse appena pugnalato al petto?
«SI FERMI!» grido all'autista.

Non voglio rimanere qui.
Non voglio più vederla.
Con un robot.
Con un maledetto e stupido robot!

Il tassista si ferma di scatto e io gli lascio cento dollari sul sedile, per poi aprire lo sportello e scendere in mezzo al traffico.
«Ashton, fermati!» mi grida lei.
Col cazzo che mi fermo.
Le macchine arrivano da ogni lato, cerco di attraversare la strada mentre tutti mi maledicono suonando il clacson insistentemente.

«Ashtoooonnn, ti farai uccidere così!» urla, ma io faccio finta di non sentirla e proseguo per cercare di raggiungere l'altro lato della strada che sembra non arrivare più.
Mentre sto camminando, una macchina frena di scatto fermandosi a soli pochi millimetri dalle mie gambe.
Spalanco gli occhi mentre sento la rabbia scorrere dentro di me.
Vorrei solo spaccare qualcosa.

Cammino ancora, finché finalmente non raggiungo l'altro lato della strada.
Faccio un respiro di sollievo e proseguo senza sapere neppure dove stia andando.
Mi guardo attorno e noto che è pieno di ristoranti, così entro nel primo che capita.
Guardo i tavolini quasi tutti liberi e mi siedo sbuffando rumorosamente.
Respira.
Respira.
Respira.
Per te Kate è solo una dipendente.
Giusto?

"Abbiamo fatto sesso violento"

Questa frase si sta ripetendo nella mia mente come un maledetto disco guasto.
«Cosa posso portarle?» un cameriere si avvicina e io lo guardo confuso.

Non ho neanche idea di cosa facciano da mangiare.
Mi guardo attorno e vedo dei disegni di piadine con Kebab, così ordino proprio quello e lui annuisce per poi lasciarmi solo.
Ho sempre prenotato i ristoranti.
Non è mai capitato che andassi a caso, poi arriva Kate e mi sconvolge l'esistenza.
Odio non avere tutto sotto controllo.

«Sto cercando un ragazzo biondo, occhi blu, alto, muscoloso...» sento la voce di una ragazza e alzo immediatamente lo sguardo.
È Kate!
Ma smette di parlare quando si gira proprio verso la mia direzione.
Ringrazia il ragazzo con cui stava parlando e si avvicina rapidamente.
Il viso preoccupato e sconvolto.
Sposta la sedia a fianco alla mia e prende posto accanto a me.

«Ashton, rischiavi di farti uccidere!»  mi dice arrabbiata. «Ti ho cercato ovunque.»

«LASCIAMI IN PACE!  Che cosa vuoi da me? Si può sapere???» e senza rendermene conto, urlo.
«Almeno mi stai parlando, adesso»
sorride leggermente e io la guardo ancora peggio.
Non è proprio il momento di scherzare.
Non mi va per niente.
«Vattene, non ho voglia di parlare con te» abbasso lo sguardo e stringo il pugno accanto alla sedia.
«Io invece ne ho voglia, anche molta» annuncia.

Non rispondo e mi mordo il labbro inferiore, nervoso.
«Non ho fatto niente con James.»
E la sua voce risulta bassa e delicata.
«Non sono affari miei quello che fai con lui. Puoi fare quello che ti pare» rispondo, alzando lo sguardo verso di lei.

Afferra la mia mano, quella che è ancora stretta a pugno e la stringe nella sua. «Stavo solo scherzando per farti parlare!»
Si, come no.
Sposto la mano che lei sta stringendo e la appoggio sul tavolo.
Lei la toglie e mi guarda deglutendo, il viso rosso. Il mio rifiuto non le piace affatto.

«Non toccarmi» dico con una voce bassa e quasi minacciosa.
I miei occhi sono puro ghiaccio.
E in questo momento anche il mio cuore.
Mi sento come se tutto stesse andando per il verso sbagliato.
Io non provo niente per Kate Fischer.
Niente.
Mi ripeto nella mente.
«Ashton! Stavo scherzando!» afferma, sconvolta.

Ma io non le credo.
Per lei ogni cosa è uno scherzo.
«Perché stai continuando a scusarti?!!
Noi non siamo niente. Non siamo neppure amici. Quindi lasciami in pace»

Mi guarda.
Non dice niente.
Abbassa lo sguardo e non parla più.

Nel mentre il cameriere arriva con la piadina avvolta in carta d'alluminio, appoggiata su un piatto di plastica, per poi mettere il tutto sul tavolo.

«Buon appetito!» si rivolge a me e io annuisco sussurrando un grazie.
«Signorina, a lei cosa porto?»
Lei lo guarda e scuote la testa facendo cenno di no.
«Niente, grazie.» Lui annuisce e subito dopo si dilegua.
«Devi mangiare» mormoro un po' più calmo.
«Non ho più fame» sussurra triste, senza guardarmi.
«Mangia un po' della mia.»
Dannazione.
Non riesco a non preoccuparmi per lei.
«No, grazie, non ho fame. Sto bene così.» il suo sguardo è abbassato verso il tavolo.
Che testarda.
Sento il suo stomaco brontolare.

«Kate, ho detto, mangia» dico in tono autoritario. Alza lo sguardo di scatto colta alla sprovvista dal mio tono di voce.
«Non ho fa...» avvicino la piadina alle sue labbra e la guardo con un sopracciglio sollevato.
In risposta sul suo viso si forma un piccolo sorriso.
«Apri la bocca e mangia questa dannata piadina!»

Continua a sorridere poi apre la bocca e le dà un morso.
Subito dopo annuisco serio in viso.
Finalmente.
Poi sposto la piadina e gli do un morso anche io.

Dopo aver inghiottito faccio la stessa cosa di prima, quindi la avvicino di nuovo alla sua bocca.
Senza dire niente le dà subito un altro morso.
Facciamo così per tutta la piadina.
Un morso lei e uno io.

Quando poi ne rimane solo un piccolo pezzo, lo avvicino di nuovo alle sue labbra.
«Mangialo tu questo» mi dice.

«Ti sei finita metà della mia piadina e ora ti preoccupi dell'ultimo pezzo?»
Scoppia a ridere, così apre la bocca e quando preleva il pezzo che io ho tra le mani, le sue labbra sfiorano le mie dita.
Se ne accorge anche lei perché il suo sguardo si sposta verso i miei occhi, diventando rossa in viso.
Un brivido percorre la mia schiena, insieme a un'immediata reazione fisica che mi fa spalancare gli occhi.
No, no, no. Non può essere.

Tolgo le dita di scatto e deglutisco.
A me non importa niente di Kate Fischer!
Più penso alle sue labbra e più questa aumenta sempre di più.
Non è possibile! Ci mancava solo questo.

"Ieri sono andata a letto con James!"
Non appena mi ripeto questa frase nella mente, subito inizia a diminuire.
«Devo andare!» dico a Kate che ora mi sta guardando un po' confusa.
Spero di non aver fatto qualche faccia strana.
«Ehm, okay» replica abbassando lo sguardo.
È ancora triste.
E lo sono anche io.

«Ciao.» Mi alzo e lei solleva lo sguardo verso di me. Quindi si alza anche lei.
«Vengo anche io» mi dice e io faccio cenno di no.
«Meglio di no» affermo, deciso.
Mi giro senza più guardarla, pago il conto ed esco dal ristorante sentendomi come se avessi un peso addosso.

**************
Purtroppo sì..
Staranno un po' lontani.
Entrambi sono mooolto confusi! ❤️

Sono curiosa: Cosa pensate di questo capitolo?
Nessuno di loro due vuole ammettere che c'è qualcosa di più, quindi preferiscono allontanarsi piuttosto che affrontare questo cambiamento. Che ne pensate voi?

Un bacione! A presto! ❤️


















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