17. Ne sei sicura?

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Kate:

Oggi sono buttata sul divano a mangiare patatine e gelato.
Si, lo so.
Salato e dolce non si dovrebbero mangiare insieme, ma quando sono depressa non mi curo molto dei miscugli che faccio.

Sto guardando un film, ho il pigiama con gli orsetti e le pantofole gialle, con la testa grande di Winnie the Pooh, che sporge in bella vista. I miei capelli sono legati in una crocchia disordinata e penso di essere abbastanza inguardabile.
In più, sto mangiando come un maiale.
Quindi fra poco non ci starò nemmeno più su questo divano e mi dovrò sdraiare in terra, perché il mio sedere sarà troppo grosso.

«Kate, stai continuando a mangiare?»
la voce di James, mi fa alzare gli occhi verso di lui.
In questo momento ho una patatina con sopra del gelato, che stavo per mettere in bocca. Mi blocco a metà e scuoto la testa. «Io? Nooo...» metto la patatina in bocca e mastico velocemente, per poi alzare le mani vuote in aria.
«Vedi? Non ho niente!» Lo guardo in modo innocente e lui mi scocca un'occhiata di ghiaccio. Mi sto comportando come una bambina viziata, e il mio robot come mia madre.
«Non dovresti mangiare così tanto, poi ti sentirai male!»

Faccio una risatina. «Naaah, fidati, sono capace di mangiare mooolto di più e non mi sono mai sentita male. Puoi star tranquillo, James!»
Alza un sopracciglio e mi guarda con una mano sul fianco.
«E va bene. Continuo a fare le faccende di casa, chiamami se hai bisogno.»
Sorrido e annuisco, poi non appena si allontana, continuo a ingozzarmi.
A James ho comprato dei vestiti nuovi, ora sembra un uomo a tutti gli effetti.
Niente più vestaglia rosa.
Ha una maglietta bianca che evidenzia tutti i suoi muscoli e dei jeans chiari che valorizzano le gambe chilometriche.
È bellissimo.
La stanza che usavo come sgabuzzino adesso è diventata camera sua. Gli ho comprato il letto, il mobile e i comodini. Adesso è completa, quindi sono felice che abbia un posto tutto suo.

Ho scoperto che tra tutte le cose che sa fare, rientrano anche le faccende di casa e ultimamente, sta facendo tutto, compreso cucinare.
Un po' mi sento in colpa, ma insiste che per lui non è un problema.
Sa essere davvero dolcissimo.
È sempre disponibile e carino con me, nonostante non stia facendo "quello per cui è stato creato".

È davvero un robot con i fiocchi.
In tutti i sensi.
Sarebbe il ragazzo perfetto per me.
Dolce, premuroso, gentile. Senza contare, super sexy.

Smetto di pensare a lui, quando sento un crampo allo stomaco.
Mi tocco la pancia con una mano e con l'altra mi sollevo un po', per poter appoggiare le cose sopra il tavolo.
Solo che appena lo faccio, inizia a venirmi la nausea.

«Jaaameeesss!» urlo e lui si precipita subito in mio soccorso.
«Credo che stia per vomitare!»
Farfuglio, mentre il mio stomaco intanto fa dei strani rumori. È come se dentro si fosse agitato l'inferno.
«Vomitare?» ripete allarmato, mentre si siede accanto a me e appoggia la sua mano sulla mia schiena.
«E io cosa posso fare per aiutarti?»
«Non lo so!» Mi chino su me stessa, quando altri crampi si fanno sentire sempre più forti.
«Qualcosa mi ha fatto male» brontolo, piagnucolando.
«Qualcosa?!» dice che tono severo. «Stai mangiando tutto il giorno, Kate! Ti avevo detto di non esagerare.»
«Troppo tardi!»
«Che faccio, quindi? Chiamo qualcuno?»
«No, no.» E subito dopo un altro crampo ancora più forte, misto a nausea.

Chiudo gli occhi e lo sento dire qualcosa, ma non ci faccio troppo caso.
Dio, che dolore!
Stupide patatine e stupido gelato!
I minuti passano, ma il dolore non smette.
James non fa altro che chiedermi come sto, ma la realtà è che ho mangiato così tanto per via della tristezza.
Al lavoro sono sempre sola, Ashton non mi parla. Da quel giorno che l'ho praticamente inseguito, si è allontanato ancora di più.
Ora sono rare persino le e-mail. E un'altra settimana è trascorsa senza poterci parlare.
"Stavi scappando da me? Ogni volta che mi avvicino, tu fuggi."

Ora è lui a fuggire da me...

E poi mi sento una stupida ad avergli detto che sono andata a letto con James solo per farlo reagire.
Parlo sempre senza pensare.

Improvvisamente suona il campanello di casa e James si alza di scatto.
«È arrivato!»
«Chi stiamo aspettando?» chiedo confusa, sollevando lo sguardo.
Non mi risponde e va ad aprire direttamente la porta di casa.

Nel mentre un'altra fitta mi fa piegare su me stessa, quindi stringo di nuovo gli occhi cercando di resistere.
Uff, non passa più!

Sento qualcuno avvicinarsi a me e sedersi accanto. Le sue gambe sfiorano le mie e subito dopo una mano calda mi sposta i capelli dal viso e mi tocca la fronte.
«Sto bene, James, non ho la febbre.»
«A me non sembra proprio che tu stia bene.»
Oh, mio Dio!
Sto sognando?
Apro gli occhi e mi giro di scatto.
«Che... Che ci fai tu... Tu qui?»

Arrossisco e lo guardo negli occhi.
Dio mio, quanto è bello.
È proprio bellissimo e sinceramente era l'ultima persona al mondo che pensavo avrei visto oggi, dato che non ho fatto altro che pensare a lui nelle ultime settimane.

«Io vado a fare la lavatrice.»
James parla, ma entrambi siamo troppo presi a guardarci a vicenda per dargli peso.
So solo che dopo qualche secondo rimaniamo soli.

Ashton toglie la mano dalla mia fronte e sospira.
«Mi ha chiamato e mi ha detto che stavi male, perciò...»
«Perciò sei qui per me» faccio un sorriso enorme, dimenticando per un istante persino il dolore.

«Perché credi abbia chiamato me?
I robot non sono capaci di accudirti se stai male. Nel loro cervello scatta una specie di allarme e sono tenuti a chiamare la prima persona che hanno conosciuto oltre te. In questo caso, me.
Sono qui solo per questo. Non farti strane idee.» Mi guarda talmente serio che deglutisco un po' a disagio.
«Avresti potuto dire di no, però. Invece...»
«Mi stai dicendo che avrei fatto prima a restare a casa?» Alza il tono di voce, nervoso.
No, no, no.
Ha frainteso tutto!
«Be', se è così, stai con il tuo dannato robot!» Si alza di scatto e deglutisco colta alla sprovvista. «Me ne vado!»
«No, no, no. Aspetta!» Mi alzo, ma una fitta mi fa ritornare subito giù.

«Io non... Intendevo...» ci provo, ma non riesco a parlare.
Sto malissimo.
E il fatto che lui sia arrabbiato con me, non mi aiuta.
«Ti prego, rimani con me» riesco a dire, mentre stringo gli occhi colta da una fitta lancinante.
«Ti porto all'ospedale.» Il suo tono di voce è più calmo, ma io nego con la testa.
«No, io sto bene.»
Odio gli ospedali.
«Non stai bene.»
«Sì, invece» ribatto, cercando di essere convincente.
«No, invece!» replica, mentre si siede di nuovo accanto a me.
«Ashton?» Lo chiamo e tengo gli occhi chiusi mentre resto chinata su me stessa.
«Che vuoi, Kate?» il suo tono di voce sembra quasi scocciato, anzi, lo è.
«Mi manchi» sussurro quasi a bassa voce.
E lui non risponde più. È andato via?
Apro gli occhi e con le guance rosse dall'imbarazzo mi giro per controllare se è ancora accanto a me.
È qui.
È ancora qui.

«Tu, per niente» risponde, mordendosi il labbro inferiore e nascondendo un sorriso.
«Neanche tu, stavo scherzando, infatti» gli dico per dispetto, sorridendo.
Ashton si avvicina al mio viso guardandomi divertito.

«Oggi sei orribile, comunque.»
Trattiene una risata e io schiudo le labbra sconvolta.
Non l'ha detto sul serio, vero?
Gli mollo uno schiaffo sul braccio, mentre lui punta i suoi occhi verso i miei piedi.
«Le pantofole di Winnie The Pooh. Sul serio? Siamo in piena estate.»
Non riesce più a trattenersi e scoppia a ridere.
«Che hai da dire su Winnie The Pooh? È bellissimo!» lo difendo, convinta.
«Certooo, scusa mi stavo quasi dimenticando che hai dieci anni.»
«Ne avrò ventotto fra due giorni e non ti permetto di offendere Winnie!»
«Sembri una bambina. Il pigiama con gli orsacchiotti e le pantofole con i cartoni animati.»
Continua a prendermi in giro e io incrocio le braccia al petto, offesa.
Lo guardo malissimo per poi guardare le mie ciabatte.
Sono così carine!

«Ti odio, antipatico!» Gli lancio un'occhiata e lui diventa improvvisamente serio.
Si passa una mano tra i capelli e sospira.
Sembra abbia cambiato umore da un momento all'altro.
E ora che gli sta succedendo?
«Che cosa hai?» chiedo seria anche io e lui fa un respiro.
«Niente. Devo tornare a casa. Ho un impegno.» Si alza dal divano e mi guarda negli occhi.
E subito ci resto male.
«Non puoi rimanere ancora un po'?»

Mi sembra di stare meglio da quando è qui.

«Chiedilo al tuo ragazzo, si prenderà cura di te» dice, acido.
«Mi hai appena detto che non è capace di accudirmi» gli rispondo a tono.
«Sì, ma quanto pare è capace di soddisfarti» mormora, a denti stretti.
Ma io l'ho sentito benissimo.
«Ti ho detto che noi non...»
«Non mi interessa che avete fatto, non mi interessa della tua vita al di fuori dell'ufficio.»
Mi interrompe, arrabbiato.
«Allora perché sei a casa mia??» Alzo il tono di voce, nervosa.
«Perché vai a letto con un robot che neppure ti sa aiutare, ecco perché!»
Fa un passo verso di me e io mi alzo di scatto sollevando lo sguardo verso di lui e assottigliando gli occhi.
«E a te che importa? Mi stai evitando da almeno due settimane, senza motivo! Nessuno ti dà il diritto di giudicare la mia vita!»
«Infatti, non mi importa niente.
Ho sbagliato a venire qui, ora tolgo il disturbo.»
Dopo un'altra occhiata di ghiaccio, si gira di spalle, pronto ad andare via.

Mi pento subito di come gli ho risposto e mi sento una stupida. Nonostante tutto, è qui per me.
«Noo! Aspetta!» Afferro il suo polso e lo blocco, così subito si gira verso di me.

«Lasciami, Kate!» Mi ordina con un tono di voce gelido.
Deglutisco e mi spavento talmente tanto per la sua voce così fredda che lo lascio andare di scatto.
Fa un respiro e si dirige verso la porta, ma quando arriva di fronte, si ferma, senza però girarsi. Rimane voltato di spalle.
«Ti sto evitando solo perché...»
Si blocca e il mio cuore accelera all'improvviso. Aspetto con un'ansia tremenda la fine della sua frase.
Fa un altro respiro e continua.

«Sono il tuo capo. Tu la mia assistente. Non ci può essere niente tra noi.»
Fisso le sue spalle e stavolta mi prendo un attimo, prima di rispondere. Ora capisco il perché si sta allontanando da me.
Mi vengono in mente tutte le occasioni dove ci siamo avvicinati di più e dove quella che scappava ero sempre io.
La differenza è soltanto che io ho fatto delle figure di merda pur di allontanarmi, lui invece mi ha proprio evitato.
Ma il mio motivo è l'imbarazzo, il suo invece riguarda il lavoro, che è ben diverso.
Ora siamo consapevoli che qualcosa c'è.
Se n'è accorto lui, me ne sono accorta io,

«Non c'è niente, infatti» dico, ad alta voce. A questo punto, meglio fingere.
Sono triste. Vorrei solo che tornasse tutto come prima. Preferivo di gran lunga i nostri litigi su stupidaggini.
«Ne sei sicura?»
Non rispondo, perché non saprei cosa dire e mi coglie alla sprovvista. Fisso le sue spalle con un peso allo stomaco, anche se stavolta per un motivo diverso dal cibo e trattengo il fiato.

«Come immaginavo» mormora, dopo qualche secondo di silenzio.
«Ciao, Kate.»
E senza più voltarsi, se ne va.

*****
Ahi ahi, le cose non vanno per niente bene 😅
Però loro due insieme sono degli amori🥰🥰🥰

Purtroppo non ci sono per il momento tante letture, ma sono contenta delle poche persone che commentano sempre. Vi ringrazio tanto per la presenza e il supporto🥰
Fatevi sentire, anche i silenziosi. Mi farebbe piacere.

Un bacione grandeee🥰






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