2. Primo passo, fatto!

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Kate:

Mi aspettavo di poter entrare direttamente dentro senza problemi, invece proprio davanti all'entrata c'è una guardia e sono costretta a rallentare quasi di scatto, non appena mi ritrovo il suo sguardo addosso.
Con il suo fisico da buttafuori fa un po' impressione, tant'è che mi avvicino cauta. La sua espressione non promette niente di buono, è serissimo e mi sta guardando male prima ancora che io abbia l'opportunità di parlare.

Infatti, con una voce glaciale e rigido come una statua, tuona: «Scusi, ma qui non può entrare.» Dice, parandosi di fronte a me.
«Sono qui per il colloquio» gli rispondo sicura di me, senza farmi prendere dal panico.

«I colloqui sono finiti poco fa, è arrivata in ritardo, mi dispiace» mi guarda con i suoi occhi scuri, il mento dritto, lo sguardo deciso e severo. Rimango di stucco e apro la bocca per mezzo secondo, come imbambolata.
Il suo "mi dispiace", in realtà non gli dispiace affatto.

«Ma... Ho un appuntamento con il signor Crew. È vero, sono in ritardo ma...»

Non mi fa nemmeno finire la frase.
«Non si accettano ritardi, siamo un'azienda che prende il lavoro sul serio. Quindi può andare via, grazie di essere passata.»
Quel "siamo un'azienda che prende il lavoro sul serio" mi fa innervosire. Sta sottointendendo che io non lo prendo sul serio.

«Ma non può chiedere al signor Crew di fare un'eccezione? Per favore!»
Non demordo e lo supplico. «Ho aspettato tanto questo momento, la prego!»
«Ho detto di no, arrivederci» continua a ripetermi calmo, lo sguardo di ghiaccio.
«Vorrei parlare con lui, ho bisogno di parlare con lui!» continuo, disperata.
«Se non la smette, sarò costretto a prenderla di peso e portarla via!» si arrabbia.
Spalanco gli occhi, scioccata. «Provi a farlo e io la denuncio!»

«Cosa sta succedendo?»
una voce profonda, calda e virile, ci interrompe all'improvviso. Mi fa venire degli strani brividi addosso che non so spiegarmi nemmeno io.
La guardia si gira e mi dà la piena visuale del grande capo in persona a pochi passi da noi.
Ashton Crew è qui.
Ed è stupendo.
Lo guardo letteralmente incantata, tanto che mi si secca la gola e non mi esce nemmeno una singola lettera.
Lo squadro da capo a piedi.

Ha i capelli biondi e corti, la pelle abbronzata, delle sopracciglia perfettamente dritte, occhi di un blu intenso, grandi, con lunghe ciglia, zigomi definiti, naso perfettamente dritto e labbra piene.
Alto almeno un metro e novanta, robusto, spalle larghe.
Indossa dei pantaloni neri con una camicia azzurra che ha lasciato leggermente sbottonata sul petto, dove si intravedono dei pettorali degni di un modello da copertina.
Le scarpe nere, lucide ed eleganti gli donano un aspetto meraviglioso.

Rimango ipnotizzata a osservarlo e mi rendo conto dopo un po' di avere la bocca aperta.
La chiudo subito, diventando di mille colori, imbarazzata al massimo. Ci manca solo la bava alla bocca per completare il quadro.
Soprattutto perché i suoi occhi sono su di me e io mi sento morire. Mi sta osservando incuriosito.

L'ho visto tante volte, ma non avrei mai e poi immaginato che dal vivo fosse così... Affascinante.
Attraente.
Virile.
Bellissimo.
Semplicemente perfetto.
Le foto e la tv non gli rendono giustizia.
Mi guarda da capo a piedi, allo stesso modo di come ho fatto io con lui e il suo sguardo è talmente intenso da farmi sentire come se fossi nuda.

«La ragazza non vuole capire che i colloqui sono finiti e se ne deve andare.» La guardia interrompe il nostro momento ed è così antipatico che dentro di me gli scarico una marea di parolacce che però non posso dire a voce alta.

«Sono finiti, è vero.» Adesso Ashton Crew si sta rivolgendo direttamente a me e io trattengo il fiato, dispiaciuta.
Mi viene da piangere.
Ci tenevo troppo a questo posto e adesso per colpa del mio ritardo ho perso la mia opportunità.

Finalmente ritrovo anche la parola e mi do coraggio. Ormai non c'è più niente da fare.
Vuole una persona puntuale e io ho appena sgarrato.
«Mi scusi. Sono in ritardo, lo so. Mi dispiace tanto.»
Faccio un enorme sospiro, triste e rassegnata.
«Mi scuso per il disturbo allora.
Arrivederci.» Mi volto e sto per uscire dalla porta quando sento di nuovo la sua voce sexy richiamare proprio me.

«Come si chiama?» mi giro di scatto mentre una piccola speranza si accende dentro di me e ammetto che l'euforia prende il sopravvento.
Non farti illusioni.
Ti ha solo chiesto il nome.
Mi rimprovera una vocina interiore.

«Mi chiamo Kate Fischer.»
«In cosa è laureata?»
«Ingegneria elettronica e informatica.»
rispondo prontamente.
«Ha già esperienza?»
«Ho fatto un tirocinio di tre anni in una piccola azienda che si occupava di progettare dei piccoli robot da cucina. Lavoravo in un laboratorio e mi occupavo della parte tecnica. Adoro la tecnologia e tutto ciò che la riguarda.»
Il mio sguardo si illumina mentre parlo. Ho passato tanti anni a studiare e diventare una delle migliori del mio corso, e adesso, avere di fronte un uomo che ha creato un impero, per me non ha prezzo.

Mi osserva attentamente, sta soppesando ogni cosa che dico.
«In laboratorio sono al completo. Io sto cercando un'assistente.»
«Lo so» replico subito. «Sono qui per questo.»
Mi mostro sicura. E penso lo noti, perché i suoi lineamenti si rilassano.

«Quanti anni ha?» infila la mano sinistra dentro la tasca dei pantaloni.
Sto per rispondere, apro la bocca, ma succede qualcosa. Il mio cervello va in tilt.
Vuoto.
Vuoto.
Vuoto.
Merda, merda, merda!

La richiudo nel panico. Divento tutta rossa.
Possibile che non ricordo la mia età?
Stiamo scherzando?!
Calmati, calmati.
Fai un lungo respiro.

Ashton mi sta guardando stranito, tanto da farmi sentire una scema e in effetti,  è vero, sto facendo una figuraccia.
Mi invento qualcosa perché devo pur rispondere. «25 anni» dico la prima età che mi salta in testa, sperando di non esagerare. Sono giovane, ma in questo momento non so di preciso di quanto!
«Che ne dice di parlarne nel mio ufficio?» propone, cogliendomi di sorpresa.

«Nel...» balbetto. «Nel suo ufficio? Sul serio?» quasi strillo per la felicità e ovviamente mi pento subito dopo, sgridandomi mentalmente.
«Sì, mi segua» dice serio, per poi girarsi e iniziare a camminare.
La guardia mi scocca un'occhiataccia ed è costretto a farmi passare, io gli sorrido fiera e lo sorpasso con un'enorme ondata di soddisfazione e orgoglio, mista a un'incredibile e smisurata felicità.

Primo passo, fatto!
Sono dentro.

Mi guardo intorno. I pavimenti sono in marmo chiaro e lucido e di fronte mi ritrovo un'ingresso con pareti bianche. È una sala enorme che prosegue con un corridoio che sembra non finire mai.
In entrambi i lati si trovano porte bianche e grigie e mi chiedo cosa ci sia.
Saranno tutti laboratori? Immagino di sì.

A un certo punto arriviamo davanti ad un ascensore. Entriamo dentro e mentre lui clicca il pulsante per salire, guardo le pareti di metallo, incredula di essere davvero qui.
Controllo il numero del piano e noto che si tratta dell'ultimo. Il ventesimo.  Ovviamente potevo benissimo immaginarlo. L'ufficio del grande capo non può che essere ai piani alti.

L'ascensore comincia a salire e io ad agitarmi sempre di più. Sono preoccupata per il colloquio ed essere qui da sola con lui, non mi aiuta.
Stiamo in silenzio, ma con la coda dell'occhio ne approfitto per guardarlo di profilo.
È davvero bellissimo.

Ashton sposta lo sguardo su di me, probabilmente accorgendosi di essere osservato e io volto la testa di scatto, rischiando un torcicollo tremendo.
Le porte si aprono solo dopo qualche minuto e mi ritrovo direttamente dentro una stanza di un bianco splendente, una scrivania nera in mezzo alla stanza con le rispettive sedie e una libreria a muro piena di documenti. Una finestra con una vetrata immensa, illumina tutta la stanza. Il panorama è mozzafiato.
Non appena entriamo si siede dietro la scrivania e mi fa cenno di prendere posto anche io.
Una volta seduta, faccio un lungo respiro.

«Signorina Fischer, mi parli di lei.»
Poi si corregge, e osserva la mia mano sinistra, in cerca di qualcosa. «Signorina o signora?»
Sorrido, provando a rilassarmi. «Signorina.»
Annuisce, io inizio a parlare.
«Sin da bambina ho desiderato fare delle cose che riguardassero l'elettronica e l'informatica e da quando ha aperto questo posto, per me è stato come un sogno a occhi aperti.
Anche se non lavorerò nel campo vero e proprio, fare la sua assistente sarebbe un grande passo, perché inizierei almeno a far parte di questo mondo che ho sempre voluto conoscere e approfondire così la conoscenza. Lei ha  creato un vero e proprio mondo, delle persone che sembrano reali e riescono a fare di tutto!
Io sono una sua grande fan e se mi assumesse sarei la persona più felice di questo pianeta.»

Una volta finito il mio discorso, mi rendo conto di aver parlato troppo e a giudicare dal suo sguardo forse l'ho annoiato.
Quando parlo dei miei sogni, mi ci perdo.

Non parla, mi fissa negli occhi con quello sguardo intenso.
Ha le mani poggiate sulla scrivania.
Sospira, abbassa lo sguardo. Prende dei fogli e li scarta, finché non trova quello che sta cercando e lo legge attentamente. Penso sia il mio curriculum.

«Sto cercando una persona che sia precisa, puntuale, con una memoria perfetta e buone, anzi, ottime capacità organizzative.»
Mi guarda di nuovo. «Lei pensa di avere queste caratteristiche?»

Ci penso un attimo.
Precisa. Certo, ho ordinato per sbaglio un robot da 50.000 dollari.
Più precisa di così...

Puntuale... Sono arrivata quindici minuti dopo, ma dettagli.

Memoria perfetta... Ehm, no comment.

Capacità organizzative... questo lo dovrò mettere in pratica e scoprirlo.

«Sono la persona giusta per lei.
Le assicuro che non se ne pentirà.»
Almeno spero.

«Okay, avrà una prova di tre giorni. Un solo sbaglio ed è fuori.
Ci siamo capiti?» mi chiede appoggiando il foglio sulla scrivania per poi fissarmi attentamente con quegli occhi magnetici.
Vorrei iniziare a urlare come una pazza, ma mi trattengo e sorrido. Non so perché abbia scelto proprio me, cosa ci ha visto tra tutte le altre candidate che si sono presentate oggi. Ma non voglio deluderlo, questo è certo.
«Grazie, signor Crew.»

«Perché mi ha detto che ha 25 anni?»
mi chiede all'improvviso, alzando un sopracciglio.
Oh no, lo sapevo. Lo ha scoperto.
«Qui c'è scritto che ne compirà 28 il prossimo mese. Conferma?»

«Sì, certo» ridacchio in modo isterico, strusciando i palmi delle mani sulle mie gambe.
«Io, ehm, volevo... Volevo sembrare più giovane» invento una scusa plausibile.
Oh mamma mia, che figura!
«Più giovane?» ripete. Ai lati delle labbra gli si forma un piccolo sorriso. Una visione per gli occhi.

«Be', si sa, non si chiede l'età a una signora» non sapendo come rispondere, faccio la mia pessima battuta per poi beccarmi l'ennesima occhiata divertita e sorpresa. Abbiamo la stessa età, lui ha solo qualche mese più di me.

«Lo sa che lei ha proprio coraggio?»
dice appoggiandosi allo schienale della sedia.
Corrugo la fronte, non capendo. «Perché?»
«Perché mi ha appena detto, indirettamente, che sono stato maleducato.»

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