00. Epilogo

Màu nền
Font chữ
Font size
Chiều cao dòng

Dal tramonto all'alba – MACE, Venerus & Gemitaiz

"Che schifo i temporali estivi."

Cleo si fermò sotto il riparo dell'ingresso della stazione di Cadorna, sistemando meglio sulla spalla la sacca in cui aveva buttato qualche vestito la sera precedente. Il treno, come nelle migliori delle tradizioni, era partito da Como in ritardo di una ventina di minuti, facendo sfumare la possibilità di arrivare in perfetto orario, e la pioggia improvvisa l'aveva rallentato ulteriormente.

Si mise in punta dei piedi, cercando di scorgere l'altro tra la folla che si accalcava in cerca di un riparo, ma ci volle poco per farle capire che non c'era – o che non era per lei visibile. Recuperò il cellulare dalla tasca, decisa a chiamarlo, e si chiese ancora una volta perché avesse insistito per venirla a prendere; va bene che l'area C non era attiva e poteva entrare in centro, va bene che era un gesto carino, va bene che forse era anche più comodo, ma avrebbero potuto incontrarsi in un altro punto.

"Prendevo la metro fino a Centrale, o a Piola, o che ne so io..." pensò, mentre il telefono squillava a vuoto. "E invece no. Ora mi tocca stare qui impalata come uno stoccafisso."

Tenendo il cellulare in mano, così da rispondere subito a una possibile chiamata, si fece strada fino al limitare del portico verso il Castello, così da vedere se per caso riusciva a scorgere l'automobile in strada. Stava valutando di fare dietrofront per capire se fosse fermo dall'altro lato, quando la vibrazione del telefono la bloccò.

"Pronto?"

"Ma aspetta un attimo, Dio cane!"

Cleo allontanò la cornetta dall'orecchio con fare schifato e seguì il suono rabbioso di un clacson che aveva appena sentito, certa di sapere chi fosse l'autista nervoso.

"Penso di aver capito dove sei" disse, incastrando il telefono tra la spalla e il capo. "Sei sempre molto fine."

"Se ho a che fare con dei coglioni" replicò, per poi suonare di nuovo il clacson e imprecare ancora. "Rapida, che qui finisce che uno mi sale addosso col BMW."

Lei chiuse la chiamata e si mise a correre dall'altra parte della stazione, dove scorse la piccola Micra di Francesco in sosta in seconda fila in un incastro perfetto tra le rotaie del tram in arrivo e un'automobile parcheggiata che voleva solo uscire. Si sistemò meglio la tracolla e si lanciò sotto la pioggia gelida, che le infradiciò la canotta e i pantaloncini di jeans, e in pochi attimi fu di fianco alla macchina; dopo un rapidissimo bisticcio con la portiera chiusa si infilò nell'abitacolo, e Francesco poté partire accompagnato dallo scampanellare furioso del tram.

"Te l'avevo detto di non venire a prendermi!" esclamò lei, buttando dietro la sacca per poi allacciarsi la cintura. Infastidita dalla musica che andava al massimo la abbassò, mentre l'altro scoppiava a ridere.

"Neanche la cavalleria fa più colpo" commentò, fermandosi a un semaforo rosso. "E io che provavo a fare il galante..."

"A me sembri solo cretino."

Francesco le diede un buffetto. "La prima parolaccia che dici da giugno e la rivolgi a me. Che onore."

Lei gli fece una linguaccia, per poi spegnere l'aria condizionata che le gelava i vestiti fradici; osservò dal finestrino alcuni passanti sorpresi dalla pioggia, intenti a correre oppure rassegnati alla loro sorte, e ringraziò tra sé e sé che fosse venuto a prenderla. Non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce, ma in fondo le faceva piacere e la portava a sperare che il tira e molla dei mesi precedenti fosse arrivato a un punto di svolta.

"Come è andata dai tuoi?" le chiese, riscuotendola dai pensieri in cui era scivolata.

"Niente di nuovo." Cleo si raggomitolò sul sedile, passando in rassegna i giorni precedenti, trascorsi soprattutto al lago o rinchiusa nella sua stanza a procedere a fatica con Moby Dick – cosa ci fosse di bello in un autore che descriveva per un centinaio di pagine balene su balene le era ancora incomprensibile. "Erano abbastanza sorpresi che partissi per andare in vacanza."

"È la settimana di Ferragosto, dove dovresti essere se non in vacanza?"

"Di solito la passo con loro, e poi con la tesi a cui lavorare..." replicò, voltandosi verso Francesco che, fermatosi all'ennesimo semaforo, la osservava di rimando con un sorriso ironico. "Non si aspettavano avessi altro da fare, ecco tutto" concluse con una scrollata di spalle.

"E sanno che vai via con me?"

Cleo sbuffò. "Certo, anche se non hanno tutti i dettagli."

Il che voleva dire che i genitori sapevano si stesse frequentando con qualcuno, ma non chi fosse di preciso il nuovo candidato al massacro con cui avrebbe trascorso una settimana a Rimini. Cleo aveva provato a dir loro qualcosa di più consistente, spinta soprattutto dalla curiosità mostrata dal padre, ma quando aveva accennato al lavoro di Francesco l'espressione della madre le aveva fatto morire le parole in gola; non aveva più detto niente, così come si era rifiutata di far vedere ai due una foto dell'uomo. Già si immaginava la faccia che avrebbero fatto quando avrebbe rivelato quanti anni aveva più di lei.

"Ma sì, il club dei figli odiati è sempre aperto" le aveva detto Corrado, un giorno in cui gli aveva rivelato le sue preoccupazioni. "Non si vive così male."

"Disse quello che non torna a casa da Natale..." aveva commentato lei, sdraiata su una spiaggia sassosa, il sole calante dietro di lei e il libro a pesarle sulla pancia.

Il fratello aveva liquidato il commento con un'altra battuta, ma a Cleo era apparso palese quanto fosse abbattuto per la situazione in cui si era trovato a causa delle incomprensioni con la madre. Pur di vivere tranquillo aveva scelto di non parlarle e non vederla più – a meno di casi strettamente necessari –, e lei non poteva fare a meno di chiedersi se avrebbe mai avuto la stessa forza e noncuranza nel caso in cui fosse stata etichettata come figlia problematica. Forse no, e non riusciva a capire se fosse un male.

"Ma sono problemi per il futuro" si disse, prima di allungare le dita a sfiorare la guancia irsuta dell'altro, che le sorrise di riflesso. "Va bene così."

"Comunque, ecco il programma della giornata" disse Francesco, prendendole la mano e portandola sul cambio, le dita intrecciate. "Adesso andiamo da me, ti sistemi e poi siamo dai miei a cena. Partenza stanotte sul tardi, tipo all'una, così non dovrebbe esserci casino per strada."

"Non so se essere più preoccupata per i tuoi o di sapere che guiderai tutta la notte."

L'uomo fece una smorfia scherzosa e fece finta di rifletterci. "Mah, io direi per un'altra cosa ancora."

"Niente battute squallide" lo ammonì, nonostante stesse già ridacchiando.

"Hai ragione: passo subito alle dimostrazioni appena arriviamo a casa."

Cleo strozzò una risata e scosse la testa, piccole bolle di felicità a frizzarle nel cuore. All'ennesimo semaforo rosso si allungò per lasciargli un bacio e poi alzò la musica, desiderosa solo di cantare accompagnata dallo scrosciare della pioggia.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen2U.Pro