12. Frammenti di un sogno (I)

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Pleasantville – Nitro

Cleo aprì gli occhi a fatica al suono della sveglia. Si rigirò nel letto e stabilì fosse ancora troppo presto, visto il cielo buio di cui scorgeva i frammenti tra le tende, tanto che si accoccolò meglio tra le braccia di Francesco, decisa a dormire ancora per qualche ora. L'altro, tuttavia, la scostò con delicatezza e, dopo aver spento il cellulare, fece per scivolare fuori dal piumino.

"Ma dove vai?" mugugnò lei, allungando una mano per afferrargli il braccio.

Francesco si girò e le diede un buffetto. "A prepararmi. Sai, di solito le persone normali il giovedì mattina lavorano."

"Stai qui con me."

Lui scosse la testa. "Non posso... e poi tu non avresti lezione?"

"Al momento dell'università me ne importa meno di zero." Cleo si mise a sedere, rabbrividendo quando l'aria fredda le accarezzò la pelle nuda. "Davvero non puoi restare? Ti prego..."

Francesco la rimirò per una manciata di secondi, bevendo i suoi spigoli nascosti tra la carne esposta, e Cleo si sentì arrossire sotto un simile sguardo, che le ricordava quanto tutto ciò che era accaduto la notte precedente fosse reale. Ne era lusingata, però, tanto che si sarebbe volentieri allungata per baciarlo e convincerlo in un altro modo a rimanere, se solo lui non avesse scosso la testa all'improvviso, forse per allontanare gli stessi pensieri che vagavano nella mente di Cleo.

"Non potresti darti malato?" provò ancora, prendendogli la mano e avvicinandosi.

"Cleo... non funziona così." Francesco si scompigliò i capelli. "Devo andare, non..."

Le parole gli morirono in gola quando Cleo annullò la distanza tra loro, abbracciandolo stretto, pelle contro pelle per riscaldarsi. Non riusciva a concepire l'idea di essere abbandonata, non dopo ciò che era accaduto nei giorni precedenti; vederlo andare via sarebbe stato come avere ancora una volta a che fare con Giulio, e non poteva pensare che i due si somigliassero a tal punto.

"Per favore" mormorò, la testa nascosta nell'incavo del collo dell'altro. "Non ce la faccio a stare da sola."

L'uomo sospirò di nuovo, prima di stringerla e lasciarle un bacio tra i capelli senza dire niente, e Cleo ne rispettò il silenzio. Non poteva aggiungere altro per convincerlo e doveva solo sperare che qualsiasi cosa provasse per lei – desiderio? Amicizia? Qualcosa di più profondo? – fosse abbastanza forte da trattenerlo. Altrimenti si sarebbe vestita, avrebbe raccolto ciò che rimaneva del suo cuore e sarebbe tornata a Como. Non c'erano altre soluzioni.

"Ha a che fare con la tua sparizione dei giorni precedenti?" le chiese con dolcezza, in un soffio che le scaldò il cuore.

Cleo annuì, senza aggiungere alcunché. Se solo le avesse chiesto qualcosa, gli avrebbe spiegato tutto, o quasi; Giulio e il fatto che teoricamente stessero ancora insieme erano dei dettagli che poteva trascurare, visto che se ne sarebbe occupata poi. Ma lui doveva rimanere.

"E cosa vorresti combinare?" le domandò, sempre stringendola a sé in un abbraccio da cui non si sarebbe mai voluta separare.

"Dormire ancora per qualche ora."

Francesco le rise tra i capelli. "Onesto. Anch'io sono abbastanza stanco."

"Dopo vorrei fare colazione come Dio comanda" aggiunse lei, sorridendo appena al pensiero di come sarebbe potuta procedere la giornata. "Non avendo quasi mangiato per tre giorni, ho un po' di fame arretrata."

Cleo lo sentì irrigidirsi appena, ma non scese nei particolari; gli avrebbe spiegato tutto, se solo avesse deciso di rimanere. Sentiva il bisogno di parlare di ciò che era accaduto con qualcuno di diverso, che potesse ascoltarla fino in fondo senza giudicarla o darle consigli a cui non aveva voglia di prestare ascolto, ma non voleva usarlo come scusa per farlo rimanere.

"Oltre a questo?" le chiese piano Francesco, riscuotendola.

"Fare un bagno caldo."

"Buona fortuna" rise lui, allontanandosi per guardarla negli occhi. "Più che una vasca da bagno, la mia è una tinozza."

Cleo fece spallucce. "Mi accontenterò."

"E poi?"

Lei lo osservò sottecchi, studiando l'aria maliziosa con cui le aveva posto l'ultima domanda. Si avvicinò al suo viso, spinta dal crepitio che ancora le ribolliva nel basso ventre e la faceva arrossire, e si fermò a un soffio dalle labbra dell'altro, desiderosa di unirle e mandare subito all'aria il piano che aveva appena esposto. "Potremo trovare un modo per trascorrere insieme il resto del tempo" mormorò, e Francesco annuì piano.

"Lo penso anch'io."

Si allontanò da lei a fatica e afferrò il cellulare, per poi rigirarselo tra le mani. "Guarda cosa cazzo mi fai fare..." borbottò, scuotendo la testa. "Speriamo se la beva."

Cleo si stese sul piumino, le braccia spalancate e i capelli riversi sull'azzurro del cuscino in un'onda nera, e si beò della nuova occhiata di Francesco che, ne era certa, avrebbe volentieri lanciato il telefono per raggiungerla. Fece per aprire bocca, ma lui gliela tappò all'improvviso con una mano.

"Pronto? Sì, ciao, sono io, Fra" disse, il tono basso e dall'aria lamentosa. "Senti, ho provato ad alzarmi e a mangiare qualcosa, ma sto proprio di merda."

Fece una pausa e Cleo trattenne il respiro, cercando di sentire la risposta della voce all'altro capo della cornetta.

"Sì, l'ho appena provata" disse lui. "Trentotto e due. Forse ieri sera ho preso freddo, con tutta quella pioggia."

Un nuovo mormorio sommesso e Francesco le lanciò un'occhiata vittoriosa, a cui lei rispose allontanandogli la mano dalle labbra per poi prendergli due dita e succhiarle. Lo sguardo dell'altro mutò subito, sommerso da un desiderio che sentiva scorrere anche in lei e a cui avrebbe dato sfogo il prima possibile.

"L'ho presa" si riscosse l'uomo, tornando a prestare attenzione alla conversazione telefonica. Si schiarì la gola, il tono più roco. "Non credo sia nulla di grave. Stasera ti faccio sapere come va."

Si scambiarono un altro paio di convenevoli, Francesco con la voce sempre più traballante e lei che continuava imperterrita, pensando a quanto le fosse mancato tutto quello. Con Giulio, ormai, il campo dell'intimità era terra bruciata, e aveva trascorso i mesi precedenti chiusa in un gelido ascetismo che, però, si era sciolto tutto d'un colpo e la invitava a fare e prendere.

"Sei una stronza" le sibilò lui appena chiuse la chiamata. "Ma non volevi dormire?"

Cleo aprì le gambe, lasciva, e appoggiò una mano nell'interno coscia. "Dopo... ormai sono sveglia."

"E se ora fossi io ad avere sonno?" le chiese Francesco con un sorriso tanto affilato quanto falso.

Lei non rispose, preferendo mettersi seduta. Lenta, godendosi lo sguardo dell'altro che le trapassava la pelle, gli si mise a cavalcioni e gli sfiorò il triangolo sul petto, composto solo da tre sottili righe nere. "Cosa significa?"

"È un altro simbolo alchemico" mormorò, per poi lasciarle un bacio sulla gola, vicino a dove l'aveva morsa la sera precedente. "Indica il fuoco."

Cleo mugugnò il suo assenso, mentre Francesco le pizzicava la pelle sensibile coi denti e, dopo, scendeva lungo le clavicole fino al petto, da cui però si scostò, lanciandole un'occhiata furba. "Mi dispiacerebbe tanto distruggere il tuo piano."

"Possiamo sempre dormire dopo" gli disse, accarezzandogli la mascella coperta da una leggera barba. "Potrebbe essere interessante testare ora cosa possiamo fare insieme, non credi? Così da non trovarci a corto di idee dopo."

Francesco rise. "Tranquilla che io sono pieno di idee."

Cleo gli sorrise e lui tornò a concentrarsi sul suo seno, portandola a pensare che tutti i successivi risvegli avrebbero dovuto essere sempre così.

"Ora hai voglia di spiegarmi cosa ti è successo?"

Cleo alzò lo sguardo dalla tazza di caffelatte per portarlo su Francesco, appoggiato allo stipite del piano cottura con in mano un bicchiere di succo. Si era messo una tuta e le aveva lasciato una maglietta e una felpa che gli avrebbe volentieri rubato, visto quant'era comoda; si rannicchiò con le gambe sotto quest'ultima e prese la tazza, su cui serrò le dita con più forza di quanta ne servisse.

"Non sono stata molto bene..." rispose, prima di prendere una lunga sorsata. Ora che era arrivato il momento di parlare – e non poteva tirarsi indietro, non dopo ciò che era accaduto – non riusciva a spiegarsi; le parole erano incastrate in gola, quasi ci fosse una ragnatela che le acchiappava tutte come delle mosche.

Francesco sospirò e, dopo essersi servito del caffè, si sedette vicino a lei. "Cosa vuoi da mangiare?" le domandò. "Ho dei biscotti e credo che in frigorifero ci sia della marmellata, ma nulla di più."

"La cerco."

Cleo si alzò, scivolando via dallo sguardo preoccupato con cui l'altro la stava inchiodando, e si mise a frugare tra i ripiani. Le mancò il respiro quando Francesco la abbracciò da dietro, stringendola con dolcezza.

"Non mi devi niente" le mormorò all'orecchio. "Lo sai, vero? Se non hai voglia di parlare, non farlo."

"In realtà penso che sarebbe meglio, solo che..."

"Solo che?"

Cleo rimase in silenzio, mentre lui si allungava ed estraeva il barattolo di marmellata, nascosto da un cartone di uova, per poi passarglielo.

"Solo che non credo sia nulla di importante" concluse a fatica, prima di voltarsi verso di lui. Provò a guardarlo negli occhi, ma non riuscì a sostenerne lo sguardo per più di una manciata di secondi. "Hai del pane o delle fette biscottate?" gli chiese, sperando che l'interrogatorio venisse rimandato almeno di qualche minuto.

"Ora te le prendo."

Cleo sentì un'improvvisa ondata di freddo quando si scostò, ma non poté far altro che trascinarsi di nuovo al tavolo, sempre stringendo tra le mani la marmellata alle albicocche. Nonostante l'ottimo risveglio, non aveva più tanta voglia di mangiare.

"Ma non puoi andare avanti così" si rimproverò, mentre Francesco le metteva davanti un pacco di fette biscottate e un cucchiaino. "Come pensi di nuotare se non mangi?"

Spalmò la marmellata in silenzio, mentre in testa le vorticavano pensieri simili al precedente e nuovi sussurri che le suggerivano che non serviva a niente fare colazione, che avrebbe potuto continuare così ancora a lungo. Oltretutto, non voleva rende ancora più visibili i suoi spigoli? A Francesco erano piaciuti, poteva dirlo da tutti i segni che le erano rimasti sulla pelle e dalla sensazione di pace e completezza provata mentre era con lui, quindi non aveva di che preoccuparsi; meglio lasciarli tendere sulle ossa, mostrarli ancora più affilati e riottosi.

"Ohi, Cleo." Francesco le sfiorò il volto con le nocche della mano, riscuotendola. Si accorse di star piangendo solo quando lui le passò il pollice sotto un occhio e poi sotto l'altro, con una delicatezza che le fece venir voglia di sciogliersi in singhiozzi.

"Io..." mormorò, senza sapere nemmeno cosa volesse dire. Guardò la fetta che ancora teneva in mano, coperta da uno strato di marmellata generoso in cui chiunque avrebbe affondato i denti con gusto, e la lasciò cadere sul tavolo, scoppiando in lacrime.

Francesco fu subito da lei e la abbracciò stretta, dicendole qualcosa tra i capelli, cosa che la fece piangere ancora più forte. Forse avrebbe fatto meglio a salutarlo e tornare a casa, quella vera, ma non riusciva a pensare a nulla di più penoso che raggiungere i genitori e dover spiegare loro ciò che era accaduto.

"Ti sei pentita?" le chiese lui tutto d'un tratto, discostandosi appena.

Cleo scosse la testa, sorpresa potesse pensare a qualcosa del genere, e guardò il disastro che aveva combinato sul tavolo, dove la marmellata era schizzata ovunque. "Devo... devo pulire" sussurrò, provando a slegarsi dall'abbraccio, ma Francesco la tenne ferma.

"Ci penso io dopo" le disse, sempre con dolcezza. "Riguardo a...?"

"Non sei tu il problema." Cleo tirò su col naso e deglutì, la ragnatela ancora più fitta. "È l'insieme. Mi sembra di essere... di essere un disastro. Faccio soffrire tutti."

"Ed è per questo che non hai mangiato per tre giorni?"

"Più o meno..." mormorò, alla ricerca delle parole giuste da dire. "La sera prima ero stata fuori con Giulio e mi è crollato tutto addosso. Cioè, lui mi ama così tanto e io... io sono terribile."

"Non è che se l'hai lasciato devi vivere coi sensi di colpa per sempre" le rispose Francesco, per poi chinarsi davanti a lei e guardarla negli occhi. "Se non funzionava più, non funzionava più."

"Il problema è che non l'ho lasciato" pensò, mordendosi il labbro inferiore. Dovette prendere un profondo respiro prima di procedere col racconto. "Mi sono chiusa in camera e sono rimasta a letto per tutto il ponte, senza rispondere a nessuno" concluse, sentendosi tremare. "Non avevo fame, quindi sono solo rimasta immobile."

"Quando ti sei svegliata avevi fame."

Lei annuì, riuscendo addirittura ad aprirsi in un piccolo sorriso malizioso. "Avevo fame di molte cose."

Francesco rise appena, scuotendo la testa. "L'ho notato" confermò, prima di raggiungere il lavello e prendere uno straccio. "Cos'è cambiato ora?" le chiese, mentre intanto puliva. "Non dico dovresti volere mangiare chili di roba, però..."

"Forse non ho voglia di affrontare i disastri che combino." Cleo alzò le spalle, per poi costringersi a bere un nuovo sorso di caffelatte. Ecco, di quello ne avrebbe volute almeno altre tre tazze.

"Secondo me ti stai facendo delle paranoie inutili" replicò lui, prendendo una nuova fetta su cui spalmarci la marmellata. "È filosofia spiccia, ma tu sei tu, e non dovresti pentirti delle tue azioni."

"Anche se fanno male a qualcuno?" rispose lei, e Francesco si fermò con un sospiro.

"Vuoi davvero farmi rispondere con una frase fatta?"

Cleo si mordicchiò l'interno guancia, immaginando cosa volesse dirle. Eppure, le era difficile pensare di star facendo la cosa giusta, visto quanto si stava rivelando traballante il castello di carte in cui era vissuta fino al momento – Corrado non le parlava, Neela era sull'orlo dell'omicidio, Giulio un grande punto di domanda e ai genitori era meglio non pensare.

Era ancora persa nei suoi pensieri quando Francesco le mise in mano la nuova fetta biscottata. "Mangia" le disse, guardandola serio. "Qualcuno sa dove sei?"

Lei scosse la testa e lui fece un verso strozzato. "Se mi dici dov'è il tuo cellulare, te lo porto" le disse, lasciandole una carezza tra i capelli. "Forse è meglio non fare preoccupare gli altri, non credi?"

"Sì." Cleo si sentì di nuovo sull'orlo delle lacrime, ma si trattenne. Non voleva piangere ancora, non durante una giornata che avrebbe potuto essere perfetta. "È nel mio zaino... penso nella tasca davanti. Ma potrebbe essere scarico."

"Ho un fottio di cavetti, non preoccuparti" le rispose lui, alzandosi. Uscì dalla cucina e Cleo lo ringraziò per la lucidità che aveva mostrato; avrebbe dovuto scrivere al fratello, nonostante dubitasse che l'avesse cercata nelle ultime ore, e forse dire qualcosina a Neela. A Giulio non voleva pensare.

Sovrappensiero, diede un morso alla fetta biscottata. Quando Francesco rientrò, con in mano il cellulare e un cavo, la trovò di nuovo in lacrime.

"Dio, Cleo..." mormorò, avvicinandosi. "Cosa...?"

"È... è che è buona."

Francesco fece rimbalzare lo sguardo tra lei e la fetta biscottata che teneva in mano, prima di scoppiare a ridere per il sollievo, contagiando in pochi attimi anche Cleo. Finì di mangiare che ancora ridacchiava, la dolcezza della marmellata che sembrava essere riuscita a cancellare ogni problema irrisolto, mentre lui, dopo aver messo il telefonino in carica, gliene preparava una seconda, per poi mettersi a smangiucchiare dei biscotti.

Cleo se ne stava preparando una terza, sotto lo sguardo soddisfatto dell'altro, quando il cellulare si accese con un trillo. Guardò con poca voglia i messaggi che le erano arrivati – in effetti di Neela e Giulio, niente da Corrado – e stabilì che avrebbe risposto dopo aver concluso la colazione.

"Cosa vuoi fare? Credo avresti bisogno di dormire."

"Io anelo un bagno caldo" gli rispose, passandosi una mano tra i capelli. "Guardami, sono lurida."

Lui scosse la testa, divertito. "Buona fortuna. Ti ricordo che la vasca è piccola."

"Guarda che devi entrarci anche tu."

Cleo si godette l'espressione stupita che le rivolse, mordicchiandosi il labbro inferiore, e poi finì la fetta biscottata tutta soddisfatta.

"Cosa dovrei fare?" le domandò, afferrandole il mento. "Grattarti la schiena?"

"No. Lavarmi i capelli."

Francesco scoppiò a ridere e le diede un bacio al sapore di caffè.

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