13. Senza filtri

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Tutto Ok – Mecna & Frah Quintale

Quando Cleo si svegliò, Francesco era già uscito. Non che si aspettasse qualcosa di diverso, visto che la sera precedente le aveva detto che non si sarebbe preso un altro giorno di ferie a sbafo, ma un leggero dispiacere le pizzicò comunque l'animo, in quanto le sarebbe piaciuto almeno salutarlo. Nonostante il giorno trascorso assieme, aveva la sensazione non si sarebbero rivisti tanto presto, né che le cose sarebbero scivolate lisce com'era accaduto fino ad allora.

"Ci penserò dopo" mormorò, uscendo dal letto. Si stiracchiò, acchiappò il telefono, sul quale non c'era alcun messaggio, e andò in cucina. Visto che ormai erano le nove passate, non aveva neppure senso cercare di raggiungere l'università e seguire le lezioni, quindi decise di prendersela con calma: prima la colazione, poi si sarebbe fatta una doccia e avrebbe dato una sistemata alla camera; infine, sarebbe tornata a casa. Immersa di nuovo nella realtà, avrebbe pensato al resto.

Si stava preparando un caffè quando notò, abbandonato sul piano di granito della cucina, un pezzo di carta scribacchiato. Si allungò a prenderlo e sorrise nel rendersi conto che era un messaggio di Francesco.

Buongiorno, raggio di sole.
Oggi l'albergo non può offrirti la colazione già pronta, ma dovresti aver capito dove trovare da mangiare. Stai pure quanto vuoi, anche se ormai credo che avrai voglia di tornare a casa.
(non è un invito ad andartene, nel senso che se stasera ti trovassi sarei contento)
Mal che vada, ci sentiamo presto :)
C'è un secondo paio di chiavi all'ingresso. Puoi lasciarle nella cassetta della posta 3117 oppure ridarmele appena ci vediamo, fammi solo sapere cosa ne hai fatto.

Per quanto l'idea di rimanere la stuzzicasse, Cleo sapeva che era arrivato il momento di abbandonare il piccolo sogno in cui si era cullata. Doveva parlare con Dado, farsi forza e affrontare Giulio e, infine, provare a dare una calmata a Neela, visto che non voleva rendere la convivenza ancora più difficile di quanto già non fosse. Oltretutto, c'erano questioni più pratiche a cui aggrapparsi, tra cui il fatto che non poteva continuare a indossare ancora gli stessi abiti, né che poteva permettersi di perdere altro tempo da dedicare allo studio.

Bevve il caffè e mangiò fette biscottate e marmellata stilando una lista mentale di tutto ciò che avrebbe fatto dopo, nonché di cosa avrebbe detto alla coinquilina; per lei, Cleo era stata da Corrado, niente di più o di meno. Non aveva voglia di spiegarle cos'era successo con Giulio e Francesco, in quanto sarebbe stata costretta a raccontarle tutta la storia, fin dal principio, e non aveva alcun desiderio di scoprire il giudizio – di certo negativo – che Neela avrebbe espresso. Sapeva da sola di aver sbagliato, non aveva bisogno di sentirselo dire da lei.

Però al fratello avrebbe raccontato tutto, senza filtri.

Mentre era sotto il getto caldo della doccia, costruì il discorso con cui gli avrebbe spiegato cosa le era accaduto. Gli avrebbe detto che aveva ragione su tutto, che si era solo illusa di poter sistemare le cose con Giulio, e poi sarebbe passata a Francesco e a come si era resa conto che fosse tutto finito col suo ragazzo; gli avrebbe anche spiegato come mai si era chiusa in camera, la sensazione di aver fatto solo errori e di aver ferito chiunque, fino ad arrivare al giorno precedente. Dopo avrebbe atteso, nella speranza che Dado non la mandasse al diavolo o la insultasse.

Si asciugò confortata dal pensiero che il fratello, però, non sarebbe mai arrivato a odiarla. Forse sarebbe rimasto arrabbiato con lei per un po', forse avrebbe riso e le avrebbe detto che era stata la più grande idiota dell'universo a non essersi confidata prima, forse avrebbe esultato... l'importante era che non stesse in silenzio.

"Non potrei sopportarlo" si disse, in reggiseno e jeans. Strinse la maglietta di Francesco tra le mani, chiedendosi se indossarla ancora o piegarsi ai suoi vestiti, ma alla fine optò per recuperare i panni ancora stesi sul termosifone. Erano caldi, e le diedero la sensazione di aver fatto la scelta giusta.

Stava rifacendo il letto, le finestre spalancate e l'aria fredda di quella giornata soleggiata che le pizzicava il volto, quando il cellulare vibrò. Cleo lo ignorò, troppo concentrata a sistemare – non voleva apparire a Francesco come la peggiore delle parassite, che neppure provava a mettere in ordine –, ma altre vibrazioni la costrinsero ad abbandonare il lavoro per capire chi la stesse cercando. Il cellulare quasi le scappò dalle mani quando lesse i messaggi apparsi sullo schermo, tutti di Neela.

Sua maestà oggi ha intenzione di tornare a casa?

Prima mi ha chiamato tuo fratello, che voleva sapere se fossi tornata qui. Ma non eri da lui?

E ti ha cercato anche Giulio. Pensa, lui era convinto fossi a Como.

Vuoi dirmi cosa cazzo sta succedendo?

Cleo inspirò a fondo e, con le mani che le tremavano, appoggiò di nuovo il telefono sul comodino.

"Cazzo."

Tutti i piani e le idee con cui si era cullata le crollarono davanti agli occhi. Pregò ogni divinità che le veniva in mente che Neela, almeno, le avesse retto il gioco con Giulio, altrimenti la situazione già pessima sarebbe diventata orrida. Finì di sistemare in fretta, la leggerezza provata fino ad allora spazzata via da un'urgenza improvvisa, e recuperò il cappotto e le scarpe da buttare con la testa ormai occupata dall'unico pensiero che non era possibile che tutto le andasse sempre male, anche quando pareva essere sul punto di sistemarsi.

Abbandonò l'appartamento con una fitta al cuore, accompagnata dalla certezza che non avrebbe più vissuto una simile leggerezza per molto tempo, e raggiunse la fermata dell'autobus rabbrividendo; Milano era spazzata da un vento freddo che aveva sì portato il sole, ma che le congelava naso e orecchie. Solo quando si sedette sul mezzo pubblico, raggomitolata su un sedile in fondo, si accorse che stringeva in mano le chiavi di Francesco, in una tiepida speranza che ci fosse ancora un modo per aggiustare le cose.

Cleo arrivò a casa attorno all'ora di pranzo. In un giorno qualsiasi si sarebbe infuriata per la lentezza e il ritardo dei mezzi, ma, nella situazione in cui si trovava, aveva ringraziato l'atm e pianificato cosa dire alla coinquilina. Era sempre convinta che dirle la verità fosse una pessima idea, ma non poteva neppure mentirle in faccia o non dirle niente; in fondo, se la faceva preoccupare e la costringeva a diventare receptionist delle chiamate che sarebbero dovute arrivare a lei, erano anche problemi suoi.

Mise piede nell'appartamento a passo felpato, cercando di non fare rumore, e sperò che Neela non fosse ancora tornata dalle lezioni e che, magari, fosse rimasta fuori con i suoi amici per smaltire la rabbia e rendere più semplice il successivo confronto. Il salotto vuoto, così come la cucina, le suggerirono che forse aveva avuto almeno un briciolo di fortuna, e Cleo quasi esultò quando notò che la camera della coinquilina era disabitata, ma ogni slancio ottimista morì nel momento in cui vide, seduto sul letto della sua stanza, Corrado.

"Sei tornata" constatò lui, senza staccare gli occhi dal romanzo che aveva tra le mani.

"Ma non dovresti essere al lavoro?" mormorò Cleo, impietrita sulla porta. "Non...?"

Il fratello sollevò lo sguardo, e la delusione che ci lesse dentro la fece ammutolire e sentire ancora più in colpa di quanto già non fosse. In un silenzio teso, appoggiò lo zaino vicino alla scrivania, sempre più rigida in ogni movimento, e prese dei vestiti puliti. Corrado non le disse niente quando corse a rinchiudersi in bagno, dove si appoggiò al lavandino nel tentativo di non soccombere al potente capogiro che l'aveva colta e la invitava a stendersi sulle piastrelle. Si guardò negli occhi, nero tagliente e vacuo, e si costrinse a cambiarsi.

Quando tornò in camera, il fratello stava ancora leggendo. Cleo si sedette al suo fianco e sbirciò il titolo del volume – Il conte di Montecristo ­– e poi rimase in attesa della sferzata con cui il Corrado le avrebbe fatto la paternale.

L'altro, però, la soprese. "Io sto aspettando."

"Cosa?"

Il fratello sollevò gli occhi dalle righe giusto per un attimo. "Che mi racconti cosa cazzo è successo" le disse duro, stringendo la mascella. "E spera abbia un senso, Cleo, perché è una merda quello che mi stai facendo passare."

Lei rimase in silenzio, ogni parola preparata in precedenza sbriciolata davanti all'aperta ostilità che le stava mostrando. Sapeva di non meritarsi nulla di diverso – era praticamente scappata di casa, Cristo –, ma non aveva mai visto Corrado così freddo, lontano da lei e dalla pazienza con cui aveva sempre sopportato il peggio; avrebbe voluto piangere ancora, dando sfogo alle lacrime che produceva imperterrita, quasi fosse diventata brava a fare solo quello, ma non voleva che l'altro le pensasse come un tentativo di commuoverlo.

"Scusami" disse, scatenando una risata per nulla ilare nel fratello che, però, non si azzardò a fare commenti. Scosse solo la testa e voltò la pagina.

Cleo prese un profondo respiro, cercando con quali parole iniziare, e alla fine si lasciò andare. "Prima del ponte sono uscita con Giulio, e tornata a casa mi sono sentita male." Incerta, gli spiegò i motivi per cui si era rinchiusa in camera, senza osare calcare sul vittimismo del "Mi sento uno schifo", in quanto Corrado non l'avrebbe apprezzato, per poi tornare indietro e raccontargli di cosa l'aveva spinta fino a tal punto. Quando si mise a parlare di Francesco sentì che l'altro chiudeva il libro, ma non osò guardarlo in faccia mentre gli spiegava del passaggio che le era stato offerto, della sera in cui erano usciti insieme perché era convinta che Giulio l'avesse tradita, di quando si era fatto trovare fuori dalla Cozzi... Le parole le uscirono con più facilità di quanto si sarebbe mai aspettata mentre faceva un salto in avanti, tornando a mercoledì pomeriggio, alla litigata con Giulio e alla sua fuga a casa di Francesco.

"E...?" le chiese Dado, quando lei tacque.

"Ci sono andata a letto" mormorò, cercando di non pensare a quanto una cosa che le era sembrata meravigliosa la facesse sentire così sporca. "Più volte."

Corrado sospirò e si lasciò cadere sul letto, portandosi le mani in faccia mentre lei concludeva. "Ieri sono rimasta da lui e abbiamo anche parlato un po'... Non è niente, alla fine."

"Non mi sembra che sia niente."

Lei scrollò le spalle, non sapendo come replicare, mentre il fratello mugugnava qualcosa tra le dita a cui non prestò ascolto. Si sentiva vuota, come se tutti i pesi sopportati fino ad allora fossero stati rimossi all'improvviso, lasciandola desiderosa di avere ancora qualcosa a cui aggrapparsi e nascondere come suo. Invece era lì, esposta, e avrebbe solo voluto tornare indietro nel tempo e sistemare tutto quando ancora era in tempo.

"Spero almeno che tu sappia qual è la cosa più sensata da fare adesso" le disse Corrado, rimettendosi seduto.

"Lasciare Giulio?"

"Lasciare Giulio."

Cleo si morse il labbro inferiore e rimase in silenzio. Era la cosa giusta da fare, lo sapeva, ma il pensiero di rendere l'idea atto la terrorizzava. "Ma cosa gli dovrei dire?" chiese a bassa voce, torcendosi le mani. "Che l'ho tradito e che...?"

"Solo che non lo ami più, semplice." Corrado la afferrò e la costrinse a guardarlo. "Per quanto non mi stia molto simpatico, evita tutta la solfa dell'essere andata a letto con un altro. Il pregresso dovrebbe essere una bastonata già sufficiente."

"E se lui mi chiedesse di provarci ancora?"

"Giuro che se non lo molli non ti parlo più" le rispose il fratello. "Perché adesso la situazione sta diventando ridicola. Se mi avessi dato ascolto, ora saresti tranquilla e serena a farti quest'altro tizio. Oppure no, ma tanto saresti comunque più felice di così." Corrado si alzò in piedi, percorrendo la stanza avanti e indietro, il tono di voce sempre più alto. "Poi il problema non è il fatto che tu abbia voluto insistere, ma che non ti sia arresa davanti a ogni cazzo di segnale che ti diceva di lasciarlo. Mi hai detto tu che l'hai odiato così tanto da uscire con Francesco, quindi perché non l'hai lasciato?"

Cleo allargò le braccia e scosse il capo. Aveva già riflettuto a lungo su tali domande senza trovare risposta.

"Ma no, insistiamo" continuò intanto Dado, gesticolando. "Tanto, cosa vuoi che sia se ti fa venire voglia di rinchiuderti in camera a morire di fame? Stiamoci ancora insieme, proviamo ancora a salvare l'insalvabile. Poi lui arriva, ti rendi conto che in effetti non c'è più niente, ma al posto di dirglielo e chiudere tutto scappi via per scopartene un altro."

"Per fare cosa?"

Cleo sobbalzò, così come Dado, ed entrambi si girarono verso Neela, ferma sulla soglia della camera. Nessuno dei due ebbe tempo di dire niente che l'altra scoppiò in una risata isterica, scuotendo la testa.

"Davvero sei scappata solo perché avevi voglia di cazzo?" le chiese, inarcando un sopracciglio.

"In realtà la situazione è un pelo più complessa" intervenne Dado, mentre Cleo, invece, annuiva e affermava un "Sì" convinto.

"Io non voglio saperne niente" commentò Neela, mentre il fratello le riservava un'occhiata stranita. Cleo si strinse nelle spalle. Non aveva voglia di spiegare di nuovo l'intera storia, né poteva negare che, in effetti, la sintesi proposta fosse abbastanza veritiera.

"La prossima volta che ti verrà lo sghiribizzo di fare stronzate simili, un messaggio onesto sarebbe apprezzato" continuò la coinquilina, incrociando le braccia sul petto. "Così almeno evito di preoccuparmi e pensare a chissà cosa."

Lei annuì, e tra loro tre calò un silenzio imbarazzato. Non c'era più niente da dire, in fondo.

"Io avrei fame" esordì Corrado dal nulla. "Cosa volete vi prepari? Tanto ormai ho preso il giorno libero..."

"Tu sai cucinare?" gli chiese Neela, sorpresa. "Vista l'incapacità totale di tua sorella pensavo fosse un difetto genetico."

"Vi faccio una pasta che vi manderà nell'iperuranio" replicò lui, raddrizzandosi. "Roba che vi sognerete per il resto dei vostri giorni."

"Non dirmi la pasta al tonno..." sospirò Cleo, pesando alle pessime conoscenze culinarie del fratello. Neela aveva ragione a dire che fosse di famiglia, visto che nessuno, a parte il padre, era in grado di produrre qualcosa di commestibile.

"Ovvio."

Neela sbuffò. "Faccio io. Che nessuno di voi si avvicini alla cucina, per carità divina."

Cleo osservò il fratello e la coinquilina andarsene via bisticciando sul pranzo, lui che affermava di non essere così terribile e lei che cercava in tutti i modi di contenerlo, e pensò che non fosse stato così male essere senza filtri.

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