Frana

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Miniere del sud ore 12.30

Il freddo, il bianco accecante, sono due cose che possono uccidere o accecare. Dal giorno in cui sono stato separato dalla mia vita e dalla mia famiglia ho dimenticato chi sono e ancora oggi cerco una risposta. Ora che siamo fermi a riposo il freddo si fa sentire ancora di più, la neve cade incessante e quei fiocchi portano alla mente ricordi di un giorno triste, il giorno in cui persi anche quel briciolo di felicità che ero riuscito a trovare.

Ricordo ancora quel giorno avevo nove anni e passeggiavo sereno nei giardini di casa mia, stavo studiando in giardino un uomo venne a minacciare mio padre, volevano un voto, il suo voto e quello della sua fazione. Io ero un ragazzo di appena dodici anni non ancora avvezzo alla polita e non potevo comprendere molto bene, ma quell'uomo non mi piaceva. Mio padre dopo quella visita non fu più lo stesso ovunque andavamo eravamo scoratati da numerosi soldati e non potevo più muovermi senza la loro presenza ed i miei genitori. Un inferno. Una sera fummo invitati ad una cena ed anche se mio padre era molto reticente alla fine cedette alle richieste di mia madre e andammo. Eravamo su una strada buia e desolata, l'autista della nostra auto aveva sbagliato strada, così stavamo tornando indietro quando all'improvviso una luce abbagliante ci accecò da lì il buio. Da quel giorno vissi nella suburra, non so né come ci arrivai né chi mi ci portò, ma alla fine sarei morto se una donna con suo marito non mi avessero accolto nella loro dimora. All'inizio non ricordavo niente poi cominciai ad avere memoria di una vita passata, ma non ricordai mai né i nomi della mia famiglia né il mio. Nella suburra trascorsi due anni sereni, finché un giorno incontrai una ragazza meravigliosa Saila, lei era una serva, ma era bellissima, mi raccontò di come un tempo quando era bambina viveva in una casa meravigliosa con i suoi genitori, ma che un giorno fu costretta ad andarsene, i suoi padroni persero il loro unico figlio maschio e non sopportavano più l'idea che altri bambini girassero per la casa, così andò a mettersi al servizio di un'altra casa nobiliare, dove lì strinse grande amicizia con la sua nuova signora. A lei mancava molto il suo signorino ed anche se erano anni che era morto lo ricordava con grande gioia e malinconia. Da quel giorno spesso veniva a trovarmi e poi vide un marchio sulla mia spalla e lei disse che era un marchio importante, che le ricordava qualcosa, ma non sapeva cosa e che quindi avrebbe indagato tramite Jennifer la signorina per cui lavorava. Insieme avrebbero trovato le risposte alle mie domande e scoperto della mia vera famiglia. Dopo quel giorno non la vedi per molto tempo, finché lei e la sua amica si avvicinarono a me, certo le due ragazze erano l'una l'opposto dell'altra la mia Saila era sorridente, una carnagione chiara e una chioma d'orato con occhi da cerbiatta e azzurri come il mare, la sua amica aveva una carnagione leggermente più scura, dei capelli neri e ricci, ribelli, degli occhi neri profondi e tristi, in quegli occhi c'era il vuoto, ma comunque erano unite e si vedeva molto "ciao, allora abbiamo indagato di nascosto e scoperto che quel marchio..." ma non finì mai le sue parole i soldati fecero irruzione nella piccola piazza mezza sgangherata della suburra e distrussero ogni cosa al loro passaggio le piccole botteghe, i vasi o le riserve di acqua, tutto. A passo svelto vennero verso di noi che provammo a scappare, ma inutilmente. Le guardie ci afferrarono dividendoci per sempre, vidi Saila essere ferita, ma non potei fare nulla, cercai di ribellarmi, ma ricevetti un colpo potente sulla nuca che mi fece svenire... un rumore mi riporta alla realtà è la campana si torna al lavoro.

Vorrei che questa neveeterna mi strappasse da questo mondo, così potrei tornare da lei, finalmentepotrei abbracciarla di nuovo, ora che solo nei miei sogni posso incontrarla,sono di nuovo perso nei miei pensieri. Quando una voce dura e rude mirisveglia, sento un urlo, una donna piange, si dimena, volto il mio sguardo, lascena che si presenta è sempre la stessa, brutalità e violenza, che sia unbambino o meno le guardie qui non fanno differenza. Sento un conato divomito, ma resisto. Guardò il mio compagno sulla destra Garu, è da moltopiù tempo di me qui e sa come funzionano le cose, insieme a forza tiriamo suMaicol il suo corpo ancora non è abituato a tutto questo lavoro incessante ed èstremato. Conosco bene la sensazione dei muscoli che bruciano e urlano, tiranoe si strappano dalla fatica, la conosco, ma deve abituarsi il più in frettapossibile se vuole sopravvivere. Ci alziamo pronti a scavare e a picconare peraltre sei infinite ore.
Alle volte vorrei che tutto questo dolore, che questa rabbia servisse aqualcosa. Ogni giorno rivivo il momento in cui l'hanno portata via da me,le risate dei soldati al mio risveglio dopo essermi ripreso, chiesi di lei diSaila e dell'altra ragazza mi dissero che erano morte entrambe per la lorodisubbidienza e la guardie mi consegnò un solo lembo del vestito di Sailaricoperto di sangue.

Queste maledette lampade, non fanno altro che tremare ormai da giorni, allevolte mi è parso di sentire il rumore dell'acqua, ma è impossibile se così fossesignificherebbe che stiamo scavando vicino ad una fonte d'acquasotterranea. Non voglio immaginare cosa accadrebbe se uno di noi scavandobucasse la falda acquifera, spero che il mio presentimento sia errato, guardosopra la mia testa e piccole goccioline cadono dall'alto verso il bassorinfrescandomi, ma ho paura intorno a noi c'è solo roccia un soffitto di rocciae stalattiti e null'altro. Riprendo a lavorare, non sento più le mie maniche sono rosse e piene di nuove ferite che creeranno nuovi calli. Poiall'improvviso il silenzio scandito dai nostri picconi è interrotto da un boato,sento urla disperate in lontananza, tutti fuggono, ma dove? Non siamonemmeno liberi di camminare, le catene ci tengono legati gli uni agli altri sesolo uno del gruppo cade o è trascinato via, anche gli altri lo seguirebbero.

Vedo le guardie fuggire, molti di noi corrono dietro di loro in un tentativo disperato di raggiungerle, io, Garu e Maicol corriamo, cerchiamo di raggiungerli, ma una frana improvvisa ci separa. La catena che mi teneva legato a lui dal giorno in cui sono arrivato in questo inferno, è stata spezzata da centinaia di massi "Garu!" "Sono vivo" "e Maicol? Lui sta bene?" "No, amico lui è finito schiacciato" alle sue parole ho un conato di vomito, quel ragazzino così giovane ora era solo poltiglia. Senza riflettere mi ricolgo a Garu, "scappa, corri, prima che le guardie chiudano la porta" "e tu?" "Io me la caverò" sappiamo entrambi che è una menzogna, "sei stato il mio migliore amico" "anche tu" lo sento piangere e anche io sto per farlo, difronte alla morte non esiste vergogna. Resto immobile, aspetto di sentire i passi del mio amico svanire in lontananza, poi la porta d'acciaio si chiude ermeticamente, ora siamo soli. Mi volto e con me sono rimasti molti bambini, donne, uomini e anziani, hanno tutti il terrore impresso negli occhi lo stesso che leggerei nei miei se potessi guardarmi. Siamo in trappola e di certo le guardie non verranno a salvarci di gente come noi ne è piena questa città, il padrone ci metterebbe due secondi a sostituirci, ma noi non siamo oggetti privi di anima, abbiamo un corpo e dei sogni, delle paure e sentiamo dolore. Ragiona in fretta su cosa fare, su come risolvere questa situazione davvero orribile, penso, ma non trovo risposta.

Appena abbasso la testa mi rendo conto che l'acqua sta salendo più veloce del previsto, è già arrivato alle mie ginocchia, questo vuol dire che i bambini oramai non possono fare altro che nuotare, "prendete i bambini e seguitemi! dobbiamo trovare a tutti costi una zona dove si è formata una bolla d'aria in cui poterci rifugiare con serenità". I miei studi mi avevano insegnato che anche quando l'acqua sta per invadere una caverna, c'è sempre un luogo in cui essa non arriva ed è, dove si forma una bolla d'aria. Seguito dagli altri m'incamminai alla ricerca della nostra salvezza, camminiamo per un tempo infinito, l'acqua ormai era così alta da arrivarmi al petto, donne e bambini come molti uomini stavano già nuotando da un po'. Quando ormai anch'io stavo annaspando e la mia testa era quasi completamente sommersa dalle acque, ecco che in lontananza scorgo una rientranza di roccia, un pezzo di terra che si innalza al disopra dell'acqua, è lì che si è formata la bolla d'aria, lì potremo trovare un po' di riposo. Una volta arrivate a destinazione, ci sentiamo sollevati, ma la felicità dura solo brevi istanti, un'altra forte scossa fa tremare la terra sopra e sotto i nostri piedi, le donne gridano i bambini piangono e noi uomini tremiamo, ma non lo diamo a vedere. Solo un'altra scossa e per tutti noi sarà la fine, la terra ci seppellirà vivi, e se non sarà la terra, sarà l'ossigeno che piano piano verrà a mancare. La situazione è davvero delicata. È un inferno, ma almeno ho la certezza che potrò rivedere la mia amata Saila. Ormai l'ossigeno è così scarso che tutto si sta facendo appannato intorno a noi, ma poi un altro boato, il rumore è simile a quello di un'esplosione. Sento i muri cedere, gente correre ed entrare, ma non riesco a vedere oltre la vista è annebbiata. Qualcuno mi solleva di peso e mi trascina fuorida quell'incubo, appena i miei polmoni entrano in contatto con l'aria frescarespiro così profondamente e velocemente da sentirli bruciare. Il mio corpoviene deposto sulla terra innevata e poi trascinato su di un carro insieme atutti i miei compagni, non so dove stiamo andando, ma il freddo e la stanchezzahanno il sopravvento sulla paura e alla fine mi addormento. Spero solo chequesto viaggio sia migliore dell'altro.

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