Incertezze

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La mattina, fui strattonata con forza, era il mio padrone mi voleva per l'ennesima volta da quando ero entrata in quella casa.
Con riluttanza mi alzai da terra e mi diressi verso la sua posizione. Appena gli fui vicino mi fece mettere in ginocchio e cominciò a toccarmi, le sue mani percorrevano con esperienza crudele, la mia povera pelle che al suo tocco tremava. In un secondo momento cominciò a mordere i miei capezzoli ed io emisi gemiti di dolore, poi mi fece distendere sotto di lui, per la prima volta ci guardammo negli occhi, ma dopo quella sera, ciò che lesse nei miei occhi fu solo la paura di essere di nuovo violata. I suoi occhi erano pieni di desiderio, "sei stata brava, schiava, oggi ti sei meritata un premio" "i-io no... grazie padrone" mi ero rassegnata, che fosse dolce o forte il sesso che facevo con lui, per me era sempre violenza, mi avrebbe comunque profanato. Sentii il suo sguardo gelido su di me, poi distinto abbassi i miei occhi, non volevo guardare in faccia quel mostro, sapevo che lui stava sorridendo soddisfatto, probabilmente pensava che la sua educazione stesse cominciando ad avere effetto su di me, ma se solo avesse saputo ciò che la mia mente realmente pensava di lui, per quale motivo non volevo guardarlo in faccia, il suo sorriso, si sarebbe spento all'istante.
Lentamente le sue dita scesero verso le mie intimità per darmi piacere, un piacere che io non provai, quando si rese conto che non emettevo alcun suono, si fermò per guardarmi in faccia, le mie guance erano rigate dalle lacrime, sentii la sua mano accarezzarmi la guancia e per un attimo, solo un attimo pensai che mi avrebbe consolata, accarezzata, stretta a se, ma poi la realtà fu diversa un mostro è sempre un mostro, mi schiaffeggio il volto e le sue parole furono: "dovresti essere contenta, il tuo padrone ti sta dando piacere, ma il piacere che diceva lui io non lo provavo "come vuoi tu, allora si fa a modo mio" mi girò prese il guinzaglio e lo legò al mio collare, e poi prese a sculacciarmi ed io secondo lui avrei dovuto ringraziarlo, ma non lo feci, non ero un oggetto così mi penetrò con forza e violenza da dietro, incurante delle mie urla e del mio dolore, quando ebbe finito si alzò e mi guardò "sei la mia sottomessa e tra quattro mesi la mia futura sposa, questa è la tua vita, tu non sei più niente solo un armadio vuoto che io posso riempire e trasformare a mio piacimento, chiaro?" Non risposi o almeno non risposi subito, venne verso di me e cominciò a strattonarmi per i capelli facendomi urlare allora risposi ciò che lui desiderava "si, padrone" a quel punto mi sbatte a terra ed usci dalla stanza.
Rimasi sdraiata in terra per diverso tempo, non vi saprei dire per quanto. Poi all'improvviso i miei occhi si scontrarono con un disegno a me familiare, una corona con tre stelle, la mia cicatrice! Era il simbolo che portavo sulla mia pelle sin da piccola, a quel punto mi feci coraggio e per la prima volta da quando ero in quella casa, alzai lo sguardo e fu allora che le mie convinzioni cominciarono a vacillare, fu allora che li vidi erano degli stemmi doro e tutti raffiguravano una corona con tre stelle, cosa era? Che cosa voleva dire? Perché io avevo quel marchio? D'improvviso uscii di corsa dalla stanza e corsi nelle cucine. Lì, infatti, lavorava l'unica persona che in quella casa mi era sempre stata vicino, sin dal giorno in cui ero arrivata. C'eravamo incontrate per caso, mentre svolgevo i miei soliti doveri, mi aveva sentito piangere e subito era accorsa da me, da quel giorno non mi aveva più lasciato sola. Una donna dai capelli rossi come me, aveva il volto sfigurato da delle bruciature, ma nulla poteva nascondere o sopraffare la sua bellezza, i suoi occhi erano di un verde acqua meraviglioso e il suo portamento così regale e nobile, la rendevano meravigliosa, in quei mesi lei mi era sempre stata accanto consolandomi e curandomi le ferite che lui mi procurava. E così anche questa volta corsi da lei. Appena entrata in cucina lei capì tutto, d'istinto mi abbracciò come volesse proteggermi da ogni male. Poi mi chiese "mia piccola, cosa c'è che non va?" Io gli dissi tutto e mano mano che le raccontavo la storia vedevo il suo volto cambiare "stai bene Elisabeth?" "sì, sto bene, ma devo mostrarti una cosa". Così dicendo mi prese sotto braccio e mi condusse verso il giardino, da lì continuammo a camminare a lungo, fino a quando non arrivammo ad una vecchia casa ormai in rovina, dalla casa padronale doveva distare almeno 15/20 KM quando arrivai lì davanti, notai che la casa era stata bruciata e che somigliava a quella del mio sogno "Meredith, piccola Meredith qui si svolse la tragedia più grande di questo regno, o almeno la tragedia più grande per noi donne, in questa casa alloggiavano felici il principe Senatore e la sua famiglia, questi amavano moltissimo la loro unica figlia, volevano per lei un futuro diverso, così il principe senatore e sua moglie cominciarono a cercare insieme le vecchie leggi, che la casta nobiliare dopo le ultime guerre aveva nascosto e per la maggior parte rubate, ma loro sapevano che un codice di diritto era rimasto, così cominciarono le loro ricerche...........

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