L'incontro sfumato

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Rientrammo tardissimo e sulla porta ad aspettarmi c'era lui. Il mio padrone, l'uomo che avevo scoperto essere mio cugino. per la seconda volta lo guardai negli occhi, ma questa volta nei miei non lesse paura, ma il disprezzo che provavo verso tutti loro. Ora sapevo tutto e mi chiedevo se anche lui sapeva tutto. Ora sapevo il motivo per cui aveva avuto tutta quella paura difronte alla mia cicatrice o meglio, il sigillo, io ero la vera erede, loro erano solo degli usurpatori. Anche se lui era molto più grande di me, perché aveva venticinque anni e quindi quando tutto era successo, lui doveva già sapere o almeno capire ciò che la sua famiglia stava facendo alla mia. L'odio che provavo verso di lui crebbe a dismisura, non feci altro che guardarlo, quando mi arrivò uno schiaffo in pieno volto, e poi un altro e un altro, le sue mani mi presero con forza e mi strattonarono sino alle celle. Arrivati lì, mi legò. I miei polsi furono incatenati a delle catene che pendevano dal soffitto. Poi tramite un pulsante queste catene cominciarono a salire verso l'alto e le mie braccia si tesero, un forte dolore invase il mio corpo, le spalle non avrebbero retto tutto quel peso a lungo, temevo si slogassero. Senza indugiare oltre strappò via i miei indumenti, o meglio stracci, perché erano composti di una gonna cortissima e da un reggiseno tutto verde e oro che si abbinava alla gonna. Portato a termine il suo lavoro, se ne andò lasciandomi al freddo e con le mani e le braccia sempre più doloranti per la posizione.
Quando la mattina, la porta si aprì, riconobbi all'istante i suoi passi ed io iniziai ad avere paura di quello che mi avrebbe fatto, con sé aveva un ferro e dei carboni ardenti che posò su di un tavolo, poi prese lentamente altre cose tra cui una frusta "fai bene piccola a tremare, sono davvero arrabbiato con te, ho deciso che oggi ti marchierò e sai dove? proprio nel punto in cui hai quel bel disegno, so tutto la cara vecchia è stata torturata sino a quando non ha parlato ed ora è morta, ma tu, tu vivrai, ma imparerai l'obbedienza!" Dette quelle parole cominciò la sua terribile tortura, alla fine della quale impresse sulla mia coscia le sue iniziali nome e cognome, le mie grida di dolore durarono sino a quando non mi mise in bocca un morsino, alla fine svenni.
Continuò cosi per diversi giorni, veniva mi frustava, mi diceva di contare ed io mi rifiutavo, lui mi puniva e poi mi prendeva, e faceva sì che anche i dipendenti si divertissero con me, giorno dopo giorno sentivo la mia resistenza venire via, cedere difronte a tanta cattiveria, ma dall'altra parte si rafforzava in me il desiderio, di realizzare il sogno dei miei genitori, avrei conosciuto da sola i ribelli, avrei escogitato un piano e sarei andata via da lì, un giorno poi sarei tornata, ma solo quando avrei potuto fare giustizia e ristabilire ogni cosa.
Ormai non sentivo più il freddo, il dolore del mio corpo era notevolmente superiore. Le spalle poi mi facevano talmente male che mi dimenticai di tutto il resto, avrei fatto di tutto per far sì che quella tortura, quel dolore finissero.
"Buon giorno, piccola" era la sua voce, io iniziai a tremare. Ormai la mia mente aveva ricollegato la sua voce, al dolore "oggi siamo più ragionevoli, o ricomincio da capo?" Mi disse sfiorandomi. Sussultai dal dolore, anche se il suo tocco era stato leggero. Sul mio corpo non c'era più una zona rosa, ogni centimetro di esso era cosparso di lividi e tagli provocati dalla frusta, "ti amo piccola, e ora che so che sei mia cugina ti amo ancora, di più, da noi nasceranno figli perfetti" era pazzo, tutta la sua famiglia lo era! Se quello era amore, non potevo immaginare cosa fosse l'odio, come potevano le altre donne godere di ciò e accettare quella situazione? E infine innamorarsi dei loro carnefici? Io non potevo e non volevo. Quel giorno fu il più duro e il più lungo, mi picchiò e di nuovo mi prese facendomi male, poi mi picchiò ancora finché dalle mie labbra non sentì uscire il suono che desiderava "sono vostra padrona, vi prego basta, ubbidirò" a quelle parole lasciò che le catene si staccassero dai miei polsi e mi prese in braccio, mi lavò mi medicò e mi mise nel letto accanto a sé. "Mi prenderò io cura di te, tu Sonia si buona ed io lo sarò con te" "si, padrone" queste furono le mie ultime parole prima di addormentarmi tra le sue braccia, per un attimo mi sentii come se lui non fosse lui, ma sapevo che era tutta una falsa ed io sarei stata più falsa di tutti loro.

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