Capitolo 36

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I preparativi per il matrimonio di Maurizio e Sofia procedevano a ritmo serrato.
La giovane Lanciani di Vallefiorita passava ormai tutti i giorni, per qualche ora, al reparto dei telai, e confidava ad Elena tutti i suoi pensieri e i suoi turbamenti: sulla vita matrimoniale, su quando si sarebbe concessa a Maurizio, su quanti figli avrebbero avuto.
La Bassi l'ascoltava pazientemente e la tranquillizzava, dicendole che la sua vita con Maurizio sarebbe stata meravigliosa.
《Sei sempre così buona!》decretava entusiasta Sofia.
E ogni volta Elena, divorata dai sensi di colpa, non riusciva a mormorare altro che un arrugginito: 《Grazie》.

                                 ***

A volte la figlia di Riccardo veniva accompagnata dalla cognata Giulia, la quale si dissociava spesso per andare a spiare le mosse di Salvatore nel tratto di cortile interno che collegava il reparto dei telai con quello delle tinture, escogitando un modo per adescarlo definitivamente.
《Salve, bel tintore!》lo salutò spudoratamente una mattina.
《Oh... S-Salve...》balbettò Salvatore a disagio.
《Allora sai parlare...》osservò divertita la donna.
《Certo che so parlare, anzi, al mio paese, Seriate, mi dicono sempre che parlo troppo...》cominciò il giovane.
《Vedo anche che sei molto socievole...》continuò Giulia, avvicinandosi a lui. Salvatore stava cominciando a sentire caldo.
《Oh sì, parecchio...》rispose.
《Bene, allora credo che potremmo diventare molto amici, noi due...》sorrise lei, sfiorando con un dito il petto del ragazzo, in canottiera.
《Ah... lei crede?》replicò lui, il sangue che già gli ribolliva nelle vene.
《Basta solo che ti lasci andare...》sussurrò lei all'orecchio di Salvatore.
《Posso essere molto gentile...》aggiunse con voce suadente.
Le gambe del giovane Grandi erano molli; due secondi dopo le sue labbra erano incollate a quelle di lei, la lingua di quest'ultima che si faceva strada nella cavità orale di lui.

                                 ***

Poco più in là, Beatrice si stava dirigendo nello studio di Pietro, il quale l'aveva fatta chiamare perché voleva vederla.
"Che benefattore!" pensò fra se e se.
Arrivò davanti alla porta, bussando emozionata.
《Avanti》rispose la voce dell'uomo.
《Buongiorno, signor Lanciani di Vallefiorita... Mi aveva fatta chiamare?》esordì la giovane siciliana.
《Oh sì. Ho valutato a lungo la vicenda di suo marito e ho deciso di fare qualcosa...》spiegò lui, prendendo un carnet di assegni e staccandone uno, per poi porgerlo a un'incredula Beatrice, che ne guardò il contenuto con occhi sgranati: c'erano un sacco di zeri.
《Signor Lanciani di Vallefiorita, io... non so davvero come sdebitarmi...》balbettò la ragazza.
《Non si preoccupi, un modo lo troveremo》disse tranquillamente Pietro. 《Adesso torni nel suo reparto e non dia troppo nell'occhio con quell'assegno》aggiunse poi ammiccando.
《D'accordo, signor Lanciani di Vallefiorita. Arrivederci e grazie!》salutò lei, intascando l'assegno e uscendo.
《Arrivederci, signorina Beatrice!》ricambiò il saluto lui.

                                   ***

Pochi secondi dopo la porta si riaprì.
Era Irene, che entrò e chiuse la porta a chiave.
《Ti metti a sedurre anche le lavoranti adesso?》lo schernì.
《È soltanto una poveraccia col marito moribondo, una pratica facile da sbrigare...》rispose lui.
《Bene, archiviala per un'altra volta e pensa che adesso ce n'è una molto più urgente...》fece la Cristaldi, avvicinandosi.
《Non c'è nessuno in corridoio?》si sincerò Pietro.
《Neanche un'anima...》rispose Irene sedendosi sul tavolo a gambe accavallate e avvicinandosi sempre di più al capo contabile della Silkway, il quale fece lo stesso alzandosi; i due si baciarono con foga e lei si tolse il cappotto, lui si allentò la cravatta e montarono sulla scrivania, buttando penne, fogli e libri contabili a terra.

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