Prologo 1 - Sarah

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Aprile 1800, Irlanda del Nord

"Devi ancora spolverare la camera di Lydia, riordinare la sala, togliere la polvere dal lampadario del mio studio, curare il giardino ed è quasi l'ora di pranzo! Datti una mossa! Dov'è quella stupida di tua sorella?".

Eravamo abituate a sentirci chiamare stupide o sguattere e ormai non ci lamentavamo più anche se mi dava fastidio quando sentivo chiamare così mia sorella: nessuno si sarebbe mai dovuto permettere di trattarla in questo modo, ma purtroppo non potevo farci niente.

In quel momento Sophie arrivò di corsa.
"Mi scusi signora Williams, stavo finendo di sp..." disse con il fiatone per la corsa.
"Non me ne frega niente di dov'eri. Quando ti chiamo devi farti trovare all'istante davanti a me," le urlò in faccia lei senza nemmeno farla finire di parlare, "sono appena salita nella mia stanza e c'è ancora il letto da fare! Cosa aspetti? Che si rifacciano da soli? Forza, al lavoro."
"Ai suoi ordini signora Williams" rispondemmo in coro.

Lei se ne andò lamentandosi di quanto fossimo stupide e incapaci noi due.

Erano già passati cinque lunghissimi anni da quando Karen era arrivata in questa casa. Papà, il signor Alfred, come dovevo chiamarlo, da un giorno all'altro aveva deciso che mamma era una donna ormai troppo vecchia e che andava sostituita con una più giovane. In poco tempo, sposò Karen che era più giovane di Anne di cinque anni e così lei e le tre vipere si erano trasferite in casa nostra.

Lydia, Jocelin e Shantel erano le tre figlie di Karen avute da un precedente matrimonio con il signor Davis, un nobile irlandese che era stato lasciato dalla moglie quando aveva perso tutto il suo patrimonio in un investimento finito male.
Lydia era la più grande delle tre e il suo problema più grande era che a vent'anni non aveva un fidanzato. Aveva un carattere insopportabile e per questo nessun ragazzo voleva avere a che fare con lei per più di mezza giornata.
La secondogenita era Jocelyn che aveva diciannove anni. Jo, come le sorelle la chiamavano, adorava leggere e avrebbe voluto scrivere un libro, ma purtroppo non era capace a scrivere nemmeno una lettera e andava malissimo in inglese, nonostante l'insegnante che le dava ripetizioni private tutti i giorni fosse un esperto in quella materia e nell'arte della sopportazione.
Infine c'era Shantel, la più piccola ma la più temibile. La diciottenne amava sognare a occhi aperti e voleva a tutti i costi sposare un re per poter vivere il resto dei suoi giorni ricca e nel lusso più sfrenato, ma sfortunatamente i suoi sogni non si erano ancora realizzati.

Io e Sophie eravamo la causa di tutte le disgrazie che accadevano alle tre sorelle che ripetutamente si sfogavano maledicendoci oppure rendendoci le loro serve personali.

Erano cinque anni che vivevamo con papà e la nostra matrigna; mamma non ci aveva abbandonate ma ci aveva lasciato con nostro padre al momento della separazione per poter avere un futuro migliore poiché papà l'aveva cacciata di casa e lasciata senza soldi. Da allora non l'avevamo più vista o avuto sue notizie, sapevamo solo che lavorava in un lontano villaggio dall'altra parte del paese per una ricca famiglia irlandese.

Da quando Karen era arrivata in quella casa ogni suo ordine era legge e così lei decise che nonostante avessi solo dodici anni e Sophie undici, saremmo diventate le serve di casa: lavavamo, stiravamo, cucinavamo, insomma ci occupavamo noi della villa e del cortile che la circonda.

Ovviamente non ricevevamo mai un pound, quando provavamo a chiedere qualche soldo a papà per comprarci qualcosa che ci serviva lui ci rispondeva con un secco "Vi mantengo già a mie spese e vi lascio vivere qui rimettendoci ancora e voi mi chiedete dei soldi?" e la discussione finiva lì.
Papà ovviamente spendeva tutti i suoi soldi per Karen e le sue figlie, le quali chiedevano in continuazione regali che costavano un patrimonio.

Io e mia sorella, invece, vivevamo in una stanza buia e minuscola sotto alla villa con solo due brandine e senza bagno, e il nostro guardaroba iniziava e finiva con due divise da serva.
Per pranzo e per cena mangiavamo cosa rimaneva sulla tavola dei signori, un giorno ci andava bene e avanzavano parecchio, il giorno dopo apprezzavano la cena e non rimaneva niente.
Erano anni che lavoravamo dall'alba al tramonto, sette giorni su sette.

Mi diressi verso la camera di Lydia al piano superiore e Sophie mi seguì per poi scomparire dietro alla porta di Karen e papà.

Sophie era la mia piccola sorellina, da quando mamma se n'era andata io mi ero sostituita a lei e me ne ero sempre presa cura. In realtà non era mia sorella, non era figlia di mamma e papà, ma era diventata parte della nostra famiglia dopo l'incidente: quando aveva solo due anni la casa dov'era nata crollò e i suoi genitori morirono rimanendo intrappolati sotto le macerie. Elizabeth, sua mamma, era la migliore amica di Anne e così Sophie venne a vivere da noi.

Stavo finendo di spolverare lo studio di Karen quando lei entrò.
"Esco subito signora Williams".
"Fallo, non dirlo", mi rispose con la sua solita gentilezza, "perché sei ancora qui?"
"Con permesso" dissi chinando il capo e aprendo la porta per uscire.
"Torna un attimo indietro, sguattera!", mi richiamò, "Devi andare in paese a comprare il pane fresco per il pranzo, portare questi inviti alle mie amiche per il the delle cinque di domani pomeriggio, devono essere avvisate per tempo, e andare a prendere del succo di mela nella fattoria degli Harris perché un'amica di Lydia le ha detto che fa bene per la pelle del viso e tutto questo ovviamente entro l'ora di pranzo. Ora puoi ritirarti" e così dicendo mi mise in mano gli inviti e mi fece cenno con la mano di uscire.

Era già mezzogiorno e un quarto e se la signora non mangiava all'una in punto diventava irascibile e cominciava a urlare contro me e Sophie. Uscii dalla villa di corsa per far ritorno dal paese il prima possibile per preparare il pranzo.

----spazio autrice----
Questa è la prima storia che scrivo!!! Se ti è piaciuta questa prima parte fammelo sapere con una stellina e un commento😘

Grazie❤

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