Il ritratto

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"Sei certo?"

Distese il viso in un sorriso. "Assolutamente".

Fissai la piccola tela e scossi la testa.

"Hai fatto pazzie per questa, quarant'anni fa. E ora?"

"Ora mi ha stancato", e aprì le mani con i palmi in alto.

"Davvero preoccupante", borbottai.

Una settimana più tardi, incontrai la donna. Dipingo falsi d'autore e le tele con la mia firma, copie legali e ben fatte, hanno un buon mercato. Ma quello che le chiedo di 'piazzarmi' sottobanco lo dichiaro un falso da spacciare per autentico.

"Miss Helen, rifletta prima di rifiutare, può sfidare qualsiasi esperto: tela del '500, pigmenti che reggerebbero anche i microscopi".

Quella scosse la testa.

"Signor Carter, forse lei mi ritiene poco esperta in campo d'arte ma..."

"So che è molto capace, invece. Perciò mi sono rivolto a lei. Sarò franco: mi risulta che una sola persona avrebbe potuto essere più adatta, ma questioni personali mi hanno indotto a non rivolgermi a lui".

"Posso chiedere che genere, di questioni personali?"

"Vecchie storie, miss Helen. Bennet ama truffare chiunque, e io ne ho già fatto le spese. Per questa tela, non voglio sorprese".

"Così, si è rivolto subito a me. Sono lusingata".

Gli rivolsi il mio miglior sorriso. Ero fuori da questo genere di cose da decenni. Ma a Edward, nonostante tutto, devo l'inizio della mia carriera.

La donna prese dalla propria borsa delle foto e me le mostrò.

Eravamo io ed Edward, il giorno che ci eravamo incontrati per discutere dell'affare. Cazzo, pensai.

"Non mi pare che ci sia poi tanta acrimonia, tra lei e Bennet. Forse potrebbe essere più sincero, signor Carter".

Non me l'aspettavo, Edward non mi aveva dato istruzioni su quell'eventualità. Stava perdendo colpi, la vecchia volpe!

"Mi ha offerto troppo poco".

Decisi all'istante che fosse la sola risposta plausibile, visto che avevo affermato che non mi ero rivolto a lui e i fatti mi smentivano.

"Mister Bennet ha un innegabile talento per gli affari", sorrise ironica e ambigua, "se non ha accettato il suo capolavoro vuol dire che non è tale".

"Vuol dire che è diventato vecchio", replicai, e dicevo esattamente il mio pensiero. Era diventato vecchio e sentimentale. Anzi no, sentimentale lo era sempre stato, quel truffatore. La tela del '500 l'aveva tenuta per sé per una vita, incantato da una somiglianza. All'epoca avevo periziato per lui quel quadro, in gran segreto: senza dubbio un dipinto autentico, splendidamente conservato, avrebbe potuto ricavarci una fortuna! Invece, era rimasto nella sua villa, celato, solo perché era virtualmente il ritratto dell'unica donna che avesse amato.

"Miss Helen, mi creda, chiedo poco per una tela che è un autentico gioiello. Fossi in lei la esaminerei con ogni cura prima di rifiutare come ha fatto Bennet. Se lui invecchia, confido che lei possa invece afferrare al volo questo affare".

Un mese dopo rifiutai di incontrare Edward al solito posto, perché lì qualcuno ci aveva fotografato. Bennet rise di cuore, nel parco in cui gli avevo dato appuntamento.

"E per questo mi stai facendo prendere tutto quest'umido? Guarda che le foto le avevo commissionate io stesso, facendo in modo che Helen potesse averle in modo insospettabile".

"Ma... che cazzo, perché non me l'hai detto? Che accidenti stai combinando Edward?"

Mi sorrise complice.

"Ho fatto affidamento sui tuoi riflessi, ma anche sulla tua genuina sorpresa. Ci è cascata in pieno, mi pare. Cosa le hai detto, tu?"

"Che mi avevi offerto troppo poco e che stavi invecchiando, perché era un affare d'oro e l'avevi rifiutato con leggerezza".

"Perfetto, davvero ben fatto. La speranza di riuscire dove io avevo fallito l'avrà ammaliata, peggio delle sirene d'Ulisse".

Rideva soddisfatto, ma io continuavo a non capire. Aveva posseduto un capolavoro autentico e aveva voluto, da me, che lo spacciassi come opera mia. Ora era in mano alla donna, che l'aveva pagato solo come un bel falso; e quella somma Edward voleva lasciarmela per il mio disturbo. Così, lui aveva solo perso il quadro e basta.

Mi mostrò una foto, in cui la tela spiccava alle pareti della bella casa di miss Helen. "Sapevo che anche lei non l'avrebbe venduto", disse con uno strano tono di voce.

"Davvero, Edward, io vorrei capire. Glielo hai regalato, in pratica..."

"Già", e mi strizzò l'occhio. "Helen è una concorrente di talento", proseguì poi con orgoglio, "una appassionata esperta d'arte con un occhio fuori del comune. Volevo che avesse quel quadro, ma credi che sarei potuto sbucare dal nulla e regalarglielo? Troppe cose avrei dovuto spiegarle. C'è un motivo, se lei è abile com'è, ma lo ignora. Come lo ignoravo io, finché non ho scoperto il suo vero nome, la sua data di nascita e chi era sua madre. Carter, io sto partendo e il quadro non potevo portarmelo dietro... Adesso ce l'ha lei, e certo la somiglianza con sua madre l'avrà sbalordita come sbalordì me, quarant'anni fa. Non lo venderà".

Sospirai, a corto di parole.

"Sei stato un buon amico", aggiunse, "anche se hai smesso subito di dipingermi falsi e hai preferito una vita onesta. Ora ti prego solo di mantenere questo segreto. Prima o poi Helen verrà a chiederti una spiegazione, del perché hai voluto far passare per falso un quadro autentico. Promettimi che non gliela dirai, la verità".

Non sembrava malato. Era solo più magro, e molto pallido.

"Quanto tempo?", chiesi.

"Sei mesi. Neanche il tempo di spendere tutto il ben di Dio accantonato in una vita di onesta attività truffaldina", rise.


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