La linea della morte

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"Steve, rientra".

L'uomo evitò di rispondere e continuò. Dire che aveva pensato che sarebbe stato un bene, la presenza di quella donna. Invece si era trasformata in una piaga.

Lo ripeté tra sé e sé, facendole il verso, immaginandosi parlasse con una vocetta stridula e lamentosa: Rientra, Steve! Come fosse uno sprovveduto e non un veterano di quel lavoro. La calma autorevolezza della donna, che aveva apprezzato, si era trasformata in una seccante apprensività da chioccia: sempre pronta a richiamarlo al termine dell'orario, neanche fosse un marito che, timbrato il cartellino, indugiasse al bar a corteggiare la cassiera.

"Steve..."

Al nuovo avviso, si fermò sbuffando. Fissò il mare davanti a se, immoto, e la linea che, netta, segnava la zona d'ombra che scivolava con l'orario lungo il declivio. Aveva un margine ancora ampio, ma dall'incidente di Barney lei era diventata esageratamente prudente. Represse un'imprecazione e rispose brevemente: "Sì". 

Avrebbe dovuto rispondere 'Sì signore', ma ormai la differenza di grado non significava più nulla. Avesse lei saputo mantenere i modi da ufficiale superiore, l'avrebbe forse rispettata di più ma così... Ormai lo chiamava per nome e quando gli comandava il rientro lo faceva con una nota nella voce che era preoccupazione e quasi preghiera.

Poteva anche capirlo, in fondo, ma lui era un'altra cosa, rispetto al collega. Barney era stato uno sprovveduto, cosa ci si poteva aspettare da uno con un nome così? S'era fatto sorprendere dall'alba. Aveva arrancato per minuti interi, mentre il sole accendeva il suolo e la temperatura si impennava. Ce l'aveva quasi fatta a rientrare nella zona d'ombra, ma infine aveva ceduto, la tuta incapace di contrastare il picco.

Era stato orribile, doveva ammetterlo, assistere impotenti. Il mezzo corazzato che l'aveva raggiunto e trascinato alla base era stato troppo lento per portare indietro altro che ceneri e ossa combuste chiuse in un involucro informe. Dopo quello, il colonnello aveva ceduto all'ansia. 

Steve invece, infastidito, quasi con intenzione si attardava, sfruttando tutto il tempo che aveva, senza conservarsi che un labile margine prudenziale. Comunque, era tempo.

Spense i rilevatori, sistemò negli alloggiamenti gli strumenti che stava usando e si avviò. Aveva quasi completato il tragitto guida, così che l'automa semovente poteva ormai quasi attingere al deposito del cratere. Era un lavoro urgente e avrebbe voluto completarlo, ma Kat... il comandante, meglio, il colonnello, Kat...  lo voleva indietro. E si perdeva un altro giorno. Steve stirò la bocca in una smorfia disgustata.

Una vibrazione sotto i piedi lo colse di sorpresa. Alzò di scatto lo sguardo, fin lì incollato a qualche metro avanti a lui. Il mare di regulite sul suo fianco sinistro restava immoto, uno strato relativamente sottile di polvere che nessun vento sollevava mai. Le alture del Cratere sull'altro fianco, anche, parevano immote, ma la vibrazione si fece scossa violenta, più di quanto gli fosse già accaduto d'avvertire. Lunamoto del cavolo! Quel satellite era assai più attivo di quanto avessero mai immaginato.

Dal bordo del Cratere si staccò una roccia. Una cosa che a nessuno era ancora mai occorso di vedere: qualcosa che si muoveva e rotolava sulla Luna, senza che l'evento fosse provocato da loro! Steve restò affascinato a fissare il masso venire giù, rimbalzando leggero come fosse una pallina di carta, in quella gravità sei volte minore della terrestre.

"Steve!"

Questa volta la voce della donna, rabbiosa, gli ferì i timpani.

"Che diamine stai facendo!"

E non era una domanda. Dal suo monitor lo vedeva immobile, mentre la linea assassina si approssimava. L'uomo riprese il percorso, allungando il passo, trasformandolo in quei balzi altalenanti che davano la sensazione di poter quasi volare.

"Torno Kat, torno. C'è stato uno spettacolo notevole!", commentò nel casco, per farle intendere che era del tutto calmo e del tutto consapevole di essere nei tempi. Fu alla base una manciata di minuti prima del necessario, chiudendo su di sé i portelloni massicci e lasciandosi portare dall'ascensore nel dedalo sotterraneo di tunnel naturali in cui l'avevano impiantata.

Un rifugio provvidenziale e poco costoso che li schermava dal continuo bombardamento di micrometeoriti e dal vento solare. Scavare nel sottosuolo non sarebbe stato facile, diversamente, visto che al disotto del sottile strato di roccia polverizzata, un velo di otto centimetri, in media, di soffice regulite, il suolo lunare diventava duro come cemento armato.

La ridotta gravità lunare, poi, aveva la conseguenza di spingere via le macchine scavatrici, durante le loro azioni di forza su un punto, molto più facilmente rispetto a quanto succedeva sulla Terra. In simili condizioni, l'opportunità di sfruttare quelle gallerie, legate ad attività selenologiche primordiali, era stata da subito interpretata come l'evidente invito della luna stessa ad accomodarsi nel suo ventre, al riparo dalle temperature impossibili della superficie.

Steve si liberò della tuta e ripose con cura le attrezzature che aveva usate, nella zona a 1/3 G, dando al fisico il tempo di riadattarsi gradualmente alla maggiore gravità assicurata nel cuore della stazione, che di zona in zona cresceva raggiungendo quella terrestre. Per lunghe permanenze era stato necessario assicurarla, ai residenti, per prevenire danni fisici. Era stata la sfida più difficile di tutte, trovar il modo di ricreare, in alcuni ambienti della base, 1G.

Quando poté varcare l'ultimo accesso, Kat era seduta a un tavolo, chiaramente in attesa di parlargli. Per un attimo immaginò che volesse discutere della sua mancanza di modi militari, ma lo sguardo che gli rivolse fu sufficiente a fargli rimangiare il sarcasmo con cui era pronto a rispondere a simili appunti. Si sedette, invece, prima di chiedere:

"Cosa è successo?"

Perché i lineamenti contratti e lo sguardo perso dicevano già troppo. Kat esitò a lungo, dandogli la sensazione che tentasse di ordinare degli avvenimenti, per decidere da quale partire, ma infine alzò le spalle, come sconfitta.

"Cosa non è successo, dovresti chiedere... la navetta non può partire".

Attendevano la navetta di lì a quattro giorni. La fornitura indispensabile per sopravvivere altri sei mesi. Al termine dei quali si sarebbero alternati con un nuovo equipaggio. Ma naturalmente avevano scorte per resistere piuttosto più a lungo, a prova di ragionevoli ritardi. A maggior ragione perché da tre si erano ritrovati in due. Steve attese, perché quindi un semplice rinvio della navetta non rappresentava un problema.

"Non può partire, perché l'intera area è stata devastata da condizioni climatiche eccezionali".

L'uomo aggrottò le sopracciglia, una devastazione tale da impedire la normale attività della stazione di partenza terrestre poteva significare che c'erano stati danni seri in un'ampia area civile.

"Molti morti?", chiese.

Kat scosse la testa, abbattuta.

"Di più. Il numero di vittime nella regione è ancora imprecisato... non è mai accaduto nulla di simile, città semi distrutte, sono in completa emergenza. Le nostre attrezzature di lancio sono compromesse".

"Capisco".

Steve inghiottì, stentando a immaginare una simile catastrofe. Avevano una base alternativa, comunque, la navetta sarebbe stata semplicemente spostata altrove, probabilmente. Ma Kat continuò.

"Ci sono stati disordini ovunque, la gente è insorta contro la politica del governo che non fa abbastanza per il clima... diversi attentati hanno colpito le principali capitali di stato... si parla di rivoluzione civile, armata da chissà quali organizzazioni terroristiche".

Steve stentava a credere che una simile buriana fosse scoppiata senza che loro ne avessero avvisaglie. Insomma... ricevevano notizie quotidianamente e... indagò il volti di Kat, colto da un dubbio.

"Da quando... da quanto tempo mi stai tenendo all'oscuro?"

La donna resse il suo sguardo.

"Una settimana. Non ho voluto angosciarti inutilmente, aspettavo notizie più certe. In uno degli attentati è andata pressoché distrutta la navetta. La gente è furiosa per il fiume di denaro investito nel progetto Luna e chiede che ogni risorsa si rivolga alla Terra, alla inversione di tendenza ormai irrinunciabile sulla produzione di gas e inquinanti. Non hanno modo di mandarci nulla, Steve. Nessun modo. Men che meno possono venire a prenderci".

L'uomo tentò di processare le informazioni. Nessun modo di ricevere rifornimenti. Per quanto tempo? Con la navetta distrutta, con le basi di lancio compromesse, con una nazione nel caos, tra attentati e rivolte... gli scappò da ridere. Quindi era così, erano bloccati sino alla fine, fino all'esaurimento delle risorse vitali. Quando sarebbe stato? Quanto tempo avevano?

"Potevi lasciare che la linea mi raggiungesse, prima... le scorte ti sarebbero durate di più".

Le vide gli occhi allagarsi.

"Semmai toccherebbe a me, lasciarti la mia parte di aria e cibo. Tu hai una famiglia, giù. Io no".

Steve sospirò. Donna. Capace d'averci pensato seriamente.

"Cosa facciamo?", chiese.

"Razioniamo il cibo. Ho calcolato che con acqua a sufficienza possiamo rinnovare l'ossigeno dell'atmosfera interna, quindi quella non mancherà. Anche l'energia sarà disponibile molto a lungo, grazie ai pannelli solari in superficie. L'acqua è dunque la cosa più urgente, dopo di che saremo in grado di attendere gli sviluppi. Forse una missione di salvataggio potremmo sperarla con la collaborazione internazionale".

Steve scosse il capo. Troppi soldi, per recuperare solo due persone. Che per la maggioranza dell'opinione pubblica erano, in partenza, dei candidati al suicidio. Ma sì, dovevano comunque tentare di resistere più a lungo possibile.

"E quando sarà finito tutto?", chiese ancora.

Kat gli mostrò un farmaco, in una scatolina anonima. Veloce e pulito.

"Ti addormenti e non ti svegli più".

Ne studiò l'espressione. Addolorata, ma senza panico. Non era così debole, in fondo.

"Entro domani avrò ultimato di collocare i sensori guida e il mezzo robotico potrà farsi strada nel cratere fino al deposito sul fondo, dove la luce solare non arriva mai e le temperature mantengono perenne il ghiaccio. Da dopodomani avremo tutta l'acqua che serve, senza limiti".

Kat annuì.

"La missione è stata un gran successo. Saremo i primi esseri umani a bere l'acqua lunare, Steve".

I primi e gli ultimi.

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