Capitolo 39

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Guardai i ragazzi con una espressione dispiaciuta, mimando un scusate con le labbra, capivo lo stato emotivo di Alissa così feci loro cenno di rimanere al loro posto in quella stanza, Alec forse era quello più restio a capire, fece un passo avanti e in risposta lo guardai ancora più accigliata, mimando un stanne fuori con le labbra, Rion posò una mano sulla spalla dell'amico tirandolo indietro, cercando di darmi una mano.
Mi allontanai con la mia amica fuori dalla stanza, sembrava che la mia compagnia l'avesse fatta riprendere un pò dal tragico pianto di poco prima.
Di solito Alissa era sempre composta e non aveva mai peli sulla lingua, di certo non conoscevo questo suo lato così fragile, sembrava totalmente un'altra persona.
A volte pensavo che io e lei ci assomigliassimo molto, diciamo che forse lei è la mia versione bionda, dai capelli lisci, solo più alta.
Il tempo sembrava sereno, rispetto ad altre giornate che avevano inghiottito la caserma di grigio, nei giorni passati. Era autunno e gli alberi si erano tinti di quei colori così caldi e vivi, l'autunno mi portava pace e una felicità interna che non sapevo spiegare.
Tenevo ancora Alissa stretta al mio braccio mentre ancora la coccolavo con le dita sulla spalla, mentre mi perdevo a guardare l'acero rosso che era posto proprio vicino alla panchina, quel posto mi sembrava sempre così magico, sembrava incantato pieno di sorprese, avrei creduto perfino alla fate se si fossero materializzate in quel posto, sembrava lontano anni luce dalla caserma.
Era come se un incantesimo meraviglioso, guardai le foglie che lentamente cadevano a terra e riempivano il terreno di questo manto rosso e arancione, sembrava un tappeto rosso, scostati qualche foglia dalla panchina e guardai la mia amica che aveva smesso di piangere.
"Ti senti meglio?" La incalzai

"Si un pò..." un leggero sorriso mi si dipinse sulle labbra.

"Vuoi parlarne?" Guardai i suoi occhi, erano azzurri ma di un azzurro talmente chiaro che potevano essere quasi bianchi, ora sembravano più scuri quai grigi, assomigliavano a quei giorni tristi pieni di nuvoloni che minacciavano di piove di lì a poco.

"Ehm...non so con chi parlarne, la mamma non c'è...quindi avevo bisogno di te." Sussurrò piano, mentre una lacrima scendeva dal suo viso, decisi di raccoglierla, il suo viso non meritava altro dolore, qualsiasi sia la causa.

"Rion ha detto che sono cose da donne..." dichiarai

"Si ecco...vedi" borbottò talmente piano che probabilmente era più forte il vento che soffiava le foglie in giro

"Alissa, ti sono venute le tue cose?" Domandai accigliandomi, iniziavo a spazientirmi da questa sua reazione.

"Cosa?" asserì come a risvegliarsi da un mondo che probabilmente conosceva solo lei.

"Lo devo ripetere?" Non ero sicura avesse capitola domanda

"No! Come ti e venuto in mente?, non si tratta di quello" gridò, finalmente potevo riconoscere la mia amica.

"Ok è quindi cosa?" Usai il suo stesso tono, forse era una tattica che avrebbe funzionato.

"Ho trovato il mio compagno" confessò in fine in un tono più calmo, mentre mi guardava preoccupata e le lacrime minacciavano di tornare impetuose come delle rapide di un fiume.

"Cosa? Chi?" domandai, sapendo che dalla caserma non si poteva uscire e tutti ricevevamo una istruzione privata per evitare di avere problemi con i loro lupi interiori, tranne per me che ero umana ma a seguito dell'incidente, avevano paura che i miei attacchi di rabbia potessero portare problemi alle scuole pubbliche, quindi mi ritrovavo anche io a seguire le lezioni private.
A volte mi chiedevo come poteva essere trasformarsi in un lupo, correre tra gli alberi, giocare, annusare gli odori del bosco e  per un giorno dimenticarmi dei miei problemi, affollavano la mia mente in continuazione.
Tornai alla realtà guardando la mia amica e dimenticando i miei problemi, gli rivolsi un grande sorriso, anche se non avevo ricevuto risposta su chi fosse il ragazzo che era stato predestinato per lei.

"Cosa c'è da sorridere?"

"Non sei felice?" domandai curiosa, ancora sorridendo per quella rivelazione, dentro di me potevo dire che avevamo finalmente qualcosa in comune.

"No!" piagnucolò

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