17•capitolo -Non voglio il tuo conforto-

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Ester

Credevo che le cose si stessero sistemando, che stessero prendendo la piega giusta quando, due giorni prima, era venuto da me Felipe per parlare di quello che era accaduto in montagna e gli avevo fatto capire che non avevo voglia di perderlo e che c'erano stati dei fraintendimenti. Fortunatamente mi ha compresa, ma ovviamente a scombussolarmi ci ha pensato il solito Gonçalo. Non mi aspettavo di dover convivere con lui, so che non è una situazione permanente, ciononostante non è facile averlo a due passi e far finta che non esista. Infatti non ci riesco e continuo a cercare un modo per avvicinarmi a lui, non riesco a fingere di non volergli bene e so che è un momento difficile per lui, che he sta soffrendo visto la situazione con la madre anche se non lo dirà mai; solo che sono stanca di vedere il suo astio nei miei confronti, per carità capisco che si senta ferito per Felipe, ma vorrei solo che capisse che non l'ho mai lasciato per lui, che tra me e Felipe è iniziata inaspettatamente e non lo avevo previsto.
Sbuffo tutta l'aria che ho in corpo e mi sistemo per andare a cena, stasera verrà la madre di Gonçalo e Alvaro e già sono in ansia per quello che potrebbe accadere. Spero solo si contenga.

Quando arrivo nella sala da pranzo trovo già Pilar e Alvaro che parlano con i mei genitori, come volevasi dimostrare Gonçalo non è ancora arrivato e mi chiedo se si farà vedere, non tocco il discorso però, non voglio rovinare questo momento sereno.

«Ehi, tesoro, puoi chiamare Gonçalo?». Mia madre si rivolge a me col solito tono tenue.

«Mà, non credo che sia una buona idea!», le faccio notare e, a quel punto, mio padre fa un passo verso di noi e dice che ci penserà lui, infatti sale le scale per raggiungerlo e rimaniamo ad aspettarli per qualche minuto, poi finalmente si presentano dalle scale, non avevo dubbi che si sarebbe fatto convincere da mio padre. Per qualche motivo non riesce mai a dirgli di no. Gonçalo non incrocia i miei occhi neanche per sbaglio e fa la medesima cosa con la madre, si rivolge solo a mio padre e a mia madre, come fossero le uniche persone a contare in questa stanza.

«Ti stai trovando bene?». A quel punto rompe il ghiaccio Pilar e la sento l'agitazione nel tono di voce. In fondo ci sta che si preoccupi del figlio, non condivido l'averlo buttato fuori casa, ma capisco anche che è frustrata da tutta questa situazione che si è venuta a creare. Sono ormai anni che i loro rapporti sono pessimi.

Gonçalo alza gli occhi di scatto – dal piatto passano a quelli della madre. Stringe le labbra e ciò non lascia presagire nulla di buono, gli occhi si accendono, sembra lancino saette e trattengo il respiro, ho paura di ciò che sta per accadere.

«Prima mi butti fuori di casa poi mi chiedi se mi sto trovando bene?», fa un sorrisetto ironico, riprende a mangiare come nulla fosse, poi lascia cadere la forchetta sul piatto creando un boato visto che è calato il gelo su tutti noi.

«Si, sto bene, ma non grazie a te».

«Non volevo andassero così le cose...», afferma Pilar, gli occhi le diventano lucidi.

«Anche se ti vedessi piangere, sarebbero lacrime di coccodrillo...», con disprezzo afferma, «una madre non getta per la strada il figlio, non sceglie un estraneo qualsiasi al figlio!». Gli occhi si spostano verso Alvaro che si sta innervosendo, e basterebbe una sua parola per far crollare il castello di carta che si è creato. «Non ti perdonerò mai per questo!», lo dice, poi torna a guardare il suo piatto, riprende la forchetta e mangia come nulla fosse.

«Non hai alcun rispetto per tua madre, non si merita un trattamento del genere!».
Sapevo che Alvaro sarebbe intervenuto e ho pregato non lo facesse.

Mi accorgo che Gonçalo ha appena stretto le mani in due pugni e quando alza gli occhi so che sta per scoppiare il finimondo.

«È lei a non aver alcun rispetto per me. Si è sempre riempita la bocca su mio padre, sul fatto che mi avesse abbandonato ma lei non è tanto meglio!», si alza imbufalito. Alvaro fa la medesima cosa, si guardano in cagnesco e nessuno sembra pronto a cedere. Gonçalo spinge le labbra all'insù, lo fa sempre quando vuole provocare qualcuno.

«È assurdo come tu abbia più rispetto di quel pezzente di tuo padre che ti ha abbandonato senza ripensamenti, anziché di tua madre che ti ha cresciuto!». Sbotta Alvaro, non toglie mai lo sguardo da Gonçalo.

«Tu non devi neanche nominarlo mio padre, non sai nulla. È per colpa tua se si sono lasciati, ti sei messo in mezzo e mio padre non ha avuto altra scelta che andarsene!». Gliele sputa addosso queste sentenze, tanto che Pilar comincia a piangere e Gonçalo resosene conto diventa bianco in volto. Non riesce neanche più a fiatare. Sapevo di quello che pensava Gonçalo, non credevo però che l'avrebbe tirato fuori adesso. No, non giustifica il padre, ma adesso è arrabbiato e direbbe qualsiasi cosa.

Si volta e lascia tutti a tavola, mentre penso di seguirlo lui è già uscito di casa.

«Quel ragazzo è senza speranze!», afferma Alvaro, stanco della situazione. Ma Pilar non può sentirgli dire queste parole perché è pur sempre il figlio, e anche se lo schernisce davanti perché vorrebbe che capisse, non vuole che nessuno lo tocchi con un dito, tanto più Alvaro.

«È solo arrabbiato con il mondo, non parlare di lui così!». Alvaro si ammutolisce e abbassa lo sguardo, io invece continuo a guardare la posizione in cui l'ho visto sparire con la voglia di seguirlo.

Sono preoccupata, non riesco a non pensare a cosa potrebbe fare. Mi alzo con una scusa e provo a chiamarlo, ovviamente come mi aspettavo non ricevo alcuna risposta. Ci provo a scacciare il pensiero dalla testa ma non riesco ed è per questo che mi apposto davanti alla sua porta nella speranza che rincasi.

Sono le tre di notte quando sento i suoi passi avvicinarsi, il tempo che faccio uno sforzo per alzarmi che incontro il suo sguardo assente. Mi ignora completamente e mi sorpassa come non fossi neppure presente.

«Gonçalo!», sfiato, ma lui si è già chiusa la porta alle spalle. Mi alzo e apro la porta, consapevole che non mi vorrebbe intorno ma io non ce la faccio a fregarmene se sta male. Non ne sono capace.

Lui è a torso nudo, si è già tolto la maglietta e sta prendendo il cambio. Non si gira, eppure so che mi ha sentito arrivare, prendo un profondo respiro e poi butto fuori tutta l'ansia accumulata.

«Non ignorarmi!», le sue spalle si irrigidiscono.

«Vai via, per favore!», il tempo di dirlo che si è girato verso di me, mi scruta da lontano e degli occhi lucenti di Gonçalo non è rimasto nulla. Sembra svuotato di ogni sentimento. Si siede su una sedia e rimane immobile, forse aspetta che me ne vada, ma invece mi avvicino e mi inginocchio davanti a lui per poter guardare i suoi occhi. Appoggio le mani alle sue ginocchia e spero che mi dia un segno, qualcosa che mi faccia capire che è qui con me.

«Gonçalo, mi disp...» sto per dire ma non mi dà il tempo di continuare.

«Ester!», alza il tono di voce sul mio nome, stringe il mio viso tra le mani e mi obbliga a guardarlo. «Non voglio essere confortato da te, okay? VATTENE VIA!». Scandisce e soffoco un singhiozzo.

«Ti ho aspettato tutto questo tempo, ero... ero preoccupata!» gli dico, sperando di addolcirlo ma non traspare nulla dai suoi occhi glaciali.

«Non ho bisogno di te, vattene!», ripete. E a quel punto ci cado nello sconforto, mi sento umiliata dal suo ennesimo rifiuto e tento davvero di andare via, ma il tempo di un passo che la sua mano stringe la mia quasi fosse il suo istinto più grande quello di fermarmi, anche se con le parole continua a ripetermi altro.

Abbasso gli occhi e i suoi capelli biondi cenere coprono i suoi, sono certa che se glieli togliessi dal viso mi scoprirei a contare le sue lacrime nascoste. Mi basta anche questo piccolo gesto per gettarmi tra le sue braccia e stringerlo per dargli il conforto che so aver bisogno. Sento il suo odore sulla mia pelle e mi sembra di rinascere in questa stretta che mi è mancata così tanto, lo tengo stretto così tanto che ho paura di romperlo, ma lui non ricambia si lascia cullare dal mio abbraccio e una lacrima scende giù dai miei occhi.

Dura tutto troppo poco, tremendamente poco, perché subito dopo si alza e mi toglie di dosso. I suoi occhi tornano glaciali quando sposta le ciocche dei capelli dal viso.

«Vattene via, non ti voglio qui, non ti voglio nella mia vita. Vattene!», tira su col naso, sembra che queste parole me le stia rivolgendo un'altra persona. «È colpa tua se mi hanno cacciato dalla squadra, non sei migliore di loro. Devi uscire fuori dalla mia vita, non ti ci voglio!».

Non me lo faccio ripetere e, con le lacrime agli occhi, vado via da questa camera ripromettendomi ancora di stargli lontana.

Ma non me le tolgo le parole che mi ha urlato contro: "È per colpa tua sé mi hanno cacciato dalla squadra"

Vorrei tornare da lui, chiedergli spiegazioni, ma l'umiliazione è troppa da sopportare e cado nello sconforto.

Queste parole me le porto addosso per i giorni a seguire, gli stessi in cui Gonçalo smette anche di guardarmi nell'incrociarmi per sbaglio. Non ho il coraggio di chiedergli nulla, so solo che il mio cuore ha perso un pezzo l'altra sera insieme a lui e a quelle parole sputate col veleno.

Cerco di concentrarmi sui miei amici, su Felipe, ma ammetto che perdo vigore e mi sembra di morire ogni volta che mi rifugio in quelle parole.

Solo al terzo giorno decido di tornare a casa prima per poter parlare con Gonçalo, faccio qualche passo a piedi perché ho bisogno di sfogare la frustrazione che sento, ma tutto mi aspetto tranne che, nell'alzare gli occhi, vedo mio padre con una donna che non è di certo mia madre.

🦋🦋🦋

Boom colpo di scena. E ora so MuG!
Prossimo aggiornamento giovedì.

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