40•capitolo -Il contratto-

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Gonçalo

Ho preparato uno zaino per l'imminente partenza per Vila-real. Oggi firmerò il contratto che mi cambierà la vita, il mio manager mi aspetta direttamente lì. Il problema di tutto questo è, che anche se dovrei essere al settimo cielo visto quello che sto ottenendo, ciò che ho sempre desiderato, ma non lo sono perché mi sento spento e privato di ogni sentimento. Da quando Felix ci ha lasciato nulla ha più senso, nulla è come prima. Mi manca e so che, in un momento come questo, lui sarebbe stato con me. E invece non c'è per colpa mia.

Mi manca Ester, mi manca la sua presenza e odio doverle stare lontano, ma la decisione l'ho presa e so che è giusto così.

Prenderò un treno, andrò lontano da qui anche se solo per qualche giorno e tornerò con un contratto in mano e le ultime settimane da passare a Madrid. Prenderò il mio diploma e, probabilmente, lascerò questo posto perché tanto anche se comincerò gli allenamenti a fine luglio, non c'è più nessun motivo che mi trattenga. Ester non c'è più ad aspettarmi e ha ragione.

Esco fuori che è l'alba, ho indosso una felpa e lo zaino quando mi accorgo che ad aspettarmi c'è Alvaro. Sobbalzo e lo guardo stordito, non capisco perché lui sia qui. Poi scende dalla macchina e mi viene incontro.

«Dai andiamo che ci aspettano quattro ore di macchina!»

Socchiudo gli occhi in due finissime fessure e aggiusto i miei capelli, per un attimo mi toglie le parole di bocca.

«Prenderò un treno!» dico, ma in realtà anche se il mio tono di voce sembra aspro, non volevo esserlo.

Lui sorride, non noto alcuna forma di rancore nel suo sguardo e questo mi rincuora.

«Andremo insieme. Se ti fa piacere, ovviamente. Non... non voglio obbligarti, solo mi piacerebbe accompagnarti!»

Il Gonçalo di qualche settimana fa lo avrebbe riempito di insulti e gli avrebbe fatto capire che non è mio padre in alcun modo, che queste gentilezze da parte sua non le apprezzo. Eppure oggi, dopo la conversazione con mia madre, sembra che qualcosa in me sia cambiato e comincio a capire meglio ogni cosa. Con la maturità che mi serve.

«Non devi farlo per forza!» allora gli dico, lui sorride ancora.

«Vorrei poter venire con te!»

Annuisco, senza dire una parola – anche perché vorrei ringraziarlo, ma al momento non riesco a pronunciare alcunché.

Il tragitto in macchina, per la prima ora, non è dei migliori. Nessuno dei due osa parlare, c'è piombato addosso un silenzio religioso imbarazzante. Poi finalmente è lui a rompere il ghiaccio e mi parla.

«Sei agitato?» si riferisce al contratto.

«Sì!» annuisco, «un bel po'!» aggiusto il ciuffo biondo. «Spero di essere all'altezza e di non combinare un casino!»

Lui ridacchia ma bonariamente.

«Tu cerca di contare fino a dieci prima di dire qualcosa!» anche questa frase, se detta qualche settimana fa, mi avrebbe fatto scattare come una molla. Oggi, guardo Alvaro, e mi sembra più simile a me di quanto avrei mai potuto pensare. Come me dice tutto quello che sente senza preoccuparsi delle reazioni altrui.

«Sai» lo guardo, «tua madre ci teneva ad accompagnarti, ma ecco... doveva lavorare e voleva che sapessi che le dispiace che non si sia potuta prendere una giornata libera!»

Scrollo le spalle e annuisco.

«Meglio così!» Alvaro si incupisce, probabilmente si aspetta una risposta delle mie che però non arriverà. «Sai com'è: mi avrebbe messo solo ansia con tutte le sue paranoie!» scoppia a ridere.

«Eh... il suo bambino deve essere perfetto per il giorno più importante della sua vita!» ridacchia. Poi il suo sguardo si fa serio: «Ester? Lei non poteva venire?»

Stringo le labbra e allora prosegue al posto mio. «Scusa, non avrei dovuto chiederlo!»

«No» scuoto la testa, «Va bene, è che... vabbè ho fatto un casino con lei e ci siamo mollati!» gli confesso. «Ma avrei voluto ci fosse!» ammetto a lui, ma per la prima volta anche a me stesso. Perché nonostante i sensi di colpa io ne ho bisogno e non riesco a cancellare i suoi occhi delusi di qualche giorno fa.

«Credo che anche lei avrebbe voluto esserci. Si vede che ci tiene molto a te! Cioè per rimanere dopo tutto quello che è successo!»

«Ehi, ti ricordo che è stata lei a stare col mio migliore amico!» lo dico scherzando, però quella ferita brucia ancora un po'.

«Su questo non hai torto!» scrolla le spalle. «È pur vero che sei un testone e stare insieme a te non è di certo la cosa più facile del mondo. Probabilmente Felipe è più docile, ha creduto di poter stare bene per le sue qualità, ma come si dice: "Al cuor non si comanda".»

«Già... e sono riuscito a rovinare tutto!»

«Senti, Gonçalo, sicuramente non sono nessuno per dirti cosa fare ma... Ester è ancora innamorata di te e non è troppo tardi per tornare sui tuoi passi...» non lo lascio finire e mi libero del fardello anche con lui.

«È colpa mia se suo padre è morto, adesso ci tiene a me e ci passa sopra, ma prima o poi...» prendo una pausa, un sorriso amaro mi contorna le sfumature della bocca. «Prima o poi mi detesterà tanto quanto lo faccio io!» e ammetto che quest'ultima frase l'avrei voluta tenere per me, forse sono stanco di continuare a insabbiare i miei pensieri e lui si è trovato nel posto giusto al momento giusto.

«So che ti aspetti che dica che non è colpa tua, però... anche lo dicessi non mi crederesti così come non hai creduto tua madre ed Ester. Ti dico solamente di pensare se la vuoi davvero perdere per questo motivo!»

Non rispondo e non perché non avrei tante cose da dire, ma perché le sue parole mi lasciano ad una riflessione che in questo momento non voglio prendere in considerazione. Mi devo concentrare sul mio futuro, sono certo che lontano da lei riuscirò a dimenticarla.

Forse ha ragione lei: sto scappando.

Arrivati a Vila-real, ad attenderci c'è il mio manager.

«Eccolo l'uomo del momento!» sorride, mi dà una pacca sulla spalla. «Sei pronto? Tra un'ora ci aspetta lo staff per firmare il contratto» annuisco ansioso, sfrego le mani sui jeans. «Ecco bravo! Adesso porta il tuo culo in albergo e vai a cambiarti!»

«A cambiarmi? Non vado bene così?»

Lui sorride a mo di presa in giro.

«Gonçalo, non puoi presentarti al giorno più importante della tua vita in felpa. Dovresti saperlo!»

«Neppure sua madre riesce a convincerlo a vestirsi bene ai Gala, quindi figuriamoci» interviene Alvaro.

«Sto bene così!» scrollo le spalle annoiato.

«Per oggi puoi fare per favore ciò che ti dico? Anche perché le tue scelte non sono sempre state le più sensate!» trattiene il suo sguardo nel mio, quasi mi minaccia con gli occhi e a quel punto decido di acconsentire alla sua richiesta. In fondo è soltanto per qualche minuto.

Tremo quando mi ritrovo davanti allo staff, loro mi guardano quasi si aspettassero qualcosa da me ma io non so che dire. Di fianco a me il mio manager e Alvaro che non mi ha lasciato neppure per un attimo.

Mi siedo e davanti a me c'è il foglio del contratto, il mio primo pensiero va ad Ester, al fatto che la vorrei con me in questo momento, poi scaccio il pensiero, afferro la penna e firmo il mio futuro.

Lasciamo questo hotel che ormai sono le tre passate. Ho una fame da lupi, e quindi vorrei solo poter mangiare, ma Alvaro prende il telefono e lascia partire la videochiamata per mia madre.

«Mio amor!» le dice, con una dolcezza che non ho mai visto davanti a me. Hanno sempre evitato le smancerie forse sapendo che mi davano fastidio, e ora capisco quante cose ha fatto mia madre per cercare di non indispettirmi. «Ho vicino a me il ragazzo più promettente di Madrid!» ridacchia e poi sposta il telefono. Mi accorgo che Pilar non è sola, lì vicino a lei c'è anche Esperanza e guardando intorno mi rendo conto che si trovano a casa di Ester.

«Tesoro, bravissimo!»

«Non cominciamo con le smancerie se no torno a non parlarti!» Alvaro scoppia a ridere, mia madre stringe la bocca e un po' ci rimane male.

«Com'è andata?» ma non ho il tempo di rispondere perché Esperanza prende parola.

«Siamo tutti fieri di te, Gonçalo!» lo dice con una dolcezza che so di non meritarmi. Ha gli occhi tristi, lo so che è quella che sta soffrendo di più, so l'amore che aveva per quell'uomo. «Quando tornerai faremo una mega festa in tuo onore!» nel frattempo che dice ciò, vedo passare Ester e guardare in questa direzione, ma invece di avvicinarsi dà le spalle per andare via.

«Ester!» la chiama sua madre. «È Gonçalo! Ha firmato il contratto, vieni a salutarlo!» trattengo il fiato e aspetto con ansia che si giri, inaspettatamente lo fa e viene verso di me, il mio cuore manca un battito.

«Tanti auguri, Gonçalo!» fa un sorriso di circostanza e se ne va, dimostrandomi quanto non vuole più avere a che fare con me, quanto l'ho ferita per i miei comportamenti. E lì capisco che non provo nessuna gioia se non posso condividerla con lei, che nulla è uguale se non ci sono Felix ed Ester.

Alvaro chiude il telefono ma non dice nulla perché capisce che al momento non voglio parlare. Camminiamo insieme, l'uno di fianco all'altro, fino a fermarci in un ristorante a mangiare qualcosa.

«una tortilla di patatas per me e per...» la cameriera punta il suo sguardo verso di me peccato che non ho neppure guardato il menu. «Gonçalo!?» dunque mi incita. Credo che stia morendo di fame, così come anch'io solo qualche minuto fa.

«Una paella!» lei si allontana finalmente e trattengo il fiato.

«Ester è solo arrabbiata!» allora lo dice, so che ha evitato di parlare per tutto questo tempo per evitare una mia reazione.

«È quello che volevo, in fondo. Solo che...»

«Lo so!» mi fa un sorriso rassicurante.

«Ora mangiamo?»

«Si!» affermo, «però non voglio rimanere. Te la senti di tornare a casa?» lui mi guarda un po' stordito, ma decide di acconsentire e annuisce.

«Okay, torniamo a casa!»

🦋🦋

Vi avviso che mancano 3 capitoli più epilogo alla fine!

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